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La Carta cambia, forse troppo

L’ultima revisione alla Costituzione riguarda il riconoscimento del valore dell’attività sportiva. E mostra come talvolta il lungo e complesso iter di modifica costituzionale sia utilizzato in modo improprio, mentre andrebbe riservato ai principi fondamentali.

Trentanove gli articoli modificati

Il 20 settembre la Camera ha definitivamente approvato la legge costituzionale che inserisce il riconoscimento del “valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme” nella Costituzione italiana.

Si tratta dell’ennesima variazione per la nostra Carta che, negli ultimi anni, ha sperimentato parecchie modifiche. Ripercorriamole tutte, provando a rispondere alla domanda: erano davvero necessarie?

Per quanto molti la ritengano immodificabile, perfetta e “la più bella del mondo”, la Costituzione italiana è già cambiata moltissimo dalla sua entrata in vigore, esattamente 75 anni fa. E la maggior parte di questi cambiamenti è avvenuta senza che fosse indetto alcun referendum confermativo, cioè senza coinvolgere il corpo elettorale. Così da poter affermare, senza imbarazzo, che la Costituzione del 1948 non esiste più da tempo. Studiamo, per esempio, che è composta da 139 articoli e da 18 (anzi, XVIII) disposizioni transitorie e finali. Ma gli articoli 115, 124, 128, 129 e 130 sono stati addirittura abrogati, così come i primi due commi della XIII disposizione transitoria e finale. Molti altri sono stati modificati. La prima volta già nel 1953. Dieci anni dopo, nel 1963, si agì per uniformare la durata di Camera e Senato a cinque anni (la Costituzione del 1948 prevedeva una durata di sei anni per il Senato). L’ultima volta proprio in questi giorni, settant’anni dopo la prima, con la modifica all’art. 33, cui è stato aggiunto il seguente ultimo comma: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. Salgono così a 39 gli articoli integrati, modificati, soppressi o anche solo corretti per un errore di stampa (sì, è successo anche questo, nel 1948, per l’art. 107). E sono 23 le leggi costituzionali che se ne sono occupate. Solo in quattro casi (2001, 2006, 2016 e 2021) è stato necessario il referendum confermativo. Che, peraltro, la metà delle volte (2006 e 2016) ha ribaltato la decisione del Parlamento rifiutando la revisione.

È la Costituzione stessa a prevedere, all’art. 138, una procedura ben precisa per la sua (eventuale) modifica. All’art. 139, sempre la Costituzione stabilisce che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Implicando quindi che tutto il resto lo sia, dalla forma di stato alla forma di governo, dalla dimensione del Parlamento al ruolo e alla modalità d’elezione del Presidente della repubblica, e perfino ai famigerati primi dodici articoli (come del resto successo nel 2022 per la tutela dell’ambiente).

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La procedura richiede che una modifica costituzionale sia approvata da entrambe le Camere “con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi” e che, nella seconda votazione siano approvate “a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera”. La richiesta del referendum è solo eventuale ed è esplicitamente esclusa ove la modifica sia stata “approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”. Negli altri casi, è possibile indire un referendum confermativo sulle revisioni quando “entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. Curiosa, e ancora senza spiegazione, la fissazione dell’Assemblea costituente per il numero cinque.

Cosa è cambiato in 75 anni

I cambiamenti introdotti hanno riguardato diversi aspetti. Nella maggior parte dei casi, gli articoli coinvolti erano un numero minimo. Tuttavia, nel 2001 venne interamente riscritto il Titolo V della parte seconda della Costituzione: 19 articoli in una volta sola, oltre il 10 per cento del totale. Nel 1953 furono introdotte norme integrative concernenti la Corte costituzionale; nel 1963 venne cambiata la durata del Senato e istituita la regione “Molise”. Che quindi esiste davvero, ma solo da sessant’anni. Nel 1967 venne modificato l’art. 135 (ancora la Corte costituzionale). Poi un lungo stop, fino al 1989. Negli anni Novanta del secolo scorso, numerosi furono gli interventi nel settore della giustizia (amnistia, indulto, reati degli ex presidenti del Consiglio, giusto processo). Il terzo millennio si aprì con la già citata riforma dell’ordinamento di regioni ed enti locali e la concessione del diritto di voto agli italiani all’estero. Solo nel 2007 venne definitivamente abolita la pena di morte (che era comunque possibile esclusivamente “nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”). L’ultimo decennio invece è stato caratterizzato dall’inserimento del principio del cosiddetto pareggio di bilancio, la riduzione del numero di parlamentari, l’abbassamento dell’età di elettorato attivo per il Senato, la tutela dell’ambiente e, infine, il valore dell’attività sportiva.

Ma era proprio necessario?

Nei giorni dell’approvazione della Costituzione, Meuccio Ruini, membro dell’Assemblea costituente, dichiarò: “Infondato è ogni timore che [la Costituzione, ndr] sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto. No; abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell’esperienza storica. […] E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi – ed i nostri figli – rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili”.

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Le modifiche alla Carta sono quindi accettabili, a volte necessarie, come riconosciuto dagli stessi padri costituenti. Il procedimento di modifica delineato dall’art. 138 sembra adeguato. Tuttavia, scorrendo l’elenco dei cambiamenti apportati, il dubbio che, più di una volta soprattutto di recente, siano figli di sensibilità solo contingenti, di esigenze elettorali o che risultino in variazioni decisamente marginali, è quasi una certezza. Il pericolo è anche di segno opposto: a volte le modifiche sono apparse eccessivamente ambiziose e hanno creato più problemi di quelli che volevamo risolvere, come nel caso di alcune norme del nuovo Titolo V.

Il punto è esattamente questo: visti tutto il tempo e lo sforzo che ci vogliono a mettere mano alla Costituzione, ne vale sempre la pena? La risposta non può che essere negativa. L’azione del legislatore potrebbe essere molto più efficace se invece di dedicare quattro letture a modifiche di principio si concentrasse su questioni più pratiche o che hanno davvero effetto sulla qualità della vita dei cittadini, Altrimenti, il sospetto è che si tratti solamente di operazioni di facciata, buone a raccogliere un po’ di consenso e qualche voto in più ma che celano, a pensare male, l’ammissione di incapacità di riforme più sostanziali. Sia chiaro: fa piacere che la Costituzione riconosca certi valori: ma cosa cambiano, davvero, l’introduzione della tutela dell’ambiente o il riconoscimento del valore dello sport, non a caso due delle modifiche più recenti? Su questi temi, il legislatore può oggi fare di più di quanto ha fatto (o non ha fatto) in precedenza? La loro assenza dai principi costituzionali non limitava le capacità del Parlamento. Fortunatamente, sono aggiunte che non sembrano recare danno: forse solo un po’ di lavoro in più per i giudici costituzionali.

La Costituzione può e deve essere adeguata: cambiando le cose che è importante cambiare e, perché no, anche sperimentando soluzioni innovative. Soprattutto, però, evitando di banalizzare il processo di revisione quando se ne può fare a meno e dedicando il tempo a questioni, forse, più importanti.

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  1. Savino

    La Carta dovrebbe trovare applicazione altrimenti tutto rimane sulla carta.

  2. Lamberto Uguzzoni

    Il cambiamento del Titolo V mi sembra che sia merito della Meloni!!!! oppure c’era “baffino ” presidente e si procedette con decisioni a maggioranza:non ricordo bene.

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