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Una buona politica nazionale non basta più

Per uscire dalla recessione servirebbero una robusta svalutazione del tasso di cambio, una politica monetaria ben più espansiva di quella sinora realizzata dalla Bce e una politica fiscale adeguata, accompagnata da una forte monetizzazione del debito. Da attuare però insieme ai partner europei.
RIFORME A EFFETTO RITARDATO
Prima è toccato al pagamento dell’Imu sulla prima casa a essere rinviato di tre mesi, poi alla Tobin-Tax, la tassa anti speculazione sulle transazioni finanziarie, infine la stessa sorte sembra spettare all’aumento dell’Iva. Se da un punto di vista politico questi rinvii possono risultare comprensibili, nell’attesa che il Movimento 5 Stelle si spacchi o che i problemi giudiziari di Silvio Berlusconi vengano al pettine, sotto il profilo economico sono alquanto nefasti. Da un lato, infatti, provocano subito un aumento del deficit e del debito pubblico, dall’altro accrescono l’incertezza, inducendo famiglie e imprese a rinviare le loro decisioni di spesa in attesa di sapere se si dovranno pagare imposte più alte in autunno. Così vengono dilapidate le scarse risorse disponibili per avviare la ripresa economica.
Certamente, l’Italia ha un disperato bisogno di riforme economico-istituzionali e forse alcune delle misure prese dal Governo Letta si muovono nella giusta direzione. Tuttavia, anche se nei prossimi mesi si procedesse rapidamente a una ragionevole riforma della Costituzione e della legge elettorale, nonché a una forte defiscalizzazione delle nuove assunzioni dei giovani e a una serie di provvedimenti volti a ridurre il dualismo del nostro mercato del lavoro (troppo rigido per chi sta dentro e troppo flessibile per chi sta fuori), difficilmente queste misure potrebbero rapidamente tirare fuori la Repubblica italiana dalla più lunga e acuta recessione della sua storia. Neppure un forte miglioramento di efficienza del mercato dei beni e servizi (liberalizzazione del servizio taxi, della distribuzione di carburanti, e così via) avrebbe effetti immediati. Certo, queste riforme di natura micro-economica appaiono indispensabili per assicurare al paese efficienza e una solida crescita nel lungo periodo. Forse nel breve migliorerebbero anche le aspettative degli operatori, ma non sono neanche lontanamente sufficienti a far uscire il paese dal baratro in cui è precipitato. Del resto, qualcosa aveva timidamente tentato in questa direzione il Governo Monti. Ma l’esito aggregato – una riduzione del Pil reale pari al -2,15 per cento nel 2012 e al -1,5 previsto dall’Fmi per il 2013 – mostra come a prevalere siano stati gli effetti della politica fiscale restrittiva varata contemporaneamente. Solo massicce politiche espansive di natura macro sembrano in grado di farci uscire dalle secche di una spirale recessiva infinita.
L’AUSTERITÀ DEPRESSIVA
Il Fondo monetario internazionale ha fatto vedere come nei paesi dell’area euro, e ancor più nei Piigs (tra cui l’Italia), l’andamento della spesa pubblica primaria sia risultato molto meno espansivo negli anni successivi alla crisi iniziata nel 2008 che nei precedenti casi di recessioni globali (figura 1). Anche in Giappone e negli Stati Uniti l’atteggiamento di politica fiscale è stato meno espansivo che nelle crisi precedenti, ma la differenza è molto meno marcata. L’inceppamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria nell’Eurozona, dovuto alla crisi finanziaria, ha fatto sì che i paesi Piigs abbiano sofferto particolarmente le politiche di austerity.
Le politiche macro che servirebbero sono: una robusta svalutazione del tasso di cambio, che stimoli le esportazioni; una politica monetaria ben più espansiva di quella sinora realizzata dalla Bce e una politica fiscale espansiva accompagnata da una forte monetizzazione del debito. In fondo questo è quanto in varia misura hanno fatto gli Stati Uniti, il Giappone e l’Inghilterra.
È chiaro che l’Italia, da sola, non può realizzare nessuna delle strategie menzionate poiché ha delegato – come tutti i paesi dell’Eurozona – la politica monetaria a livello europeo. Inoltre, avendo un alto rapporto debito/Pil già al momento in cui la crisi è scoppiata (105,7 per cento), l’Italia si è anche negata la possibilità di fare politica fiscale anticiclica di dimensioni adeguate nel rispetto delle regole europee. Del resto, neppure violare quelle regole e quei patti è possibile (come qualche politico nostrano di tanto in tanto invoca). Non perché Bruxelles (o Berlino) ci scaccerebbe fuori dell’Unione, ma perché lo farebbero i mercati, ai quali non ci vorrebbe molto a comprendere il nostro stato d’insolvenza. Esistono alcuni paesi con un debito pubblico superiore al 130 per cento del Pil che attuano politiche fiscali espansive (vedi Giappone), ma nessuno senza alle spalle una banca centrale che possa monetizzare il debito.

