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Laboratorio El Salvador*

El Salvador ha deciso di dare corso legale al bitcoin e di garantirne la conversione in dollari per i residenti. È un esperimento con alcune opportunità e molti rischi per un’economia debole, che dal 2001 ha adottato il dollaro come moneta ufficiale.

Cosa prevede la legge bitcoin

Dal prossimo 8 settembre in Salvador il bitcoin non potrà essere rifiutato come mezzo di pagamento tra privati, sarà accettato per pagare le tasse e – soprattutto – lo stato ne garantirà la convertibilità in dollari, che restano la valuta ufficiale del paese.

El Salvador è il primo stato a prendere una simile decisione ed è anche il primo ad affidare la gestione della moneta a una impresa privata, la Strike, che è uno dei maggiori amministratori di wallet digitali sulla rete Lightning Bitcoin. Sembra la realizzazione di un sogno del premio Nobel Friedrich August von Hayek, che propugnava la fine del “monopolio monetario” degli stati e la libertà di emissione da parte di istituti privati in competizione tra loro (nel suo libro The Denationalization of Money del 1976).

Ma l’aspetto più preoccupante è la promessa di convertire i bitcoin in dollari e viceversa per i residenti, che è quantomeno azzardata per un paese che non controlla nessuna delle due valute.

Luca Fantacci, su questo sito ha criticato vari aspetti della “legge bitcoin” stigmatizzando l’ambizione, neanche troppo velata, del governo di trasformare El Salvador in un hub di tutte le transazioni in bitcoin, senza preoccuparsi troppo dell’origine dei fondi. Per raggiungere questo scopo, il governo salvadoregno ha messo a disposizione dei “miners” anche l’energia geotermica fornita gratis dai suoi vulcani, perfetta per alimentare i server che gestiscono le transazioni in criptovalute. Ha perfino promesso la residenza a chi possiede almeno tre bitcoin (circa 100 mila euro alle quotazioni attuali), un privilegio che in tempi normali non sarebbe troppo appetibile, ma che ora garantirebbe la convertibilità dei bitcoin e l’esenzione fiscale per le plusvalenze ottenute dall’arbitraggio tra la criptovaluta e il dollaro. Un invito a nozze per gli speculatori di tutto il mondo.

Con la legge bitcoin il governo salvadoregno spera anche di svincolarsi progressivamente dal dollaro Usa, adottato come valuta ufficiale dal 2001, mantenendo tuttavia il controllo sull’inflazione, perché il bitcoin prevede un tetto all’emissione, che è fissato a 21 milioni di unità, di cui solo 4,2 ancora da “coniare”. Il vincolo rassicurerebbe gli operatori esteri contro il rischio di cambio, ma impedirebbe anche operazioni discrezionali di politica monetaria in funzione anticiclica, come il Quantitative easing che sta sostenendo l’economia mondiale dalla grande recessione del 2007-2008 a oggi.

Tanti rischi, qualche opportunità

Contro la decisione del governo salvadoregno si sono levate molte voci critiche anche all’interno del paese . Tatiana Marroquín, economista tutt’altro che ortodossa, lamenta l’eccessiva volatilità del Bitcoin, la mancanza di una istituzione che ne garantisca il valore e la scarsa finanziarizzazione di un paese dove il 70 per cento della popolazione è ancora privo di un conto in banca. Claudio de Rosa, altro economista salvadoregno, si mostra preoccupato per i rischi di riciclaggio, temuti anche da vari organismi internazionali nonostante la perfetta tracciabilità teorica degli scambi in criptovalute.

Nel frattempo, la Banca Mondiale non ha garantito il proprio supporto tecnico al progetto e il Fondo monetario internazionale ha sospeso un programma di aiuti che stava negoziando col Salvador.

