Il settore culturale genera varie opportunità di lavoro tra i più giovani nei paesi a reddito basso e medio-basso, riducendo le migrazioni. L’Italia potrebbe agire per rendere il continente africano un partner strategico nella produzione creativa.
Un’economia della cultura che attira e attiva le nuove generazioni
Solo pochi chilometri separano l’Italia dal continente africano, elemento che da sempre posiziona il nostro paese in maniera strategica per la creazione di ponti, tanto economici quanto culturali, tra i due versanti del Mediterraneo. La cooperazione allo sviluppo si concentra abitualmente sugli aspetti economici, sanitari o educativi, ma il progressivo affermarsi di un’economia culturale africana, sempre più vivace, apre uno specifico ambito di collaborazione e investimento, ancora tutto da esplorare.
Con quasi 50 milioni di persone occupate, la cultura – nella sua accezione estesa che comprende settori che vanno dalle arti visive alla moda – rappresenta oltre il 6 per cento dell’occupazione totale a livello mondiale. Particolarmente degna di nota è la capacità di questi settori di generare opportunità tra i più giovani, soprattutto nei paesi a reddito basso e medio-basso: in media, circa il 19 per cento di persone tra i 15 e i 24 anni sono impiegate in occupazioni culturali, contro una media del 9 per cento per i paesi a reddito alto e medio-alto. In Ghana, le occupazioni culturali attraggono oltre un quarto della popolazione in questa fascia di età (27,1 per cento), in Uganda il 25,3 per cento, in Mozambico il 23,6 per cento e in Togo e Mali circa il 21 per cento.
Figura 1
La cultura come strategia di riscatto
Iniziative di sviluppo dell’economia creativa come le strategie messe a punto dal Kenya e dallo Zimbabwe, il nuovo fondo di investimento per le start-up digitali e creative della Nigeria, o ancora il progetto di ricerca del Ghana propedeutico all’elaborazione di nuove politiche per la cultura e i settori creativi, nonché l’adesione da parte di diversi paesi africani a sistemi di monitoraggio, come lo Unesco Culture for Development Indicators (Cdis) e il più recente Unesco Culture|2030 Indicators, sono il segno tangibile di un rinnovato sguardo alla cultura quale settore produttivo nonché strumento di posizionamento internazionale. La volontà di fare del loro specifico patrimonio culturale – esemplificato da tradizioni ed espressioni orali, rituali e artigianato tradizionale o ancora pratiche concernenti la natura e l’universo – uno specifico asset di sviluppo identitario ed economico rappresenta il motore primo di queste iniziative. Lo Zimbabwe, per esempio, punta a connettere maggiormente lo strumento musicale M’bira e i suoi testi tradizionali – patrimonio Unesco – alla produzione musicale contemporanea.
Da politiche di sussidio a politiche di investimento
Il peso documentato che la cultura ha assunto nelle economie africane, da un lato, e l’attenzione politica dall’altro, ha portato alla nascita di nuovi strumenti di sostegno al settore, che vedono diversi paesi europei (e non solo) impegnati a superare la mera logica del sussidio. In Francia, in particolare, le strategie di investimento si stanno rapidamente moltiplicando e diversificando. Sono di recente inaugurazione il fondo Crea, sostenuto finanziariamente dell’Ue e gestito dal braccio finanziario dell’Agence Française de Développement (Afd) per facilitare l’accesso ai fondi per i settori culturali e creativi, e il Forum Création Africa, la cui prima edizione si è svolta a Parigi lo scorso ottobre (2023) per facilitare lo scambio e il networking. La stessa Germania è tra i sostenitori della Creative Economy Alliance for Diversity and Youth della World Bank, che mira a supportare l’occupazione giovanile nei settori culturali e creativi. Il ministero degli Affari esteri della Danimarca è invece lo sponsor del citato progetto di ricerca del Ghana.
La strategia italiana
In Italia, l’appena varato Piano Mattei offre un importante quadro d’azione. Ma, sul versante cultura e creatività, non sembra cogliere pienamente le opportunità che si stanno delineando al di là del Mediterraneo: la cultura sembra presentarsi piuttosto come fanalino di coda, una sorta di ornamento, immancabilmente legato allo sviluppo turistico.
Se la Francia vanta legami molto più stretti, innanzitutto linguistici, con numerosi paesi africani, nulla vieta all’Italia di sviluppare una strategia di posizionamento che veda al contempo il continente africano come mercato potenziale per la produzione culturale e creativa made in Italy, ma anche come partner strategico, non solo sul versante del patrimonio (vedi Scuola internazionale del patrimonio culturale della Fondazione Beni Attività culturali), ma soprattutto in settori creativi come quello della moda, in cui l’Italia è leader e che è divenuto fertile terreno di sperimentazione per diversi paesi africani.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Lascia un commento