Settant’anni fa saliva al potere in Urss Nikita Krusciov. Tentò di riformare l’economia sovietica, aumentando la produzione agricola e decentralizzando la pianificazione. Sotto di lui nacquero le idee alla base del programma economico di Gorbachev.
Le riforme economiche
“Dopo un paio di anni di scuola, avevo imparato a contare fino a trenta. Mio padre decise che bastava così: niente più scuola. Disse che tutto ciò di cui avevo bisogno era saper contare il denaro, e che tanto non avrei mai posseduto più di trenta rubli da contare”.
Il bambino protagonista del racconto, Nikita Krusciov, arrivò ben più lontano nella vita di quanto suo padre avesse mai potuto immaginare: esattamente settant’anni fa, nell’estate del 1953, divenne il leader di quella che allora era una delle due superpotenze del pianeta: l’Unione Sovietica. Nei circa dieci anni in cui guidò l’Urss da segretario generale del Partito comunista, Krusciov si fece promotore di un tentativo ambizioso di riforma economica che accese molte speranze nel suo paese, ma che espose anche i limiti strutturali di un sistema, oltre a quelli personali del suo leader.
Nel 1957 Krusciov dichiarò che l’Urss avrebbe raggiunto la produzione di carne pro capite degli Stati Uniti entro il 1960. I suoi economisti lo avevano ammonito che si trattava di un obiettivo del tutto irrealistico. Il fatto che il segretario generale avesse affrontato la matematica oltre il numero trenta praticamente da autodidatta non gli impedì di riconoscere che avessero ragione gli economisti. Ma solo “aritmeticamente”, disse: loro non tenevano conto di quello che la classe operaia era capace di fare; se non fosse stato il 1960, sarebbe stato il 1961. Nel 1991, l’anno della fine dell’Urss, il paese era ancora ben lungi dal raggiungere lo stesso livello di produzione di carne – e più in generale di cibo – degli Stati Uniti.
Eppure, il periodo fra il 1950 e il 1964 è oggi considerato quello degli “anni d’oro” dell’economia sovietica, con una crescita media annua del prodotto nazionale lordo che sfiorava il 7 per cento (nello stesso arco temporale gli Stati Uniti crescevano a una media annua poco sopra il 3 per cento). È in quel clima di relativo ottimismo che vanno contestualizzate le numerose, e incaute, previsioni di Krusciov sul cosiddetto “sorpasso” da parte della patria del socialismo sul suo grande rivale capitalista.
Agricoltura e Campagna delle terre vergini
Il settore cui Krusciov dedicò maggiore attenzione fu l’agricoltura. La Campagna delle terre vergini, lanciata nel 1954, aveva come obiettivo quello di incrementare la produzione estendendo verso est – soprattutto in Siberia e Kazakhstan – la superficie di terra coltivata. Nel 1960 furono raggiunti i 42 milioni di nuovi ettari coltivati, pari al 20 per cento del totale.
Nonostante le ingenti risorse mobilitate in termini sia di capitale fisico che di capitale umano, il rendimento delle nuove terre risultò modesto e caratterizzato da forti oscillazioni legate al clima.
La nuova politica dei prezzi agricoli segnò una netta rottura con il sistema ereditato dall’epoca di Stalin e produsse un discreto incremento delle condizioni di vita dei contadini. Furono aumentati i prezzi pagati ai produttori per la quota di consegne “obbligatorie” (cioè stabilite dal piano) allo stato. Ciò contribuì a un parziale riequilibrio di quel divario fra campagna e città, fra agricoltura e industria, che fino a quel momento era stato deliberatamente posto alla base della strategia di “industrializzazione forzata” perseguita dalla leadership sovietica.
