Il Piano di bilancio di medio termine beneficia di entrate tributarie impreviste, che migliorano le previsioni di finanza pubblica. Gran parte di queste risorse saranno usate per finanziare in deficit la manovra.
Focus sulla spesa
La nuova governance economica europea ha spostato il focus della programmazione di bilancio da un’ottica annuale a una di medio termine: ai paesi si chiede di definire un piano di programmazione di finanza pubblica di durata pari alla legislatura, fatta salva la possibilità di modifica nel caso di insediamento di un nuovo governo. Durante l’attuazione del percorso, la crescita della spesa primaria (al netto di varie voci, tra cui le spese finanziate mediante variazioni discrezionali delle entrate prodotte da atti legislativi o amministrativi del governo) non potrà essere superiore a quella definita nel Piano, anche nel caso in cui si rendano disponibili eventuali maggiori entrate impreviste, siano esse di natura ciclica o strutturale.
Ma ciò che in sede di attuazione è vietato, è però permesso in sede di costruzione del Piano, che può legittimamente prendere in considerazione, nella definizione del profilo di risanamento dei saldi di finanza pubblica, anche entrate impreviste nei precedenti scenari di programmazione.
Il tesoretto inaspettato
Il Piano di bilancio di medio termine, che il nostro paese si accinge a presentare in sede europea, beneficia effettivamente di un ultimo “tesoretto”, fatto principalmente di maggiori entrate tributarie impreviste, che migliorano le previsioni di finanza pubblica formulate in precedenza. Rispetto agli obiettivi programmatici di deficit già fissati nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2023 e confermati dal Documento di economia e finanza 2024 il deficit tendenziale (quello che si registrerebbe in assenza della prossima manovra di bilancio) migliora in media di circa 0,7 punti percentuali di Pil all’anno, passando dal 3,6 al 2,9 nel 2025, dal 2,9 al 2,1 nel 2026 e del 2,2 all’1,5 nel 2027. Sulla base delle previsioni tendenziali, già il prossimo anno avremmo quindi un deficit al di sotto della soglia del 3 per cento.
Il Piano considera strutturale l’aumento delle entrate, ma sceglie di destinarlo solo in piccola parte e in via temporanea a ridurre il deficit: è infatti previsto un miglioramento dell’obiettivo programmatico di 0,3 punti nel 2025 e di 0,1 punti nel 2026, cui segue subito dopo, nel 2027, un peggioramento di pari importo cumulato (-0,4 punti). La parte maggiore dello spazio finanziario che deriva dal cambiamento del quadro tendenziale viene invece destinata a finanziare in deficit la prossima manovra di bilancio.
La tabella 1 fornisce una ricognizione degli spazi finanziari (“tesoretto”) che si sono resi disponibili nel quadro tendenziale e ne illustra l’utilizzo prefigurato nel Piano. In termini cumulati, nel triennio 2025-2027, il finanziamento in deficit della prossima manovra ammonterà a circa 52 miliardi, importo persino superiore all’intero ammontare dell’inaspettato tesoretto (50 miliardi).
In particolare, per il 2027, ultimo anno della legislatura, la manovra potrà beneficiare di un finanziamento in deficit di interventi per circa 26,5 miliardi, che arrivano non solo dal “tesoretto”, ma anche dalla scelta di peggiorare l’obiettivo programmatico di deficit, che viene portato dal 2,2 per cento del Pil previsto dal Def 2024, al 2,6 del Piano.
La possibilità di ricorrere al finanziamento in deficit della manovra è invece più limitata nel biennio 2025-2026 (rispettivamente 9,2 e 16,5 miliardi), stante la scelta di non ritardare la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo oltre il 2027, come già previsto sulla base del Def 2024. Dopo tale anno, infatti, il minimum benchmark di correzione del deficit di 0,5 punti all’anno, cui sono soggetti i paesi in procedura, si applicherebbe sul saldo strutturale e dovrebbe quindi tenere conto della necessità di compensare anche la dinamica della spesa per interessi (di cui invece si può non tenere conto fino al 2027 in virtù di una disposizione transitoria del braccio correttivo).
