Per raggiungere gli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici fissati dalla recente direttiva europea saranno necessari ingenti investimenti pubblici e privati. Indicazioni concrete arrivano da uno studio della Banca d’Italia.
La situazione in Italia
La direttiva (Ue) 2024/1275, entrata in vigore a maggio, fissa obiettivi importanti per quanto riguarda il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici: richiede infatti di ridurre di un quinto nei prossimi dieci anni le emissioni degli edifici esistenti e di costruire a partire dal 2030 soltanto edifici a zero emissioni. Spetta ora agli stati membri attuarla.
Gli obblighi, in particolare quelli che riguardano il patrimonio abitativo esistente, si inseriscono in una situazione che in Italia è problematica: su 36 milioni di immobili residenziali, oltre la metà è inefficiente da un punto di vista energetico in base ai dati contenuti nell’archivio Siape di Enea (ovvero rientra nelle classi energetiche F e G – figura 1). Si tratta peraltro di una stima per difetto, perché il campione Siape include solo edifici ristrutturati, messi in vendita o offerti in affitto negli ultimi anni. Se si considera il complesso delle unità immobiliari, la quota di edifici inefficienti sale a circa l’80 per cento.
Figura 1 – Distribuzione delle case italiane per classe di efficienza energetica
I vantaggi dell’efficienza energetica
L’obiettivo di riqualificare diversi milioni di edifici nei prossimi dieci anni è quindi una notevole sfida. In un recente lavoro abbiamo avanzato alcune proposte per il disegno del possibile ruolo dell’intervento pubblico volto a coniugare efficienza, equità e vincoli di finanza pubblica, traendo lezioni dal passato e dalle esperienze degli altri paesi.
Innanzitutto, investire nell’efficientamento delle abitazioni offre ai proprietari un rendimento positivo: i prezzi delle abitazioni, infatti, incorporano i benefici di una maggiore efficienza energetica poiché scontano i minori consumi futuri, e questo costituisce di per sé un incentivo all’investimento dei privati. In Italia un’abitazione nelle fasce A4-A1 ha in media un prezzo di circa il 25 per cento superiore rispetto a una in fascia G, a parità di altre caratteristiche. Il differenziale è variabile sul territorio, anche all’interno di una stessa regione; è maggiore nelle zone climatiche più fredde, dove gli interventi necessari ad aumentare la classe energetica sono più complessi e verosimilmente più costosi e i risparmi energetici sono più elevati (figura 2).
Figura 2 – Contributo della classe energetica al prezzo delle abitazioni
Tuttavia, il mercato incorpora solo in parte il beneficio per i proprietari dell’investimento in efficienza energetica. Occorre considerare infatti che i prezzi pagati per l’energia sono inferiori rispetto ai valori coerenti con una completa internalizzazione dei costi ambientali legati alle emissioni di gas serra e che non vi è perfetta informazione sui potenziali benefici dell’efficienza energetica, riducendo così l’incentivo per i proprietari a effettuare interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche. E anche qualora vi fosse piena consapevolezza e volontà di farli, l’entità dell’investimento potrebbe scoraggiare le famiglie sottoposte a vincoli di liquidità.
Il disegno dell’intervento pubblico per incentivare la riqualificazione energetica degli immobili è reso difficile dalla scarsa disponibilità di dati sull’efficienza energetica delle abitazioni, sui consumi energetici e sugli effetti delle misure di incentivazione già adottate. Sarebbe quindi auspicabile pubblicare, ad esempio, i microdati, anche opportunamente anonimizzati, sui consumi di elettricità e gas naturale del Sistema informativo integrato (SII) di Arera e sulle attestazioni sulle prestazioni energetiche (Ape) del Siape di Enea, possibilmente già integrati a livello di unità abitativa. La disponibilità di questi dati favorirebbe anche lo sviluppo di strumenti finanziari che facilitino l’investimento, come ad esempio i mutui green, ovvero mutui a condizioni agevolate finalizzati all’acquisto di edifici efficienti dal punto di vista energetico o alla ristrutturazione volta all’aumento dell’efficienza energetica; si tratta di un mercato già in fase di espansione.
Gli strumenti e i destinatari degli incentivi
Una volta disponibili i dati necessari per un adeguato disegno delle politiche, le risorse pubbliche, da affiancare a quelle private, dovrebbero essere indirizzate in maniera selettiva, ovvero mirare a raggiungere alcuni segmenti della popolazione o specifici ambiti. Dovrebbero essere anche coerenti e compatibili con gli equilibri di bilancio, e dunque adeguatamente coperte sul piano della finanza pubblica (ad esempio, attraverso la diminuzione di sussidi dannosi per l’ambientee l’introduzione di un sistema di carbon pricing complementare all’EU-Ets).
Ecco, più in dettaglio, cosa si potrebbe fare e quali dovrebbero essere i destinatari delle misure.
Per coniugare equità ed efficienza, i fondi dovrebbero essere indirizzati prevalentemente alle famiglie meno abbienti e, a parità di condizioni familiari, alle abitazioni meno efficienti in termini energetici, limitatamente a quelle occupate per la maggior parte del tempo (escludendo quindi, ad esempio, le seconde case).
