Il dibattito sui tamponi ha evidenziato la dicotomia tra i farmacisti di farmacia e di parafarmacia, che non è legata alle competenze, ma al luogo di lavoro del professionista. È necessario riprendere il processo di liberalizzazione iniziato nel 2006.
Il processo di liberalizzazione dal 2006 a oggi
La vicenda dei tamponi Covid, con le polemiche annesse, ha il merito di aver messo in evidenza non solo l’assurda dicotomia tra i farmacisti di farmacia e i farmacisti di parafarmacia, ma anche la necessità di completare il processo riformatore iniziato nel lontano 2006 dall’allora ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani.
Oggi quella timida ventata liberista si è arenata in Parlamento sostanzialmente per due equivoci di fondo: il mito che i farmacisti si dividono in due distinte categorie a seconda del luogo ove operano e il mito della conseguente necessità di contingentare il numero delle farmacie per proteggere i consumatori da professionisti di scarsa qualità. Per confutare questi fuorvianti assunti, basta ricordare che ogni farmacista acquista il titolo per esercitare la professione attraverso qualificati percorsi di studio e nulla c’entrano la trasmissione ereditaria di una farmacia o le disponibilità economiche per acquistarne la titolarità.
Tra l’altro, nel novembre 2021 il Parlamento ha abolito l’esame di stato, riconoscendo a farmacisti, psicologi, veterinari e odontoiatri l’abilitazione al libero esercizio della professione attraverso il diploma di laurea, come era già avvenuto nel 2020 per i medici. Nonostante il nuovo quadro legislativo, che focalizza l’attenzione sulle competenze acquisite durante il corso di studi e sull’uguaglianza di tutti i laureati di fronte alla legge, nel campo delle farmacie sinora nulla si è mosso per modificare un sistema ingessato.
Proprio partendo dai due erronei presupposti, nel 2011 il Parlamento ha bocciato la vendita dei farmaci di fascia C prevista dal decreto “Salva Italia” per le sole parafarmacie nei centri superiori ai 12.500 abitanti. E, nel 2017, ha esteso la titolarità delle sedi farmaceutiche alle società di capitali e ha consentito la formazione di catene sotto l’ombrello protetto dei “piani di zona”, limitando però senza motivazioni plausibili il libero accesso allo svolgimento della professione di farmacista. In tal modo si è aperta la strada che rende il “capitale finanziario” sempre più preponderante rispetto al “capitale umano” del farmacista. Senza l’abolizione dei piani di zona, il sistema rischia di provocare un aumento della concentrazione di mercato e un’ulteriore marginalizzazione del ruolo professionale del farmacista.
Il fatto che oggi, in una situazione di pandemia, la maggioranza di governo si sia spaccata su un emendamento che consentiva alle parafarmacie di eseguire i tamponi Covid, la dice lunga sulla vera posta in gioco, ovvero la pari dignità di tutti i farmacisti con la conseguente liberalizzazione del settore.
Il doppio canale di distribuzione dei farmaci fu introdotto da Bersani per dare una prima spallata al monopolio delle farmacie, aprendo spazi di mercato alla professione di farmacista. Un malinteso gioco partitico ha impedito la prosecuzione di quel percorso sino alla naturale conclusione della confluenza in un unico canale di distribuzione dei farmaci finalmente liberalizzato. L’insabbiamento del processo avviato nel 2006 ha invece contribuito a delineare un quadro normativo talmente intricato che, secondo la Corte di giustizia europea, non permette di “identificare facilmente il vero obiettivo o i veri obiettivi perseguiti dal legislatore”.
Una via di uscita
A rendere più evidente l’esigenza di riordinare il sistema sono le stesse motivazioni addotte per giustificarlo, con tali e tante illogicità da rientrare in quella “impropria protezione di interessi di categoria” che contrasta con i principi stabiliti dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con gli articoli 3, 32 e 41 della nostra Costituzione.
Per confutare la necessità del contingentamento è anche utile ricordare che la capillarità del servizio è garantita, nelle zone disagiate, dalle farmacie comunali e dalle farmacie rurali di cui nessuno chiede l’abolizione. E la tutela della salute dei cittadini e il controllo della spesa pubblica dipendono dalle prescrizioni mediche e dai piani terapeutici del Servizio sanitario nazionale (Ssn), non dalle farmacie.
