La decisione del comune di Bologna di adottare il limite di 30 chilometri orari in gran parte della città è un esempio di come molto spesso si definiscono le politiche pubbliche in Italia. Mancano dati per valutare se si tratta della scelta migliore.
La scelta di Bologna
Dallo scorso luglio, nella maggior parte delle strade di Bologna vige un nuovo limite di velocità fissato a 30 chilometri orari, rispetto ai 50 chilometri all’ora prevalenti prima della riforma. Dal 16 gennaio il piano è ufficialmente attivo e sono scattate le prime multe per i trasgressori.
Non si tratta di un’iniziativa isolata, neanche in Italia: secondo il Sole24-Ore diversi capoluoghi di provincia hanno introdotto, in misura più o meno estesa, le cosiddette “zone 30”. È un tema politicamente caldo. Il Parlamento europeo da tempo sollecita le diverse realtà nazionali ad agire in questa direzione. Al di qua delle Alpi, un progetto di legge a firma Pd, Avs, Azione-IV propone di rendere i 30 km/h il limite ordinario. Sotto le due torri, l’attuale sindacatura ha investito una dose importante di capitale politico su una policy di diffusa riduzione dei limiti (“Bologna città 30”). A nostro avviso, per le modalità con cui è stata realizzata, si tratta di una misura che racconta molto di come si decidono tante politiche in Italia.
Perché 30 km/h?
Perché “Bologna città 30”? Il sito dedicato all’iniziativa offre risposte nette: per migliorare la sicurezza stradale, ridurre l’inquinamento (compreso quello acustico) e i consumi energetici, incentivare la cosiddetta mobilità attiva (andare a piedi e in bicicletta), ridurre lo stress legato agli spostamenti, rendere la città più a misura di persona, aiutare l’economia locale. Il tutto senza aumentare i tempi di percorrenza. Sono argomenti credibili? Qualche dubbio sorge: se alcune affermazioni sono vagamente supportate da “innumerevoli studi scientifici” o da report di organismi internazionali, altri nessi causali adombrati – come per esempio quelli sullo stress, sulla città a misura di persona, sullo stimolo all’economia locale – sono solo dei desiderata densi di rimandi valoriali, ma privi di supporto empirico.
Premesso che, rispetto ad altre politiche pubbliche, l’evidenza prodotta per questa iniziativa è comunque più ampia di quella solitamente disponibile (pari a zero), si poteva fare di più. Prima di estendere i 30 km/h all’intera città, il comune avrebbe potuto sperimentarli su piccola scala, proprio come si fa in medicina con farmaci e terapie di cui vogliamo conoscere gli effetti. La sperimentazione avrebbe potuto riguardare alcune porzioni di città, con altre zone comparabili come gruppo di controllo. In questo caso, poi, l’esperimento pilota sarebbe stato naturalmente offerto da alcuni limiti a 30 chilometri orari già presenti in città. Organizzandosi per tempo, si sarebbero potuti raccogliere i dati su incidenti (inclusi quelli non gravi), inquinamento ambientale e acustico, modalità di trasporto, soddisfazione/stress dei cittadini, fatturato delle attività commerciali, tempi di percorrenza, e così via. Qualora un’analisi credibile di questi dati avesse confermato i tanti benefici narrati oggi (prima dell’attuazione della misura), sarebbe stato possibile estendere il nuovo limite al resto della città. Ne avrebbero guadagnato l’accountability dell’operato del pubblico, il rispetto dei cittadini, il processo democratico. Ma le cose non sono andate così.
Chi va piano va sano?
Col rimpianto della sperimentazione mancata, abbiamo stimato noi l’impatto delle zone 30 sull’incidentalità nel caso bolognese, sfruttando il fatto che già da qualche anno in alcune piccole porzioni di città è stato introdotto il limite a 30 km/h. Abbiamo quindi utilizzato i dati delle delibere comunali per ricostruire, per tutti gli archi stradali della rete urbana della città (un arco è una porzione di strada che collega due incroci o estremità), il giorno in cui il limite è stato portato a 30 km/h. Per tutti gli altri archi il limite è rimasto a 50 km/h. Questi dati sono stati poi combinati con i dati mensili sugli incidenti per ciascun arco, forniti dalla città metropolitana. Si tratta di incidenti che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine per la presenza di danni a persone. Il dataset finale contiene circa 7.500 archi osservati da gennaio 2014 a dicembre 2021. La figura 1 mostra, per ciascun anno, la percentuale di archi soggetti al nuovo limite (archi “trattati”). Un arco stradale si considera trattato a partire da un certo anno se il limite di 30 km/h è stato introdotto nella prima metà dell’anno e quindi è stato in vigore per almeno sei mesi in quello stesso anno. Nel periodo considerato, si è avuta una progressiva estensione della policy, così che nel 2021 circa un quarto degli archi era trattato. L’estensione più significativa si è verificata nel terzo trimestre del 2015, nel quale si è concentrato il 60 per cento circa di tutti gli abbassamenti del limite.
Figura 1 – Percentuale di archi soggetti al limite di velocità di 30 km/h
Fonte: nostre elaborazioni su dati del comune di Bologna.
