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Un sussidio efficace per l’occupazione

La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli record, ma i recenti provvedimenti presi dal Governo per contrastarla non sembrano molto efficaci. Per rimettere in moto l’economia, è più utile un sussidio permanente per i lavoratori con i salari più bassi. Dove trovare le risorse per finanziarlo.
In questi giorni il Governo è intervenuto per contrastare la disoccupazione giovanile, in particolare con un sussidio temporaneo alle imprese che assumono giovani disoccupati. Il sussidio è elevato, ma è pagato al massimo per diciotto mesi.
Quando decide di assumere nuovo personale, un’impresa valuta la produttività dei lavoratori durante un periodo futuro abbastanza lungo. Se non prevede di aumentare la produzione, una riduzione temporanea, anche consistente, del costo del lavoro serve a poco: scaduto il sussidio, il dipendente ridiventa troppo costoso. E comunque anche in periodi di recessione vi sono imprese che aumentano la produzione e che assumono giovani. Per questo, la misura decisa dal Governo sembra essere poco efficace e rappresenta un regalo a una parte delle imprese.
CHE COSA OCCORRE FARE PER I GIOVANI?
Perché le imprese abbiano convenienza ad aumentare l’occupazione giovanile, devono prevedere una crescita stabile della produzione, ossia occorre che l’economia si rimetta in moto. Ciò si ottiene con un sussidio proporzionale al costo del lavoro per ciascun dipendente. In questo modo, i prezzi delle esportazioni e dei beni concorrenti a quelli importati diminuirebbero e si avrebbe un impulso agli investimenti. Il Pil e la domanda di lavoro aumenterebbero e si ridurrebbero sia il rapporto debito pubblico-Pil sia il disavanzo corrente della bilancia dei pagamenti.
Tuttavia, un sussidio di questo tipo è molto costoso. Una soluzione alternativa, meno costosa, è corrispondere un sussidio permanente per tutte le nuove assunzioni (giovani e non giovani). È una politica già sperimentata all’estero (in Francia, ad esempio) e anche in Italia, ma con scarso successo. Il sussidio è corrisposto solo a una parte delle imprese e causa la riduzione dell’occupazione nelle aziende concorrenti che non sono in grado di ottenerlo. Inoltre, nel rinnovare o sostituire gli impianti, le imprese tengono conto del costo medio del lavoro sul quale il sussidio influisce in modo trascurabile. Infine, si favoriscono così comportamenti opportunistici delle imprese, per esempio chiudere l’attività per riaprirne una nuova, così da sfruttare il sussidio. E anche in questo caso, dell’intervento beneficiano imprese che avrebbero comunque aumentato l’occupazione.
Un’altra soluzione è limitare il sussidio ai dipendenti con un salario basso: vi rientrano i giovani e i lavoratori con poche competenze professionali, i più colpiti dalla recessione in corso. Le imprese impiegano lavoratori con competenze differenti, un sussidio così disegnato riduce il costo del lavoro complessivo e fa aumentare anche l’occupazione dei lavoratori non interessati dalla misura. Inoltre, un intervento di questo tipo riduce i licenziamenti, effettivi e mascherati (Cig).
IL COSTO