Per uscire dall’attuale contrapposizione che penalizza la figura professionale del farmacista, l’unica soluzione concretamente praticabile appare quella di dare avvio al tavolo di confronto che lo stesso ufficio legislativo del ministero della Salute auspicava nel 2019, in risposta a una interrogazione dell’on. Michela Rostan.
Solo in quella sede si potranno serenamente approfondire le nuove strategie politiche per la distribuzione dei farmaci, necessarie per ridare centralità alla figura del farmacista in un ambito di autentica liberalizzazione del settore. Pena il declino di una antica categoria professionale.
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Savino
Anche uno specializzando o un laureando in medicina è più bravo e ci salva meglio dal virus e da altre patologie di un mega professorone con gli appoggi politici. La prima liberalizzazione è liberarci dalla schiavitù nazionale del “lei non sa chi sono io”, perchè le persone che ci possono aiutare, in sanità, in economia e in altri ambiti ci sono, ma bisogna uscire dal solito giro dei privilegiati per scovarle.
Aram Megighian
In questo caso, allora, sarebbe bastato mantenere l’esame di Stato. Anzi, renderlo più severo e aperto nella valutazione ai medici non “professoroni” privilegiando la competenza alla conoscenza (che comunque andrebbe valutata)…….
Cioè delineare ancor più nettamente la differenza tra competenze (sono le cosiddette skills) e conoscenze. Rimane però il fatto che le prime si costruiscono sulla base delle seconde e non rimangono definite una volta presa la laurea, ma vanno continuamente aggiornate. I corsi ECM dei Medici sono abbastanza inutili, mentre, per me, sarebbe più utile un esame di Stato ogni x anni, per esercitare la Professione.
Tutte utopie, perchè con questa mania neoliberista della competenza stiamo creando dei professionisti “ignoranti”, cioè incapaci di cogliere in modo olistico la loro professione e quindi anche incapaci di capire come aggiornarsi sia riguardo la conoscenza che la competenza. Semplicemente aggiungiamo dei punti come su di una tessera del supermercato e, fatto questo, chiudiamo la pratica. Un approccio che funziona bene per valutare un’impresa (forse…ho i miei dubbi) ma non funziona per valutare un cervello……
Stefania
Decisamente una descrizione puntuale, precisa e chiara della assurda situazione italiana in cui conta non la professionalità ma il luogo in cui si lavora!
Guido Zichichi
Ho letto l’articolo ed è evidente sin dal titolo che sfugge un particolare importante: il contesto in cui si svolge una determinata mansione E’ importante.
Le “parafarmacie” non sono solo, come vi immaginate, un negozio con dei farmacisti che assomiglia a una farmacia. Ma qualunque negozio abbia un farmacista: ci possono essere parafarmacie anche da Leroi Merlin, alla Metro, alla Lidl.
L’effetto delle liberalizzazioni, spiegato con tono da scandalo, è stato prevedibilmente quello di creare delle ‘catene di farmacie’, vista la necessità di ottimizzare i costi (in questo caso di acquisto e distribuzione) per competere con le parafarmacie. Nell’articolo si critica questo processo, mettendolo all’indice come un’ulteriore tattica di quei farmacisti brutti e cattivi per guadagnare di più, quando è parte dei desiderata del decreto Bersani. Mi sembra quindi che si faccia davvero confusione.
Ma torniamo al contesto, “ovunque lavori”. Il vecchio farmacista, quello che vendeva medicinali e lavorava in una farmacia e riceveva pazienti che cercavano medicinali, era ultraspecializzato e conosceva i propri clienti per nome, cosa che ancora fortunatamente accade in molti casi.
Il farmacista desiderato ora sarebbe qualcuno che si specializza anche in prodotti omeopatici, creme di bellezza, trucchi, e che serve clienti venuti a fare la spesa all’interno di un centro commerciale, che sono degli estranei al farmacista.