Queste informazioni hanno permesso di stimare l’impatto della misura attraverso il confronto della dinamica degli incidenti per gli archi trattati e quella osservata per gli archi per i quali il limite è rimasto invariato (“controlli”). Nella figura 2, la linea rossa mostra l’andamento del numero di incidenti per le unità trattate a partire dal terzo trimestre del 2015 (la coorte di trattati più numerosa), mentre la linea blu riporta la stessa variabile per gli archi che per tutto il periodo sono rimasti con il limite a 50 km/h. La barra tratteggiata verticale segnale l’entrata in vigore del nuovo limite a 30 km/h per i trattati. Nella media del periodo precedente il trattamento, nelle zone trattate in ogni trimestre si registrano poco più di sei incidenti ogni 100 archi, mentre il numero corrispondente per le unità di controllo è intorno a quattro su 100; nello stesso periodo, le due linee hanno un andamento piuttosto parallelo. Se la policy avesse fatto diminuire gli incidenti, a partire dal terzo trimestre del 2015 si dovrebbe osservare un calo per la linea relativa ai trattati a fronte di una dinamica stabile per i controlli. Ma così non è: dopo l’inizio del trattamento, per entrambi i gruppi le due linee proseguono come prima, suggerendo che il nuovo limite a 30 km/h non ha portato a un calo dell’incidentalità.
Figura 2 – Numero di incidenti per trattati e controlli (media mobile su quattro trimestri)
La figura 3 generalizza il risultato a tutti gli archi trattati e mostra la stima della differenza tra il numero di incidenti per trattati e controlli (riportata sull’asse delle ordinate insieme agli intervalli di confidenza al 90 e al 95 per cento). Sull’asse delle ascisse si misura invece la distanza temporale in trimestri dall’avvio della policy (0 è il trimestre in cui viene adottata). Sia prima che dopo dell’introduzione della misura non vi sono differenze significative tra trattati e controlli, a segnalare il fatto che il nuovo limite non ha fatto diminuire l’incidentalità. Il risultato è confermato da diversi test di robustezza, tra cui l’utilizzo di misure alternative per il numero di incidenti (per esempio normalizzandolo con la lunghezza dell’arco), il cambio della scala temporale utilizzata (mesi o semestri invece di trimestri) o l’applicazione di metodi econometrici che tengono esplicitamente conto del fatto che archi diversi sono trattati in momenti diversi.
Figura 3 – Differenza nel numero di incidenti tra archi trattati e di controllo, da dieci trimestri (e più) prima a dieci trimestri (e più) dopo l’introduzione del limite di velocità a 30km/h
Perché non è possibile valutare la misura
Un dato è chiaro: il limite a 30 chilometri orari introdotto a Bologna tra il 2015 e il 2021 non ha portato a un calo dell’incidentalità. Come spiegare questo risultato? Avanziamo qui alcune ipotesi che non si escludono a vicenda.
Una prima possibilità è che i dati a nostra disposizione, che riguardano incidenti con danni a persone, non permettano di catturare effetti sugli incidenti di minore gravità, quelli probabilmente più interessati dalla policy.
Una seconda possibilità è che il limite a 30 km/h sia una condizione di per sé non sufficiente per ridurre l’incidentalità, ma che vada accompagnato da una robusta azione di controllo del rispetto del limite di velocità che potrebbe essere mancata.
Una terza possibilità è che il limite sia stato introdotto in zone con incidentalità inferiore rispetto al gruppo di controllo (si veda per esempio la figura 2) e che, pertanto, fosse difficile osservare ulteriori miglioramenti. Purtroppo, non esistono le informazioni per dare risposta a queste legittime domande. Così come non riusciamo a dire nulla su altre variabili di interesse quali inquinamento, modalità di trasporto, soddisfazione/stress dei cittadini, fatturato delle attività commerciali, tempi di percorrenza, per le quali non esistono i dati.
Ma il punto centrale da sottolineare è proprio questo: le limitazioni della nostra analisi, di cui siamo pienamente consapevoli, ben prima di essere tali, sono mancanze nel disegno e nell’implementazione della policy. Non è stata assicurata la piena comparabilità tra archi stradali trattati e di controllo, non sono state raccolte moltissime informazioni cruciali, non è stato fatto un serio piano di valutazione. In altri termini, non sono state prese decisioni sostenute da quell’evidenza empirica che deriva dalle migliori pratiche della comunità scientifica. E lo si sarebbe potuto fare con costi molto contenuti. Tutto ciò porta a scelte dagli effetti incerti e alla polarizzazione del dibattito politico, così che una domanda doverosa e puramente tecnico-fattuale – l’abbassamento dei limiti di velocità produce effetti desiderabili? – viene oscurata dalla politicizzazione e ideologizzazione delle zone 30 che vanno così ad arricchire, loro malgrado, la gloriosa collezione gaberiana di ciò che è di destra e ciò che è di sinistra. L’esatto opposto della necessaria laicizzazione del dibattito sulle politiche pubbliche.
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Savino
Dovremmo tutti fare una vita a 30 all’ora o anche meno. Il punto, sono gli stili di vita e un trend incomprensibile ad andare sempre di fretta. Ci si muove con una foga pazzesca per andare dove non si capisce, quando il lavoro non c’è, l’economia va a rotoli, così come i rapporti interpersonali e interfamiliari. Hanno tutti fretta di andare verso i luoghi di dileggio e divertimento, ma questa non è la vita, non è il senso nemmeno politico, economico e sociale della vita.