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Molto più ottimista è Manuel Hinds, ex ministro delle Finanze del paese, consulente della Banca Mondiale e padre della dollarizzazione del suo paese, che evidenzia i risparmi sulla gestione della liquidità, lo stimolo allo sviluppo finanziario del Salvador e la possibilità di attirare investimenti dall’estero, mentre minimizza i rischi di riciclaggio di denaro sporco (che indubbiamente prospera anche col dollaro). In particolare, Hinds stima che se si investisse in Salvador solo l’1 per cento della capitalizzazione mondiale in bitcoin, il Pil del paese aumenterebbe del 25 per cento. Da parte sua, il mercato, dopo un momento di euforia, sembra in attesa dell’effettiva entrata in vigore del provvedimento a settembre. Dopo l’approvazione del provvedimento, l’8 giugno, il cambio del bitcoin sul dollaro ha segnato un aumento del 21 per cento in una settimana, ma già dopo una decina di giorni le quotazioni erano scese di oltre il 5 per cento sotto il livello iniziale. Niente a che vedere con l’effetto delle parole di Elon Musk e della banca centrale cinese, che a metà maggio hanno fatto crollare del 25 per cento le quotazioni del bitcoin in un solo giorno, senza nessun segno di ripresa fino a oggi.

Con l’adozione del dollaro come valuta ufficiale, El Salvador già sfida le condizioni per la partecipazione a un’area valutaria ottimale, indicate sin dagli anni Sessanta dal premio Nobel Robert Mundell. Affinché l’adozione di una moneta unica porti più vantaggi che svantaggi è infatti necessario almeno che (i) le economie coinvolte siano fortemente integrate tra loro e abbiano una struttura produttiva simile, in modo da rendere meno probabili shock che colpiscono una sola area; (ii) che lavoro e capitali siano perfettamente mobili e (iii) che prezzi e salari siano abbastanza flessibili da non scaricare ogni shock sui livelli produttivi e non guasterebbe (iv) un sistema di trasferimenti fiscali all’interno dell’area per mitigare gli effetti degli shock. Se queste condizioni non valgono, è meglio ricorrere a una tradizionale svalutazione, che salva l’occupazione locale (pagata in moneta nazionale) e la bilancia dei pagamenti, sfruttando il traino delle esportazioni verso i paesi più fortunati, seppure a costo di più inflazione e tassi di interesse più elevati. Alcuni ottimisti, come Richard Baldwin, sostengono che queste condizioni si realizzano automaticamente non appena si adotta una moneta comune, ma non è certo che sia così.

Nel caso del Salvador i requisiti minimi per partecipare a un’area valutaria ottimale non sembrano sussistere, a parte l’apertura (anche eccessiva) del mercato dei capitali e la grande mobilità dei lavoratori, dimostrata dal 30 per cento di popolazione emigrata. Come se non bastasse, l’economia salvadoregna è ancora basata sull’agricoltura (in gran parte latifondistica), la pesca e la trasformazione alimentare, quindi è fortemente esposta a fluttuazioni dei prezzi delle produzioni agricole che colpiscono molto poco gli Usa.

Insomma, il Salvador rischia già abbastanza adottando il dollaro. Sovrapporre il bitcoin alla moneta Usa amplifica questi pericoli, anche perché le criptovalute sono utilizzate su mercati internazionali (prevalentemente finanziari) ai quali El Salvador partecipa solo marginalmente. Sarebbe dunque violata la prima delle condizioni perché una moneta comune sia conveniente e sostenibile per un paese debole. In questi casi, l’economista argentino Roberto Frankel, reso popolare in Italia da Albero Bagnai fa previsioni piuttosto fosche, ispirate alle drammatiche esperienze del proprio paese. All’inizio, in un paese in via di sviluppo la dollarizzazione e, a maggior ragione la “bitcoinizzazione”, attirano ingenti capitali dall’estero, grazie a cambi stabili e ottime prospettive per gli investitori. Ma poco dopo le strozzature di un sistema produttivo che non riesce a tener dietro alla nuova domanda creano inflazione e gonfiano bolle speculative sul mercato immobiliare e finanziario. A quel punto, basta un nulla per scatenare il panico per una crisi imminente, che fa fuggire i capitali esteri, fa crollare la produzione interna e l’occupazione e avvia fallimenti a catena.

