Il Quantitative easing ha lasciato in eredità un enorme surplus di risorse finanziarie a disposizione delle banche. La Bce dovrebbe chiarire qual è il suo assetto operativo. Per ridurre il trasferimento di interessi, va aumentata la riserva obbligatoria.
Un mare di denaro
La politica monetaria ultra-espansiva attuata fino al 2021 dalla Banca centrale europea, così come da altre banche centrali, ha creato un enorme eccesso di liquidità, attraverso l’acquisto di titoli e i prestiti a lungo termine al settore bancario: le cosiddette politiche di Quantitative easing (Qe). Queste hanno inondato le banche di risorse finanziarie depositate presso la banca centrale stessa. Hanno anche portato a un forte aumento della dimensione del bilancio dell’Eurosistema, che rimane ancora elevata nonostante il passaggio a una politica più restrittiva in reazione al ritorno dell’inflazione.
Cosa ne sarà di tutto questo denaro? Si tornerà a un sistema basato sulla scarsità di liquidità, in vigore prima delle politiche di Qe, o il surplus di risorse finanziarie rimarrà nel sistema bancario? La domanda è rilevante non solo per la banca centrale e il settore bancario, ma anche per il destino dell’ampio portafoglio di titoli di stato dell’Eurosistema: un brusco ritorno al sistema pre-Qe ne implicherebbe una rapida dismissione, una prospettiva difficilmente credibile. Per questo motivo, ci si può aspettare che il ridimensionamento del bilancio dell’Eurosistema sia lento e parziale.
L’eredità del Quantitative easing
Per comprendere i termini della questione, facciamo un passo indietro. Prima del 2007, la maggior parte delle banche centrali seguiva l’approccio “interest rate steering” (Irs), in cui l’obiettivo operativo della politica monetaria era il livello dei tassi d’interesse a breve termine e tale obiettivo veniva perseguito attraverso la gestione giornaliera delle riserve bancarie (cioè il totale dei depositi delle banche presso la banca centrale) in presenza di una carenza strutturale di liquidità. Annunciando un livello-obiettivo per il tasso di interesse overnight (O/N) e gestendo l’offerta di riserve, le banche centrali sono state in grado di mantenere il tasso O/N di mercato in linea con il livello dettato dalle loro decisioni strategiche. Quando il livello dei tassi di interesse ha raggiunto lo zero lower bound (Zlb), molte banche centrali hanno adottato l’approccio Qe, in cui l’obiettivo operativo era la dimensione del bilancio della banca centrale. Le politiche di Qe hanno comportato l’iniezione di enormi quantità di liquidità nel mercato monetario. L’eccesso strutturale di liquidità faceva sì che il tasso O/N di mercato si attestasse al livello minimo, pari al tasso d’interesse pagato dalla banca centrale sulle riserve bancarie: ecco perché questo approccio va sotto il nome di “floor system“.
L’uscita dalle politiche di Qe e la normalizzazione della politica monetaria hanno portato alcune delle principali banche centrali (tra cui la Fed, la Bank of England e la Bank of Canada) ad adottare un “new normal”, che combina alcune caratteristiche dell’approccio Irs con altre derivanti dall’esperienza del Qe. In questo nuovo approccio, il livello dei tassi di interesse torna ad essere l’obiettivo operativo della politica monetaria. Allo stesso tempo, il new normal si basa sul floor system: il mercato delle riserve bancarie presenta un eccesso strutturale di offerta e il livello di equilibrio del tasso O/N di mercato coincide con il tasso di interesse pagato sulle riserve. Attualmente, la Bce attua la sua politica seguendo questo approccio, ma una decisione ufficiale al riguardo non è ancora stata presa: l’attuale revisione dell’assetto operativo dovrebbe avere un esito entro la primavera di quest’anno (secondo quanto anticipato dalla presidente, Christine Lagarde, in un suo intervento al Parlamento europeo). Peraltro, ci sono buone ragioni per ritenere che il sistema basato sull’abbondanza di riserve bancarie sia superiore al vecchio sistema Irs basato sulla scarsità di riserve: pertanto, la Bce farebbe bene a seguire l’esempio delle altre banche centrali sopra citate. Tali ragioni possono essere brevemente riassunte come segue (per un’analisi dettagliata, si veda questo articolo).
Quale assetto operativo per la Bce?
1) Il sistema basato sull’abbondanza di riserve offre alle banche centrali un ulteriore grado di libertà, in quanto la interest rate policy e la balance sheet policy diventano due strumenti indipendenti, che possono essere finalizzati a obiettivi diversi. Questa proprietà, che non era presente nel tradizionale sistema operativo Irs, è particolarmente rilevante nell’area euro, dove la interest rate policy può essere utilizzata per definire l’orientamento (stance) della politica monetaria, mentre la balance sheet policy può essere utilizzata per contrastare eventuali frammentazioni delle condizioni finanziarie tra i paesi membri.