E’ ovvio che ci sarà, come già accaduto a ogni liberalizzazione in passato (si va avanti a liberalizzazioni sulle farmacie da più di mezzo secolo, non pensiate di essere dei rivoluzionari), un significativo calo della qualità del servizio che riceviamo.
Se l’obiettivo è la salute dei cittadini, allora stiamo andando nella direzione opposta. Il principale risultato sarà una nuova linea di prodotti all’interno dei negozi dei grandi distributori e un calo di qualità del servizio.
Fate un po’ come volete, ma #sapevatelo
emanuele
Da farmacista non sono per nulla d’accordo in Germania la pianta organica e’ stara abolita nel 1958.. in UK le farmacie sono libere da sempre e il farmacista ha più competenze e specializzazioni esiste il farmacista prescrittore, il farmacista clinico, il farmacista nutrizionista e il livello di servizi al paziente è molto più alto.. .. in Italia non solo i titolari di farmacia lottano per mantenere il monopolio feudale ma soprattutto impediscono che i DOTTORI COLLABORATORI LAUREATI possano ampliare le competenze e li sfruttano come manodopera con un contratto tra i peggiori in europa senza possibilità di crescita e di carriera…. le parafarmacie NON SONO DEI NEGOZI ma erogano servizi, sono inserite nel sistema TS, fanno servizio CUP, NONOSTANTE LA LOBBY…(VEDI ESEMPIO DEI TAMPONI) Faccia da anni di tutto per ostacolare l’evoluzione del farmacista. Mi sembra di sentire il ministro impiegato alle Poste Parente che per fare bocciare un emendamento giusto e corretto per il cittadino ha detto un sacco di castronerie, imboccato probabilmente dai sostenitori di Federfarma… ma anche Lei è stata smentita, ma chi ci ha rimesso è il cittadino che non può decidere in autonomia dove andare a farsi esaminare, ma è anche stato costretto a fare lunghissime code al freddo con il rischio di essere infettato
Stessa cosa per la fascia C… se il cittadino deve spendere i suoi soldi e ha la ricetta medica ha il diritto sacrosanto di prendere i farmaci dal farmacista che preferisce come avviene in TUTTO IL MONDO NON LOBBIZZATO
Quindi a mio parere Lei ha detto moltissime inesattezze volte a proteggere La casta
cordialmente
Dr. Emanuele Veronesr
vicepresidente AFEN
Andrea
Ottino speriamo che si faccia, ho individuato un locale in citta su una via di alto passaggio, chiudo in paese e apro li. Tanto in centeo paese sono andati via pure i mesixi ora sojp in medicina di geuppo in città. Ma ai cittadini del piccolo borgo chi ci pensa se non la pianta organica? L italia non è strutturata con Uk, in Germania lavorano alcuni amici e si lamentabo proprio del rapporto coi titolari, e poi quei poverini che dopo una vita di ruralita hanno vinto il concorso in citta… Mah
Federico Gitti
Guardandovi da fuori c’è molto da riflettere.
Farmacisti contro parafarmacisti tutti professionisti preparati.
I primi, forse potrebbero pensare a come modernizzare il loro ruolo, ma essendo sotto attacco da anni si arroccano sul mantenimento dello stutus quo, per la serie primum vivere deinde philosophari. E in effetti, come in tutti i campi, ci saranno altri modi per modernizzare i servizi offerti dalle farmacie diversi da una “liberalizzazione” che dovrebbe andare a vantaggio dei consumatori e invece va prevalentemente a vantaggio di specifici gruppi di interesse. Purtroppo non c’è molto tempo per pensare a queste cose perché buona parte delle risorse sono dedicate a rispondere agli attacchi.
Dall’altra i parafarmacisti, come mi sembra sia il dott. Veronesr, i quali si presentano come i “piccoli” che combattono la megalobby, come in un film amerikano, senonché è abbastanza evidente che una liberalizzazione comporterà una rivoluzione del settore a vantaggio di specifici potentati economici (direi in primis catene di distribuzione e industrie farmaceutiche che incrementeranno le vendite, ma farmacisti e parafarmacisti ci potranno illuminare sul punto): francamente, come utente finale, troveri molto più comodo comparare i farmaci su amazon con un farmacista che, se del caso, mi parla in videoconferenza. Più che le farmacie e le parafarmacie io troveri comodo quello, ma è chiaro che ci sono mille ragioni per non imboccare quella strada.
