L’Italia è in ritardo nella costruzione delle infrastrutture per le reti a banda ultra larga, in modo da raggiungere case, uffici e aziende delle zone interne. La Corte dei conti ha indicato le linee di azione per superarli. Ora si tratta di attuarle.
Ferrovie nell’Ottocento e autostrade nel Novecento
Gli investimenti pubblici nelle infrastrutture materiali (autostrade, ferrovie, reti di energia e di comunicazioni elettroniche) hanno una notevole importanza. Sono benefici, oltre che per l’economia, per la società tutta. Possono innalzare, di molto, la produttività e l’occupazione. Contribuiscono a rendere effettivo l’esercizio di diritti fondamentali, relativi alla circolazione e all’accesso a una serie di prestazioni, dall’istruzione alla sanità.
La storia dell’Italia è emblematica. Nella prima metà dell’Ottocento, dopo la costruzione dei primi, brevi, tratti di ferrovia a Napoli, fu il Piemonte ad assumere le iniziative più significative. Cavour, che aveva avuto modo di viaggiare sui treni inglesi, da ministro e da presidente del consiglio, promosse la realizzazione delle nuove linee ferroviarie: verso Genova e verso l’Europa del Nord. Dopo l’unificazione politica, nel 1861, la dotazione di cui l’Italia disponeva era ancora esigua, in termini assoluti e rispetto ai principali paesi europei. La Destra storica promosse il progressivo ampliamento della rete ferroviaria nazionale in più direzioni. Nel 1862 venne ratificato il trattato con la Francia per il traforo del Frejus. La galleria del Moncenisio fu inaugurata nel 1871, quella del Sempione fu iniziata nel 1898 e fu terminata dieci anni dopo, quando al governo c’era Giovanni Giolitti, che in quegli anni dispose anche la nazionalizzazione delle ferrovie e le pose sotto l’amministrazione dell’azienda autonoma istituita nel 1905. La classe dirigente del periodo liberale fece così importanti passi per rafforzare le vie di comunicazione interne e con il resto dell’Europa.
Nel secondo dopoguerra, per consentire l’espansione di un altro tipo di trasporti, quelli automobilistici, la classe dirigente italiana promosse la realizzazione di una rete autostradale nazionale. Spicca, in questo periodo, la costruzione dell’Autostrada del Sole (ben ottocento chilometri), conclusa nell’ottobre del 1964, dopo otto anni di lavori: un arco di tempo assai più breve di quelli che sono stati necessari, in anni più vicini a noi, per completare altri tratti della rete autostradale, dalla Sicilia alla Toscana.
Oggi sono cruciali le reti di comunicazione
Nel frattempo, hanno assunto una crescente importanza altre infrastrutture essenziali per le moderne democrazie industriali: le comunicazioni elettroniche. Contribuiscono molto al commercio; contribuiscono, inoltre, alla circolazione delle informazioni, indispensabili per una democrazia liberale. I progressi su questo versante sono, quindi, cruciali. In altri stati europei, la disponibilità della banda larga è assicurata ovunque, a volte anche la banda ultralarga (oltre 30 Mbit al secondo). La Finlandia è all’avanguardia, ma anche i paesi più grandi, come la Germania, hanno registrato importanti progressi. Qual è la situazione in Italia?
La società Open Fiber, che ha ottenuto l’incarico di sviluppare l’infrastruttura Ftth (Fiber To The Home) alle abitazioni private, alle aziende e agli uffici pubblici, ha reso noti alcuni risultati di indubbia rilevanza: la rete ha raggiunto gran parte delle aree bianche del paese, cioè le zone interne, con minore densità di popolazione; le reti ultraveloci sono passate dal 22 per cento del 2017 al 54 per cento nel 2022.
Vi sono, però, seri ritardi, sui quali ha richiamato l’attenzione la Corte dei conti. L’anno scorso, la sezione centrale di controllo sull’amministrazione statale ha opportunamente inserito il piano per la banda ultra larga nelle aree bianche (approvato nel 2015) tra gli obiettivi del controllo concomitante. La Corte ha sottoposto al ministero per le Infrastrutture una serie di quesiti; analizzate le risposte ricevute, ha inviato al ministero una relazione; dopo aver vagliato le repliche, ha trasmesso la propria relazione al Parlamento e l’ha resa pubblica.
La Corte dei conti ha preso atto di alcune variazioni intervenute grazie anche alle tecnologie ora disponibili, come il wireless, segnatamente con l’architettura Fwa (Fixed Wireless Access), ma ha segnalato che i collegamenti con le sedi delle pubbliche amministrazioni, anche nel settore scolastico e in quello sanitario, avverrà attraverso l’infrastruttura Ftth. Proprio per questo motivo, le criticità emerse nella realizzazione del piano assumono una valenza assai negativa.
Se confrontiamo la programmazione iniziale e i risultati conseguiti, si scopre infatti che i ritardi sono notevoli: a) per la fase di progettazione degli interventi riguardanti le prime due gare si è impiegato un tempo “che ha superato di oltre nove volte il tempo inizialmente stimato” (p. 17); b) per la fase esecutiva della terza gara si è constatato il raddoppio dei tempi; c) anche per i collaudi i tempi sono stati assai più lunghi (di circa 2,8 volte rispetto a quelli previsti). Su base territoriale, ciò ha comportato che per la tecnologia Ftth varie regioni dell’Italia centrale e settentrionale sono prossime alla conclusione della fase di approvazione dei progetti, ma per il Lazio e per le regioni meridionali vi sono consistenti ritardi. Dunque, il digital divide non è stato superato, rischia di non essere superato nemmeno nel breve e nel medio periodo.
Le linee di azione indicate dalla Corte dei conti
Alla luce di questa situazione, la Corte dei conti ha indicato due linee di azione. Da un lato, ha chiesto all’apparato ministeriale di rafforzare ulteriormente i controlli sulla realizzazione del piano, anche attuando “ogni azione correttiva necessaria”. Dall’altro lato, ha richiamato l’attenzione delle istituzioni politiche – governo e Parlamento – sulla comminazione delle penali “volte a disincentivare performance negative da parte del concessionario” (p. 24). Le penali finora effettivamente comminate si attestano su poco più di 54 milioni; devono ancora essere calcolate quelle per i ritardi nella fase di esecuzione dei lavori. Tuttavia, la Corte dei conti mostra piena consapevolezza dei limiti insiti in questo strumento: perché in base alla regolazione contrattuale stabilita dalle parti le penali non possono comunque superare il 10 per cento dell’importo di aggiudicazione del singolo lotto; perché, di conseguenza, per alcuni lotti dove le penali sono state già comminate con una certa ampiezza, per esempio per la Toscana, restano margini assai esigui; perché il problema di fondo riguarda l’adeguatezza della pianificazione delle attività da svolgere e il loro corretto, puntuale svolgimento. A questo riguardo, alla fine del mese di settembre si sarebbe dovuto definire un nuovo cronoprogramma. E si sarebbe dovuto configurare un “monitoraggio serrato”, in luogo del controllo periodico svolto dalla società Infratel.
La Corte ha svolto il proprio ruolo di supervisione, individuando una serie di criticità e indicando le linee di azione per porvi rimedio. Adesso il compito di chi governa è duplice: informare il paese sullo stato attuale di questo piano strategico e adottare le misure necessarie per realizzarlo, poiché è in gioco l’interesse nazionale.
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