Tabella 1 – Ricognizione degli spazi finanziari disponibili per il finanziamento in deficit della manovra
Nota: le stime sopra riportate hanno carattere indicativo, stante l’arrotondamento al primo decimale dei dati riportati nei documenti ufficiali.
Fonte: elaborazioni su dati Piano di bilancio di medio termine, Nadef 2023 e Def 2024, aggiornato con Dl 39/2024 (lo “spalma Superbonus”). Il Pil nominale programmatico del Piano è ricavato applicando al Pil nominale del 2023 i tassi di crescita indicati nel quadro programmatico.
Una manovra da 52 miliardi
Con la possibilità di sfruttare gli spazi finanziari generati dall’“ultimo tesoretto” di entrate impreviste e la scelta di peggiorare il profilo programmatico del deficit per il 2027, il primo Piano attuativo della nuova governance economica europea delinea un percorso di risanamento della finanza pubblica che richiede, per il triennio 2025-2027, un minore intervento restrittivo sull’economia rispetto a quanto previsto dal quadro tendenziale. Risulta anzi compatibile con un finanziamento in deficit della prossima manovra triennale per circa 52 miliardi di euro complessivi.
Certamente, tale modalità di finanziamento non potrà essere sufficiente a sopperire interamente alle numerose esigenze di intervento che verranno prese in considerazione nella manovra, le quali richiederanno, presumibilmente, l’individuazione di forme di parziale compensazione mediante misure di minore spesa o maggiore entrata. Nondimeno, il ricorso al deficit per importi di entità crescente nel tempo potrà consentire una pianificazione degli interventi che tenga conto dell’impossibilità, in corso di attuazione del Piano, di sfruttare ulteriori “tesoretti”, ovvero spazi finanziari derivanti da entrate impreviste (indipendentemente dalla loro natura, ciclica o strutturale), ferma restando la possibilità di sfruttare spazi finanziari rinvenienti da eventuali riduzioni di spesa o da aumenti discrezionali di entrata.
La previsione di un finanziamento in deficit della prossima manovra, benché desumibile dal confronto tra andamenti tendenziali e programmatici di finanza pubblica, non è evidenziata nel Piano ed è attuata senza nemmeno la necessità di un’autorizzazione parlamentare votata a maggioranza assoluta. La procedura – prevista finora in caso di modifiche peggiorative del profilo dei saldi programmatici e, per prassi consolidata, in caso di rinuncia al miglioramento tendenziale dei saldi – consentiva di dare piena visibilità alla scelta. In ogni caso, una maggiore trasparenza aiuterebbe la comprensione pubblica di un Piano che resterà, almeno per il prossimo triennio, alla base della programmazione del profilo finanziario dell’intervento pubblico nell’economia.
* Le opinioni espresse in questo articolo riflettono unicamente la posizione personale dell’autrice, senza nessun coinvolgimento dell’amministrazione di appartenenza.
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Savino
Ci doveva ancora essere, anche con le nuove direttive Ue e le nuove procedure Ecofin, la Nadef 2024, con relativo aggiustamento del quadro tendenziale. In questo modo, invece, riduzioni di spesa o extra gettiti vengono sottratti alla trasparenza, soprattutto con riferimento allo “spalma-bonus”, perchè abbiamo già avuto modo di notare come crediti e debiti possono essere gonfiati o sgonfiati. Un bilancio dello Stato è anzitutto un bilancio pubblico e non deve prevedere spazi finanziari vuoti o pieni di ipotesi dubitative.
Emilia Marchionni
Grazie del commento. Concordo con l’esigenza di una maggiore trasparenza. Nel Piano pluriennale di bilancio non viene data piena evidenza del maggiore ricorso all’indebitamento. Anche la risoluzione parlamentare di approvazione del Piano dovrebbe espressamente menzionare tale aspetto. Fino al DEF 2024 era così, ora non più.
Alessandro Fedeli
Mi scusi una precisazione.
Quando leggo dalla Tabella – Indebitamento netto programmatico Nadef 2023 … dal 2025 al 2027 un valore di circa 200 miliardi significa che il debito pubblico aumenterà di tale entità nel periodo indicato?
Grazie
Alessandro