L’accesso universale alla elettricità entro il 2030 è uno dei Sustainable development goals delle Nazioni Unite. Nonostante i miglioramenti, in Africa è un obiettivo ancora lontano. Bisogna coinvolgere il settore privato, sostenuto da sussidi pubblici.
Dove l’elettricità è un lusso
L’ accesso universale alla elettricità entro il 2030 è uno dei Sustainable development goals delle Nazioni Unite (Sdg 7). Nonostante i notevoli miglioramenti degli ultimi quindici anni, per raggiungerlo c’è ancora strada da fare ed è necessario il coinvolgimento del settore privato, sostenuto da sussidi del settore pubblico.
Nel 2023 in Africa subsahariana (Ass) 568 milioni di persone non avevano accesso all’ elettricità, il che corrisponde al 47 per cento della popolazione. Si tratta soprattutto di popolazione rurale, per la quale nel 2022 il dato era solo del 30 per cento, in aumento tuttavia rispetto al 19 per cento del 2015.
Le prospettive migliorano perché tutti i principali paesi africani hanno adottato ambiziosi programmi di espansione delle reti di distribuzione e delle modalità di accesso. Soprattutto, però, hanno provveduto alla installazione di mini reti locali, a base di pannelli solari, per gli agglomerati locali più difficili da raggiungere. Tra l’altro, le mini reti assicurano la fornitura quando quella della rete nazionale s’interrompe per eccesso di domanda.
La fortissima riduzione dei costi dei pannelli solari negli ultimi dieci anni, e delle batterie e invertitori connessi – scesi da 8mila dollari per Kw a circa 3700 dollari per Kw – rende infatti le mini reti molto più abbordabili per le imprese private.
I costi delle mini reti
La Banca Mondiale stima che per connettere 380 milioni di persone nell’Africa subsahariana nel 2030 sarebbe necessario installare 160mila mini reti per un costo stimato di 91 miliardi di dollari. Al ritmo attuale, nel 2030 ne saranno pronte solo 12mila che collegheranno 46 milioni di persone, a un costo di 9 miliardi di dollari (costo medio 750mila dollari per rete, costo in funzione dei Kw installati).
Lo scenario a è calcolato esaminando 58 paesi con dati della Global Energy Platform sulla dimensione degli insediamenti da servire. La potenza delle reti varia da 20 Kw per circa 500 connessioni a 200 Kw per 10mila connessioni, con costo per connessione stimato a circa 1.200 dollari.
Secondo le stime della Banca Mondiale, il costo per kwh prodotto dalle mini reti solari, inclusi quelli di investimento, distribuiti sugli anni di durata dei progetti, è sceso da 0,55 $/Kwh nel 2018 a 0,38$/Kwh nel 2021 (con un fattore di carico del 20 per cento). E dovrebbe scendere ulteriormente a 0,20$/Kwh nel 2030 con la flessione del prezzo dei componenti. Il livello è quindi del tutto competitivo con la tariffa media delle reti nazionali, pari a 0,27$/KWh. Inoltre, le mini reti assicurano un servizio molto più continuativo: se interconnesse con le reti principali, possono assicurare la fornitura in periodi di domanda elevata, quando queste soffrono di interruzioni.
Per arrivare a costi dell’elettricità simili a quelli delle reti nazionali sono ancora necessari sussidi pari a circa il 40 per cento dei costi di connessione, circa 400-800 dollari per connessione.
Intanto, si è sviluppato un certo numero di imprese africane specializzate in installazioni di sistemi solari autonomi e di mini reti, che coprono agglomerati e utenti industriali. Si stima che a fine 2022 siano state installate 3mila mini reti (contro le 500 del 2010) con 6 milioni di connessioni e 27 milioni di persone servite, a un costo totale di 7,2 miliardi di dollari, che si traducono in una media di 2,4 milioni per rete e in 1.200 dollari per connessione. Sempre secondo stime del 2003 della Banca Mondiale, per i prossimi tre anni, sono state progettate 9mila reti.
