L’innovazione tecnologica richiede sempre più dati. Un’esigenza che va contemperata con quella della tutela dei diritti personali, in un’opera di bilanciamento che chiama in causa tutti: autorità di regolazione, grandi società e cittadini comuni.
Dalle Torri Gemelle al Covid
Il rapporto fra il diritto alla protezione dei dati personali e altri diritti è una “relazione complicata”, come ogni situazione in cui si renda necessario il contemperamento fra interessi diversi.
L’evoluzione di questo diritto è una storia di bilanciamento con altri diritti e libertà rispetto a cui si è confrontato nel corso del tempo, assumendo in concreto un rilievo diverso, a seconda del contesto, delle circostanze, della sensibilità sociale.
Il bilanciamento è spesso non solo complesso: è una vera e propria sfida. Basti citare i due fatti che, dall’inizio di questo secolo, lo hanno imposto in maniera eclatante: l’attentato alle Torri Gemelle e la pandemia da Covid-19. Nel 2001, dopo l’attacco terroristico a New York, sembrava fosse inevitabile sacrificare in toto una serie di diritti, in primo luogo quello alla protezione dei dati personali, affinché le autorità pubbliche fossero in grado di garantire la sicurezza dei singoli e della collettività. La sfida fu quella di operare una composizione tra i molteplici interessi in gioco, che consentisse di non compromettere totalmente le libertà che caratterizzano le società democratiche.
Anche la pandemia ha posto la sfida di assicurare il contemperamento tra la tutela della salute e diritti diversi. Specie all’inizio furono proposte azioni di contrasto al virus che avrebbero comportato un tracciamento massivo digitale, con la pesante intrusione nella sfera giuridica delle persone. Ma, grazie anche agli interventi del Garante della privacy, fu possibile bilanciare i vari interessi coinvolti. Le misure che si andavano via via adottando furono così strutturate e valutate sulla base dei principi generali di trasparenza, proporzionalità e coerenza tra obiettivi perseguiti e strumenti usati. Basti pensare all’applicazione per il contact tracing: il Garante autorizzò il ministero della Salute ad avviare il trattamento di dati personali per il tramite dell’app “Immuni”, giudicandolo proporzionato. Erano state, infatti, “previste misure volte a garantire in misura sufficiente il rispetto dei diritti e le libertà degli interessati”. Tuttavia, “tenuto conto della complessità del sistema di allerta e del numero dei soggetti potenzialmente coinvolti”, il Garante indicò anche “una serie di misure volte a rafforzare la sicurezza dei dati delle persone”. Anche in relazione alla certificazione verde digitale, cosiddetto green pass, fu essenziale l’intervento dell’Autorità per la privacy. Dopo le prime osservazioni critiche sulla base giuridica per la sua introduzione a livello nazionale, l’Autorità espresse parere favorevole, purché fossero fornite adeguate garanzie. Ad esempio, la chiara individuazione dei casi di esibizione del green pass per accedere a luoghi o locali e la fissazione con norma di rango primario delle finalità dell’esibizione stessa. Nel rispetto delle condizioni previste, lo strumento fu ritenuto conforme ai principi di protezione dei dati personali, garantendo tra l’altro che i verificatori potessero «conoscere solo le generalità dell’interessato, senza visualizzare le altre informazioni presenti nella certificazione (guarigione, vaccinazione, esito negativo del tampone)».
Nel corso degli anni, il bilanciamento si è reso necessario in una serie di diverse circostanze, più o meno rilevanti – si pensi, ad esempio, agli interventi del Garante in materia di impianti di videosorveglianza o di cookie e altri strumenti di tracciamento – sempre nel rispetto di un criterio essenziale: non esistono diritti tiranni, prerogative assolute. Un contemperamento è sempre possibile, e va escluso in via automatica l’integrale sacrificio dell’una o dell’altra posizione giuridica.
La sfida dell’evoluzione tecnologica
Questa è l’epoca dell’innovazione tecnologica. Dalle attività più semplici a quelle più complesse la tecnologia è sempre più presente. è fattore essenziale dello sviluppo economico, e i dati ne costituiscono la linfa vitale.Le nuove tecnologie richiedono, infatti, un livello senza precedenti di raccolta e di elaborazione di dati, destinato a subire una sempre maggiore espansione con le applicazioni dell’intelligenza artificiale.
In questo scenario si intrecciano e si confrontano gli interessi delle imprese dell’economia digitale e quelli degli utenti digitali. La coesistenza di tali interessi pone la sfida del loro bilanciamento. Le imprese hanno bisogno di dati per svilupparsi, competere nella dimensione globale dei mercati, creare profitto per sé e valore per il paese; gli utenti sono disposti a conferire i propri dati per avvalersi di prodotti e servizi offerti on line, ma ne pretendono al contempo la tutela, per proteggere se stessi.
In quest’opera di composizione, non serve chiedere al legislatore di creare nuovi diritti destinati a operare nella sfera on line. Le libertà e i diritti fondamentali, tutelati dalla Costituzione e da Carte sovranazionali, sono pensati e costruiti in considerazione di esigenze perenni, e resistono in nuove dimensioni, come quella digitale.
“Un cantiere sempre aperto”
Il legislatore ha affrontato la sfida posta dall’innovazione tecnologica, contemperando interessi diversi, con le recenti normative europee. Mostrano quanto sia errata l’idea che la creazione di valore mediante l’uso di dati personali sia ostacolata dalla tutela della privacy: i dati possono circolare, ed essere oggetto di attività economiche, senza che ne sia sacrificata la protezione. La loro maggiore condivisione e utilizzazione può essere bilanciata con una maggiore trasparenza, facilità di esercizio dei diritti e garanzie per gli utenti.
Un’opera di bilanciamento è svolta costantemente dall’Autorità garante, sacrificando al minimo l’attività economica di cui i dati costituiscono fattore essenziale e al contempo assicurando un’adeguata tutela ai soggetti cui quei dati appartengono. Pure le imprese devono operare un bilanciamento, ad esempio nella scelta della base giuridica più adeguata al trattamento dei dati personali che intendono usare, e comunque valutando sempre comparativamente il proprio interesse con i diritti e le libertà degli interessati. Anche ai cittadini spetta fare la propria parte: l’esigenza di semplificarsi la vita attraverso app di ogni tipo o l’istanza di condividerne momenti via social vanno ponderate con una piena cognizione dei dati che si conferiscono a terzi e delle conseguenze che ne possono derivare.
In conclusione, la sfida della promozione del valore economico dei dati va affrontata nella consapevolezza che rappresentano la proiezione digitale degli individui, e necessitano pertanto di essere adeguatamente tutelati. Come ebbe ad affermare Stefano Rodotà nel 2004, la protezione dei dati personali è “una complessa costruzione che sappiamo destinata a non essere mai interamente compiuta, immersi come siamo in una ininterrotta dinamica tecnologica e sociale che ci mostra un avvenire sempre mutevole. Siamo entrati in un nuovo mondo, di cui non è possibile definire una volta per tutte i contorni (…). Il nostro è davvero un cantiere sempre aperto, al quale ogni giorno si aggiungono nuovi materiali”.
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Savino
E’ incredibile come questa realtà sia sopraggiunta e sia stata fatta passare senza regole alcune. Nessuno si è opposto nell’interesse della identità e della discrezionalità delle persone, che pure sono regolamentate nel diritto civile e penale. La guerra da fare per la libertà dalla tecnologia è l’unica giusta. Nel nostro piccolo, possiamo provare ad opporci a questo plagio in ogni occasione presentabile.