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Non è detto che finisca così anche in Salvador, che resiste alla dollarizzazione dal 2001, ma aggiungere al dollaro anche un’altra valuta estera è poco prudente.

Alla ricerca “dell’effetto Galileo”

Oltre tutto, l’economia salvadoregna dovrebbe essere così flessibile da adeguarsi a fluttuazioni del bitcoin che raggiungono in media il 6 per cento del suo controvalore in dollari all’interno di una stessa giornata.

Una soluzione per isolare l’economia del paese dalle oscillazioni potrebbe essere l’impiego capillare del bitcoin in tutte le transazioni. A questo scopo il governo salvadoregno sta pensando a incoraggiare le imprese a pagare i propri dipendenti in bitcoin. Si realizzerebbe così “l’effetto Galileo”, ben noto in fisica, che consiste nella impossibilità per un osservatore che non comunichi con l’esterno di distinguere tra un moto rettilineo uniforme e uno stato di quiete. In altri termini, se nel paese tutte le transazioni avvenissero in bitcoin, la nave del Salvador potrebbe essere sballottata dalle quotazioni del bitcoin, mentre i suoi passeggeri continuerebbero a commerciare tranquillamente tra di loro (almeno finché restano chiusi nella stiva) senza soffrire il mal di mare. In realtà, Galileo pensava a una navigazione tranquilla, a velocità costante in acque calme. Ma se il mare è moderatamente mosso (con moti uniformemente accelerati) Albert Einstein è giunto a conclusioni molto meno rassicuranti, che prevedono anche la deformazione dei passeggeri e paradossi temporali che non facilitano l’attività economica.

Ammesso che El Salvador faccia parte contemporaneamente dell’area valutaria ottimale del dollaro e del bitcoin (che comprende virtualmente tutto il mondo), resta l’impegno a convertire la criptovaluta in dollari per i residenti, compresi quelli che hanno acquisito la condizione dimostrando il possesso di tre bitcoin. Se la promessa sarà mantenuta, gli speculatori chiederanno dollari a ogni caduta del bitcoin e viceversa. Tuttavia, è improbabile che il Salvador, con un Pil di circa 30 miliardi di dollari e riserve valutarie di appena 2,5 miliardi, riesca a soddisfare tutte le richieste, visto che nel mondo ogni giorno vengono scambiati normalmente 30-40 miliardi di dollari di bitcoin. D’altra parte, è altrettanto improbabile che un paese così piccolo riesca a stabilizzare le quotazioni di una criptovaluta.

Vedremo se il governo salvadoregno riuscirà a sciogliere questi nodi da qui all’8 settembre, una data che in Italia evoca ricordi piuttosto scabrosi.

* Le opinioni espresse dall’autore non coinvolgono in alcun modo le istituzioni di appartenenza.

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  1. renato

    Buonasera, vorrei integrare l’articolo con due precisazioni:
    la prima riguarda la facilità o meno di accedere ad un conto corrente da parte di quel 70% della popolazione a cui oggi è negata questa possibilità, per varie ragioni. In effetti, attualmente per avere la possibilità di accedere ad un conto corrente è sufficiente possedere uno smartphone, in quanto esistono molteplici applicazioni che consentono di ottenere un IBAN bancario (nella fattispecie in Dollari) in pochi secondi ed in sicurezza, oltre che certificazione.
    La seconda riguarda la possibilità di convertire immediatamente in Dollari i propri Bitcoin. Le osservazioni dell’autore dell’articolo sono inficiate da un modo di pensare correlato ad un normale sistema monetario. In effetti, El Salvador non dovrà preoccuparsi di dover soddisfare l’eventuale massiccia richiesta di Dollari….in quanto i Bitcoin potranno essere convertiti liberamente e facilmente sul mercato – Globale – . Grazie

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