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Costruzioni a rischio ingorgo

Il Pnrr orienta la maggior parte dei fondi verso i settori industriali tradizionali. L’obiettivo è incentivare una trasformazione strutturale verso uno sviluppo “digital” e “green”. Ma c’è un rischio di sovraffollamento di progetti nelle costruzioni.

L’analisi dell’Osservatorio del terziario

Nel recente rapporto trimestrale dell’Osservatorio del terziario Manageritalia presentiamo un’ analisi della allocazione per settore delle risorse del Recovery and Resilience Fund (Rrf). L’obiettivo è di misurare la distribuzione delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano ai vari settori economici, sia in maniera diretta, considerando quindi solo e unicamente il fatturato destinato inizialmente a ogni settore, sia in maniera indiretta, tenendo cioè conto della catena dei fornitori e della necessità – eterogenea tra settori – di approvvigionarsi di beni utili per il processo produttivo. 

Il numero complessivo delle voci di spesa considerate nel nostro esercizio è 181, che abbiamo assegnato quasi nella loro totalità a venti branche di attività seguendo la suddivisione Nace (Nomenclatura delle attività economiche).  

Nella quantificazione dell’allocazione diretta spicca la quota destinata a “costruzioni”: oltre il 40 per cento del totale dei fondi resi disponibili dal Piano (81,2 miliardi di euro) transitano in prima battuta da questo settore. Segue la manifattura, a cui viene destinato il 16 per cento delle risorse, circa 30 miliardi. I fondi rimanenti sono distribuiti per lo più nei sub-settori che compongono il macro-settore del terziario, a cui viene assegnato circa il 36 per cento delle risorse. 

Nella seconda fase dell’analisi arricchiamo la panoramica statica considerando le relazioni che intercorrono nelle filiere dei vari settori. Il ragionamento economico sottostante è il seguente: per ogni euro di produzione effettiva di un settore, vi è una parte che viene spesa internamente, mentre la rimanente è parte pressoché ineluttabile del processo produttivo e viene indirizzata ad altri settori come conseguenza dell’approvvigionamento di input necessari alla produzione stessa. 

Utilizzando le tavole input/output di Istat, è dunque possibile ricavare, in media, per ogni settore, quanto della singola voce di spesa del Pnrr rimane effettivamente interno al settore e quanto, e in quale proporzione, viene assorbito dagli altri settori. Dall’esercizio risulta una forte attenuazione della quota destinata alle costruzioni (da 42 a 16 per cento) e un aumento considerevole della quota della manifattura (dal 16 al 28 per cento). Il settore dei servizi nel complesso guadagna 11,9 punti percentuali di investimenti, passando a una quota del 47,8 per cento. 

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In figura 1 un confronto tra le due fasi dell’analisi di allocazione.

I punti chiave

Dalla nostra analisi emerge uno scompenso nella distribuzione dei fondi del Pnrr rispetto alle quote di valore aggiunto settoriale sul totale del valore aggiunto nazionale. La prevalenza dei fondi verso i settori di “costruzioni” e “manifattura” è dovuta implicitamente ai livelli minimi di spesa dettati dalla Commissione ai singoli paesi per la transizione digitale ed ecologica (Missioni 1 e 2 del Pnrr italiano). In figura 2 – che fornisce una visualizzazione grafica della distribuzione dei flussi di risorse dalle missioni ai settori – risulta evidente come le prime due missioni siano dirette principalmente ai settori industriali.

La destinazione prevalente al settore “costruzioni” potrebbe creare un rischio di forte sovraffollamento di progetti, sia nel comparto residenziale che in quello infrastrutturale.

Il programma pubblicato del ministero delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, che analizza l’orizzonte temporale degli investimenti nel settore, tende a smorzare il rischio, prevedendo scadenze “allungate” per buona parte delle voci di spesa che riguardano le costruzioni. Tuttavia, anche se distribuito su alcuni anni, un ammontare di risorse pari a 81,2 miliardi in progetti da gestire, con relativi percorsi autorizzativi e identificazione dei migliori fornitori potrebbe determinare un surriscaldamento del settore, come recentemente evidenziato dall’amministratore delegato di Webuild, Pietro Salini.

Il Piano italiano riflette in larga parte le linee guida della Commissione e ha tra i suoi obiettivi quello di provocare una trasformazione strutturale dell’offerta industriale improntata sui settori “digital” e “green”. La nostra analisi evidenzia come ciò possa comportare un rischio di sovraffollamento di progetti nel settore delle costruzioni e – in seconda battuta – anche un rischio di strozzature in quello manifatturiero.

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La decarbonizzazione non arriva dai Pnrr

  1. Savino

    Altro che ingorgo, è in atto una bolla speculativa sul mercato edilizio e sulle ristrutturazioni, ma nessuno dice niente, tutti distratti dall’obiettivo della transizione per il quale ci stiamo dissanguando senza raggiungerlo concretamente peraltro.

  2. Bruno Messina

    Molto interessante l’analisi realizzata, sarebbe auspicabile che i nostri governanti ne tenessero conto nelle attività di riprogrammazione e prendessero gli utili spunti forniti.
    Buon lavoro

  3. bob

    far credere che un mucchio di soldi possa come una bacchetta magica far risorgere un Paese completamente fermo da oltre 40 anni è illusione pura. Biada data al popolino. Un Paese diviso da 21 “condomini” come 300 anni fa. Auspicando che i soldi arrivano, tutto da vedere, altrimenti alla commedia si aggiunge un dramma da paura

  4. Paolo Mariti

    Sorprende la parte ridotta della spesa del comparto costruzioni che verrebbe indirizzata ad altri settori come conseguenza delle interdipendenze settoriali di input .necessari alla produzione stessa. Un tempo si diceva che “Quand le bâtiment va, tout va”. Non è più vero?

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