La pianificazione decentralizzata
Dal punto di vista del sistema economico nel suo complesso, nel 1957 fu approvata una riforma che prevedeva l’abolizione dei ministeri collegati alle singole industrie a favore di centri di pianificazione su base regionale (sovnarchozy). L’intento era quello di favorire un maggior coordinamento infra-industriale. Data l’estrema complessità del processo di pianificazione, i singoli ministeri-industrie tendevano a operare come grandi entità indipendenti verticalmente integrate: in pratica, era molto difficile per le aziende che afferivano a un certo ministero avere fornitori al di fuori del perimetro di quello stesso ministero.
L’esperienza di diversi anni come capo del Partito in Ucraina aveva contribuito a ispirare in Krusciov un certo scetticismo verso l’efficacia decisionale di una burocrazia centralizzata operante da Mosca.
La decentralizzazione, tuttavia, non portò i risultati sperati, e non solo per l’impulsività e superficialità con cui il segretario generale aveva tentato di imporre un cambiamento così radicale in tempi rapidissimi. I problemi di coordinamento che prima esistevano fra diversi ministeri adesso interessavano i rapporti fra i diversi sovnarchozy. Nel 1965 Breznev abrogò la riforma e la pianificazione economica fu ricentralizzata.
Un certo miglioramento negli standard di vita dei cittadini sovietici fu comunque prodotto dallo spostamento di risorse dalla produzione di beni di investimento a quella di beni di consumo. In questo caso, Krusciov confermò una strategia di politica economica inaugurata già all’inizio degli anni Cinquanta.
I semi della Perestrojka
Nel 1962 fu pubblicato sulla Pravda l’articolo “Il piano, i profitti e i bonus”, scritto dall’economista Evsei Liberman. Fu l’inizio di un dibattito relativamente aperto e vivace, in cui per la prima volta si affrontavano alla luce del sole alcuni dei maggiori problemi dell’economia sovietica, come la mancanza di incentivi per i manager delle aziende a un utilizzo efficiente delle risorse produttive.
Krusciov fu rimosso dalla leadership nel 1964, prima che le idee che aveva contribuito a far circolare trovassero una parziale attuazione nella cosiddetta riforma Kosygin del 1965 (poi di fatto smantellata nel corso degli anni Settanta).
Eppure, fu quel dibattito uno fra i suoi lasciti più duraturi. Un allora giovane funzionario di partito, Mikhail Gorbachev, fu profondamente influenzato da quella stagione politica. Molte delle idee dell’epoca kruscioviana costituiranno la base del programma economico della Perestrojka vent’anni dopo.
“Non avevo alcuna istruzione e alcuna cultura, quando per governare un paese come la Russia devi avere in testa l’equivalente di due accademie delle scienze”, commentò Krusciov nelle sue memorie, alla fine della sua vita. Non era affatto uno stupido, e questo gli permise di rendersi conto della sproporzione fra la sua persona e i compiti cui era stato chiamato. Ma la parabola politica di Gorbachev dimostra che la sfida della riforma del socialismo sovietico si sarebbe rivelata proibitiva perfino per un leader di ben altro spessore politico e intellettuale.
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Savino
Gorbaciov aveva cercato di includere tanto potenziale economico nel mondo civilizzato ed e’ stato trattato male e mai veramente celebrato dopo la sua morte. Il mondo occidentale si e’ fidato del “liberale”Putin, basti vedere le amicizie che ha avuto con Berlusconi e gli ex Cancellieri tedeschi. Riforme non ne ha portate ed, anzi, ci ha regalato la sorpresa della guerra.
pacomauro0
Cosa andava celebrata per prima? L’invasione dell’Ungheria , il regalo della Krimea all’Ucraina, l’estremo potenziamento dell’arsenale nucleare (bombe all’Hydrogeno) o quello dei missili balistici e della corsa allo spazio (Laika/Gagarin)?
Forse in questi campi è stato molto piu’ incisivo rispetto a Putin che in quello economico. Dopo il periodo di governo del gruppo Ucraino sull’URSS (Krusciov-54/64 e Breznev-65/82) l’economia si era trovata in piena catastrofe e nel completo fallimento di tutti gli stati dell’Unione.