Ho calcolato il costo approssimativo di un sussidio permanente limitato al 50 per cento dei lavoratori, stabili e a tempo pieno, con le paghe più basse, ossia con un salario annuale inferiore al salario lordo mediano. Ho previsto un sussidio pari all’8 per cento dei due terzi della retribuzione mediana. Le retribuzioni inferiori ai due terzi del valore mediano sono definite “retribuzioni basse”. Un sussidio del tipo indicato è superiore all’8 per cento per le retribuzioni basse e inferiore per i lavoratori con retribuzioni maggiori. Per il salario mediano, il sussidio è pari al 5,3 per cento, mentre non è pagato per i lavoratori con un salario superiore. Il sussidio implica una riduzione maggiore del “cuneo fiscale”, inteso come incremento percentuale del costo del lavoro rispetto al salario netto. Non considero gli oneri sociali che potrebbero essere ridotti.
L’Istat pubblica il valore mediano del salario lordo orario in ottobre. Il valore riguarda i lavoratori dipendenti nelle imprese con più di dieci addetti nell’industria e nei servizi. L’ultimo dato disponibile riguarda l’ottobre 2010 ed è al netto della quota della tredicesima mensilità. (1) Calcolando la retribuzione oraria comprensiva della quota della tredicesima e tenendo conto del numero di ore retribuite nel 2010, si ottiene una retribuzione annua lorda mediana di 22.698 euro. (2) Il sussidio annuale per i lavoratori a tempo indeterminato e a tempo pieno sarebbe, quindi, pari all’8 per cento dei due terzi di 22.689 euro, 1.211 euro del 2010.
La metà degli occupati stabili a tempo pieno nel 2012 era di circa 6,2 milioni di lavoratori. (3) Il costo annuale del sussidio per la collettività ammonterebbe a circa 7,512 miliardi di euro.
COME FINANZIARLO?
Il costo è approssimato per eccesso (ai prezzi del 2010). Il numero degli occupati comprende i lavoratori in Cig e anche i dipendenti della pubblica amministrazione e altri dipendenti pubblici per i quali il sussidio non sarebbe pagato. Lo strumento consentirebbe il ritorno al lavoro di una parte dei cassaintegrati e un minor ricorso alla cassa integrazione e ai licenziamenti in futuro, con conseguente riduzione della spesa pubblica.
L’aumento delle imposte derivante dall’incremento del Pil finanzia completamente il sussidio per i nuovi assunti e in parte quello per i dipendenti già occupati. Per finanziare la parte rimanente, si può ricorrere ad alcune misure: da una maggiore efficacia nel contrasto dell’evasione fiscale, ad esempio migliorando la tracciabilità dei pagamenti, all’aumento della progressività dell’imposta sul reddito delle persone fisiche; dalla eliminazione della cedolare secca sui contratti di locazione – e ritorno al pagamento dell’imposta ordinaria sul reddito per le seconde case, indipendentemente dal fatto che siano locate o meno -, all’impiego di una parte dei fondi individuati dalla commissione Giavazzi, con l’indagine sui contributi pubblici alle imprese, per diminuire il cuneo fiscale.
(1) Istat, Struttura delle retribuzioni, anno 2010, Statistiche report, febbraio 2013, tabella 13.
(2) Il corrispondente valore medio delle retribuzioni lorde annuali è 27.693 euro: il valore mediano è sotto la media del 22 per cento.
(3) Istat, Occupati e disoccupati, anno 2012, Statistiche flash, 1 marzo 2013, p. 4.

