La Bce deve essere liberata dal compito di ridurre gli spread, per concentrarsi sul suo mandato principale. L’istituzione di una Agenzia europea del debito, insieme a regole fiscali equilibrate, potrebbe garantire stabilità senza causare recessione.
La pezza messa dalla Bce
Quello che accade in questi giorni agli spread, dopo la decisione della Banca centrale europea di aumentare i tassi di 25 punti base, mostra essenzialmente una cosa: che la “pezza” messa dalla Bce a partire dal 2015, per quanto sia stata provvidenziale, resta una pezza.
Ma non è forse questo il tratto caratterizzante degli espedienti, di restare tali e di non trasformarsi mai in soluzioni strutturali? Certo, gli espedienti si possono eternizzare, ma non senza costi. Il principale è quello di distogliere l’attenzione da soluzioni strutturali di lungo termine.
Ma procediamo con ordine.
Figura 1 – Rendimenti di mercato per paese (linee continue) e portafoglio medio Eurozona
Che cosa ci dice la figura 1? Diverse cose.
La prima è che i mercati finanziari sono stati in grado di prezzare correttamente il rischio fondamentale dei paesi dell’Eurozona fino alla crisi, ma non oltre.
La seconda è che a partire dalla crisi, il loro comportamento è stato non razionale talmente a lungo da rischiare di compromettere la solvibilità di paesi certo non esenti da problemi, come l’Italia e il suo enorme debito rispetto al Pil, ma non per questo incapaci – fino ad allora – di farvi fronte, per esempio accumulando avanzi primari tali da permetterle di gestire con una certa efficienza il roll-over del debito.
La terza è che l’incresciosa irrazionalità dei mercati non è stata tolta ma semplicemente mitigata dall’intervento, straordinario e a tempo, della Bce, tramite i due programmi di acquisti Pspp e Pepp, che le hanno consentito, stando alle elaborazioni dell’Osservatorio Cpi, di assorbire circa un terzo del debito dell’Eurozona.
La quarta è che il portafoglio medio dei debiti pubblici dell’Eurozona si è mantenuto abbastanza stabile nel tempo, mentre è aumentata in maniera sconcertante la sua varianza, che non può essere attribuita a un cambiamento strutturale nella qualità dei debiti da servire, ma alla volatilità del market sentiment, o, se vogliamo essere più gentili, a una preferenza per un mix di portafoglio corretto per il rischio in misura eccessivamente prudenziale.
Un benchmark per misurare l’irrazionalità degli spread ci è dato dall’esercizio controfattuale condotto in Amato et al 2022, simulando i costi che sarebbero stati applicati agli stati membri da una Agenzia europea del debito (Eda). Come si evince dal grafico, l’Italia ha spesso dovuto pagare più di quanto la Eda avrebbe fatto pagare a un paese sull’orlo del default (“worst case” nel grafico).
Figura 2 – Costi teorici applicati dalla Eda (linee continue) e rendimenti di mercato per Italia e Germania (linee tratteggiate)
Per questo l’intervento della Bce, per quanto non strutturale, è stato provvidenziale: con quegli spread alcuni paesi rischiavano il default a causa delle aspettative.
Una soluzione più chiara
Ma un espediente resta un espediente: e non appena si sono visti i segni di un ritiro della Banca centrale dalla funzione di scudo anti-spread, i differenziali hanno cominciato a muoversi con le stesse dinamiche con cui si muovevano prima dell’intervento. A ulteriore riprova che di espediente trattasi, ossia di qualcosa che non cambia la struttura del problema, ma lo rende semplicemente meno acuto.
Sono in molti a dolersi del fatto che la Bce abbia smesso di “materner”, come dicono i francesi, i mercati, e di conseguenza anche gli stati. Molti, ma non tutti, e non senza ragioni: in primo luogo una gran parte dell’opinione pubblica tedesca, ben rappresentata dalla sua Corte costituzionale, la quale ha sempre sottolineato che l’intervento della Bce deve restare eccezionale, e non può perpetuarsi, perché in quel caso la politica monetaria avrebbe effetti di politica fiscale, introducendo “dal retrobottega” forme di mutualizzazione e di azzardo morale.
