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“Patente a punti” per le imprese nella legge sbagliata

La misura mirata a incentivare la prevenzione degli infortuni nelle aziende, ideata sull’onda dell’emozione per il disastro di Firenze, è inserita in un decreto “omnibus”, nato in funzione del Pnrr ma infarcito di disposizioni sulle materie più disparate.

Una prassi legislativa deplorevole

È stata resa pubblica nei giorni scorsi una prima versione del decreto-legge contenente nuove disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: 80 pagine fitte, suddivise in tre “titoli” e dieci “capi”. Tra questi ne è stato infilato in corsa uno che con l’attuazione del Pnrr ha poco a che fare, con norme in materia di lavoro e previdenza, tra le quali alcune in tema di sicurezza del lavoro: una risposta immediata del governo al disastro accaduto il 16 febbraio in un cantiere di Firenze, nel quale hanno perso la vita cinque operai edili.

Nel lessico parlamentare la norma che viene inserita in un provvedimento legislativo dedicato a tutt’altro, ma già pronto per il varo, come un vagone attaccato all’ultimo momento a un treno già in partenza, viene indicata come il “vagoncino”. È una prassi che dovrebbe considerarsi vietata, se non altro perché costringe il Parlamento a votare un testo legislativo dal contenuto molto eterogeneo, per non dire caotico, così oltretutto aggravandosi in modo intollerabile le difficoltà di lettura anche per chi lo dovrà applicare. I presidenti delle Camere non dovrebbero consentirlo.

In questo caso, poi, la difficoltà di lettura di questo “capo” dedicato a lavoro e previdenza, aggiunto a sproposito nel decreto-legge sul Pnrr, è aggravata ulteriormente dal modo in cui le norme sono redatte. Solo un esempio tratto dall’articolo 32, comma 3: “All’articolo 1, comma 445, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, alla lettera d), il numero 1 è sostituito dal seguente: ‘1. Del 30 per cento per quel che riguarda gli importi dovuti per la violazione di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 aprile 2002, n. 73, e del 20 per cento per quanto riguarda gli importi dovuti per la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, all’articolo 12 del decreto legislativo 17 luglio 2016 n. 136 e dell’articolo 18-bis, commi 3 e 4,del decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66”. Comprendere anche soltanto di che cosa una norma come questa parli richiede un lavoro complesso, di cui sono capaci soltanto pochi addetti ai lavori. Ancor più difficile è comprendere come possa il Parlamento esaminare con l’attenzione dovuta norme scritte in questo modo, sepolte in un testo legislativo che ne contiene altre mille, per lo più scritte allo stesso modo, sui temi più disparati: dal contrasto alle frodi amministrative all’utilizzo dei beni confiscati alla mafia, dal reclutamento dei magistrati al pignoramento di crediti presso terzi, dall’efficientamento energetico alle certificazioni sanitarie digitali.

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La “patente a punti” per la sicurezza del lavoro

Paradossalmente, in questo enorme minestrone normativo – la cui maggior parte è illeggibile per la quasi totalità dei suoi destinatari – spicca per chiarezza la norma contenuta nell’articolo 32 che sostituisce l’articolo 27 del decreto legislativo n. 81/2008, riscrivendolo da cima a fondo in una forma decentemente leggibile. La nuova norma, però, non crea uno strumento prevenzionistico nuovo, bensì si propone di perfezionare la disciplina preesistente, più volte modificata tra il 2008 e il 2022, della “patente” di conformità aziendale alla normativa in materia di igiene e sicurezza del lavoro, rilasciata dall’Ispettorato del lavoro, necessaria all’impresa o al lavoratore autonomo per operare nei cantieri edili.

Per ottenerla, oltre al possesso del Durc (documento unico di regolarità contributiva), del Dvr (documento di valutazione dei rischi) e del Durf (documento unico di regolarità fiscale), i soli requisiti sostanziali sono costituiti dall’adempimento degli obblighi di formazione specifica in materia antinfortunistica e di tutela della salute in azienda. La novità consiste nella previsione che la “patente” attribuisca all’impresa o al professionista inizialmente una dotazione di 30 “crediti”, suscettibili di essere progressivamente persi – analogamente a quanto è previsto per la patente di guida – in conseguenza dell’accertamento di violazioni della normativa prevenzionistica, o della responsabilità del datore di lavoro per infortuni (20 punti in caso di morte, 15 in caso di inabilità permanente, 10 in caso di inabilità per periodi superiori a 40 giorni): una sanzione amministrativa ulteriore oltre a quella penale che colpisce omicidio o lesioni colpose e l’omissione dolosa di misure di prevenzione . Quando i crediti scendono sotto la soglia dei 15, all’impresa o al professionista è inibito di operare nei cantieri come titolare di un appalto, di un subappalto o di un incarico di collaborazione. Nei casi più gravi la patente può essere sospesa per 12 mesi. I crediti persi possono essere recuperati mediante la frequenza di corsi di formazione.