2) La capacità della banca centrale di mantenere il tasso overnight di mercato in linea con il livello-obiettivo annunciato è maggiore nel floor system rispetto all’approccio Irs. Quest’ultimo si basa sulla capacità della banca centrale di prevedere il fabbisogno giornaliero di liquidità del sistema bancario, da soddisfare mediante la gestione attiva dell’offerta di riserve bancarie. Tali previsioni sono necessariamente soggette a errori, dovuti a shock di liquidità, che introducono una volatilità indesiderata dei tassi del mercato monetario. Nel floor system, al contrario, gli shock di liquidità non hanno alcun impatto sui tassi di mercato, poiché vengono assorbiti dal “cuscinetto” fornito dall’eccesso strutturale di riserve. In questo approccio, la gestione puntuale (fine tuning) dell’offerta di riserve non è neppure necessaria.
3) Dato l’elevato livello di liquidità in eccesso attualmente presente nella zona-euro, il ritorno al regime di riserve scarse richiederebbe una forte accelerazione del Quantitative tightening (Qt) in corso, il che implicherebbe un forte ridimensionamento del portafoglio-titoli dell’Eurosistema. I depositi totali delle banche della zona-euro presso la banca centrale (in eccesso rispetto alla riserva obbligatoria) ammontano a oltre 3.500 miliardi di euro. Anche considerando che 400 miliardi della liquidità in eccesso saranno riassorbiti nei prossimi mesi attraverso il rimborso dei prestiti a lungo termine (Longer-Term Refinancing Operations) tuttora in essere, restano da assorbire altri 3.100 miliardi. Al ritmo attuale di rimborso dei titoli in scadenza acquistati nell’ambito dell’Asset Purchase Program (circa 300 miliardi all’anno), ci vorrebbero circa dieci anni per farlo. Naturalmente, a questo flusso di rimborsi va aggiunto quello dei titoli acquistati nell’ambito del Pandemic Emergency Purchase Program: a partire dal luglio 2024, il portafoglio Pepp si ridurrà di 7,5 miliardi al mese e il reinvestimento dei titoli in scadenza terminerà alla fine di quest’anno. Questi calcoli, sebbene approssimativi, ci danno un’idea dello sforzo necessario per riassorbire la liquidità in eccesso accumulata negli anni scorsi per effetto delle politiche di Qe.
Le argomentazioni qui esposte suggeriscono che, al termine della revisione in corso, la Bce dovrebbe confermare ufficialmente quello che è di fatto diventato il suo assetto operativo, basato sull’eccesso di liquidità, seppure prevedendone una riduzione rispetto al livello corrente.
Come ridurre il trasferimento di interessi dall’Eurosistema alle banche
Tuttavia, bisogna ammettere che il sistema operativo basato sull’eccesso di riserve bancarie ha un costo: il massiccio trasferimento in conto interessi dalla banca centrale alle banche. Attualmente, l’onere di interessi per l’Eurosistema è stimabile, seppure in modo approssimato, in 140 miliardi di euro su base annua (3.500 x 4% = 140, dato il livello corrente di remunerazione della deposit facility). Un modo per ridurre questo costo potrebbe essere quello di aumentare il coefficiente di riserva obbligatoria (attualmente all’1 per cento) determinando così un maggiore assorbimento di base monetaria attraverso questo strumento, che non è remunerato (dallo scorso settembre).
* La versione inglese di questo articolo è uscita sul blog EUROPP di LSE.
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Emanuele
Io sarei curioso di leggere uno studio serio e documentato su come l’enorme massa di denaro del QE sia stata davvero usata; in particolare sarebbe utile sapere quale percentuale è finita nell’economia reale e quanta invece è stata semplicemente ridirezionata a retribuire gli azionisti.
Marco
Facile basta guardare la capitalizzazione delle società quotate rispetto al loro reale valore basato sulla produzione degli utili per capire dove sono finiti i soldi
Savino
La politica delle banche centrali, in presenza di tanta moneta da dare in credito, dovrebbe essere quella di agevolare ed innovare i canali negoziali del credito, soprattutto in favore dei giovani e di chi vuole fare impresa. Ai Governi il compito di combattere l’inflazione, per non costringere al rialzo dei tassi.
guido
Certo si potrebbe aumentare il coefficiente di riserva obbligatoria. Questo comporterebbe tassi sui depositi piu’ bassi, per compensare la quota non remunerata, e magiore volatilita’ dei tassi alle dati di riferimento per il calcolo della riserva. A loro volta tassi sui depositi piu’ bassi contruibuiscono alla disintermediazione creditizia ed ad un easing della policy stance. La disintermediazione maggiori rischi alla stabilita finanziaria.
Emilio
QUALCUNO SA CHE LA BCE POTREBBE EMETTERE GIÀ ORA TITOLI A BREVE CD CERTIFICATI DI DEBITO E POI MAGARI IN FUTURO ANCHE A PIÙ LUNGO TERMINE PER GESTIRE MOLTO MEGLIO L ECCESSO DI LIQUIDITA ORA MA SOPRATTUTTO I TASSI SULLA CURVA MEGLIO E PIÙ IN AVANTI?? DATO CHE LA BCE HA COMPRATO I TITOLI DI STATO COSÌ POTREBBE AGIRE DAI DUE LATI POTENDO DETTO IN MODO SEMPLIFICATO MEDIARE TRA I TASSI DEI TITOLI DEGLI STATI EUROPEI…. OVVIAMENTE I CERTIFICATI BCE ANDRANNO IN COMPETIZIONE CON I TITOLI DI STATO RISK FREE IN EU OVVERO CON I BUND TEDESCHI … IL CHE FA CAPIRE PERCHÉ FORSE NON LI USERANNO MAI …