Michele
Ma scusate giusto per banalizzare: ammesso che gli incidenti in città siano causati solo dalla velocità (e non da altri fattori) chi non rspetta il limite dei 50 Km/h non rispetterà nemmeno quello dei 30 Km/h, quindi è una misura inutile.
E’ come dire che per ridurre il numero degli obesi bisogna ridurre la dimensione delle confezioni di cibo, l’obeso semplicemente ne prenderà due piccole invece che una grnande.
Altra considerazione: io ad andare ai 30 Km/h divento isterico dopo 10 minuti, semplicemente non è possibile, si va in prima magari per attraversare tutta la città? magari senza nessuno davanti a noi? ma davvero? con le bici che ci superano? Sono davvero queste le idee che partoriscono i ns politici??
Paolo Bignami
Buongiorno, innanzitutto grazie per l’interessante studio.
Mi trova abbastanza d’accordo che una sperimentazione su scala diciamo di alcuni isolati e/o di quartiere per misurare tutti i potenziali benefici di Città 30 sarebbe stata utile.
Tuttavia sono pienamente d’accordo con il Comune che ha agito consultando diversi studiosi della materia (Alfredo Drufuca e Matteo Dondè in particolare) che hanno ispirato ed aiutato nell’implementazione di politiche analoghe ad esempio a Milano (urbanistica tattica) e ad elaborare (società Polinomia dove opera appunto Alfredo Drufuca) una dettagliata analisi costi/benefici (scaricabile dal primo risultato della ricerca https://it.search.yahoo.com/yhs/search?hsimp=yhs-SF01&hspart=Lkry&obt9bpdyed=0&p=analisi+costi+benefici+citta+30+bologna+polinomia¶m1=h4V77zECSIgvaawHmDS4wrdSkp8Pywu09Pa6zayhekGEnFPsi1q5hvHi3DJjbt6mIJpBlk4WEzBW2hjG0cUKNwtWP0wz0_wSj_JjreI_yfHharfIjjA2hlxVwfo6Z–1FjU1G0PWIsqntYzlC5u3MrGm0yQMZJ4k5BHmvXQ5_an4O1QEwrxGXmrbjmiHOIQuz5wEbKzz-di5MD89s5UnZRQGTa8gZ2p84SBqDJ2RKjgFt9OcNJXz3uIsPQk9wNRl_FPlpYP4nKoZmybze6ryuaTF9vKDsMj0fIAYSDs1o_L8bUVaG4tjiiv3i3KZBVyL17pfNz4H1mUXlJU-2jOOHEhUe-MGhrzMzhjV1M2CPWn0wA%2c%2c&publisherid=52462&type=ANYS_A0NR1_set_bfr_$52462_000000$).
Ulteriori referenze sono disponibili e scaricabili in Rete in riferimento ai provvedimenti analoghi già in vigore in città (Olbia, Graz, Bruxelles, ecc.) e Paesi interi (Olanda e Spagna) dove hanno dato significativi risultati in termini di riduzione di incidenti,rumore,inquinamento e stress alla guida e dove la soddisfazione dei cittadini è stata confermata dopo i primi inevitabili momenti di aggiustamento: https://www.europeandatajournalism.eu/cp_data_news/none-of-the-european-cities-that-lowered-the-speed-limit-to-30-km-h-regrets-it/?fbclid=IwAR0K_dQf39ES_qYu6px6ajS5r9WU1jPG8Hu_6i2I6ArbZ7rjTz1vj2xZzl0_aem_AS_1ZctGlp_-9xAOIGiaHcmiUeTk6QNm50cx3TilgLgK6mJpAA5Crcc6ueF2WSBDNqk
Vorrei ricordare che si tratta di una misura alquanto controcorrente e controintuitiva vista la massiccia pubblicità dell’automotive a livello planetario dove viene esaltata la velocità fine a se stessa (tipo l’accelerazione da 0 a 100 km/h, manovra che evidentemente tutti fanno la mattina quando mettono in moto l’auto…) e presentato il mezzo stesso in contesti sostanzialmente irreali.
Pubblicità che (se non erro) mai è stata sanzionata o limitata da alcun garante o suo equivalente di alcun Paese
I 30 come misura di sicurezza fondamentale sono confermati da diverse esperienze ed osservazioni, vedi ad esempio https://e-tv.it/2023/07/15/incidenti-mortali-a-bologna-analisi-delle cause/?fbclid=IwAR1OKsU9CYIJ9Gux_i_ScQ9yrNA1ju44o_xzLCngiDG0JbOif23Q5ZtzO8s dove risulta che ben 46 su 49 incidenti stradali in città a Bologna sono avvenuti per così dire “a norma di legge” ossia entro o poco sopra i limiti dei 50 che sono la norma in città.