L’idea potrebbe anche essere buona, come lo è stata quella della patente di guida “a punti”. Ma, al pari di tutte le idee buone, essa richiederebbe di essere attuata attraverso la predisposizione di un progetto discusso adeguatamente, predisposto e “ingegnerizzato” anche sulla base della sperimentazione in un’area limitata che ne consenta un’accurata taratura e la verifica degli effetti. Fatta, invece, sull’onda della reazione emotiva al disastro del 16 febbraio, senza passare né per il necessario vaglio della discussione tra gli esperti della materia, né per quello di una seria discussione parlamentare, essa corre un alto rischio di non essere attuata nel modo più efficace. E il rischio che il solo effetto sicuro sia quello di un appesantimento burocratico.

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Il Punto

  1. Savino

    La vita delle persone vale molto di più rispetto ad una banale e ridicola sanzione amministrativa. Chi sgarra le regole di sicurezza si rende responsabile di tutto ciò che accade in loro assenza e, in tal senso, si può chiaramente parlare di omicidio per gli incidenti mortali senza sicurezza. In Italia, vogliono tutti agevolmente e in modo leggero fare gli impresari edili e gli imprenditori in generale, senza capire bene l’assunzione di responsabilità e rischi che ciò comporta.

  2. Carmine Meolo

    A monte un committente dimostra di tenere poco in conto la sicurezza affidandosi ad imprese non adeguate e omettendo doverosi presidi di controllo .introduciamo la confisca cautelare del bene nel quale accada un incidente mortale .forse tutti i soggetti coinvolti agirebbe con maggiore prudenza e la prevenzione diventa più efficace .

