Termina dopo 17 anni la guerra dei cieli tra Usa e Ue. Una guerra che via via si è allargata ad altri comparti ed è costata più di 3 miliardi di dollari in dazi aggiuntivi. Ora le due sponde dell’Atlantico fanno fronte comune di fronte alla minaccia cinese.
La controversia…
Il 15 giugno scorso rappresenta una data di estrema rilevanza per le relazioni commerciali dell’Unione Europea, in particolare per il rapporto tra l’Ue e gli Stati Uniti. Quel giorno infatti fra le due sponde dell’Atlantico è stato raggiunto un accordo relativo alla controversia tra Airbus e Boeing, in atto oramai da ben diciassette anni (la più lunga in assoluto nella storia dell’Organizzazione mondiale del commercio), riguardante i sussidi offerti da ambo le parti alla costruzione e commercializzazione degli aerei passeggeri di grandi dimensioni (Large Civil Aircraft – Lca).
La disputa era cominciata nel lontano 2004, quando gli Usa si appellarono al Wto contro l’Ue lamentando sussidi illegali a supporto di Airbus. In risposta, l’Ue nel maggio del 2005 aveva presentato un esposto riguardante analogo riguardante Boeing. In questo documento erano individuate ben dieci categorie di misure Usa a favore del produttore statunitense di aerei civili palesemente in contrasto con l’Accordo sui sussidi e sulle misure di compensazione (Scm Agreement): si andava dagli incentivi concessi da diversi stati americani alle fabbriche Boeing site nei propri territori a quelli concessi dalle agenzie governative al gruppo come aiuti alla ricerca fino al distacco gratuito di personale altamente qualificato presso i siti produttivi del colosso aeronautico. La stima europea indicava un ammontare totale di concessioni pari a 19,1 miliardi di dollari nel periodo 1989-2006.
Venendo agli sviluppi più recenti, nel maggio 2018 l’organo di appello del Wto aveva sentenziato come l’Ue e gli stati membri non avessero pienamente rispettato le precedenti sentenze, permettendo così agli Usa di assumere come contromisura dei dazi sull’export europeo fino a 7,5 miliardi di dollari, dazi imposti poi nell’ottobre 2019. Nel marzo di quell’anno lo stesso organo aveva confermato che gli Usa avevano proseguito nel proprio supporto illegale a Boeing a scapito di Airbus. In seguito all’autorizzazione del Wto, quindi, l’Ue aveva imposto contromisure su 4 miliardi di dollari di export americano nel novembre 2020.
Nel luglio 2020, Airbus e alcuni stati membri europei avevano annunciato impegni decisivi per assicurare il pieno rispetto dei propri obblighi internazionali derivanti dalle sentenze del Wto contro l’Ue e richiesto agli Usa di abolire i dazi nei confronti dell’Ue. Il 5 marzo 2021, Unione europea e Stati Uniti hanno convenuto di sospendere tutte le contromisure di ritorsione imposte durante il dipanarsi della vicenda per un periodo di quattro mesi fino all’11 luglio, permettendo così a entrambi di concentrarsi sulla risoluzione di questa quasi eterna disputa commerciale e di giungere alla storica intesa di metà giugno.
…e la sua risoluzione
In linea con il rinnovato spirito cooperativo delle relazioni transatlantiche favorito dalla presidenza Biden, l’importanza di questa ritrovata armonia va individuata nella sua capacità di trasformare una lite di cui non si intravedeva la fine in una volontà lungimirante di collaborazione delle due parti volta ad affrontare non solo le questioni bilaterali, ma anche le future sfide globali e le minacce provenienti dall’esterno. I due ex-litiganti si impegnano così a superare le consolidate antitetiche posizioni, a evitare l’insorgenza di nuove controversie e a proteggere un level playing field fra i rispettivi produttori nazionali. Inoltre essi collaboreranno nell’analisi e nella trattazione delle pratiche anti-concorrenziali messe in pratica da terzi che possano danneggiare il proprio settore degli Lca.
Infine, nei termini dell’accordo è contemplata la sospensione per un periodo di cinque anni dell’applicazione di tariffe su un volume di interscambio commerciale Ue-Usa pari a 11,5 miliardi di dollari, introdotte nel corso degli anni da ciascuno quale misura di ritorsione nei confronti dei sostegni elargiti dall’altra parte in favore del proprio “campione nazionale” aeronautico. Pratiche che avevano generato un effetto a macchia d’olio che aveva via via coinvolto un numero sempre maggior di comparti: si stima che negli ultimi anni siano stati così colpiti produttori e consumatori delle due sponde dell’Atlantico che hanno pagato un totale di 3,3 miliardi di dollari in dazi aggiuntivi (tabella 1).
Sul fronte interno, i punti salienti dell’accordo prevedono la costituzione di un gruppo di lavoro comune sugli Lca, presieduto dai rispettivi responsabili per il commercio internazionale, l’impegno a fornire finanziamenti sulla base di condizioni di mercato e sostegni ai processi di ricerca e sviluppo aperti e trasparenti, garantendo così una facile e diretta valutazione dei risultati ottenuti, nei termini consentiti dalla legge. Su quello esterno, è prevista una collaborazione per l’analisi congiunta delle pratiche “non di mercato” dei terzi che potrebbero danneggiare le rispettive industrie Lca, con particolare focus su quelle praticate dalle cosiddette “economie non di mercato”, con l’obiettivo finale di stabilire nel futuro le basi per azioni congiunte o parallele a tutela dei comuni interessi. È infatti noto come alcuni sistemi economici non riportino con trasparenza tutti i sussidi concessi al settore e forniscano elevato supporto ai propri produttori di Lca attraverso investimenti sussidiati in capitale, prestiti di stato ed acquisti diretti dello stato.
In controluce, è fin troppo facile leggere in questa parte dell’accordo la volontà delle due parti di proteggere i propri due incumbent dalla minaccia di ingresso dell’unico competitor esterno, la cinese Comac, che con il proprio bireattore C-919 – la cui entrata in servizio risulta imminente – mira ad appropriarsi di una fetta di un mercato previsto in crescita nel prossimo futuro. Il problema ovviamente risiede nel fatto che la Comac gode dell’incondizionato supporto del governo cinese che ha individuato nello sviluppo di un’industria aerospaziale domestica un preciso interesse nazionale, perseguibile anche attraverso pratiche anti-concorrenziali, quale per esempio l’obbligo di acquisto di quel tipo di aeromobile per le compagnie aeree nazionali.
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