Inoltre l’83% degli spostamenti in città avvengono entro i 5 km, il 71% del totale per cause non lavorative ed infine la velocità media in tutta la città di Bologna si aggira intorno ai 22 km/h: https://pumsbologna.it/Engine/RAServeFile.php/f/documenti_approvazione/RELAZIONE/Relazione.pdf pagina 180; https://datamobility.it/mobility-insights/?fbclid=IwAR0ne24EBXa7GpcN7v84z5aJUJVxoNryqCoQY4zT6XUUgfCRjMfIZ_LZUEA; e con dati aggiornati al 2022:
https://ambientenonsolo.com/citta-metropolitane-a-30-km-h/
Questo conferma l’inutilità di accelerate e successive frenate brusche per arrivare ai “teorici” 50 che aumentano solo lo stress alla guida ed i consumi di carburante, freni e pneumatici (questi ultimi principale causa ormai del particolato vista la sempre maggior efficienza e riduzione delle emissioni dei motori), fenomeno già osservato nella prima sperimentazione a scala cittadina di Città 30 ossia Buxtehude in Germania nel 1982 e documentato nella ricerca: http://www.webstrade.it
Il Comune ha poi svolto un sondaggio ampiamente partecipato (circa 20.000 risposte) che ha approvato al 70% le misure ora implementate e continua ad informare sul sito http://www.bolognacitta30.it che contiene quasi tutte le fonti e le esperienze da me citate.
I primissimi giorni stanno vedendo un sostanziale rispetto della misura in presenza, e questo è corretto come dalla sua seconda ipotesi, di maggiori controlli tra l’altro eseguiti in maniera mirata sui punti segnalati come pericolosi dagli stessi cittadini (io personalmente ho segnalato tra gli altri Via Azzurra e Via Bombicci dove ho personalmente riscontrato in questi due ultimi giorni la presenza delle pattuglie).
Al tempo stesso (verificabili dallo stesso sito http://www.bolognacitta30.it) si stanno implementando una serie di interventi di traffic calming ed adeguamento delle strade essenziali per facilitare il rispetto dei limiti e per agevolare il recupero da parte dei cittadini di uno spazio pubblico oggi occupato dalle auto, spazi e parcheggi per auto all’ 80% circa.
Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti e/o necessità
Cordiali saluti
Disclaimer:sono cicloattivista e mi sposto quasi solo in bici, esodato e di formazione economica e perciò non sono dipendente del Comune di Bologna
Marco
Il disclaimer finale chiarisce tutto: cicloattivista esodato … si capisce che non ha molto da fare 🙂
Emanuele
L’articolo sopra è una ricerca scientifica, i link che riporti sono parvenze, aneddoti, episodi, opinioni più o meno informate. Inserirei metodologia delle ricerca scientifica alla scuole primarie, dopo temo che sia troppo tardi.
Antonio Landolfi
Ce ne sono a iosa di articoli scientifici:
Traffic crash pattern modification as a result of a 30 km/h zone implementation. A case study in Turin https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2352146520301940
SPEED MANAGEMENT: A road safety manual for decision-makers and practitioners (WHO) https://www.who.int/publications/m/item/speed-management–a-road-safety-manual-for-decision-makers-and-practitioners
The effect of speed limit reductions in urban areas on cyclists’ injuries in collisions with cars https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/15389588.2019.1680836
Effect of reducing the posted speed limit to 30 km per hour on pedestrian motor vehicle collisions in Toronto, Canada – a quasi experimental, pre-post study https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/15389588.2019.1680836
Go slow: an umbrella review of the effects of 20 mph zones and limits on health and health inequalities https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25266281/
Effect of 20 mph traffic speed zones on road injuries in London, 1986-2006: controlled interrupted time series analysis https://www.bmj.com/content/339/bmj.b4469
E questi sono solo una parte di quelli che ho trovato semplicemente cercando “limit 30km/h”.
Comunque mi stupisco che in questo studio sia fatto da economisti e non ci sia nessuno che si occupa di urbanistica o infrastrutture, che sono quelli che studiano queste cose.
Inoltre una grossa mancanza di questo report è un’analisi della gravità degli incidenti, sembrerebbe emergere da questo report che non ci sono state riduzioni del numero, ma sappiamo se sono meno severi?
Emanuele
“I 30 come misura di sicurezza fondamentale sono confermati da diverse esperienze ed osservazioni, vedi ad esempio https://e-tv.it/2023/07/15/incidenti-mortali-a-bologna-analisi-delle cause/?fbclid=IwAR1OKsU9CYIJ9Gux_i_ScQ9yrNA1ju44o_xzLCngiDG0JbOif23Q5ZtzO8s dove risulta che ben 46 su 49 incidenti stradali in città a Bologna sono avvenuti per così dire “a norma di legge” ossia entro o poco sopra i limiti dei 50 che sono la norma in città”
Confusione tra “cause” di singoli incidenti, tutte diverse e difficilmente separabili da fenomeni di variabilità (caso) ad un’unica causa, l’alta velocità da ridurre. Per validare questa ipotesi serve un gruppo di controllo controfattuale. Ma a livello statistico è banale invalidare l’errore di ragionamento: la quasi totalità dei km percorsi in città è sotto a 50 km orari in città, quindi è ovvio che la maggior arte degli incidenti avvengano entro quel limite.