  3. SILVINO CANDELORO

    Credo che è tanto tempo che sia maturo il tempo per una proposta organica per affrontare alla radice il problema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La patente a punti non è risolutiva e interviene a posteriore dell’infortunio. Tra l’altro non affronta il problema delle malattie professionali che tanti altri problemi di salute determinano sulle persone che si recano al lavoro in ambienti dove si fa uso di sostanze e di modelli organizzativi dannosi alla loro salute. Con conseguenze negative anche nell’ambito sanitario e sociale.
    Allego una mia proposta per affrontare il problema:
    Quanto vale la vita di una persona che si reca al lavoro?
    Dopo l’ennesima strage di lavoratori che si erano recati al lavoro nel cantiere di Firenze , si è
    riaperta la discussione sulle morti sul lavoro. L’ennesima circostanza nella quale si esprimono
    condoglianze alle famiglie e si dichiara “ mai più”. Giustamente, ma non basta.
    Si evocano nuovi provvedimenti legislativi, rispetto delle leggi già esistenti, aumenti degli ispettori
    per l’istituto nazionale del lavoro(800/1000), e tante altre azioni.
    Mi sono occupato per diversi anni della tematica e penso che se ci si crede veramente alla
    necessità di poter “mai più” bisogna fare , ora le cose per affrontare per oggi e in prospettiva il
    problema , con risultati concreti da realizzare.
    Andando per ordine , direi che le azioni vanno distinte tra quelle di immediata realizzazione e
    quelle che vanno prospettate per il prossimo futuro in quanto necessitano di investimenti, nuovi
    modelli organizzativi, nuove competenze e tecnologie.
    I dati sugli infortuni e delle malattie professionali che tutti gli anni vengono resi noti dall’INAIL,
    sono dati ancora molto rilevanti ,e spesso sottostimati, sia per la mancanza di denuncia che per
    l’incidenza del lavoro nero.
    Uno degli obiettivi , quindi, dovrebbe essere quello di progetti per l’emersione degli infortuni e
    delle malattie professionali in tutti i luoghi di lavoro.
    Tale impegno dovrebbe riguardare imprese, sindacati e soggetti istituzionali, a partire dalle regioni
    e dall’INAIL che hanno competenze in merito.
    I vari aspetti che richiedono azioni concrete riguardano , secondo il mio punto di vista:
    1) Da parte del Governo emanare i decreti attuativi che si attendono ,ormai ,da circa 15 anni, per
    rendere più efficace il decreto 81/2008;
    2) Istituire una struttura Nazionale, con articolazioni regionale e territoriale, sul modello della
    Protezione Civile, con poteri di Coordinamento di tutte le strutture che si occupano del tema
    salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
    La struttura potrebbe essere insediata presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
    Strutture e soggetti ,pubblici e privati , coinvolti , direttamente o indirettamente in funzioni o
    gestione di aspetti legati alla sicurezza nei luoghi di lavoro sono tante:
    a) Ministero della salute;
    b) Ministero del Lavoro;
    c) Inail;
    d) Inps;
    e) Ispettorato Nazionale del Lavoro;
    f) Regioni e Ausl;
    g) Vigili del Fuoco;
    h) Forze dell’ordine;
    i) Magistratura;
    l) Datore di lavoro;
    m) RSSP;
    n) RLS;
    o) Medico competente;
    p) Patronati per la tutela individuale
    Il numero così significativo di soggetti che svolgono funzioni nell’ambito della sicurezza nei luoghi
    di lavoro richiede necessariamente un forte e strutturato Coordinamento, competente ed
    autorevole, come quello che indicavo prima , presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
    Ogni struttura o soggetto di cui sopra, ovviamente, deve conservare la propria autonomia in
    termini di funzioni e responsabilità.
    La novità sarebbe quella di partecipare ad un sistema ,di per sé complesso, in grado di avere una
    visione complessiva delle problematiche e in grado di dare risposte efficienti ed efficaci per la
    tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
    Tale struttura dovrebbe occuparsi , in termini interdisciplinari, di obiettivi quali, 1) Formazione;2)
    informazione e comunicazione;3) organizzazione dei Presidi di Prevenzione e controllo nei luoghi
    di lavoro;4) utilizzo dell’Osservatorio e dei dati statistici sugli infortuni e malattie professionali; 5)
    indirizzo di studi e ricerche sui materiali e modelli organizzativi per ridurre i rischi
    nell’Organizzazione del lavoro;6) Organizzare momenti di studio e approfondimento su tematiche
    specifiche relative alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, coinvolgendo centri di ricerca
    specializzati in tale materia e associazioni di rappresentanza scientifica e sociale;7) uno strettorapporto con centri di ricerca di alto profilo tecnologico con l’intento di acquisire tutte le
    conoscenze dell’evoluzione delle tecnologie che potranno essere al servizio di un lavoro sicuro e
    di qualità per i lavoratori/trici; 8) organizzare campagne di informazione e comunicazione nei
    luoghi di lavoro, nelle scuole e attraverso i mezzi di comunicazione mediatici(Radio, Televisione,
    Giornali, Social-Network)
    I suddetti obiettivi, già oggi ,sono affrontati nelle varie sedi Istituzionali, Ministeriali e in strutture
    private, con impegno di risorse e competenze più o meno significative. Purtroppo, l’affrontare in
    modalità separata le problematiche per ogni struttura, rendendo ,spesso , poco efficaci ed
    efficienti le azioni e vani i risultati.
    La novità sarebbe di dare una nuova prospettiva di cooperazione e collaborazione sistemica a
    tutte le strutture e a tutti i soggetti elencati, finalizzando le risorse e professionalità disponibili ad
    obiettivi condivisi e concordati per ridurre in termini significativi il numero di infortuni, a partire da
    quelli mortali, e delle malattie professionali.
