La spesa Pnrr del 2024 sembra ridursi drasticamente. Circa 20 miliardi sono rinviati agli anni successivi. I ritardi incidono anche sugli effetti sul Pil. E crescono gli interrogativi sulla capacità di rispettare le scadenze. Occorre maggiore chiarezza.
In cerca di maggiore chiarezza
Da qualche tempo, cresce la necessità del sistema produttivo di conoscere più in dettaglio l’evoluzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il 29 novembre, il governo ha comunicato che: “i dati 2024 sulla spesa complessiva, attualmente pari a circa 59 miliardi di euro – in corso di aggiornamento sulla piattaforma Regis per il loro allineamento con l’Italia reale dei cantieri aperti e degli investimenti ultimati – evidenziano un incremento di circa 17 miliardi di euro nel corso dei primi dieci mesi dell’anno, in un percorso di crescita costante che per il 2024 dovrebbe attestarsi a circa 22 miliardi di euro, in linea con le previsioni aggiornate di finanza pubblica”.
Tuttavia, manca chiarezza perché dai dati di ItaliaDomani del 13 dicembre, la spesa sostenuta fino al 31 ottobre 2024 ammonta a 14 miliardi, cioè circa 3 miliardi in meno rispetto ai 17 dichiarati dal governo solo qualche settimana prima (figura 1). Potrebbe trattarsi di una discrepanza legata al momento della rilevazione, ma non è possibile verificarlo.
Figura 1 – Spese annue effettuate e spese pianificate (valori in miliardi di euro)

Ad ogni modo, non è chiaro quali siano le “previsioni aggiornate di finanza pubblica” a cui il governo fa riferimento,tali per cui la spesa pianificata Pnrr dovrebbe essere pari a 22 miliardi nel 2024 anziché di oltre 42 miliardi come indicato dalle ultime rilevazioni disponibili (Upb e Confindustria utilizzano dati estratti direttamente da Regis). Se davvero la spesa pianificata nel 2024 ammonta a soli 22 miliardi, significa che il rinvio al biennio 2025-2026 previsto dal governo potrebbe valere circa 20 miliardi, andando a sommarsi ai 57 e 49 miliardi già precedentemente pianificati. E l’ammontare rinviato accresce naturalmente le perplessità circa l’effettiva capacità di realizzare tutti gli investimenti entro la fine naturale del Pnrr.
Rinvio dopo rinvio per la spesa
Sin dalle prime previsioni ufficiali, c’è stato uno slittamento in avanti della pianificazione annuale di spesa, spesso motivato dalla necessità di tempistiche più lunghe per avviare i progetti. Ora però il rinvio di spesa potrebbe essere considerato come un vero e proprio ritardo nell’utilizzo delle risorse.
La preoccupazione sembra essere compatibile con le stime contenute nel Piano strutturale di bilancio (Psb), dove l’impatto annuale del Pnrr sul Pil crolla a 0,1 punti percentuali di crescita aggiuntiva per il 2024 rispetto allo 0,9 indicato nel Documento di economia e finanza (Def) di aprile (figura 2).
Figura 2 – Impatto annuale del Pnrr sul Pil con efficienza alta (Pil reale, scostamenti % annuali rispetto a scenario base senza spesa “aggiuntiva”, modello QUEST-III R&D)

Rinviati anche gli effetti sul Pil
I probabili ritardi hanno un’implicazione ovvia: viene rinviato l’impatto sulla crescita del Pil. Spostando la pianificazione delle risorse, si spostano gli effetti sul Pil. Infatti, le stime di impatto del Piano sui primi anni di implementazione sono state abbassate dal governo di pari passo con la revisione della distribuzione temporale della spesa per anno, anch’essa sistematicamente spostata in avanti (grafico 3). Ma finché si è potuto rinviare le spese agli anni futuri, l’impatto finale del Piano è rimasto elevato per una questione puramente meccanica. Nel Psb, infatti, la stima di impatto cumulato al 2026, sotto l’ipotesi di efficienza alta, è stata rivista leggermente al rialzo rispetto al Def di aprile, da 3,4 pp a 3,7 punti percentuali.
Ma ora che mancano solo due anni alla conclusione del Piano, il rinvio diventa un problema. In particolare, gli 0,8 punti percentuali di crescita aggiuntiva “spariti” dal 2024 (grafico 2) sono stati quasi completamente attribuiti all’ultimo anno, tanto che la stima di impatto del Pnrr sul Pil 2026 è raddoppiata, da 0,8 a 1,6 pp.
Una stima di crescita aggiuntiva così ampia, tuttavia, fa sorgere molte perplessità. Prendendola alla lettera e immaginando che al 2026 lo scenario senza Pnrr sia allineato con la crescita media annua pre-pandemia (+0,5 per cento), con un calcolo molto approssimativo ci si dovrebbe aspettare una crescita del Pil oltre il 2 per cento. Ma i previsori nazionali e internazionali danno oggi una crescita nel 2026 intorno all’1 per cento. Non paiono quindi scontare uno scenario di impatto del Piano così ampio.
Figura 3 – Spese pianificate del dispositivo RRF e impatto cumulato del Pnrr sul Pil

Fonte: elaborazioni Centro Studi Confindustria su dati DEF, NADEF, PSB e REGIS
* Stefano Olivari è membro del Centro Studi Confindustria. Tuttavia, le opinioni espresse in questo articolo sono attribuibili solo all’autore e non coinvolgono in alcun modo l’istituto di appartenenza. Il lavoro completo è disponibile qui.
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