Emanuele
La prima cosa che controllerei è questa: le strade con il limite di 50 km/h rispetto a quelle senza limite di 50 km/h sono più trafficate, sono quelle in cui sono più frequenti gli attraversamenti pedonali? Perché in genere gli incidenti più gravi (anche questo andrebbe controllato) sono quelli che coinvolgono i pedoni. Poi curiosamente non si va mai oltre la finestra ma ci sono effetti indiretti delle poliche pubbliche, spesso opposti allo scopo? Abbassando la velocità si genera più traffico e questo effetto potrebbe anche generare più incidenti. L’ipotesi della correlazione tanto più traffico tanti più incidenti, ha come assunto le leggi della probabilità ed è legittima fino a prova contraria come l’ipotesi alternativa, quella in cui crede cioè il comune: il numero di incidenti stradali non è significativamente diverso su strade con traffico elevato e strade con traffico basso. La pura credenza del comune nell’ipotesi alternativa non si preoccupa minimamente di rifiutare l’ipotesi nulla “più traffico più incidenti”.
Roberto S.
Premesso che non sono cicloattivista e che sto parlando di Roma, come automobilista – benché assai saltuario – vedo come il fumo negli occhi i ciclisti che viaggiano senza retrovisori, senza luci (o piccine e tremolanti: eh, le batterie, signora mia!)e catarifrangenti e e senza giubbetti, che di sera, perdipiù vestiti di scuro (e d’inverno è norma di legge vestirsi di scuro), diventano invisibili rispetto ai fari delle auto (a led: che potenza!) che vengono di fronte. Le lucine davanti e quelle a 10 cm da terra dei pattinisti (che vorrebbero imparentarsi con i ciclisti) sono ridicole. Le strade non sono i vialetti di Villa Pamphili, contengono “oggetti” diversi per massa, velocità e direzione, non necessariamente governati da logiche razionali e matematiche; pertanto, occorre adottare tutte le opportune cautele.
Ma sono anche d’accordo che limitare la velocità dell’eventuale impatto a 30 km/h diminuisce la gravità delle lesioni, a meno che non si capiti sotto una ruota. Però, laddove la misura è stata adottata, è stato attraverso un lungo “percorso” che ha tenuto conto della struttura delle città – eventualmente modificandola secondo un progetto ben preciso di lungo termine – e delle necessità degli utenti e di tutti i “portatori di interessi”. E accompagnandola con campagne educative persistenti ed efficaci che eliminassero i “comportamenti stupidi” degli utenti (e anche i pedoni sanno essere “stupidi”…), tipo quelli da Lei lumeggiati: viaggiare a destra, a giusta distanza di sicurezza da chi è avanti e a velocità “tranquilla” scatena il riflesso pavloviano di chi è dietro a sorpassarti oltre la linea, salvo fermarsi 200 metri più avanti al semaforo rosso. Viaggiare a 1 metro di distanza dall’ostacolo a destra scatena l’analogo riflesso nel motociclista per sorpassarti a destra. Evidentemente tutti affetti da diarrea impellente che obbliga ad “arrivare prima posssibile”. E mai sia far passare all’incrocio chi proviene da destra se sono fortunato titolare del “diritto di precedenza”, più sacrosanto del diritto alla pensione.
E teniamo conto che, come appare negli “indici” in https://inrix.com/traffic-scorecard-2023 e in https://www.tomtom.com/traffic-index/ , non è che l’adozione di certe misure abbia portato ad una migliore “vivibilità” in alcune di quelle città.
Certo, alla lunga “ci si adegua”, a tutto. Ma occorre un progetto (“I have a dream”; ma vale se il progetto è solo quello di arrivare vivi alle prossime elezioni, vicine?) ambizioso e insieme intelligente e realistico. Quanti lo sono?
Raffaella
Grazie per l’utiissimo commento!
Valeria Sacchetti
Mi scusi ma chi abita a 30-40 Km da Bologna ed è costretto ad andarci ogni giorno per lavoro, studi, sanità ecc, e ha orari da rispettare cosa dovrebbe fare?
Bologna soffre da tempo, ma è notevolmente peggiorata dopo il Covid, sul trasporto pubblico, poche corse, mezzi non manutenuti e nelle ore di punta pieni come carri bestiame.
Io abito a Molinella e per andare a Bologna (circa 35 Km) impiego mediamente 1:30/1:50 minuti (cioè quasi 4 ore a/r), ciò comporta che per lavorare 7-8 ore si rimane fuori casa 11-12 ore, le sembra accettabile? la tanto decantata qualità di vita sinistroide? se l’uso dell’auto viene ostacolato sarebbe lecito sostituirlo con i mezzi pubblici ma ciò non è successo. Vogliamo parlare della inciviltà dilagante di pedoni e ciclisti/monopattini? schizzano a destra e a sinistra, tagliando improvvisamente la strada, senza alcun preavviso, ma hanno sempre ragione !!!!
Si parla di andare a piedi o in bicicletta fosse una questione di scelta per tutti, certo è che con i mezzi pubblici che abbiamo e con i tempi di percorrenza sarà più veloce andare a piede. Lo dovremmo vedere come un allenamento per poi fare il percorso del Cammino di Santiago.
bob
è la regola di un Paese senza regole e programmi ! Un esempio. Definiamo Alta Velocità nelle ferrovie quando mezzi modernissimi vengono fatti avanzare su rotaie dell’800 e su stazioni di testa e piene di scambi da cartolina del Far West. Risultati : ritardi cronici pesanti come regola. A Verona nel 2024 stanno impostando il tram alimentato dalle rete aerea( filobus). Tecnologia ampiamente invasiva , limitativa ma soprattutto del secolo scorso.
