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Finanza pubblica tra crisi prolungata e un’occasione unica

Da più di due anni la finanza pubblica italiana vive un periodo di eccezionalità, destinato a prolungarsi con la guerra in Ucraina. E il Pnrr rappresenta una grande opportunità, forse l’ultima, per tornare a crescere.

Il Rapporto di finanza pubblica 2021

È uscito in questi giorni il libro “La finanza pubblica italiana. Rapporto 2021”, frutto del lavoro di trenta ricercatori: come ormai è da tempo consuetudine, fa il punto sulle vicende che hanno interessato il bilancio pubblico del nostro paese durante l’anno precedente.

Rispetto a pochi mesi fa, il contesto è radicalmente cambiato a causa dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ma dai capitoli del libro emergono molti aspetti che continuano ad avere grande attualità.

Il primo elemento è che a una fase di emergenza, quella indotta dalla pandemia, ne segue un’altra, data dalla guerra, senza che peraltro la prima crisi si sia esaurita, come dimostra la situazione della Cina. Da più di due anni, quindi, la finanza pubblica italiana vive un periodo di non normalità, testimoniato dai livelli eccezionali del disavanzo e da un notevole incremento del rapporto tra debito e Pil. L’eccezionalità ha spinto le autorità europee a cambiare in modo radicale gli orientamenti sia della politica fiscale che di quella monetaria, diventate decisamente espansive e accomodanti. La crisi ucraina è destinata a ritardare il momento del ritorno a politiche più misurate. Nel lungo periodo di crisi straordinaria, sono saltate molte inibizioni all’aumento della spesa: le uscite finali del conto delle amministrazioni pubbliche sono passate dal 48,5 per cento del Pil nel 2019 al 56,2 per cento nel 2021, anche a causa del calo del denominatore del rapporto, mentre le entrate sono rimaste in linea con gli anni precedenti. In due anni, il debito è aumentato di più di 300 miliardi di euro. Di fronte al peggioramento della crescita e alla riduzione del valore reale dei redditi familiari dovuta all’aumento dei prezzi, molte forze politiche chiedono nuovi scostamenti di bilancio, proprio come nei primi mesi del 2020.

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Passi in avanti e problemi irrisolti

Ma non tutto è come due anni fa. Alcuni importanti passi avanti sono stati fatti, come il Rapporto documenta. Il sistema sanitario ha superato le difficoltà della pandemia, è stato introdotto un nuovo trasferimento monetario per i figli che finalmente porta gli aiuti economici alle famiglie a livelli europei, il reddito di cittadinanza ha fatto il suo dovere nel contrastare l’aumento della povertà dovuto alla pandemia e ai lockdown, anche se sulle politiche attive siamo ancora molto indietro, e la fine di Quota 100 garantisce al sistema pensionistico una maggiore sostenibilità, rafforzata dal continuo aumento dell’età media al ritiro dal lavoro. Anche alcune regole del federalismo fiscale sono ora meglio definite.

Restano comunque ancora molti problemi da risolvere, a lungo discussi nel volume. Un capitolo è ad esempio dedicato alle tax expenditures, le agevolazioni fiscali che riducono le imposte dovute in casi particolari. L’esplosione del loro numero (circa 600 secondo la Commissione governativa per lo studio delle spese fiscali) e della perdita di gettito associata (quasi 80 miliardi) va di pari passo con la moltiplicazione dei bonus di varia natura. Una forte riduzione di queste agevolazioni sarebbe necessaria per motivi di equità e di efficienza, ma le pressioni politiche spingono in direzione contraria.

Si avverte, in molti contributi, una duplice sensazione. Da un lato, la consapevolezza che, soprattutto grazie alle risorse eccezionali messe a disposizione dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, ci troviamo in un momento di grandi opportunità. Molto difficilmente capiterà di avere così tante risorse a costi così bassi. D’altro lato, c’è il timore che l’occasione possa essere sprecata, per due ragioni. La prima è che, come argomentato nel capitolo dedicato al Pnrr, molte amministrazioni potrebbero non avere la capacità di investire con profitto le risorse a disposizione, a causa dei loro oggettivi limiti organizzativi e gestionali. La seconda è che gli investimenti del Pnrr potranno migliorare le prospettive di crescita economica e sociale solo se saranno accompagnati da una lunga serie di riforme, richieste dall’Europa, su cui sembra ancora fragile il consenso sia tra le forze politiche sia, soprattutto, nel paese stesso. Si pensi alla riforma del fisco, ai criteri per il reclutamento degli insegnanti, alla semplificazione amministrativa.

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Mentre la crisi ucraina prolunga la fase di eccezionalità per la finanza pubblica italiana, non bisogna perdere di vista il fatto che – dopo decenni di declino – siamo di fronte a un’occasione unica, che non durerà a lungo, per ritrovare la via della crescita, forse l’ultima.

Il rapporto è stato presentato martedì 3 maggio presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma. Le slides della presentazione sono disponibili a questo link.

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Il Punto

  1. Savino

    Da risolvere nel 2023 il dilemma se possiamo indebitarci all’infinito oppure se le regole comunitarie debbono ancora valere con le restrizioni del 1992. Nel primo caso, dobbiamo avviare un piano di benessere che vada oltre il PIL con un moderno welfare, nel secondo caso la spesa nella zona grigia trac quella corrente e per investimenti dovrà subire un forte ridimensionamento e prima di togliere servizi essenziali occorrerà eliminare sacche di privilegio e spesa in eccesso.

  2. Emanuele

    Non vi è dubbio alcuno che la pandemia e poi la successiva guerra in Ucraina siano stati due eventi salvifici per lo stato italiano: a fine 2020, l’allora ministro Gualtieri avrebbe dovuto trovare 40 miliardi di euro circa per disinnescare le famose clausole di salvaguardia. Oggi è tutto dimenticato. Tuttavia “I know my chicken” e sono certo che questa sarà l’ennesima occasione sprecata, com’è stata nel 2001 con l’euro, e come ve ne sono state decine e decine. D’altronde gli attori politici sono sempre gli stessi di 20 anni fa (più anziani e meno reattivi), non vedo perchè questa volta dovrebbe essere diverso. Non si può pretendere di far svolgere un ruolo tanto importante e delicato ad una pubblica amministrazione che mal che vada è tendenzialmente incapace. I fondi del PNRR saranno sperperati com’è sempre stato per la spesa pubblica. In questo sono rimasto deluso da Mario Draghi, che pretende (pretendeva) di avviare un piano tanto importante facendo affidamento su di una pubblica amministrazione inefficiente, corrotta, contorta, incapace; una pubblica amministrazione che non era già capace di spendere in modo produttivo i fondi europei, oggi gli si vuole far spendere i fondi del PNRR.

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