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Figura 1

Cattura

 

 

Fonte: World Economic Outlook, Fmi, aprile 2013

 
Cosa dire infine di una manovra basata su una forte riduzione delle spesa pubblica e altrettanto significativa riduzione della pressione fiscale? Certamente è una ricetta che ha il suo fascino, ma come ha onestamente ammesso sulle colonne del Sole24Ore (15 giugno 2013) Roberto Perotti, che anni fa era stato tra coloro che l’avevano proposta, non vi è in realtà alcuna certezza che nel breve periodo possa servire da stimolo all’economia. E, anzi, la più recente ricerca empirica dello stesso Perotti sembra dimostrare che in alcuni casi in cui, in passato, un’espansione si era effettivamente accompagnata a politiche di contrazione del bilancio pubblico, ciò era dovuto alla concomitanza di altre politiche economiche e, soprattutto, di una politica monetaria ampiamente espansiva e a un sostanzioso deprezzamento del tasso di cambio. (1) Ciò che, appunto, noi non possiamo autonomamente fare.
REALISMO È IMPEDIRE, TUTTI INSIEME, LA CATASTROFE
Morale: o la soluzione la troviamo assieme ai nostri compagni di viaggio europei, riformando profondamente istituzioni comunitarie dimostratesi fallimentari, e contemporaneamente attuiamo, tutti assieme, politiche monetarie e fiscali molto espansive, oppure corriamo il rischio che siano i mercati o i popoli a separare le nostre strade. Mentre scriviamo, già sentiamo alzarsi i giudizi di utopismo e ingenuità. “Ma nel momento in cui l’euro e l’Europa minacciano di crollare, bisogna cambiare modo di pensare. Anzi, questa situazione di crisi conduce a un rovesciamento di valore del realismo. Ciò che fino ad oggi era considerato ‘realistico’ diventa ingenuo e pericoloso, perché deve addossarsi il crollo. E ciò che era considerato ingenuo e illusorio diventa ‘realistico’ perché cerca di impedire la catastrofe e insieme di rendere il mondo migliore”. (2)
(1) R. Perotti, “The ‘Austerity Myth’: Pain without Gain”, BIS Working Paper 362, dicembre 2011. Su tutto il dibattito circa l’efficacia delle politiche di austerità è utile leggere M. Blyth, Austerity. The History of a Dangerous Idea, Oxford University Press, 2013, specialmente i capitoli 5 e
(2) U. Beck, L’Europa tedesca, Roma-Bari, Laterza, 2013, p. 80.

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33 commenti

  1. stefano

    Concordo pienamente con gli autori. Purtroppo, però, non credo che la Germania vorrà adottare politiche monetarie più espansive a causa della propria atavica fobia dell’inflazione – soprattutto se è finalizzata a monetizzare il debito dei Paesi del sud Europa rei di aver sperperato denaro.
    Cinque anni fa non l’avrei mai detto, ma ora non sono più sicuro della sopravvivenza dell’euro. L’aver creato una moneta comune per Paesi con fondamentali economici, strutture produttive e politiche fiscali tanto diversi temo sia stato un grave errore.

    • Piero

      La Germania sarà costretta ad uscire dall’euro, tanto non cambierà mai la posizione sulla valuta, sono per una valuta forte, ritorneranno al marco, se cio non accadra si dovranno creare due aree valutarie, penso che i paesi meridionali possano utilizzare se vogliono quale moneta legale il dollaro, oppure in alternativa l’euro due, che dovrebbe partire con un cambio pari alla metà ( due euro 2 per l’euro attuale)

  2. Federico B

    Editoriale molto interessante. Condivisibili le – fondate- critiche alla politica monetaria e la assoluta necessità di ripensare il quadro di politica monetaria e fiscale. Con l’attuale regime, peraltro, tramite la quota di partecipazione ad ESM, Target2 ed ulteriori, vari, “acronimi”, de facto, si sta producendo una mutualizzazione “shadow” dei debiti dei paesi periferici/non core a carico dei paesi core (Germania. de facto, che forniscono i fondi per i vari bailouts. circa 490b per la sola Grecia..), con una transizione peraltro dolorosa. Mi pare che la creazione di nuovo denaro per finanziare spesa e creare stimoli economici sia l’opzione preferibile: new money financed budget deficit. Il nuovo denaro fluisce direttamente nella economia reale a favore di chi ha una relativamente alta propensione
    marginale al consumo (non trader, banche, hedge fund, per intenderci…), e sistema di controll incrociati per evitare speculazioni. L’articolo 123 EU ha bisogno di essere modificato, o revocato. L’importante, mi pare, è superare il binomio austerità/QE, o limitarsi al mero appiattimento della curva dei rendimenti di tutti time-and-interest rate-dependent investments a vantaggio di chi non spende denaro.

  3. Gigi

    I Mercati hanno già compreso il nostro stato di insolvenza. Cos’è lo spread se non il pagamento anticipato ai mercati della nostra sicura (?) uscita dall’euro? Urge uscire dall’euro, svalutare, e ricomporre il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia al fine di recuperare sovranità monetaria.