La stagione delle lenzuolate di liberazioni non ha portato grandi risultati e in diversi settori ha soltanto complicato le cose.
Forse sarebbe il caso, in diversi settori, di pensare a riforme strutturali che abbiano un minimo di senso, possibilmente non ispirate da esperti ed economisti poco pratici delle realtà che vorrebbero regolare e di cui si dichiarano esperti. Sicuramente il tema di chi fa i tamponi è un falso problema.
Angela
Il mio invito per i colleghi che conoscono solo la realtà della farmacia è quello di vivere l’esperienza in una parafarmacia. Realtà sicuramente nata dalla passione per la professione che garantisce la qualità e non da esclusive condizioni di eredità o forti potenziali economici. Rispetto, si chiama rispetto. Le catene brand di farmacie poco hanno di diverso dai negozi a marchio.
Maria Torsello
Capita spesso invece, che il cittadino, non libero di scegliere dove acquistare il suo farmaco prescritto dal medico, poi di rivolga a me e alle mie preparatissime collaboratrici nella mia parafarmacia, per chiedere consigli sull’assunzione del predetto farmaco, consigli che vanno aldilà della battuta di scontrino, i cittadini cercano e trovano il loro professionista di fiducia anche al di fuori delle mura della farmacia. Dovreste aprire anche voi un po’ la mente e chiederci qualche consiglio ?. Saluti
Dott.ssa Torsello Maria
Titolare di parafarmacia da ben 10 anni!!!
Pier Giorgio
Per gli interessi di pochi (titolari di farmacia) vengono penalizzati gli interessi di tutti (gli italiani).
L’unica corporazione che resiste (dal 1886,tempi di Giolitti e Crispi…) è quella delle farmacie.
Sarebbe ora di compiere una vera liberalizzazione….
Dubito che questo governo ne avrà la capacità…..
Silvia
Sono pienamente d’accordo con la Dottoressa; troppo spesso il farmacista di parafarmacia viene declassato. Deve godere degli stessi diritti di un farmacista che lavora in farmacia visto che hanno lo stesso percorso di studi!
Angela
Un quadro preciso della situazione attuale che molti Farmacisti titolari di Parafarmacia e i loro collaboratori devono sopportare. La professione è UNICA ovunque essa di svolge, il FARMACISTA è UNICO qualsiasi ruolo egli riveste: titolare di farmacia o parafarmacia, collaboratore di farmacia o parafarmacia. Hanno i primi (i titolari tutti) gli stessi oneri, ma non onori; hanno i secondi i medesimi contratti.
emanuele
un farmacista in tutto il mondo e’ riconosciuto anche economicamente e professionalmente per quello che fa e per quello che sa… SOLO IN ITALIA per una pianta organica nata negli anni 20 e una serie di privilegi di stampo feudale il farmacista guadagna moltissimo per quello che ha oppure ha ereditato dal papa’ o dalla mamma
QUESTA STORIA DOVREBBE FINIRE SIAMO STUFI
nicola salerno
Totalmente d’accordo.
ncs
Dott Palumbo
Esistono solo la PROFESSIONALITÀ e la SENSIBILITÀ all’ascolto del Farmacista. Ovunque lavori.
Cordialmente dott. Palumbo
Barbara
Mi permetto di dire solo una cosa: “Non esiste la Laurea in Parafarmacia, per cui, basta chiamare il farmacista che lavora in parafarmacia…Parafarmacista!!!” Grazie
Amelia Vitale
Sono pienamente d’accordo con quanto scritto dalla Dottoressa Maria Alice Rosasco.
Ritengo sia utile spiegare ai Signor Legislatore – che forse non ha studiato il greco o, forse, non se lo ricorderà più – che il prefisso “para” è una preposizione che definisce un’idea di provenienza (“da”) o che significa ” presso, accanto, a lato “, a seconda del caso che regge.
