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Riforma del sostegno contro la povertà: una prima valutazione*

Il nuovo sussidio contro la povertà vedrà una suddivisione tra famiglie di poveri fragili e poveri meno fragili. Per le prime l’importo del contributo potrebbe leggermente aumentare. Ma le previsioni per l’altro gruppo portano l’Italia agli ultimi posti in Europa nel sostegno al reddito.

La nuova misura

Il governo ha smentito in parte le indiscrezioni sulla Misura per l’inclusione attiva (Mia, ma anche il nuovo nome pare incerto) che sostituirà il Reddito di cittadinanza (Rdc). Tuttavia, la ministra del Lavoro, in una recente intervista (qui), ha confermato alcuni punti contenuti nella bozza di riforma, in particolare la suddivisione delle famiglie  povere in due gruppi ben distinti, che per semplicità definiamo famiglie “fragili” e famiglie “meno fragili” (Figura 1).

Figura 1 – La classificazione delle famiglie povere prevista dalla riforma

Per i due gruppi, la riforma prevede un diverso trattamento in termini di durata e importo del sussidio (tabella 1).

Tabella 1 – Soglie, importi e durata massima del sostegno ai poveri. Confronto tra Rdc e la nuova “Mia”

Cinque aspetti principali

Cinque aspetti dell’impianto illustrato sopra sono da sottolineare.

1.Aumenta la platea di beneficiari stranieri. Il requisito di residenza del Rdc (almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 continuativi) è tra i più restrittivi in Europa ed è stato per questo oggetto di una recente procedura di infrazione da parte della Commissione europea (qui). L’abbassamento da 10 a 5 anni potrebbe risolvere positivamente la procedura di infrazione comunitaria ed avrà come risultato l’aumento della platea di beneficiari stranieri.

2. Importi leggermente più alti per i poveri “fragili” con minori. Le maggiorazioni previste per le famiglie con più di un componente adulto sono analoghe a quelle previste dalla legislazione vigente. Tuttavia, per ogni figlio minorenne (o maggiorenne) che percepisce l’Assegno Unico e Universale (AUU) la bozza di riforma prevede una somma aggiuntiva pari a 50 euro al mese (tabella 1). Se tale maggiorazione dovesse essere confermata, il supporto complessivo per le famiglie di poveri fragili con minori sarebbe leggermente superiore rispetto a quanto previsto dal Rdc.

3. Aumento dell’intensità della povertà per i poveri “meno fragili”, in particolare quelli in affitto. Il nuovo strumento prevede per i poveri “meno fragili” importi inferiori del 25% rispetto a quelli previsti dal Rdc. Inoltre, nonostante la bozza di riforma non menzioni eventuali supplementi per l’affitto, che sono invece previsti dal RdC, la ministra del Lavoro ha comunque confermato (qui) che tale supplemento verrà mantenuto almeno per le famiglie povere “fragili”.

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Se queste impostazioni dovessero essere confermate, l’importo dell’assegno per una famiglia povera “meno fragile” in affitto (ad esempio un single o una coppia senza figli e senza disabili) diventerebbe tra i più bassi d’Europa. La Figura 2 mostra questo aspetto. Per ciascun paese europeo, riportiamo l’importo massimo dell’assegno contro la povertà ricevuto da una persona sola di 40 anni che vive in affitto. Il grafico mostra sia l’assegno di base (barre gialle) sia eventuali supplementi per l’affitto (barre verdi). Per consentire il confronto tra paesi, gli importi sono stati espressi in percentuale della mediana del reddito disponibile del paese. In Italia, ad esempio, l’importo massimo del Rdc per un single in affitto è di 500 euro (l’assegno di base) più 280 euro (il supplemento per l’affitto), per un totale di 780 euro al mese. Poiché la mediana del reddito disponibile equivalente in Italia è circa 1780 euro al mese, l’importo di 780 euro è il 44 per cento del reddito mediano, un valore leggermente inferiore alla soglia di povertà Ocse (il 50% del reddito mediano del paese, come indicato dalla linea orizzontale della Figura 2).

Due aspetti sono evidenti dalla Figura 2. Innanzitutto, pochissimi paesi non prevedono un supplemento per l’affitto per una persona povera in età da lavoro che vive da sola. Inoltre, se i poveri “meno fragili” non dovessero più avere diritto al supplemento per l’affitto attualmente previsto dal Rdc, per questi poveri il sussidio ricevuto diventerebbe particolarmente basso rispetto agli altri paesi.