    • Federico B

      Buongiorno, non sono assolutamente d’accordo. Anche glissando sul costo sostanziale pesantissimo (svalutazione di almeno il 40%; necessità di ridenominare oltre 2 trilioni di euro di debito – 2 per dieci alla dodicesima euro – in lire; fallimento immediato di qualche banca..), è proprio la politica di conciliazione Tesoro/Bankitalia (i.e. monetizzazione del debito ) cui Lei allude la madre di tutti i problemi. Però, con – ciclica, o tautologica – insistenza si riaffaccia ogni volta che (ogni decennio, per l’esattezza) ci si confronta con i problemi (inefficienza, perdita di competitività, dinamica del tasso reale di cambio/clup). E’ così dal 1980. Non sarebbe ora di fare i compiti, a beneficio soprattutto delle generazioni future? Qual è il costo si una perdita di potere d’acquisto di tale portata? Chi ne sostiene il conto?

      • Piero

        Per tutelare le generazioni future dobbiamo oggi spostare la ricchezza dalla rendita al lavoro e alle imprese, ciò può essere fatto o con una politica fiscale di tassazione del rendita a favore dei redditi dei lavoratori e delle imprese, ciò non sarà possibile, in primis perché la ricchezza finanziaria scappa ai in un secondo e troverà sempre un luogo dove allocar si per avere una tassazione attesa, la tassazione della ricchezza immobiliare porta solo la recessione, basta vedere l’Imu, blocca tutto il settore edilizio.
        Lo spostamento della ricchezza può avvenire in modo indolore, con l’inflazione (naturalmente tutelando le classi deboli).

  4. leos

    sono finito su micromega?

  5. Fabio Pietribiasi

    Piano piano, il sistema politico arriverà a scoprire l’acqua calda e cioè che non esiste alcuna possibilità di ripresa economica a livello nazionale. In Italia come altrove. La Germania non potrà proseguire nella politica mercantilistica attuale, che la sta portando ad accumulare ingenti attivi nella bilancia commerciale a spese anche dei partner europei, e dovrà darsi una calmata quando il suo disegno di espansione imperiale sarà diventato evidente a tutti e respinto come si deve. Allora dovrà accettare l’idea che il futuro – suo, come nostro – passa attraverso la riforma della Bce sul modello Federal Reserve, con la capacità di acquistare titoli di debito pubblico (eurobond) e di stampare moneta.
    L’Italia e altri partner al momento, abbozzano. Ma non sarà così per sempre, come sta a dimostrare l’apertura di Obama per un mercato unico atlantico (Ttip) probabilmente fino agli Urali. Non per niente l’ha proposto al recente G8 in presenza di Putin.

  6. Marco

    Credo che l’articolo non centri il punto.
    La questione non è politica espansiva o politica austera.
    Quello che l’Italia da anni non riesce a fare è una politica di successo.
    Un’azienda non fallisce se investe poco o troppo, fallisce se investe male.
    Quello che ha fatto l’Italia negli ultimi 20 (? solo 20?) anni è investire malissimo.
    Finché continueremo ad avere regioni con una spesa sanitaria doppia di altre per avere servizi inferiori,
    oppure finché i processi continueranno a durare 10 anni per poi andare in prescrizione, saremo sicuri che qualsiasi medicina finanziaria non potrà che aggravare la situazione.
    Il problema sono i 2000 miliardi di debito che non si sono tradotti in un equivalente investimento.
    Quanti di questi miliardi si sono tradotti in sprechi, inutili regalie, prebende, o veri e propri furti?
    Ora possiamo finalmente iniziare ad affrontare i problemi veri (polica permettendo), oppure continuare a giocare con la finanza scommettendo su chi si scotterà prima.

    • Federico B

      Buonasera Marco. Rilievi condivisibili; basti considerare che già da un mero benchmarking by Cofog (cfr. OECD) con la Germania, emergono sprechi per almeno 40 miliardi di euro all’anno (un gap del 2.5% Pil, in termini relativi). Ma in ogni caso il disallineamento ed i problemi derivanti dall’assenza di riforme strutturali mi pare non possano essere disgiunti dall’individuazione di una strada percorribile. La moneta unica è una cartina di tornasole delle inefficienze, ma anche un imbuto che rischia di strozzare il Paese. In breve: mi pare che la costituzione materiale/assetto distorti del Paese vadano raddrizzati nell’ambito di una differente politica monetaria. Sarebbe anche auspicabile un PIANO SCRITTO a 5/10 anni. Perchè non si richiede un vincolo formale da parte della Politica (es. Hollande/premier Fr.), in luogo di sedicenti “contratti” fittiziamente agitati in televisione? cosa ne pensate? ciao

