I contributi di Solow sono stati fondamentali: hanno segnato la macroeconomia della crescita per settant’anni e gettato le basi per i successivi sviluppi. Premio Nobel nel 1987, ha saputo coniugare il rigore scientifico con l’impegno nelle istituzioni.
Due contributi fondamentali
“Per noi economisti la crescita economica è come una ricetta eccezionale di cui conosciamo gli ingredienti, ma non sappiamo esattamente il modo in cui predisporli e in quale quantità somministrarli”. Questa frase di Bob Solow rilasciata in un’intervista degli anni Novanta è una delle citazioni che meglio riescono a descrivere sia la grandezza, sia l’umiltà di uno dei grandi economisti del secolo scorso.
Robert Solow, il padre della teoria moderna della crescita economica e premio Nobel del 1987, ci ha lasciato il 21 dicembre all’età di 99 anni, dopo una lunghissima vita e carriera svolta quasi sempre al Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston. I suoi contributi fondamentali sono stati pubblicati nel 1956 e nel 1957 e hanno segnato la macroeconomia della crescita per i successivi settant’anni. Nel 1956 sul Quarterly Journal of Economics, Bob Solow, un giovane economista poco più che trentenne, presentò quello che è da tutti considerato come il modello fondamentale per descrivere con poche e semplici equazioni il comportamento di un sistema economico in cui la crescita è ottenuta grazie all’accumulazione di capitale fisico. Il modello di Solow mostra che il sistema economico certamente cresce grazie all’accumulazione di capitale, ma nel lungo periodo l’investimento in capitale fisico non sarà mai sufficiente a garantire una crescita “perpetua”. Per permettere che la crescita sia presente anche nel lungo periodo, è necessario che il sistema possa continuamente beneficiare di aumenti della produttività dei fattori, il motore ultimo della crescita.
Nel secondo contributo, pubblicato l’anno successivo nella Review of Economics and Statistics, Bob Solow mostra come “contabilmente” la crescita economica americana non era spiegata né dal contributo del fattore lavoro né dal contributo del capitale fisico, ma era invece contabilmente dovuto alla crescita di ciò che Solow definì “la produttività totale dei fattori”. In questo esercizio, Bob Solow ha creato un secondo filone di ricerca, quello oggi definito “contabilità della crescita”. Non a caso, il contributo empirico alla crescita spiegato dalla produttività congiunta dei fattori, è ancora oggi chiamato residuo di Solow. Effettivamente il modello di Solow ha avuto impatto non solo tra i ricercatori esperti, ma è stato inserito in ogni libro di testo introduttivo di economia. Probabilmente qualunque ex studente di economia conosce e ricorda il modello: elegante, semplice e intuitivo, con poche equazioni e moltissimi risultati.
Un economista al servizio delle istituzioni
Come studioso della crescita, sono sempre rimasto affascinato dalla semplicità del suo modello, soprattutto se paragonato al “modello di crescita ottimale” di Cass e Koopmans, elaborato negli stessi anni. Il modello di crescita ottimale è certamente più rigoroso rispetto a quello di Solow, ma i suoi risultati e le sue implicazioni alla fine sono le stesse. Come spesso mi capita di ricordare agli studenti, è incredibile quanta semplicità sia ottenuta grazie all’ipotesi di Solow sul comportamento dei consumatori. Il suo modello di crescita è stato poi in parte superato negli anni Novanta, quando in economia si sono diffusi i modelli di crescita “endogena” elaborati – tra gli altri – da Paul Romer, l’economista che ha poi ricevuto il premio Nobel nel 2018.
Bob Solow è stato anche un economista al servizio delle istituzioni, svolgendo diversi ruoli apicali all’interno del governo federale americano. In quella prospettiva, rappresenta la generazione di economisti che riuscivano in carriera a far convivere il rigore accademico con l’impegno nelle istituzioni, una tradizione che risale fino a John Maynard Keynes, lo studioso dalle cui idee Solow prese l’ipotesi semplificatrice del suo modello. Rispetto alle critiche alla sua teoria elaborate dagli studiosi di crescita endogena, si mostrò molto aperto. Peraltro, è anche vero che in una delle note a piè di pagine del suo paper del 1956, si intuisce che Bob Solow aveva già chiaro quali implicazioni ci sarebbero state se nel modello si fossero introdotti rendimenti costanti nel capitale. Alcuni dei più grandi studiosi della crescita sostengono, in effetti, che la teoria della crescita endogena era in realtà già presente in Solow.
Con Bob Solow, perdiamo davvero uno dei mostri sacri dell’economia del ventesimo secolo. Insieme a Paul Samuelson, Milton Friedman, Gary Becker e in parte a Bob Lucas, il grande economista americano avrebbe forse potuto vincere non uno, ma due premi Nobel, una per la teoria della crescita e uno per le sue applicazioni empiriche.
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Enrico
Non dimenticherò mai il suo giudizio lapidario sui modelli dinamici di equilibrio economico generale stocastici, di cui IMF, WB, ECB e Commissione Europea abusano per magnificare gli effetti delle riforme strutturali che “raccomandano” a tutti i governi: “I do not think that the currently popular DSGE models pass the smell test”. Per un mothertongue English suona molto meno beffardo che per un italiano, ma è ugualmente efficace.
gabriel
Una grande perdita.
Il modello di crescita di Solow non è soltanto uno dei più importanti e proficui modelli della macroeconomia dello scorso secolo, ma è un gioielllo, per la sua semplicità e ricchezza insieme, della economia matematica e della matematica applicata.