I rilievi della Corte costituzionale sulla legge per l’autonomia differenziata segnalano i vizi di una interpretazione del regionalismo che mette al centro rivendicazioni prive di solidi ancoraggi. Bisogna tornare al modello di sussidiarietà.

Trattative da fermare

Quali ricadute avrà la decisione della Corte costituzionale in materia di autonomia differenziata sui vari tavoli di lavoro che il governo ha attivato nella prospettiva di una rapida attuazione della legge Calderoli? Al di là delle dichiarazioni politiche della maggioranza sul procedere senza esitazioni, è certo che rilevi così radicali su snodi fondamentali della legge Calderoli gettano ombre pesanti sul prosieguo di queste iniziative.

Si pensi soprattutto alle trattative in corso tra il governo le Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria per il trasferimento di competenze legislative e amministrative nelle nove materie che, per la legge pre-sentenza della Corte, possono essere regionalizzate senza la determinazione dei relativi livelli essenziali, costi e fabbisogni standard. Le trattative dovrebbero essere sospese in attesa della pubblicazione della sentenza della Corte e soprattutto della revisione delle norme.

Mancano motivazioni per la devoluzione

Se infatti esaminiamo le richieste presentate dalla Regione Veneto, che sono state recentemente rese pubbliche (vedi qui), è subito evidente che una parte rilevante non sarebbe ammissibile secondo i principi fissati dalla decisione della Corte.

Da un lato, la pressoché totalità delle richieste, almeno nella formulazione attuale, cadrebbe per carenza di motivazione: la Regione Veneto per lo più sostiene le proprie istanze di devoluzione sulla base dell’assunto che l’autonomia differenziata potrebbe portare a migliorare, specificatamente nell’ambito regionale, l’efficienza e l’efficacia delle politiche nazionali in quanto la Regione Veneto sarebbe in grado, apoditticamente, di meglio di conoscere e interpretare le specifiche necessità di quel territorio. Ma non fornisce elementi a dimostrazione di questa dichiarata qualità, considerato che identiche motivazioni, circa la conoscenza del proprio territorio, potrebbero essere egualmente rivendicato da tutte le regioni. Ad esempio, la richiesta della competenza in materia di “Giustizia di pace”, funzionale a “garantire l’ottimale dislocazione degli uffici giudiziari”, viene motivata “in virtù dell’approfondita e diretta conoscenza del territorio regionale, sotto il profilo economico-sociale” che “consentirà alla regione di determinare la ‘geografia’ degli uffici dei giudici di pace”. Un po’ poco rispetto al richiamo della Corte secondo cui la devoluzione deve essere chiaramente giustificata in relazione al principio di sussidiarietà.

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Motivazioni analoghe, che impressionano per la loro pochezza, tanto più in relazione alla rilevanza delle questioni relative al credito, riguardano la richiesta di attribuzione della “potestà di emanare norme legislative in relazione all’ordinamento delle casse di risparmio, delle casse rurali (…)”, per la “conoscenza del peculiare tessuto regionale”, al fine di “agevolare la promozione e lo sviluppo delle attività economiche mediante il rafforzamento del ruolo della regione nel disciplinare i sistemi creditizi locali”.

Non meno povera di motivazioni appare la richiesta del “commercio con l’estero”, (funzione non esercitata nemmeno dai lander tedeschi), giudicata necessaria in quanto l’esercizio concorrente della competenza “non si è sviluppato come atteso”. Oltretutto per motivare la richiesta di “organizzazione di manifestazioni fieristiche, anche internazionali”, su cui già oggi non esite alcun vincolo, come dimostra la fiera di recente organizzata a Chicago, per la promozione del prosecco.

Garantire i diritti civili e sociali di tutti

Dall’altro lato, coerentemente con le indicazioni della Consulta, andrebbe verificato se, indipendentemente dal fatto di esser state incluse in blocchi (le “materie”) che la legge Calderoli ha indicato come non-Lep, le singole funzioni richieste attengano a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, perché in questo caso richiederebbero la preventiva determinazione dei Lep per essere trasferite. Un esempio è la materia della “Protezione civile”, dove la Regione Veneto chiede personale, strutture, risorse ma anche maggiore potestà regolamentare (vedi qui). È veramente arduo pensare che per almeno alcune delle funzioni richieste non siano coinvolti diritti civili e sociali dei cittadini (assicurare assistenza alla popolazione in caso di grave emergenza) da garantire su tutto il territorio nazionale.

In sostanza, i rilievi della Corte segnalano i vizi di una interpretazione del regionalismo che ha posto al centro, senza i necessari contrappesi, rivendicazioni prive di solidi ancoraggi, destinate ad alimentare non solo la tradizionale conflittualità con lo stato, ma anche quella con gli altri territori regionali. Ritornare al modello improntato alla sussidiarietà verticale e orizzontale sarà la sfida a cui sarà chiamato il legislatore nei prossimi mesi, nella consapevolezza che un’escalation della conflittualità sarebbe esiziale, non solo per i conti pubblici, ma anche per la vita stessa della Repubblica.

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