    • Piero

      Non è vero che l’Italia ha investito male, abbiamo la produttività più alta di Europa nel settore privato, al contrario nel settore pubblico siamo gli ultimi, si può lavorare in questo settore come lo si sta facendo da circa 10 anni sia da governi di centro destra che di centro sinistra, al contrario per la sanità dipende da cosa si vuole ottenere, in Italia la protezione sanitaria e’ la più alta dei paesi europei, questa e’ una scelta politica, poi gli sprechi vanno sempre eliminati, la politica del federalismo con i costi standard avrebbe portato a questi obbiettivi se Monti non avrebbe bloccato tutto.
      Altro problema e’ la crisi finanziaria attuale creata dalla politica monetaria attuale della Bce che vuole che la moneta unica venga salvata solo con politiche di bilancio nazionali e non con politiche monetarie espansive che comportano inevitabilmente trasferimenti di ricchezza dai paesi nordici a quelli meridionali, questa crisi e’ prenotata nell’economia reale con il credit crunch, sta uccidendo le imprese con il conseguente aumento della disoccupazione e aumento dei sostegni statali a favore dei lavoratori ecc, il quadro negativo che ciò comporta ormai e’ conosciuto da tutti.

  7. Federico Brunelli

    Pessimo articolo, che propone soluzioni vecchie; non ci si rende conto che l’Occidente non può più vivere a debito perchè il mondo è cambiato e a tavola con noi ci sono molti altri miliardi di persone.
    Davvero
    dovremmo imitare le politiche fallimentari di monetizzazione del debito attuate
    da USA, GIappone e America, che porteranno ad una nuova grossa crisi (in questi giorni se ne vedono le avvisaglie)? Come non capire che la creazione di bolle (prezzi sostenuti artificialmente dell’immobiliare, dei titoli del debito
    pubblico, del dollaro, ecc.) comporta che quando la bolla scoppia la crisi torna in tutta la sua forza?
    La BCE è un’istituzione seria e giustamente non ha seguito le altre banche
    centrali.
    Per far ripartire lo sviluppo europeo servono, a partire dagli stati disponibili a prendere l’iniziativa, un piano di sviluppo europeo, un bilancio federale europeo dotato di risorse proprie (TTF, carbon tax,
    eurobonds) che lo finanzino, e un governo europeo responsabile di fronte al
    parlamento europeo che sia legittimato democraticamente a prendere le decisioni che incideranno sul futuro degli europei. Serve insomma la Federazione europea, come ha detto anche Enrico Letta oggi alla Camera.
    Per maggiori informazioni, consultate le risoluzioni del Movimento Federalista
    Europeo (www.mfe.it), di cui sono membro.

    • Piero

      Se la Bce e’ seria e le altri banche centrali non lo sono, preferisco come cittadino la non serietà delle altre banche centrali, almeno considerano la moneta uno strumento e basta e non una ricchezza, ricordiamo dei lavoratori e delle imprese e non solo della finanza come sta facendo la Bce.

  8. Andrea

    belle parole ma impossibili da realizzare in questa europa fatta a metà, con una moneta unica ma senza un governo europeo. politiche espansive e monetizzazione del debito troveranno sempre la Germania contraria, come il recente piano OMT della BCE che prevede l’acquisto sul mercato secondario di Bonds. Secondo i tedeschi, la BCE ha addirittura oltrepassatp il mandato dei trattati di Lisbona con questa operazione. quale soluzione? o si cambiano i trattati (impossibile) o uscire dall’Euro? bè l’Italia non è il Giappone che finanzia il 95% del proprio debito internamente e può svalutare finchè vuole senza grosse ripercussioni sui tassi del debito sovrano. Quindi Penso che per uscire veramente da questa crisi serva (più che serva penso sia l’ unica strada percorribile) proprio la via più dolorosa, svalutazione interna. taglio massiccio agli sprechi attraverso rivoluzione della struttura dello stato, riforme epocali e revisione al ribasso della tassazione sul lavoro. Il resto è utopia purtroppo

    • Piero

      Sono soluzione che in parte parte possono essere condivise, non sono pero’ sufficienti, noi abbiamo bisogno di oltre 50 mld annui per il fiscal compact, ciò in presenza di recessione diventa un impegno impossibile da sostenere, non parlamo di lotta all’evasione, non parliamo di sprechi e’ solo pubblicità per stare al governo, possiamo parlare di vendita di beni dello stato, parliamo di circa 150 mld se tutto va bene, si deve concludere che mai si potrà pagare l’attuale debito pubblico con la politica di bilancio; il debito statale deve essere pagato solo con misure che non comportano sacrifici, solo l’inflazione permetterà di riportare il debito/Pil ad una percentuale sostenibile, se la Bce alza l’asticella dell’inflazione al 4% per i prossimi 12 anni avremmo un rapporto debito/Pil pari a circa il 60%, naturalmente dovrà rimanere il pareggio del bilancio, dovra essere tutelata la classe del reddito fisso (si potranno prevedere degli incrementi della retribuzioni legati all’inflazione collegati ad un risparmio fiscale/contributivo, ossia senza che s i aumenti il costo per l’impresa); naturalmente per ottenere l’inflazione del 4% la Bce dovrà attuare una politica monetara espansiva da attuari con strumenti non convenzionali, vi sarà una benefica svalutazione dell’euro, non penso che la Germania si debba opporre alla svalutazione del 4%, se lo fa, la Merkel ha solo il disegno di creare l’impero tedesco, gli altri stati dovranno dire basta con questa farsa dell’Europa.