    Sarebbe opportuno affrontare tematiche come quelle relative a stress da lavoro correlato, delle
    sostanze cancerogene di vecchia e nuova origine, delle patologie neurologiche, tutte patologie, in
    questi ultimi anni , in crescita.
    Pensare a modelli organizzativi tesi a ridurre i rischi correlati a ritmi e carichi di lavoro insostenibili,
    soprattutto per nuove tipologie professionali e di lavoro, sia nei servizi che nella logistica.
    Condivido, ovviamente, la necessità di affrontare il problema dei subappalti, spesso causa di gravi
    infortuni sul lavoro, l’istituzione di una Procura Nazionale specifica, della Patente a punti.
    Tutte questioni fondamentali ed essenziali.
    Ritengo , però che ci sia bisogno anche di altre azioni che oltre ad evitare, giustamente, i rischi
    espositivi a conseguenze infortunistiche e di malattie professionali, mettano , i lavoratori e
    lavoratrici, in condizioni di lavoro salvaguardando il loro benessere sotto l’aspetto fisico e
    psicologico.
    A tal fine, vorrei fare due esempi concreti rispetto ai quali si potrebbe affrontare il problema della
    salute e sicurezza , oltre che dal punto di vista normativo, anche con azioni ,a breve e medio
    termine.
    In tal modo si potrebbero utilizzare al meglio le risorse che già oggi esistono( vedere ad esempio i
    dati annuali di avanzo del bilancio INAIL) , rinnovare e migliorare l’organizzazione delle strutture
    esistenti( vedi AUSL e Ispettorati del Lavoro, che vanno assolutamente potenziati) , con concreti
    investimenti che l’emergenza richiede.
    Inoltre, si potrebbe realizzare:
    1) un archivio territoriale dei DVR presso gli Ispettorati del Lavoro/ AUSL(documento di
    valutazione dei rischi) strumento essenziale per una seria e qualificata politica di Prevenzione
    se ben redatti e conosciuti, dai datori di lavoro, RSSP, RLS, dalle Rappresentanze sindacali, dai
    lavoratori e lavoratrici, e se appropriatamente fatte applicare nei suoi contenuti dai Medici
    Competenti.
    Uno strumento che attraverso la informazione, la formazione e le azioni relative ad affrontare e
    ridurre i rischi presenti nel processo produttivo di ogni singola azienda sarebbe essenziale e
    propedeutico ad una azione efficace di PREVENZIONE degli infortuni e malattie professionali.
    Tutto ciò , oggi, avviene raramente in quanto il DVR assume spesso il carattere di uno
    strumento formale e burocratico senza alcuna ricaduta pratica sulla Organizzazione del Lavoro,
    sulla formazione e informazione dei lavoratori come sarebbe necessario ed utile che fosse.
    2) Infine, credo che in un mondo dove la transizione tecnologica e digitale, grazie alla scienza e
    alla ricerca, che ha fatto e farà ulteriori passi da gigante ,sarebbe fondamentale che le
    innovazioni già acquisite e che si intravedono nel prossimo futuro fossero messe a
    disposizione del mondo del lavoro per ridurre drasticamente i rischi a partire dai settori che le
    statistiche rivelano più esposti(edilizia, metalmeccanica, logistica, trasporti ecc.).
    Anche, qui, per essere concreti, penso ,ad esempio, che ogni lavoratore che entra in un luogo
    di lavoro, dovrebbe essere dotato di uno dispositivo tecnologico in grado di evidenziare e rivelare
    in automatico che tutti i protocolli di sicurezza siano stati rispettati sia per quanto riguarda i
    DPI(dispositivi individuali di protezione) sia per quanto concerne le condizioni di macchinari e le
    loro funzionalità, sia la collocazione del lavoratore in un posto di lavoro , essendo, in tal senso,
    autorizzato sotto tutti gli aspetti( informativo, formativo, di qualificazione ed esperienza adeguata).
    Se tutto ciò non è confermato, per esempio, il lavoratore non può iniziare a lavorare e tale
    condizione viene segnalata ad un responsabile che si attiva per risolvere il problema, senza
    ovviamente manomettere procedure o aspetti organizzativi , altrimenti ne paga le conseguenze
    anche penali.Segnalazioni di non rispetto delle procedure e delle regole per un lavoro sicuro dovrebbero
    giungere in automatico anche agli organi di vigilanza che si attiveranno immediatamente
    contattando il responsabile aziendale della sicurezza o procedendo a controlli diretti.
    Con ciò , come si comprende si evita di scaricare sul singolo lavoratore la responsabilità di un
    eventuale rischio di infortunio.
    Tutto ciò può sembrare fantasioso ed irrealizzabile, invece ritengo che sia a portata di mano solo
    se si guarda ad esempi pratici che riguardano le tecnologie utilizzate per i nuovi modelli di mezzi
    di trasporto( auto comprese), grazie a software e strumenti di nuova generazione o a tutto ciò che
    si utilizzano nei modelli organizzativi degli uffici e dei luoghi di lavoro più all’avanguardia in diversi
    Paesi, compreso il nostro.
    La salvaguardia della vita umana e della salute dei lavoratori e lavoratrici non può avere un limite
    stabilito dalla necessità di massimizzare il guadagno. Un guadagno e un profitto che alla base
    deve avere un giusto riconoscimento del valore della vita di chi presta la propria opera affinché
    esso si realizzi , ma che abbia riconosciuta la propria dignità e il diritto di tornare alla propria
    famiglia ogni giorno integro e in piena salute. E’ un problema di giustizia e di civiltà per tutti. A
    partire dalla politica.
    Realizzare tali obiettivi, con norme, regole, pratiche concrete da parte dei vari soggetti coinvolti nel processo di garanzia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, vuol dire realizzare sia un nuovo approccio al problema e sia lo sviluppo di una nuova cultura della salute e sicurezza, che da un lato salverebbe vite umane, cosa più importante di tutto il resto, dall’altro creerebbe i presupposti per un benessere lavorativo, con risvolti positivi su tutto il sistema economico e sociale del Paese.

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