In caso di abitazioni di privati concesse in affitto, per le quali vi è un disallineamento tra gli incentivi dei proprietari e quelli degli affittuari, dovrebbe essere valutata l’ipotesi di concedere incentivi fiscali rafforzati per i proprietari oppure di introdurre l’obbligo di rispettare standard energetici minimi, prevedendo adeguati incentivi fiscali; per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (Erp), il costo degli investimenti dovrebbe essere integralmente o in larga parte sostenuto dalla proprietà pubblica mediante un fondo statale che (co)finanzi gli interventi di riqualificazione.
Per quanto riguarda la modalità dell’intervento, potrebbe articolarsi inunmix equilibrato di strumentiche tenga conto delle caratteristiche delle diverse categorie di destinatari, affiancando alle detrazioni e ai crediti d’imposta (attualmente prevalenti in Italia) forme di sussidio diretto (per i soggetti incapienti) e di sostegno all’accesso al credito (per le famiglie con vincoli di liquidità stringenti); la misura dell’incentivo, inoltre, dovrebbe prevedere una compartecipazione al costo da parte del beneficiario, per limitare rischi di azzardo morale, ed essere modulata in relazione al risparmio energetico atteso, al costo dell’intervento e alle caratteristiche reddituali e patrimoniali dei destinatari.
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Savino
La proprietà di un bene ha effettivo valore solo se viene periodicamente rinnovata. In Italia, con l’aiuto di un Catasto mai veramente rinnovato, si pretende di essere proprietari di immobili che hanno più di 100 anni di vita, che sono stati ereditati da nonni e bisnonni o parenti fisicamente lontani, ma il cui reale valore è molto inferiore al valore di mercato o a quanto viene spacciato per speculazione. Non si può, al giorno d’oggi, tollerare per legge che una topaia di poche decine di metri quadrati in città universitarie venga affittata per prezzi esorbitanti (dai 400 ai 900 Euro al mese a seconda della città!) agli studenti, poichè debbono sussistere condizioni minime di vivibilità di quegli ambienti (aspetti energetici e impiantistici compresi), assieme a regolari contratti.
paolo
Il discorso in termini generali è largamente condivisibile, ma purtroppo è vago, e si basa sull’assunto che gli obiettivi europei siano sensati.
Prendendo i dati citati, solo in Italia è necessario riqualificare circa 28 milioni di immobili entro 5 anni, in un periodo in cui l’inflazione ha spinto i costi da costruzione alle stelle.
Il super bonus (escludendo il tema dell’azzardo morale) è stato accusato di aver gonfiato i prezzi saturando l’offerta, e si parla di 400mila edifici in 4 anni. La direttiva europea prevede di fare lo stesso moltiplicato per un fattore 50 solo per l’Italia! Se lo estendiamo all’unione l’effetto quale può essere?
Infine, la ragionevolezza degli assunti finali sulle modalità di finanziamento dovrà prima o poi trasformarsi in strumenti reali, e nell’articolo manca completamente qualsiasi spunto in questo senso, oltre agli “esempi da altri paesi” citati in apertura.
Ci vorrebbe, come per un sacco di cose, un dibattito vero, aperto e duraturo, ma, esattamente come tutte le cose importanti, nell’Unione europea non è possibile.
Giuseppe
Perchè parlate a caso!
Il valore di un immobile puo’ dipendere fino al 100% dalla sua posizione.
paolo mitri
Quando la produzione energetica sarà interamente basata su energie rinnovabili, le abitazioni comunque non produrranno CO2, qualunque sia il la loro classe energetica. E allora non si capisce proprio perché disastrare bilanci pubblici e privati, quando sarebbe meglio impiegare questa montagna di denaro per accelerare la transizione energetica. O meglio, si capisce che dietro vi sono enormi interessi economici che dobbiamo finanziare.
bob
un Paese come l’Italia con le nuove tecnologie può produrre 85% della propria energia dall’ idroelettrico senza alcun sconvolgimento territoriale , La conformazione territoriale lo permette in maniera naturale con due spartiacque che sono le Alpi e la dorsale Appenninica.
Questa è la logica poi vengono gli interessi della finanza e allora è tutta un’altra musica.
Massimo
Su quali dati si basa la sua affermazione? Mi sembra un concetto mai sentito di recente.
bob
SUI DATI DELLA LOGICA E DELLA GEOGRAFIA . E’ UN CONCETTO VECCHIO SI INFORMI
lorenzo
L’articolo è un puro esercizio accademico.
L’Italia sfrutterà il meccanismo che le consente di utilizzare i risultati del superbonus per appuntarsi la medaglia di innovatrice.
Poi ci saranno lunghi decenni di conflitto con l’Europa per non far niente …
Enrico
La CO2 non può essere la misura di tutte le cose. Inoltre la sostenibilità ed efficienza del “sistema abitativo” dipendono, più che dalla classe energetica, dal contesto urbanistico. È un puro spreco di risorse portare una casa in classe A++ se servizi e luoghi di lavoro sono lontani e praticamente irraggiungibili con i mezzi pubblici. Quindi gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni (come il vituperato 110%) dovrebbero essere supportati da investimenti in infrastrutture e servizi pubblici.