Tutto questo è frutto di una classe politica patetica con la complicità di pseudo- imprenditori la cui lungimiranza è misurata nel ” tirare il cassetto come il salumaio per contare l’incasso della giornata”
ANGELO
“per migliorare la sicurezza stradale, ridurre l’inquinamento (compreso quello acustico) e i consumi energetici, incentivare la cosiddetta mobilità attiva (andare a piedi e in bicicletta), ridurre lo stress legato agli spostamenti, rendere la città più a misura di persona, aiutare l’economia locale”
E’ ovvio che una minor velocita riduce gli incidenti e i consumi. Che poi sia fondamentale saperne la percentuale esatta mi sembra assolutamente irrilevante.
Per quanto riguarda: lo stress legato agli spostamenti, rendere la città più a misura di persona, aiutare l’economia locale sono motivazioni talmente aleatorie che reputo siano impossibili da misurare. Potremo discutere anni su cosa sia lo stress legato al traffico e come diminuisce o aumenta. E poi altri anni per decidere come misurare eventuali variazioni di tale stress.
In sintesi: vivere in un comune dove chi amministra continui a investire risorse (tradotto spendere soldi raccolti con le tasse) nel fare studi e analisi per poter affermare senza nessuna ombra di dubbio che andare meno veloci diminuisce il numero d’incidenti del X%, mi sembra un disvalore. In teoria chi amministra è stato eletto dai cittadini e se fa delle cose che agli amministrati non sembrano corrette non verrà rieletto. Tirare in ballo “l’accountability dell’operato del pubblico, il rispetto dei cittadini, il processo democratico” mi sembra fuori luogo. Viviamo in città dove i piani regolatori sono decisi dagli immobiliaristi e dai palazzinari, stiamo soffocando per l’inquinamento, ci sono risorse economiche per la sola spesa corrente quando va bene e ci preoccupiamo perché non vengono raccolti dati a sufficienza su queste questioni?
Filippo Bertozzi
Per quanto io sia fondamentalmente contrario ad una riduzione della velocità che non produrrà alcun beneficio, in assenza di controlli (che sono quelli che in Italia mancano in qualunque campo, per quanto vengano inasprite le pene…), bisogna ammettere che se anche lo studio empirico fatto in questo articolo certifichi un non aumento dell’incidentalità, nulla ci dice a riguardo della gravità dei danni prodotti.
Che per onestà intellettuale, sarebbero sicuramente meno gravi ai 30km/h che a 50Km/h, soprattutto per gli utenti deboli della strada.
Gianluca
Grazie per il puntuale e attento approccio alla tematica. La mancanza di dati su cui prendere decisioni (checcè ne dica qualche lettore, nei commenti), è purtroppo un (ulteriore) grande problema della politica. Alcuni temi poi, tipo quello della riduzione dell’inquinamento acustico, sono semplicemente risibili.
Può essere che non si sappia neppure che esiste un tale metodo (scientifico), per approcciare e, si spera, risolvere i problemi?
Grazie ancora
paolo
Per onestà bisognerebbe anche dire che sul sito stesso dell’iniziativa del comune di bologna sono citati decine di casi internazionali con i relativi risultati:
https://www.bolognacitta30.it/citta-30-nel-mondo/
tutte insieme queste esperienze largamente positive costituiscono una “sperimentazione” su scala enormemente più grande di quella che il comune (qualsiasi comune) potrebbe mai compiere sulle proprie strade.
Emanuele
Grazie per il prezioso intervento. Una nota: se per l’incidentalità la validazione delle ipotesi è molto più complessa (e grazie ancora per questo caso di studio) per la molteplicità di variabili di connfondimento e di dati necessari, per l’inquinamento l’oggetto di studio è più semplice da validare, partendo da l’ipotesi ingegneristica: in qualsiasi motore a combustione interna, la variabile del consumo di energia (proxy inquinamento) è una funzione convessa: decrescente fino ad una certa soglia e crescente sopra questa soglia. Nella soglia di 30 km orari è nella fase decrescente per qualsiasi motore a combustione ed elettrico (si potrebbe fare una media) per intuitiva inefficienza del sistema. Ma l’aspetto più importante temo che sia l’analisi costi benefici, in cui i benefici immaginati sono a fronte di un costo esagerato, il tempo perso, facilmente misurabile. Sembra di essere rimasti (non tornati) all’età della pietra nella valutazione delle politiche pubbliche e senza scommettere troppo credo che la nostra classe politica sia allergica proprio perché demagogica e scarsamente competente. Anche nelle politiche di bilancio, che dovrebbero avere massima priorità nella valutazione degli effetti, siamo fermi da 15 anni.
https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/pubblicazioni/analisi_e_valutazione_della_spesa/Valutazione_delle_politiche_pubbliche_e_revisione_della_spesa/index.html
Marco
Qual è il senso di questo articolo?
Le ricerche su “traffic calming” e l’impatto che si può avere sono ampiamente documentate in ricerche svolte in numerose città europee.
La premessa stessa dell’articolo parte da un pregiudizio dicendo che “Mancano dati per valutare se si tratta della scelta migliore”. Non sarebbe stato più corretto impostare l’articolo su un paragone con le modalità in cui è stato introdotto in altre città ed il tipo di dati che dovrebbe essere raccolti? Qual è poi il senso di un’analisi che tenta di dare una risposta con dati palesemente e gravemente insufficienti?