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22 commenti

  1. Giuseppe Crocetta

    E alla fine sempre più tasse e la chimera del contrasto all’evasione! Mi permetto di invitare l’autore a offrirci un contributo su come invece ridurre le tasse e contrastare seriamente l’evasione fiscale. Grazie

    • Sergio

      …basterebbe che tutti ci impegnassimo a pretendere scontrini e fatture!!, ma purtroppo la mentalità di un paese è difficile da cambiare

    • giuseppe cusin

      Può leggere le mie risposte agli altri commenti, in particolare quella a Mario Del Chicca?
      Giuseppe Cusin

  2. Mario Del Chicca

    Bravo, mi sembra ottima l’idea di aumentare le tasse! Con l’eliminazione della cedolare secca si viene poi incontro ai cittadini, meno abbienti, che hanno necessità di prendere in affitto un appartamento. Mi sembra proprio il contrario di quello che si dovrebbe fare. Ma io non sono un economista.

    • giuseppe cusin

      Le tasse non sono aumentate, ma si propone di trasferire il carico fiscale dal lavoro (diminuzione del cuneo fiscale) ai percettori di redditi elevati e agli evasori fiscali. La cedolare secca è un regalo ai grandi proprietari immobiliari. A Roma vi sono 1500 soggetti, persone fisiche e società, che possiedono ciascuno almeno 500 appartamenti. Come le può spiegare un libro elementare di economia politica, nel breve periodo un aumento delle imposte sulla proprietà immobiliare non si trasferisce sui canoni di locazione. Per il lungo periodo, tenga in conto che in Italia il numero di nuove costruzioni invendute è molto elevato, se ne riparla quindi fra molti anni.
      Può leggere le mie risposte agli altri commenti?
      Giuseppe Cusin

  3. Federico B

    Parrebbe di capire che, affinché l’economia si rimetta in moto, sia necessario il sussidio in oggetto. Le imprese assumono se vendono. Vendono se I prodotti sono competitivi. parrebbe descriversi una logica da rent- seekers tipica di taluni carrozzoni statali. Gli esempi sono variegati.. Occorre valorizzare I distretti di eccellenza, non proporre sussidi perenni. E tagliare le inefficienze. Almeno 40bn by COFOG, in termini relativi, rispetto alla Germania. Cio’ significa almeno 50/60bn di sprechi. Ma finche’ ce lo si racconta l’un l’altro

    • giuseppe cusin

      Rimando alla mia risposta al commento di Andrea.
      Giuseppe Cusin

  4. Alfonso

    Sì continua ad inventare soluzioni complesse e ad ignorare la via più semplice . Le imprese devono essere libere di assumere e licenziare. L’imprenditore non assumerà per soldi .

    • giuseppe cusin

      La precarietà del lavoro è una causa non secondaria della scarsità di capitale umano in Italia, e questa è la causa principale della poca crescita della produttività dopo il 2000.
      Può leggere le mie risposte agli altri commenti.
      Giuseppe Cusin

  5. Gabriele

    Mi chiedo che senso abbia sussidiare i lavoratori stabili e a tempo pieno.. consentire il ritorno al lavoro dei cassaintegrati? Non sarebbe meglio riordinare le politiche passive del lavoro, con un sussidio di disoccupazione VERAMENTE universale, investire finalmente su quelle politiche attive rivolte alla formazione e re-inserimento dei lavoratori, invece che sussidiare le imprese? Queste politiche costano, ma costano anche le soluzioni fino ad ora implementate con scarso successo. Soldi sprecati

    • giuseppe cusin

      E’ meglio un posto di lavoro che un’indennità di disoccupazione. Sicuramente è d’accordo anche lei. Può leggere le mie risposte ai commenti precedenti?
      Giuseppe Cusin

  6. tex

    Con quella cifra ci farebbero un reddito minimo garantito per tutti i disoccupati di qualsiasi età, single o sposati con figli e non solo gli under 29 disoccupati sposati e con figli, i consumi riprenderebbero e le aziende riprenderebbero ad assumere. Quello che stanno facendo per i giovani è da apprezzare, ma sempre più gente è in difficoltà, bisogna pensare a tutti.

    • giuseppe cusin

      Il modo migliore per pensare a tutti è rimettere in moto l’economia.
      La risposta al commento di Andrea lo spiega.
      Giuseppe Cusin

  7. nicolas

    Si possono fare diversi esercizi ma il sussidio servirà a nulla se indirizzato ad incentivare l’assunzione di giovani che poi nulla hanno da fare in azienda per mancanza di lavoro. Direi invece che presta il fianco a speculazioni come illustrato nell’articolo o ad agevolare assunzioni già programmate. Agirei invece su una diminuzione generalizzata dei diritti e contemporaneamente sulla decontribuzione a carico del datore.