Il problema dei finanziamenti
Per coprire le zone più isolate il problema principale è come spingere il settore privato, pur sostenuto da sussidi, a effettuare l’investimento necessario. Per una mini rete con mille utenti, e capacità di circa 250 Kw, si tratta di un costo di capitale di circa 1 milione di dollari (4mila dollari per Kw).
In Nigeria, un paese dove 80 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità (40 per cento del totale), la strategia seguita dalla Banca Mondiale, nel quadro dei finanziamenti destinati alla elettrificazione, è assegnare il sussidio con gare nelle quali i partecipanti richiedono il minimo necessario. In alternativa, i sussidi sono erogati dopo che l’investimento è stato effettuato.
Il risultato è stato che nei due progetti del 2018 e 2023 (rispettivamente finanziamenti di 150 e 400 milioni di dollari), con sussidi pari a circa il 40 per cento del costo dell’investimento, gli operatori privati hanno dimostrato interesse solo per gli interventi in aree con operatori commerciali che assicuravano la redditività dell’investimento, mentre evitavano le zone rurali più isolate.
In altri paesi il ruolo del settore privato è invece più limitato. Il recente progetto della Banca Mondiale per l’Etiopia prevede ampi finanziamenti alla impresa pubblica di distribuzione, mentre il sostegno a operatori privati copre un numero modesto di mini reti.
In Kenya, dove il ricorso a mini-reti nelle zone rurali è elevato (500 in attività, 150 in fase di sviluppo) e la presenza di operatori privati è consolidata, la proprietà delle mini reti rimane dell’operatore pubblico, i privati sono responsabili delle operazioni di installazione e manutenzione, con finanziamento pubblico, e le tariffe sono fissate dall’operatore pubblico. Simile la situazione in Tanzania, Zambia, Angola.
La capacità di installare un numero massiccio di mini reti per connettere agglomerati rurali dipende dunque dalla possibilità di ottenere finanziamenti pubblici o da organizzazioni filantropiche, dal momento che gli operatori privati incontrano difficoltà a ottenere finanziamenti per spese di investimento con un lungo periodo di recupero.
I 91 miliardi necessari per finanziare le 160mila mini reti indicate come obiettivo dalla Banca Mondiale entro il 2030, corrispondono a 15 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2024. La Banca Mondiale ha concesso crediti agevolati per 13 miliardi di dollari l’anno nei paesi africani nell’ultimo triennio, mentre la Banca africana di sviluppo ne ha offerti circa 2,5 miliardi all’anno. L’intero ammontare di aiuto allo sviluppo ai paesi dell’Africa subsahariana (doni e prestiti concessionali) da parte dei donatori pubblici, privati, banche di sviluppo, ammontava nel 2022 a 60 miliardi di dollari (3 per cento del Pil dell’area), destinato a settori sociali e molteplici infrastrutture. La quota per il settore elettrico non può ragionevolmente superare il 10 per cento del totale, pari a 6 miliardi di dollari, il che richiederebbe di aggiungere 9 miliardi di dollari all’anno di investimenti pubblici su risorse interne per il settore delle mini reti, a cui si deve sommare il fabbisogno per il rafforzamento delle reti esistenti. La somma di tutte queste voci corrisponde allo 0,5 per cento del Pil dell’area nel 2023, o al 20 per cento degli investimenti finanziati dai governi: un ammontare eccessivo, tenuto conto dei bisogni degli altri settori.
Da tutti questi numeri si evince che i finanziamenti pubblici non possono coprire le somme necessarie e che l’intervento di capitali privati è essenziale. Come mostra il caso della Nigeria, i privati si canalizzeranno verso gli investimenti nelle aree di maggiore redditività, mentre per le zone rurali isolate saranno necessari finanziamenti pubblici: arrivare alla copertura elettrica generalizzata entro il 2030 richiederà quindi un dosaggio attento di risorse private e pubbliche, cercando di massimizzare le prime per le aree più redditizie, in modo da liberare le seconde per le zone più isolate e a basso reddito.
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