Enrico Bisogno
carissimi,
grazie molte dello studio, lo ritengo molto interessante e anche apprezzo molto tutto il lavoro, accurato e impegnativo, di raccolta dati e loro sistematizzazione.
Se lo studio mi sembra molto preciso nel suo tentativo di usare le informazioni disponibili (evidentemente non sufficienti per fare una valutazione esaustiva), fa invece una sostanziale forzatura nella sua conclusione, in particolare quando dite:’ …il limite a 30 chilometri orari introdotto a Bologna tra il 2015 e il 2021 non ha portato a un calo dell’incidentalità’.
Per essere corretti, nella conclusione avreste dovuto aggiungere: ‘nei tratti di strada in cui è stato finora adottato il limite a 30km/h’. In sostanza, non è possibile trarre conclusioni generali ma è possibile solo fare riferimento alle strade interessate dal provvedimento nel corso degli anni 2015-2021.
Bisogna sottolineare che i tratti di strada in cui è stato adottato il limite a 30km/h non è un campione casuale – e quindi rappresentativo di tutte le tipologie di strada – ma ha delle caratteristiche specifiche come suggerisce il fatto che già prima del 2015 l’incidentalità era significativamente inferiore. In sostanza, i dati sembrano suggerire che in questi tratti di strada il provvedimento dei 30 è stato inefficace molto probabilmente perchè inutile (come suggerite voi stessi, del resto). Non conosco che disegno fosse stato seguito a Bologna ma vedo che spesso, in molte città, il limite viene introdotto in tratti stradali dove in genere già si va più lentamente per limiti fisici della strada o per presenza di aree residenziali/commerciali.
Inoltre – ancora, come suggerite voi stessi – il limite a 30 in questi tratti di strada non è stato efficace molto probabilmente perchè non è stato accompagnato da misure fisiche di rallentamento della velocità nè da attività di controllo/prevenzione , indispendabili in un Paese in cui rispettare i limiti di velocità è considerato un optional, come tutti sappiamo.
Sono molto d’accordo con voi che l’utilizzo di dati è fondamentale, per questa come per altre misure ma, a mio modesto avviso, bisogna essere cauti nell’utiizzarli e poi nell’interpretarli.
Un interessante studio inglese del maggio 2023 (Parliamentary Advisory Council for Transport Safety, PACTS: Lower speed limits in Europe. What does the evidence say?) suggerisce che l’impatto della riduzione dei limiti dipende molto dal COME queste misure vengono implementate, ad esempio se vengono accompagnate da misure specifiche (segnali, limitazione della larghezza della carreggiata, dossi, etc.) o meno. Per non cadere in discussioni ideologiche – come giustamente dite voi – è fondamentale concentrarsi sugli strumenti concreti di attuazione di una misura che mira a aumentare la sicurezza riducendo la velocità effettiva dei mezzi stradali e non tanto sull’opportunità di ridurre la velocità nelle strade urbane, un obiettivo a cui penso tutti dovremmo mirare (se vogliamo veramente ridurre morti e feriti e se vogliamo incentivare modalità di trasporto sostenibili).
Grazie ancora del lavoro e dell’attenzione.
Cordialmente,
Enrico Bisogno
Francesco
Questo articolo invoca evidenze empiriche che non occorrono. Bastano e avanzano le leggi della fisica, le quali ci dicono che l’energia cinetica di un corpo in movimento è proporzionale al *quadrato* della velocità di un corpo. Non occorrono altri dati per concludere che nelle condizioni di congestione tipiche del traffico cittadino motocicli, biciclette e pedoni possono condividere la strada con automobili con massa di due tonnellate solo se la velocità di queste ultime è contenuta entro limiti congrui. Le statistiche sull’incidentalità sono irrilevanti perchè anche a parità di numero di incidenti, è la fisica ad indicarci che con un limite di 50km/h le conseguenze di una collisione sono comunque esponenzialmente maggiori. La scelta del comune di Bologna è sacrosanta, speriamo solo che il limite sia rispettato e fatto rispettare.
Natalia
Sarebbe molto interessante valutare le conseguenze degli incidenti nelle due condizioni oltre al numero dei casi regitrati (feriti gravi, morti). Se è vero che i fattori che portano al verificarsi di incidenti possono essere indipendenti dal limite di velocità importo (si pensi ad esempio all’abitudine di utilizzare il cellulare alla guida), costringere le persone a guidare con una velocità minore potrebbe ridurre l’impatto di tali incidenti su pedoni/ciclisti o altri automobilisti coinvolti.
Fabio Morellini
Grazie a Paolo per le precisazioni. In basso allego un paio di altri studi ignorati dagli autori dell’articolo. Cosa non sorprendente visto il loro curriculum. Come se un urbanista o un medico scrivesse su lavoce un articolo comparativo sul sistema pensionistico in Europa. Ognuno ha il diritto di avere la propria opinione, e ci sono diveri giornali con articoli scritti da tuttologi. Ma da lavoce mi aspetto un altro standard.