    • giuseppe cusin

      Le imprese che vendono all’estero
      o producono beni sostituti di beni importati hanno convenienza a diminuire i
      prezzi di vendita ed aumentare la produzione quando il loro il costo (marginale)
      di produzione si riduce. Per lo stesso motivo, questo succede anche per le
      imprese non esposte alla concorrenza estera e con scarso potere di mercato.
      Spesso le imprese che hanno convenienza a sospendere la produzione e chiedere
      la CIG, potrebbero continuare a produrre con costi minori. Un esempio sembra
      essere l’impresa di Belluno (Corriere della Sera, 6/07/2013, p. 22, trenta
      dipendenti circa) la quale, per continuare a produrre, ha chiesto ai lavoratori
      di lavorare mezz’ora in più a parità di salario, con una riduzione del costo di
      un’ora di lavoro di poco meno del 6 per cento. L’imprenditore si è impegnato a
      pagare a fine anno le ore lavorate in più se la situazione migliorerà.
      Trascurando i problemi sindacali e supponendo la buona fede dell’imprenditore,
      è un esempio che basta poco, talvolta, per mantenere un’impresa in attività ed evitare CIG, liste
      di mobilità, indennità di disoccupazione. Il sussidio corrisponde ad una
      “decontribuzione a carico del datore”. Naturalmente non si ottengono
      miracoli, e il sussidio è pagato anche ad imprese che non aumentano la
      produzione.

  8. fr

    Non so, forse non riesco proprio a vedere le cose semplici in maniera difficile, hanno fatto il contratto di apprendistato? Io lo userei per tutti i disoccupati, anche per riqualificarli. Ad un quarantenne disoccupato, gli farei un apprendiatato e lo assumerei, incanalandolo verso quelle che sono oggi le competenze richieste: informatica, lingue straniere, risparmio energetico, bioedilizia, turismo etc.

    • gcusin

      Le imprese impiegano i contratti di apprendistato per la formazione iniziale. Il contratto di apprendistato è di fatto a termine. Quando l’impresa ha convenienza ad investire nel capitale umano del personale usa contratti a tempo indeterminato per trattenere il lavoratore nell’impresa e recuperare le spese di formazione. Il lavoratore si impegna meglio nella formazione, se gli è assicurato un posto di lavoro stabile. La precarietà è una delle cause della scarsità di capitale umano in Italia.
      Giuseppe Cusin

    • giuseppe cusin

      Le imprese impiegano i contratti
      di apprendistato per la formazione iniziale. Il contratto di apprendistato è di
      fatto a termine. Quando l’impresa ha convenienza ad investire nel capitale
      umano del personale usa contratti a tempo indeterminato per trattenere il
      lavoratore nell’impresa e recuperare le spese di formazione. Il lavoratore si
      impegna meglio nella formazione, se gli è assicurato un posto di lavoro
      stabile. La precarietà è una delle cause della scarsità di capitale umano in
      Italia.
      Giuseppe Cusin

  9. Andrea

    Sono anni che leggo articoli e commenti su questo sito. Ho la tentazione, come tanti, a vestire i panni del presidente del consiglio (come quello del CT della nazionale) ma preferisco astenermi. Mi limito a “chiedere” un consiglio sulle idee di altri Presidenti del consiglio MAI messe in atto:
    -1- PRODI 2006 (il lavoro a tempo determinato DEVE costare di più di quello a tempo indeterminato) lo trovo di una semplicità ed efficacia quasi imbarazzante. Non vi dico quanti contratti a termine e cocopro ho firmato, me ne vergogno. Vivo e resisto come molti dei miei coetanei (35 anni). Mi limito a sottolineare che nelle aziende (pubbliche o private) io e i miei “simili” eravamo/siamo gli imbecilli da sfruttare, ricattare e mandare via appena non conviene più (fine sussidi). Mi sta bene avere un contratto a tempo ma… pagatemi bene e assumetemi se vi servo davvero e potete pagarmi. Magari se qualcuno mi offre di più, perchè son bravo oppure perchè ho gli occhi azzurri, me ne vado io. Mercenario? No precario-professionista.
    -2- MONTI 2012 (i servizi al cittadino devono essere un accompagnamento alla vita sociale del cittadino stesso) OK, magari prevedendo situazioni che nella vita di ognuno sono ormai prassi: mutuo con contratti “stupidi”, gravidanza di una donna con contratto “stupido” ecc….
    In Italia ci sono troppi tipi di contratti. Ma non ne bastano solo 3? Uno per provare la persona (e poi assumerla se ti serve), uno per un progetto a termine (appalto pubblico/privato), uno periodico (un periodo di grande mole di lavoro per esempio stagionale). Oltre a quello di lavoro indeterminato naturalmente. Poi se uno ruba, fa male il suo lavoro o altro, si manda via (naturalmente dopo aver approfondito ed essendone assolutamente certi).
    GRAZIE