Il fatto che, dopo anni di tempeste perfette, si vedano i limiti di calcolo degli operatori di mercato non deve indurci a pensare che allora la Bce possa e debba sempre fare “di tutto”, anche al di là del suo mandato, e anche in situazioni ormai completamente differenti rispetto a quelle in cui Pspp e Pepp sono stati avviati: erano, ricordiamolo, situazioni di deflazione.
Per questo è bene che la Bce sia liberata dal peso di “chiudere gli spread”, concentrandosi sul suo mandato principale.
Certo, peggio di avere uno strumento traballante per fronteggiare gli spread è non avere alcun strumento per farlo. E in questo non posso che concordare con quanti chiedono maggior chiarezza alla Bce sul modo e sui tempi della sua dismissione dei titoli.
Ma la dismissione deve poter avvenire. E perché si tratti di un processo ordinato e strutturale ci sono solo due strade: la prima, irrealistica, è quella di una fortissima accelerazione del processo di federalizzazione dell’Unione, con un Tesoro europeo in grado di emettere bond europei, che la Bce potrebbe acquistare molto più tranquillamente di quanto non faccia ora con i titoli nazionali.
L’altra strada è la costituzione di quel “tesoro sintetico” di cui parlo da tempo, nella forma di una Eda, capace di assorbire progressivamente tutti i debiti nazionali, anche quelli “in pancia” alla Bce, e in grado di emettere una quantità di eurobond corrispondente.
Ovviamente nemmeno la Eda sarebbe di per sé una soluzione miracolosa e onnipotente, se non fosse messa in condizione di agire in sinergia con regole fiscali equilibrate, che garantiscano la stabilità senza causare recessione, e che quindi consentano di fare deficit quando è necessario (in recessione) a poi di compensare in fase espansiva dell’economia, come ho sostenuto in un altro articolo con Francesco Saraceno.
Tuttavia, una Eda ben fatta, magari nella forma di una ristrutturazione profonda del Meccanismo europeo di stabilità nelle linee statutarie del suo funzionamento, non priverebbe la Bce di un prezioso strumento, come sostiene Angelo Baglioni in un articolo di qualche giorno fa. Semplicemente, la libererebbe da un oneroso fardello.
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paolo
La soluzione strutturale allo spread dovrebbe forse essere l’estromissione dei politici cialtroni e incapaci dalle stanze di parlamento e governo… (soluzione probabilmente utopistica, ma senza la quale non si vede perchè chi da decenni intraprende politiche assennate dovrebbe accettare la condivisione del rischio debito con chi prende a prestito il 110% di quel che spende).
Massimo Amato
Infatti. Ma la proposta dell’agenzia si basa proprio sulla NON condivisione dei rischi
Paolo
grazie per la risposta, probabilmente la sintesi dell’articolo dà per scontate conoscenze che non possiedo, e non consente a un inesperto come il sottoscritto di capire in che modo”assorbire progressivamente tutti i debiti nazionali, anche quelli “in pancia” alla Bce, e (…) emettere una quantità di eurobond corrispondente” non comporti una condivisione del rischio: probabilmente è scritto nel report Amato citato, che però si può leggere solo a pagamento.
non potendolo leggere, viene da pensare che se si emettono eurobond “misti” (tipo PNRR), il rischio si condivide. altrimenti si emettono eurobond dedicati al singolo paese, e allora il mercato punirà per la scarsa affidabilità dell’italia quelli dedicati al nostro paese, nello stesso modo in cui punisce quelli emessi direttamente.
peraltro dal grafico di figura 2 una media a occhio delle aree sopra e sotto il “worst case” del grafico dell’italia non sembra portare a un gran guadagno, anzi.
Marcello
E allora cosa serve una banca centrale che non è prestatrice di ultima istanza???? E’ un caso più unico che raro.
Vorrei ricordare al Sig. Paolo che il debito pubblico italiano paga per la maggior parte l’interesse sul debito, mai tenuto a bada dalla BdI dopo il famoso divorzio con il Tesoro.
Ci sono paesi con debiti molto più alti del nostro che non hanno problemi di critica….vedi Giappone
Marcello
E chi ci va? Chi decide chi ci va? Chi decide se un politico è incapace o cialtrone?
Il problema è proprio che c’è poca politica espressione del volere popolare in queste istituzioni.