Infine, gli autori fanno solo riferimento al numero di incidenti (tra l’altro basandosi su un solo e molto lemitato dataset). Molto più importante è la gravità dei suddetti totalmente trascurato nella loro analisi). E le stesse associazioni di automobilisti riconoscono che ci sia una correlazione positiva tra velocità di percorrenza e gravità dell’incidente. Senza contare che gli autori non si soffermano assolutamente su altre questioni come l’inquinamento acustico ed atmosferico, i consumi e costi per la comunità (e sono pure economisti!).
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31800325/
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2352146521007882
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32036789/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31302608/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36434886/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32971416/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30625982/
E un paio di qrticoli divulgativi su basi scientifiche.
https://theconversation.com/busted-5-myths-about-30km-h-speed-limits-in-australia-160547
https://www.canterbury.ac.nz/news-and-events/news/lower-speed-limits-save-lives-and-make-nz-cities-better-places-t
https://etsc.eu/swiss-research-shows-30-km-h-zones-reduced-crashes-by-38/
Michele
Sono perfettamente d’accordo con questo commento.
Ettore
L’analisi è metodologicamente interessante ma prima di molti elementi e considerazioni alla base che ne minano la robustezza. Primo tra tutti non viene considerata la natura degli incidenti presi in considerazione. Sebbene l incidentalità non diminuisca non viene considerato come invece cambia la dinamica degli incidenti, dei morti e dei feriti. Secondo, non si considera che sono ad oggi l’istituzione delle zone 30 non era effettuata al fine di ridurre il numero di incidenti in un area ma ridurne la pericolosità per l’incolumità delle persone e garantire una migliore fruibilità di quelle zone per gli utenti deboli. Andavano quindi valutate anche le condizioni al contorno della misura ovvero la qualità dell’ambiente urbano in cui questa era stata introdotta. Insomma. Lo studio è completamente inutile, poco male visto che gli stessi autori lo definiscono tale.
lorenzo
Noto un’acrimonia generalizzata che non è presente verso chi propone di aumentare i limiti di velocità. Urbana ed extraurbana. Auguri se poi si troverà a contatto con la lamiera.
Monica
Si può considerare la misura anche dal punto di vista delle conseguenze di un incidente che coinvolge un veicolo che viaggia ad una data velocità e non considerando solo il numero. Con questa misura si valorizza la sicurezza dei più deboli, in questo caso pedoni e ciclisti, e incentiva anche un cambio di mentalità che, come tutte le novità, necessita di un po’ di tempo per affermarsi.
Michele
Buongiorno,
Apprezzo molto l’approccio quantitativo alla decsisione politica.
Sicuramente va evitato l’atteggiamento gaberiano per un’iniziativa europea, moderna, efficace e quasi senza effetti negativi.
Relativamente ai numeri analizzati, ritengo che le quantità misurate non siano propriamente significative: gli incidenti vanno misurati in base alle gravità (e.g giorni di prognosi), i tempi di percorrenza credo siano facilmente misurabili considerando i diversi momenti della giornata (e.g. ipotizzando di non incontrare ostacoli per percorrere 10 km a 50 km/h ci vogliono 12 minuti, a 30 km/h ci vogliono 20 minuti, non credo che 8 minuti in più per attraversare una città di dimensioni medio/grandi possano essere produrre un impatto economico negativo).
Ricordiamo sempre che l’energia cinetica di ogni corpo in movimento è proporzionale al Quadrato della velocità. Quindi un mezzo a 50km/h ha un energia cinetica 2,8 volte superiore a quella di un mezzo a 30km/h.
Buona giornata
Michele
Alessandro
I dati per valutare questa politica sembra siano parziali e i risultati non consentono di trarre conclusioni certe. Gli autori lamentano, e come non essere d’accordo, la scarsa capacità che abbiamo in Italia di disegnare politiche sulla base di evidenze empiriche e utilizzando indicatori che poi , essendo monitorati e confrontati con gruppi di controllo, consentano di valutarle in modo rigoroso.
In questo ambito la recente direttiva contro le “città 30” è un esempio emblematico: “l’imposizione generalizzata di limiti di velocità eccessivamente ridotti potrebbe causare intralcio alla circolazione e, conseguentemente, risultare pregiudizievole” anche “sotto il profilo ambientale”. Altro che evidenze empiriche le politiche si basano sull’uso del condizionale.
Andrea
Buongiorno,
tanti spunti interessanti. Ma vorrei dare 2 dati ed una segnalazione di chi ci vive dentro alla città.
Lo studio fatto dal 2014 (?) in poi sulle strade già a 30 – parliamo di “poche stradine del centro storico”, non mi sembra abbia molto senso paragonato alla situazione attuale. Attualmente se misurassimo con l’unità di misura “km percorsi effettivi” invece che numero di strade (sono troppe diverse le strade una dall’altra), credo che il 70-80% del km effettivi sia su strade a 50 e più (ci sono anche strade a 60 e 70 a Bologna). La misura c’è da un mese, ed io sono un automobilista incallito, e quindi prima di vederla ero molto arrabbiato. Devo ammettere che la sensazione oggi è positiva, c’è un traffico più ordinato, più rispetto delle regole (soprattutto dei 50), più auto si fermano per le striscie pedonali, mi sembra che si sia imboccato un circuito virtuoso. Poi dove prima c’era coda continua ad esserci. Andrebbe potenziato il servizio pubblico, ma dicono non si trovano autisti dei bus e probabilmente derogare per loro sul limite di velocità.