4. Durata limitata del sostegno per i poveri “meno fragili”. Un aspetto particolarmente critico della bozza di riforma è la durata limitata del sussidio per le famiglie povere “meno fragili”: si prevede per loro uno stop di 18 mesi dopo il secondo rinnovo, un periodo durante il quale non è chiaro come le famiglie (povere) riusciranno a trovare dei mezzi di sostentamento.

Questo aspetto sarebbe un’eccezione assoluta a livello internazionale. Non esiste infatti un solo paese Ue in cui la durata del programma nazionale di contrasto alla povertà sia limitata per legge. Semmai, sono previsti dei riesami periodici (ogni 6-18 mesi) per verificare la sussistenza dello stato di bisogno.

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Se lo stop di 18 mesi dovesse essere confermato (anche se di durata inferiore), si creerebbe un notevole disallineamento non solo rispetto a quanto previsto negli altri paesi europei ma anche rispetto alla recente (gennaio 2023) raccomandazione del Consiglio Europeo sui programmi di contrasto alla povertà (qui). La raccomandazione chiede infatti a tutti i paesi UE di garantire la continuità dell’accesso al sussidio fintanto che le persone che non dispongono di risorse sufficienti soddisfano i requisiti reddituali e patrimoniali di accesso (Articolo 9).

5. Aumento dell’intensità della povertà per i lavoratori poveri. Consideriamo una coppia con un minore di 4 anni. Assumiamo, per semplicità, che tale famiglia non viva in affitto (poiché la bozza di riforma non contiene informazioni su eventuali maggiorazioni per i locatari). La soglia di reddito familiare prevista dal Rdc per questa tipologia familiare è di 9600 euro (6000 euro moltiplicato per 1.6, si veda la tabella 1). Ciò equivale ad una retribuzione imponibile di 800 euro, un valore inferiore alla soglia di povertà assoluta calcolata dall’Istat sia nell’ipotesi che la famiglia in esame viva in un’area metropolitana del Nord (1435 euro al mese) che del Sud (1124 euro). La soglia reddituale prevista dalla Mia sarebbe invece di 8400 euro (6000 euro moltiplicato per 1.4, si veda sempre la tabella 1), finisce quindi per escludere dalla misura ulteriori famiglie di lavoratori poveri assoluti con minori che attualmente percepiscono il Rdc, in particolare quelli che risiedono al Nord.

*Le opinioni sono espresse dagli autori a titolo personale e non impegnano l’istituto di appartenenza.

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Un’aliquota minima che cambia la concorrenza tra paesi

  1. Rick

    Una misura necessaria e diffusa in tutta Europa é stata in Italia costruita malissimo e propagandata peggio (dall’annuncio sul balcone dell’abolizione della povertá a seguire)

    Questo é il risultato: un consenso politico sufficiente per il suo forte ridimensionamento, cosa che non esiste in nessun altro serio paese europeo.

  2. Marco Chiodini

    La figura 2 non dice quale sia la platea dei beneficiari per ciascun paese europeo, indica solo la generosità dei sussidi per chi li percepisce. Più utile sarebbe un confronto della spesa pro-capite (o in rapporto al totale della spesa pubblica primaria) di questi programmi in ciascun paese. Inoltre, siamo sicuri che questi programmi siano tutti confrontabili tra paesi diversi? (ad es. quali sono le condizioni per l’accesso ai sussidi in ciascun paese? Ci sono interazioni tra questi assegni e le politiche di formazione, collocamento o con altre politiche di welfare? ecc.)

    A seguito della riforma proposta dal governo l’importo dell’assegno resterebbe invariato per le famiglie più povere, si ridurrebbe invece la platea di chi può accedere a quell’assegno. Sarebbe quindi utile capire se il RDC ha coinvolto un numero di persone superiore a quanto solitamente accade in altri paesi europei.

    La parte difficile da riformare del RDC sono le politiche di collocamento (attualmente inefficaci). Si potrebbe pensare ad un utilizzo del RDC per sussidiare in modo temporaneo eventuali imprese che assumessero i percettori del reddito con contratti di apprendistato? Magari si potrebbe restringere questa possibilità solo ai settori e alle occupazioni ritenute più strategiche, in modo da evitare di finanziare lavori con poche prospettive e a basso contenuto formativo che sarebbero comunque stati attivati, tipo addetto alle pulizie o cameriere.

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