  9. Alberto Confetti

    Leggasi in sintesi: “assoluta necessità di uscire immediatamente dall’euro”.

    • Piero

      Dopo avere dato un’ultimatum alla Germania di un cambiamento della politica monetaria, si deve fare un accordo con i paesi meridionali per l’uscita dall’euro, tanto non è successo nulla nel 1992 con l’uscita dallo SME, non succederà nulla di tragico nemmeno oggi, anzi succederanno tragedie se non si esce, siamo arrivati ad oltre 150 suicidi per motivi economici, stiamo compromettendo per una valuta l’equilibrio sociale raggiunto dall’Italia, equilibrio raggiunto anche grazie a continue svalutazione della nostra lira.
      Ricordo a tutti che la valutazione del cambio e’ una politica necessaria per riequilibrare le economie di inversi paesi in un mondo globalizzato, non si può avere una moneta unica se non vi è una redistribuzione della ricchezza, basta vedere l’adozione della lira che è durata oltre 100 anni grazie ai trasferimenti dal nord al sud, in mancanza di tali trasferimenti il sud avrebbe adottato una propria valuta per competere.

  10. Maurizio Cocucci

    Io non credo che la soluzione possa passare attraverso la svalutazione dell’euro e politiche monetarie e fiscali espansive. A mio avviso è sì necessario rivedere temporaneamente i parametri imposti dagli accordi comunitari, Fiscal Compact in primis, ma a patto che contemporaneamente si proceda verso una spesa pubblica più virtuosa che miri a ridurre sprechi e inefficienze. Che vi sia una adeguata lotta alla evasione fiscale e alla corruzione e una diversa politica fiscale che non sia concentrata sul lavoro. Che si riformi lo stato sociale sull’esempio degli Stati del centro-nord Europa. La svalutazione dell’euro è un pagliativo, primo perchè non sono le esportazioni il nostro problema e tantomento quello dell’Europa area euro, e poi perchè innescherebbe una guerra delle valute visto che sicuramente Stati Uniti e Giappone non starebbero a guardare. La politica monetaria espansiva sarebbe utile alle condizioni soprascritte, non certo per avere la possibilità di finanziare ulteriormente sprechi e spese inutili, ad esempio l’acquisto di un aereo quale l’F35 criticato abbondantemente dallo stesso Pentagono. Nell’articolo sono citate favorevolmente le politiche monetarie attuate da Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna. Ebbene questi sono proprio tre esempi di modelli economici fallimentari. Ricordo agli autori l’elenco delle municipalità statunitensi che hanno fatto appello al Chapter 9 e alla situazione finanziaria dello stato della California. Ricordo un debito pubblico federale che ha superato il 100% del PIL e continua a crescere. Certo loro non pagano i tassi di interesse che paghiamo noi italiani ma comunque il peso lo avvertiranno, soprattutto ora che la FED ha annunciato che tra non molto smetterà di svolgere il ruolo di pusher. L’economia nipponica è stata a lungo in crisi e ancora oggi non gode certo di buona salute. La Gran Bretagna, che è rimasta fuori dall’euro e per questo invidiata da taluni, si è privata anni or sono di buona parte della sua industria manifatturiera e i dati macroeconomici di oggi non sono certo lusinghieri.
    Personalmente guarderei con spirito meno critico a quei modelli che oggi si rivelano più competitivi. Ad esempio a quello della Germania.

    • Alberto

      Non capisco come si possa essere così ciechi nel non vedere nell’euro una autentica bestialità che costringe gli Stati a prendere a prestito moneta che non possono più emettere svenandosi per pagare il cosidetto “debito pubblico” ed i relativi interessi sugli interessi (cosa che lo rende impagabile per definizione), e che con moneta sovrana non sarebbe certo tale.
      Fa l’esempio del Giappone, ma non ne capisce minimamente le basi macroeconomiche.

      • Maurizio Cocucci

        Semplicemente perchè l’euro non è la causa di nulla. Il declino dell’economia italiana è iniziato ben prima dell’ingresso dell’euro e per ben diversi motivi, solo che essendo l’avvenimento più evidente e inoltre coincidente con l’emergere delle difficoltà della nostra economia, ecco che è facile dare la responsabilità all’euro e all’Europa. E’ una accusa inconsistente quanto incosistente sarebbe sostenere che la Sicilia non ha avuto una crescita dal dopoguerra in poi pari a quello della Lombardia perchè condivideva la stessa moneta. Molti imprenditori friulani si sono trasferiti in Carinzia non perchè li c’è un’altra moneta o un’altra banca centrale, ma perchè c’è una tassazione sulle imprese inferiore. Ma tornando ai temi macroeconomici non so quanti anni abbia lei, ma io qualche anno del periodo in cui la Banca d’Italia monetizzava i deficit statali l’ho vissuto e francamente non ricordo essere stato un periodo da ricordare con nostalgia, economicamente parlando, con una inflazione a due cifre così come i tassi di interesse. In quegli anni la crescita non era dovuta a questo, ma nonostante questo! Nel senso che erano anni in cui molto veniva prodotto internamente e la domanda era alta visto che si veniva dalla guerra. Oggi tassi di crescita del PIL oltre il 3% annui sono difficili da ottenere e se tornassimo ad avere un sistema che porta inflazione e tassi di interesse alti come quelli degli anni ’70 allora è meglio mettere il cartello vendesi alle nostre frontiere.

