Nella legge di bilancio non ci sono finanziamenti né per il fondo sociale per l’affitto né per quello sulla morosità incolpevole. Poco incisive anche le misure per favorire l’acquisto. In attesa dell’annunciato piano casa, tutto è rinviato al 2027-2028.

Misure deludenti

La legge di bilancio 2024-2026 (legge 213/2023) non ha prestato l’attenzione necessaria alle famiglie per le quali perdurano le difficoltà nella ricerca di una soluzione ai problemi abitativi. Non è stato finanziato né il fondo sociale per l’affitto, per il sostegno agli inquilini che pagano canoni di locazione elevati rispetto ai loro redditi, né quello sulla morosità incolpevole, per dare una mano ai nuclei che sono stati sfrattati. Le misure approvate incidono poco anche sulla possibilità di accesso alla casa in proprietà oppure la loro attuazione è spostata molto avanti nel tempo.

Le carenze della politica statale per la casa non possono essere compensate dalle iniziative di regioni e comuni che, più ancora dello stato, devono fare i conti con vincoli di bilancio sempre più stringenti. È per questa ragione che gli enti territoriali ricorrono alle loro competenze amministrative e legislative per cercare di aumentare l’offerta di alloggi a condizioni accessibili; come si propongono di fare la Regione Emilia Romagna, per recuperare le case popolari sfitte, e il comune di Milano, per cercare di indirizzare la pianificazione urbanistica alla creazione di spazi per l’edilizia sociale.

In questo articolo ci si sofferma sulle misure contenute nella legge di bilancio.

Le novità della legge di bilancio

La legge di bilancio ha incluso le famiglie numerose tra le categorie che possono accedere prioritariamente al fondo che garantisce i mutui accesi per l’acquisto della prima casa. Sono considerate numerose le famiglie con almeno tre figli con meno di 21 anni. Con il numero dei figli aumenta il livello dell’Isee da non superare per l’ammissione al beneficio e anche la quota del capitale mutuato coperta dalla garanzia del fondo. Un nucleo famigliare con almeno cinque figli è eleggibile all’intervento del fondo se il valore dell’Isee non supera i 50 mila euro; la garanzia del fondo alla banca può coprire il 90 per cento del finanziamento concesso.

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Per queste famiglie, come per gli altri soggetti che possono beneficiare della garanzia del fondo (per esempio, giovani coppie o inquilini delle case popolari) valgono i dubbi di carattere generale sull’efficacia della garanzia quale strumento per sostenere le famiglie nell’acquisto delle abitazioni. La differenza dell’importo della rata di un mutuo con garanzia, rispetto a quello di un mutuo senza, non è tale da rendere il mutuo garantito sostenibile se già non lo era quello non garantito. Anche la famiglia che accede al fondo corre il rischio di perdere la casa, se non riesce a sostenere l’onere del mutuo, che le banche sono naturalmente più propense a concedere con l’aumentare della percentuale di copertura della garanzia. Un percentuale della fideiussione dell’80-90 per cento in aggiunta all’ipoteca che iscrive sull’immobile sostanzialmente annulla il rischio di perdite per la banca. L’innalzamento della percentuale di copertura dell’importo del capitale mutuato dovrebbe spingere a valutare se ciò non possa indurre le banche ad allentare il rigore nella valutazione del merito di credito dei mutuatari, generando episodi di comportamenti da azzardo morale.

Un impegno a futura memoria

La legge di bilancio annuncia un futuro intervento sul disagio abitativo. L’azione è disciplinata dai commi 282-284 dell’articolo 1 della legge di bilancio, in base ai quali il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit) deve emanare, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della legge, un decreto contenente le “linee guida per la sperimentazione di modelli innovativi di edilizia residenziale pubblica (…) al fine di contrastare il disagio abitativo sul territorio nazionale”. Secondo quanto previsto dalla legge di bilancio, l’offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica dovrebbe essere incrementata attraverso il recupero e la conversione degli immobili pubblici non più utilizzati per la loro destinazione originaria; deputando a quest’obiettivo gli immobili privati invenduti e quelli realizzati attraverso operazioni di partenariato pubblico-privato, cioè ricorrendo al capitale privato. Verosimilmente, i finanziatori privati saranno disponibili a partecipare a queste operazioni se potranno ottenere un rendimento dello stesso ordine di grandezza di quello di mercato, con conseguenti evidenti difficoltà ad assegnare gli alloggi come case popolari.

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D’altra parte, sono modeste le risorse pubbliche che la legge di bilancio destina a tutta la gamma degli interventi previsti: 100 milioni di euro per alimentare il “Fondo per il contrasto al disagio abitativo”, da costituire presso il Mit, distribuito in parti uguali tra il 2027 e il 2028; il primo sarà un anno elettorale, se l’attuale legislatura non finisce prima, e il secondo sarà sicuramente nella prossima legislatura. Oltre a esigenze di comunicazione politica, non è facile individuare altre ragioni per quest’annuncio fatto con un anticipo di almeno tre anni rispetto a quando dovrebbe essere possibile iniziare a programmare la realizzazione degli interventi. Un motivo, probabilmente il principale, del differimento potrebbe risiedere nell’impossibilità di trovare la necessaria copertura finanziaria prima del biennio 2027-2028.

La tipologia degli interventi elencati nella legge di bilancio e l’ammontare del finanziamento destinato alla loro realizzazione coincide con gli obiettivi e con la dotazione finanziaria del piano casa cui sta lavorando il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, come risulta dal comunicato stampa riportato sul sito del ministero. Il piano è annunciato per il 2025 con una dote finanziaria di 100 milioni di euro, che difficilmente ne faranno un piano “imponente”, come prevede il ministro.

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