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Venezia e le crociere: una storia infinita

Il decreto operativo dal primo agosto 2021 sembra aver dato un taglio netto alle navi da crociera in Laguna, ma le cose non stanno così. Le crociere continueranno ad essere croce e delizia per la Serenissima e la bilancia penderà dove le scelte di governance vorranno che penda.

Il problema delle grandi navi

In tutto il mondo, il business delle crociere è sostanzialmente in mano a due soggetti: da un lato le grandi compagnie, dall’altro le autorità locali, variamente organizzate e coese tra loro.

Le funzioni di utilità delle imprese private sono piuttosto chiare e mirano ai profitti nel breve e medio periodo, considerando il ciclo di vita di una nave e quindi di una flotta. Spesso questo si sostanzia nel massimizzare il numero dei passeggeri, che utilizzano le navi stesse come hotel, ristorante e luogo di intrattenimento, e nel governare strettamente le escursioni a terra nei luoghi più belli del mondo, uno dei richiami fondamentali delle crociere stesse. Il meccanismo ha funzionato a tal punto che i proprietari delle compagnie hanno capitali personali stimati in decine di miliardi di dollari.

Anche per le Autorità locali le funzioni di utilità dovrebbero essere chiare, a patto di avere una strategia condivisa: massimizzare la spesa delle compagnie per l’attracco e quelle dei turisti per i consumi “a terra”, possibilmente senza creare un congestionamento di persone e un eccessivo aggravio di servizi a carico della collettività. In Italia, però, le autorità portuali hanno come prioritario il primo obiettivo, gli enti locali il secondo.

Venezia è il paradigma di questo conflitto potenziale, che diventa strategico non solo per i rischi ambientali e l’impatto paesaggistico, ma soprattutto per il valore del brand locale, minato da quello che è stato definito a livello mondiale overtourism, ma che in realtà è un eccesso di escursionisti non pernottanti, come appunto i crocieristi che scendono a terra solo per poche ore.

La questione, non certo limitata alle sole crociere, è quindi l’uso privatizzato e incontrollato di un bene comune, con il rischio di un suo depauperamento.

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Il tentativo di risolvere il problema

È dal 2012 che il Governo centrale tenta di porre almeno un limite fisico all’invasività delle grandi navi da crociera nella delicata Laguna, con circa 500 imbarcazioni che transitano e attraccano ogni anno a Venezia cariche di 1,6 milioni di passeggeri (2019). La massa fisica di questi turisti, sommata a quella di altre categorie di utenti escursionisti, ha reso problematica la situazione, fino a spingere il Comune a proporre itinerari alternativi, sensi unici pedonali, codici comportamentali (“Enjoy Respect Venezia”), sperimentazioni di contingentamento anche tramite webcam, tornelli, ecc.

Dopo un Decreto legislativo del 2012 che limitava il traffico a navi sotto le 40 mila tonnellate, rimasto inapplicato, ed una ulteriore determinazione del Comitato interministeriale per la salvaguardia della Laguna di Venezia, poi annullato dal Tar, dal 2015 le compagnie hanno auto-limitato la stazza delle proprie navi in Laguna a 96 mila tonnellate (anche se dispongono di unità che superano le 200 mila).

Dal primo agosto 2021, complice il Covid che ha comunque azzerato i traffici insieme al turismo intercontinentale, un apposito Decreto-legge vieta il transito in laguna alle navi con peso superiore alle 25 mila tonnellate e con lunghezza superiore a 180 metri.

Le prospettive

Venezia è e rimane un unicum globale insostituibile per il mercato turistico e quello crocieristico, ma perderà a breve una parte consistente dei propri traffici crocieristici, anche se certo non tutti. Questo almeno fino alla realizzazione di un nuovo terminal che eviti il passaggio delle navi nel Canale della Giudecca, in fase di progettazione a Marghera tramite un concorso internazionale di idee per cui sono stati stanziati 157 milioni di euro. Nello stanziamento sono previste compensazioni per salvaguardare indotto ed occupazione, stabilendo un principio importante e inedito in una logica di governance integrata della destinazione.

Stando alle ultime rilevazioni disponibili, la spesa annua dei crocieristi a Venezia pre-Covid era di 206 milioni di euro, con una media di 145 euro a testa. Questo valore riguarda sia gli escursionisti giornalieri (220 mila nel 2019) che quanti iniziano o concludono la propria crociera a Venezia (home  port).

Alcune compagnie e classi di navi si sposteranno almeno temporaneamente a Ravenna (2,30-3 ore distante da Venezia) ed altre a Trieste (2 ore). Da qui, seppure con qualche evidente difficoltà, potranno organizzare escursioni a Venezia, andando a sostenere il sovraffollamento meno redditizio e più congestionante per la città. Un problema da gestire, ma non certo da subire passivamente.

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Il bilancio dello stop alle grandi navi non è facile da tracciare, così come non lo è lo scenario post-Covid. Un fattore positivo sta certamente nell’aver sventato il rischio per Venezia di essere inserita nella “danger list” dell’Unesco.

Gli altri effetti, però, devono essere ancora valutati e sono tutti nelle mani della governance locale (Comune e Autorità portuale) nel confronto con i Cruise operators, nella capacità di ridurre il congestionamento (da maggio a ottobre e soprattutto tra le 10 e le 18)  e valorizzare le minori quantità in termini di immagine del “brand” e di migliore qualità dell’esperienza, anche mediante il complessivo controllo sui flussi di persone con meccanismi efficienti di prenotazione.

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  1. enzo de biasi

    Si vede che al centro non leggete quanto scrive la periferia. Ecco qui un pezzo scritto dall’amico Marco Zanetti -Venezia che dimostra di conoscere in profondità l’argomento qui trattato. Ciao e buon lavoro.
    https://www.bellunopress.it/2021/08/04/come-salvare-venezia-dalle-navi-troppo-grandi-soluzioni-amministrative-e-soluzioni-legislative-di-marco-zanetti/

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