        • Alberto

          Vedo che non si è mai posto il problema di come facesse ad essere così alta la domanda interna nonostante i (secondo voi) tragici tassi di inlazione ed interesse a due cifre.

  11. Piero

    Sono cose che ripeto dal 2007, i fatti mi danno ragione, gli Autori dell’articolo hanno pienamente ragione, io però voglio aggiungere non considerazioni economiche ma solo quelle politiche, ciò che sta succedendo ora e’ solo ciò che è stato voluto dalla Germania, sapeva benissimo quello che sarebbe successo nel futuro con una politica valutaria del cambio fisso, in passato si sono attuate politiche valutarie simili all’euro (lo SME e’ durato circa 15 anni), politiche necessarie alla Germania per invadere con i loro prodotti l’intera area euro ( la Germania da un deficit della bilancia di pagamenti, prima dell’adozione dell’euro, e’ passata ai surplus negli scambi tra i paesi euro), politica che ha fatto crescere il Pil tedesco e che ha fatto della Germania il paese creditore nei confronti dei restanti paesi euro.
    Ora alla Germania fa comodo la politica dei compitini a casa propria dettata dalla Merkel, non mollerà mai ai paesi meridionali i crediti maturati.
    Di deve accettare l’idea che l’attuale crisi del debito pubblico e’ la conseguenza del l’adozione dell’euro gestito nella maniera tedesca, invece la Germania ha fatto prevalere l’idea c’è la crisi dl debito pubblico e’ voluta alla politica di bilancio degli stati spendaccioni, la mia forte delusione e’ che i nostri politici sono caduti in questo imbroglio

    • Federico B

      Buonasera. Condivido le Sue perplessità in merito alla gestione della transizione all’euro da parte della politica Italiana. Non mi pare ci siano molte “attenuanti” (nè si tratta di anti-politica), soprattutto alla luce di quanto da Lei evidenziato circa lo SME. Occorre rivedere il quadro di politica monetaria e fiscale, rapidamente. Non andare in pellegrinaggio a piatire, o annunciare “riforme” che impongono a non diplimati il trade-off tra diplomarsi o lavorare. Siamo al surreale, mi pare. Saluti

    • Maurizio Cocucci

      Non sia così critico nei confronti della Germania e dei vantaggi che avrebbe tratto dall’ingresso dell’euro. Più volte ho ricordato che la Germania non ha voluto entrare, ma che è stata costretta da Francia e Gran Bretagna in cambio dell’unificazione. Ho anche ricordato che ad inizio epoca euro la Germania aveva una competitività inferiore al nostro e a quello della Francia e ha recuperato grazie alle riforme economiche che molti di noi non conoscono (in parte a ragione, visto che si tratta di questioni che non ci hanno riguardato direttamente).
      Per quanto riguarda la bilancia commerciale tedesca, le do qualche dato relativo al 2012 e tratto dalla pubblicazione dell’ente ufficiale di statistica federale di Wiesbaden. I Paesi con cui la Germania vanta l’attivo più alto di saldo commerciale sono: Francia (39,7mld di euro); USA (36,2mld); GB (28,6mld); Austria (20,6mld); Svizzera (11,1mld); UAE (9mld); Spagna (8,8mld); Polonia (8,7mld); Turchia (8mld); Svezia (7,2mld); Italia (6,8mld); Arabia Saudita (6,5mld); Australia (6,3mld).
      Come può verificare i surplus sono ben distribuiti tra Paesi dell’area euro e non, con una decisa prevalenza verso questi ultimi, segno che una moneta forte qual’è l’euro non rappresenta un ostacolo all’export.

  12. Alessandro

    Continuo a leggere che la colpa sono sprechi…competitività…etc…etc… nonostante sia ormai chiaro che con una moneta unica non è tollerabile avere stati separati con politiche fiscali diverse, qualità dei servizi pubblici diversi…burocrazia diversa…
    La verità è che imporre misure austere a grandi passi è stupido e inutile e come togliere d’un tratto la droga a un drogato…senza una fase di riduzione si va solo di fronte ad isterismi…
    Mi fate capire a chi conviene la Grecia ( o Italia e Spagna) ridotta così….non sarebbe stato più intelligente monetizzare una parte del debito e avviare una fase di riduzione in 10-15 anni?
    Qualcuno dirà…si ma così non lo fanno faranno mai…. Dov’era la Germania quando il deficit passo dal 9 al 2 in un anno in Italia?? Ed in Grecia si fa di peggio!….perchè non controllarono che c’erano contratti derivati? Perchè non è stato detto: voi non siete pronti! Perchè un sud europa così in Germania lo sognano da almeno 150 anni!
    Bisognerebbe ammettere che alcuni Paesi non erano e non sono pronti all’Euro… quindi escano….rimettano a posto tutto quello che serve…e poi rientrino (se proprio ne hanno voglia!)