Pertanto, ” parafarmacia ” è un sostantivo che è stato coniato per definire una struttura assolutamente attaccata alla farmacia e che da questa proviene.
Per tale motivo, è stata dotata di Farmacisti, ossia professionisti laureati in Farmacia con l’identico curriculum di studio e di esperienza dei Farmacisti che operano nelle Farmacie senza prefisso e che, esattamente come loro, sono perfettamente in grado di gestire le innumerevoli richieste della popolazione.
Che ne vengano declassate capacità e professionalità è una delle tante vergogne del nostro Paese.
Pretendo che mi si spieghi perché debbano essere privati della possibilità di suddividere con le Farmacie l’esecuzione degli innumerevoli tamponi-covid, velocizzando le operazioni ed eliminando così le lunghe code di richiedenti.
I Signori Legislatori si devono ricordare che i laureati in Farmacia sono TUTTI Farmacisti senza discriminazione, così come i laureati in Medicina sono tutti medici.
Il medico di base, quello ospedaliero, quello della ASL… hanno tutti lo stesso corso di laurea anche se cambiano le competenze ed hanno tutti stessi diritti, stessi doveri, stesso valore.
Il medico è sempre medico come il farmacista è sempre farmacista.
E dal momento che le Parafarmacie sono ormai indispensabili per la popolazione – che spesso vi trova un luogo più “intimo” rispetto alla Farmacia e soprattutto gestito da professionisti colti e responsabili a cui sa che può rivolgersi con estrema fiducia per qualsiasi richiesta riguardante la propria salute – mi auguro che il Governo dimensioni finalmente la prevaricazione e la prepotenza di lobby che non hanno senso di esistere.
Mettere da parte gli interessi spiccioli per una giustizia finalmente equa.
Basterebbe volerlo…
Per finire vorrei aggiungere due parole dirette al Presidente di Federfarma Marco Cossolo, di cui farebbe bene a tenere conto se, come per i medici, anche per i farmacisti c’è un Ordine preposto alla loro tutela.
Mi risulta che abbia pubblicamente paragonato la Parafarmacia a una ” PANETTERIA che pretenderebbe di eseguire tamponi-covid”.
Io personalmente la ritengo una grave offesa per chi ha studiato seriamente, si è sacrificato e opera nel modo migliore, in scienza e coscienza.
Gli chiedo:” Non si vergogna, Signor Presidente? È Farmacista anche Lei o che altro? Lo sa che tra Farmacisti, così come tra Medici, deve esistere obbligo di rispetto, definito “deontologia professionale” e che ogni trasgressione può essere riferita all’Ordine? ”
Se non lo sapeva, lo ha imparato ora.
Da persona corretta e civile dovrebbe chiedere scusa ai suoi Colleghi. Pubblicamente.
Maria ledda
Ma il presidente dell’ordine è mandelli con il quale si ritrovano abbastanza allineati direi. Anzi forse l’atteggiamento di mandelli che nel suo operato (anche come politico) concretizza ancor più questa discriminazione fra farmacisti di farmacia e farmacisti di parafarmacia secondo me è molto più grave ed intollerabile
Enzo Colombo
Non ultimo, il contratto nazionale che prevede per i farmacisti collaboratori ( non titolari, ossia che hanno differenza di censo, non avendo ereditato la farmacia da familiari) stipendi base intorno ai 1500 euro, con scarse prospettive di incremento. 5 anni di università più esame di abilitazione…. A fronte di un reddito medio dei titolari fortemente superiore, se non è discriminazione questa…
L’uno eredita e prospera grazie ad un sistema protetto e basato sul rimborso pubblico, l’altro deve avere uguale professionalità ed accontentarsi di remunerazione modesta, senza prospettive concrete di migliorare la propria posizione.
Liberalizzare fa paura a chi detiene posizioni di privilegio,ma consente più possibilità a chi non nasce in quella situazione e magari ha capacità superiori.
Paolo Miola
È il solito gioco delle parti, ognuno tira acqua al suo mulino. Provate ad indagare sulle farmacie con 10 medici in un unico studio nelle immediate vicinanze. È tutto il sistema malato