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Un po’ troppo passato nel futuro del turismo

Alla ricerca di idee brillanti, sul turismo il piano Colao sembra aver attinto a piene mani dai documenti d’epoca. Ripropone così idee che in passato non hanno avuto successo. Più interessante lo sguardo sul futuro, con lo sviluppo delle reti di impresa.

Nostalgie del passato

Si prova una strana sensazione di schiacciamento temporale nel leggere il piano Colao dal punto di vista del settore turistico: c’è insieme il passato remoto, quello prossimo, qualche brandello di presente e alcuni scorci di futuri possibili.

Alla ricerca di idee brillanti il “gruppo Colao” sembra aver attinto a piene mani dai documenti d’epoca, o forse ha audito testimoni nostalgici.

Correvano infatti i ruggenti anni Novanta, quelli dei Mondiali di calcio-flop, quando in Italia si parlava ancora di incentivi nazionali alle imprese alberghiere (scheda 47); di scarsa competitività di prezzo con l’Egitto (scheda 45) dovuta al nostro elevato costo del lavoro; di catene alberghiere italiane “iconiche” con immobili di pregio sull’esempio dei “Paradores” spagnoli (scheda 49), idea poi sviluppata da Insud con i Pregio Hotels (e non ci sarebbe certo da scandalizzarsi se “il 20 per cento degli alberghi italiani ha più di 100 anni” come invece si fa nella scheda 47); di creazione di tour operator italiani specializzati nell’incoming (scheda 50), idea poi morta insieme alla dismissione del ramo turistico di Eni-Agip; di importare l’esperienza dell’École de Lausanne (scheda 53), come se da noi non ci fossero ormai fior di master d’eccellenza.

Il fatto che tutte queste linee di lavoro non abbiano poi trovato il loro adeguato sviluppo un segnale di allarme dovrebbe pur lanciarlo.

Per quanto riguarda lo “ieri”, il ripristino del ministero del Turismo, dopo la sua abrogazione per referendum nel 1993, era stato ripreso con forza dal “piano Gnudi” nel 2012, e incorporato nella riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi, poi bocciata sempre per referendum nel 2016. Adesso viene riproposto con la dicitura sfumata “presidio governativo speciale”, trascurando che dal 2014 esiste già il “Comitato permanente di promozione del turismo in Italia”, che ha realizzato il Piano strategico nazionale del turismo “Pst 2017-2022”. Un evento non pervenuto, ma invocato come necessario dal “piano Colao” nella scheda 45.

Per l’oggi non basta un bonus

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Per l’oggi, del tutto condivisibile appare lo sforzo di proteggere il settore stimolandone la riapertura e sostenendo la sua occupazione, in particolare quella stagionale “stabile” e cioè ripetitiva (scheda 43.i), e la proposta di non far gravare tutti i canoni di locazione su imprese in crisi di fatturato (43.ii).

Oltre gli strumenti generali nazionali, già molte regioni si sono mosse in questa direzione, anche per rispondere alle esigenze di categorie “intermedie” che non sono né imprese né dipendenti: i lavoratori autonomi che costituiscono il “tessuto connettivo” del turismo, garantendo tutte le funzioni e le prestazioni di servizi oltre a trasporto, ricettività e ristorazione. In una parola, quanti operano “per il turismo” senza essere classificati “nel turismo”.

Opinabile appare invece la proposta di prorogare alcune concessioni come quelle delle spiagge (sempre scheda 43.i): si tratta di una questione molto delicata, su cui non si è ancora trovata una quadra, stretti tra la direttiva comunitaria “Bolkestein” che vorrebbe le concessioni “contendibili” e gli attuali concessionari che le vorrebbero prorogate il più possibile.

Il piano Colao non tocca un altro tema molto caldo: quello del sostegno congiunturale alla domanda turistica interna, che invece è stato normato “fuori sacco” con l’istituzione di un “bonus vacanze” spendibile dai vacanzieri, ma incassabile dalle imprese ricettive come credito d’imposta. Non c’è grande ottimismo verso una misura di questo tipo, non a caso irrisa dalle associazioni categoriali, perché pretende, oltre a una accurata osservanza fiscale da parte delle imprese, anche una redditività positiva.

I limiti e i vincoli del bonus lo fanno assomigliare molto all’“assegno vacanze” tentato a partire dal 2001 mutuando l’esperienza francese, ma poi smarrito nel porto delle nebbie di un sistema turistico come quello italiano, in cui il sommerso o la smart economy (che spesso coincidono) sono la norma.

Allo stesso modo suona come una pia illusione il suggerimento di destinare una parte della tassa di soggiorno a un fondo centrale per attività di marketing (scheda 44), già proposto dal ministro Franceschini nel 2017, e poi sepolto nelle pieghe di una finanza locale che spesso si regge proprio su questo gettito.

Il domani del turismo

La reputazione del nostro paese è eccellente, ma sembra che nessuno nel turismo sia in grado di trarne valore. Il piano Colao glissa sull’Enit, mentre prescrive una unità di data/analytics, un team dedicato al monitoraggio del futuro Piano strategico, una attività di public relations e reputation strutturata, e così via (schede 45 e 46). Tutte cose a ben vedere essenziali, ma che già dovrebbero esserci: se non ci sono, evidentemente abbiamo un problema, forse non solo di comunicazione interna.

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Dove il piano dà il suo meglio è quando parla di “diventare grandi a modo nostro”, e cioè spingendo al massimo le reti di impresa (scheda 48), in cui molto interessante appare la “codatorialità”, in linea anche con la proposta sindacale di stipulare “contratti di territorio” e non solo aziendali; l’attrazione di imprese e capitali privati nella gestione di beni culturali (schede 54 e 55); lo sviluppo di un’infrastruttura di cammini, sentieri e itinerari per la valorizzazione del patrimonio diffuso (scheda 51): proprio quello su cui deve poter contare la ripartenza di un turismo distanziato post-Covid-19.

Importante corollario della migliore strutturazione dell’offerta è la “fabbrica dei nuovi prodotti” (scheda 51.ii, a patto che lo sci – prodotto maturo – non venga spacciato per nuovo), intesi non più solo come destinazioni, quanto come motivazioni “verticali”, turismi ad alta domanda potenziale, ma soprattutto a valore. Ogni industria che si rispetti e che voglia avere un futuro ha laboratori di ricerca & sviluppo, che non possono mancare proprio nel nostro turismo.

Tra questi prodotti, oltre alla nautica già oggetto di imponenti programmi di investimento nei decenni passati, viene giustamente indicata l’enorme potenzialità turistico-formativa delle città creative, dei musei e dei siti archeologici e dell’artigianato specialistico (schede 56 e 57), quello che già adesso milioni di stranieri “altospendenti” considerano come l’obiettivo della loro vita, non diversamente da quanto accadeva con il grand tour settecentesco: learning in Paradise, imparare in Paradiso, cioè in Italia.

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  1. bob

    prof lei non accenna minimamente alla vergognosa gestione regionale di un comparto così importante. Come è possibile fare una programmazione quando si va in ordine sparso pensando che si possa promuovere ad un turista americano la ” spiaggetta tal dei tali”. In una fiera del settore a Londra passando in uno stand e vedendo 4 rubicondi signori stravaccati sulle sedie e con le cravatte faticosamente allacciate, chiesi chi erano la risposta fu ” siamo in missione istituzionale della Provincia di …..”. Ci rendiamo conto?

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