    • Maurizio Cocucci

      Mi permetta alcune precisazioni. Le misure di austerità che vengono citate altro non sono che la rigida applicazione dei parametri di Maastricht, nulla di più. Fanno capo al patto di bilancio chiamato Fiscal Compact, proposto questo da Francia e Germania (non imposto dalla Germania) e approvato da 25 Stati mentre due non lo hanno sottoscritto (Gran Bretagna e Repubblica Ceca). Ora l’Italia avrebbe potuto rifiutarsi e non avrebbe subito conseguenze se non l’esclusione dalla possibilità di aiuto in caso di crisi finanziaria. Tradotto potevano dire all’Europa: noi non vogliamo i limiti imposti da questo trattato e se i mercati dovessero metterci in difficoltà ci arrangiamo da soli. Si è preferito (seconde me a ragione) accettare l’assicurazione di avere un sostegno europero in caso di innalzamento dei tassi di interesse oltre livelli tollerabili, per cui finiamola di chiamare in causa la Germania o l’Europa. Siamo adulti e vaccinati e abbiamo preso una decisione in piena coscienza.
      Per ciò che concerne un ritorno ad una sovranità monetaria sarei disposto a sottoscrivere una simile possibilità, se solo mi si dimostrassero i vantaggi.

      • Piero

        Per l’adesione al fiscal combact (più esattamente lo chiamerei mortal combact, alla fine rimane solo un vincitore), in Italia non si è fatta una i scissione pubblica, è stato approvato in sordina dal “servo” della Merkel, affermare oggi che noi cittadini lo abbiamo voluto è falso.

  13. Federico B

    Bisogna cercare di essere pragmatici, ed agire in fretta, evitando incentivi distorsivi/moral hazard e rivedere rapidamente quadro di politica monetaria/fiscale (compact…) Così (inter alia) The telegraph di lunedì scorso A.Evans-Pritchard:”Time is running out fast,” said Mediobanca’s top analyst, Antonio Guglielmi, in a confidential client note. “The Italian macro situation has not improved over the last quarter, rather the contrary. Some 160 large corporates in Italy are now in special crisis administration.” The report warned that Italy will “inevitably end up in an EU bail-out request” over the next six months, unless it can count on low borrowing costs and a broader recovery. “.Precisazione a beneficio di quanto non si sa cosa vedano/leggano. Non mi pare sia il caso di aggiungere ulteriori dati, pure disponibili. Non è una guerra tra “modelli”, nè gli Autori dicono questo. Bisogna cercare di capire quale sia la soluzione ottimale a tendere, con “realismo”, come esplicitamente scritto. Codice binario/analisi di impatto Tra conventional/unconventional, forse una soluzione che incrementi GDP senza incrementare il debito, non aumenti tassi di interesse, non crei asset price bubbles e non distorca il pricing del rischio potrebbe essere ottimale. A lungo, sullo sfondo, c’è la crisi di legittimazione politica. (Cfr. A.Sen). un tema alla volta. Senza “svalutare”… troppo

  14. Riccardo Perissich

    E’ corretto sostenere che la cattiva struttura istituzionale dell’UE ha aggravato la crisi. Tuttavia è un grave errore (diffuso in Italia) credere che una diversa struttura favorirebbe politiche macroeconomiche del tipo di quelle indicate nell’articolo. Se anche fossimo una federazione, la maggioranza dei paesi e delle forze politiche continuerebbero a sposare la linea finora perseguita: austerità più riforme strutturali. Non c’è in Europa alcuna maggioranza potenziale per una politica di tipo giapponese. Cambierebbe solo una più grande rapidità nelle decisioni e una (modesta) maggiore solidarietà; sarebbero importanti, ma non costituirebbero un mutamento radicale di rotta. Chi vuole veramente una politica “diversa” deve avere il coraggio di chiedere l’uscita dall’euro. Gli auguro buona fortuna.