    • giuseppe cusin

      Lo scopo principale del sussidio proposto è fare in modo che l’economia si rimetta a crescere. Le politiche tradizionali keynesiane, a mio avviso, non
      sono appropriate alla situazione attuale. Aumentare la domanda aggregata non
      solo è incompatibile con i vincoli imposti dall’Europa, ma avrebbe l’effetto di aumentare le importazioni, peggiorando il conto corrente della bilancia dei
      pagamenti. Tenga in conto che l’Italia ha una posizione netta passiva verso
      l’estero consistente, ossia i debiti verso l’estero eccedono di molto i crediti anche tenendo in conto le riserve valutarie. occorre quindi crescere, ma migliorando la bilancia dei pagamenti. Per il resto, il sussidio è strutturato in modo da incentivare le assunzioni stabili. Meglio sarebbe poter pensare ad un sussidio
      più elevato, ma c’è il problema delle risorse.
      Giuseppe Cusin

  10. Marco

    C’è qualcosa alla base di tutti questi ragionamenti che sfugge.
    Per anni si è detto che l’eccessiva rigidità del mercato del lavoro era una delle cause della scarsa competitività del sistema produttivo italiano. Scarsa competitività quindi anche scarsa crescita e sempre meno occupazione.
    Sulla base di questo convincimento negli anni 90 e 2000 i diversi governi che si sono succeduti hanno destrutturato il mercato del lavoro, introducendo molteplici forme di flessibilità, al punto che ormai una buona fetta del lavoro dipendente viene definito “atipico”.
    Ora, a distanza di qualche anno, le stesse istituzioni europee che ci spingevano a destrutturare il mercato del lavoro accordano benefici economici ai governi nazionali per aiutare le aziende che assumono a tempo determinato.
    Ma come è possibile? Perché incentivare ciò che è stato fortemente combattuto? Forse queste politiche di destrutturazione del mercato del lavoro sono state fallimentari? Ma allora bisognerebbe anche dirlo ad alta voce e attuare politiche conseguenti.
    Lei che ne pensa Professore Cusin?

    • giuseppe cusin

      Mi pare che lei volesse dire “che
      assumono a tempo indeterminato”.
      In poche righe non è possibile
      una risposta esauriente sul problema della flessibilità dei rapporti di lavoro.
      Salvo qualche caso particolare,
      non si è mai sostenuto che siano preferibili contratti a termine rispetto a
      contratti stabili di lavoro. Il problema della flessibilità riguarda le
      modalità di assunzione e di licenziamento e gli orari di lavoro. I posti di
      lavoro regolari sono fondati su contratti a tempo indeterminato. Un rapporto di
      lavoro che dura a lungo dà la possibilità di acquisire nuove competenze
      professionali, per il motivo che rende conveniente all’impresa formare il
      dipendente e a questi, l’impegno nell’addestramento. Da tempo ci si domanda se
      la bassa crescita della produttività in Italia non sia dovuta anche alla
      precarietà diffusa nei rapporti di lavoro; in proposito può vedere “Banca
      d’Italia, Rapporto sulle tendenze del sistema produttivo, Questioni di economia
      e finanza, n. 45, aprile 2009”, pp. 104-14.
      Giuseppe Cusin

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