  15. marco

    Non c’era bisono di scomodare questo tal Perotti per sostenere argomentazioni tanto lapalissiane – In quinta superiore si spiega ai ragazzi la Crisi del ’29, il New Deal e come il mondo ne sia uscito dalla crisi grazie all’aumento della domanda aggregata generata dall’economia bellica – Il piano Marshall fu una conseguenza di questa visione dell’economia che dopo la guerra potè contare sulle conquiste scientifiche di un grande genio come Keynes – Tutto il mondo economico sa che il neoliberismo e le sue dottrine, il capitalismo puro vanno bene solo per impoverire e controllare i paesi del terzo mondo – Per questo dopo la seconda guerra mondiale la spesa a deficit degli Stati ocidentali divenne sistemica grazie anche alla non convertibilità sancita da Nixon nel ’71: gli USA spesero cifre immani per l’industria bellica, gli europei nel welfare – senza la creazione di quella ricchezza al netto, senza la spesa statale gli Stati europei sarebbero ancora alla fame come nel ’46 – E’ talmente evidente che per uscire dalla crisi basterebbe alzare il deficit, abbattere quella soglia folle del 3% e far salire il deficit almeno all’8, 9% per cento – Lo stato in quanto monopolista creerebbe un po’ di soldi (come è stato fatto in questi due anni, peccato che siano stati regalati alle banche), incomincerebbe a fare spesa pubblica, ad assumere insegnanti ad investire nella sanità ecc. ecc e di conseguenza diminuirebbe la disoccupazione- La gente spenderebbe più soldi e l’economia ripartirebbe…Difficile? No troppo semplice- Bisogna però chiedersi perchè i poteri forti e di conseguenza la propaganda dei mass-media nascondano la verità generando di proposito tanta confusione. Tagliare la spesa pubblica in questa situazione sarebbe sbagliato tanto quanto aumentare le tasse e i tecnocrati europei lo sanno…Purtroppo la gente è confusa da articoli come quello sopra che presentano verità scientifiche assodate come enigmi inestricabili; investire soldi nelle aziende di Stato non significa per forza generare sprechi o frodi; non posso chiudere tutte le scuole tagliando i fondi perchè non spendono bene i soldi pubblici, bisognerà fare in modo che i soldi vengano gestiti correttamente! A questo proposito ricordo che anche in Italia, al contrario di quanto viene trapanato nella testa della gente dalla propaganda abbiamo avuto aziende pubbliche gestite in modo eccellente e produttivo fra tutte ricordo l’ENI di Enrico Mattei – Se l’Italia tornasse alla sovranità monetaria e fecesse la giusta politica macroeconomica tornerebbe a correre; allora si che si potrebbe pensare a fare aventuali riforme microeconomiche per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi non l’opposto che purtroppo, aimè, temo serva solo a impoverire ulteriormente e a generare confusione.

  16. Luciano

    Dopo anni di totale egemonia delle trombonate liberiste/rigoriste finalmente un pò di sano buon senso emerge (con grande fatica) nel dibattito economico e politico.
    La recessione si combatte con politiche economiche espansive; non certo con la demenziale idea/prassi della “crescita attraverso austerity”.
    In sintesi: più laburismo,meno liberismo, più stato meno mercato, più regulation meno deregulation, più Keynes meno Hayek.
    In USA, Giappone e BRIC è chiaro da tempo; in Europa si traccheggia:

  17. Luciano

    I taxi sono strettamente regolamentati (licenze contingentate,tariffa amministrata,obbligo di servizio) nella maggioranza dei paesi del mondo (USA e BRIC compresi).
    Ovunque si è esperita la deregulation di tale servizio (Olanda,Irlanda,Svezia) si sono ottenuti risultati tanto controproducenti (precarizzazione del lavoro,aumento delle tariffe, peggioramento qualità del servizio) da costringere le autorità a intraprendere pesanti interventi di ri-regolazione.
    la tiritera contro i taxi è un ossessione (inspiegabile) che caratterizza gli iper-liberisti italioti.

  18. Piero

    Draghi può salvare tutto se vuole, lo statuto della Bce lo permette, Trichet nell’ultimo anno del suo mandato acquistò titoli di debito pubblico sul mercato secondario per oltre 200 mld (principalmente Greci e italiani, nel bilancio della Bce tali titoli hanno creato una forte plusvalenza che ha portato il bilancio in utile di circa 1 mld), Draghi appena si è insediato ha cambiato lo strumento di politica monetaria e ha fatto gli Ltro, che sono stati un grande insuccesso, oggi e’ sufficiente che Draghi faccia subito un programma di acquisto di titoli statali di tutti i paesi euro (proquota) per almeno un decennio di circa 400 mld annui, i mercati riporteranno la fiducia nel debito pubblico, le banche torneranno a fare il loro mestiere e gli stati non saranno più soffocati dagli spreed.
    Sicuramente la Germania e uno o due paese nordico cercherà di opporsi a tale manovra, ma Draghi se vuole ha il potere e quindi viene fatto, solo a questo punto la Germania se non vuole potrà uscire dall’euro e tornare alla sua tanto adorata valuta.
    In questo modo almeno l’Italia non subirà i costi per il cambiamento della propria valuta.
    Vogliamo chiamare ciò la monetizzazione del debito, e’ inesatto, non si monetizza nulla, i titoli saranno in bilancio fino alla scadenza, la Bce conseguirà con tale politica un consistente utile, la politica di acquisto dovrà partire di titoli di più lunga durata, tale manovra non dovrà essere sterilizzata, naturalmente gli stati dovranno avere sottoscritto l’impegno del fiscal combact; si dovrà fare successivamente una modifica del atto dove si dovrà fare uscire dalla regola del 3% il debito pubblico fatto per le opere pubbliche, oppure in alternativa studiare una tipologia di bond comune destinato a tale tipologia di debito, qui si può utilizzate il fondo Esm

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