Ai membri della “Netless Class” manca quel capitale di beni e relazioni che permette di reagire agli imprevisti della vita. È una condizione sempre più diffusa e va affrontata con una priorità chiara: garantire a tutti l’accesso ai diritti fondamentali.
Nuove disuguaglianze: chi ha una rete patrimoniale e chi no
Di questi tempi si parla molto di diseguaglianze, ma raramente si coglie la frattura cruciale che le attraversa oggi: non tanto tra chi lavora e chi no, né solo tra occupati stabili e precari, ma tra chi dispone di una rete patrimoniale – beni, relazioni, famiglia – e chi ne è privo. La crescita delle diseguaglianze patrimoniali, l’asimmetria fiscale tra capitale e lavoro e la concentrazione del potere economico in mercati sempre meno contendibili stanno rendendo strutturale la divisione. La chiamiamo qui, in modo sintetico, Netless Class: la classe di chi lavora, ma senza rete.
Non è un’idea puramente teorica. Uno studio di Daniele Checchi, Tullio Jappelli, Immacolata Marino, Annalisa Scognamiglio “Inequality trends in a slow-growing economy: Italy 1990–2020” mostra come in Italia la diseguaglianza nei redditi familiari equivalenti sia cresciuta in modo significativo negli ultimi trent’anni, con un aumento delle diseguaglianze patrimoniali. Il lavoro documenta anche una crescente quota di popolazione adulta priva di ricchezza netta. La dinamica si innesta su un quadro già segnato da diseguaglianze strutturali nei redditi da lavoro e nella mobilità sociale. Secondo lo stesso studio, tra il 1990 e il 2020 il coefficiente di Gini dei redditi netti da lavoro nella fascia 25-55 anni è salito da 0,25 a 0,32, mentre quello dei redditi familiari disponibili è passato da 0,28 a 0,34, nonostante i correttivi dei trasferimenti pubblici. I dati Inps segnalano valori ancora più alti (fino a 0,46), suggerendo che la diseguaglianza salariale si è estesa anche tra lavoratori formalmente protetti. Nella metà inferiore della distribuzione, i redditi reali sono addirittura diminuiti, contro una crescita modesta nella parte superiore. La mobilità intergenerazionale rimane bassa: la posizione nei decili di reddito tende a essere stabile nel tempo e il legame tra background familiare e risultati economici non si è attenuato. Anche l’investimento educativo non è più garanzia di mobilità: la maggiore scolarizzazione ha ampliato l’accesso al lavoro, ma ha perso potere segnaletico, contribuendo poco alla riduzione delle diseguaglianze.
In altre parole: chi ha capitale, lo vede moltiplicarsi; chi ha solo il lavoro fatica a mantenere il proprio tenore di vita. Le diseguaglianze patrimoniali si traducono in asimmetrie reali nelle possibilità di scelta, nella gestione degli imprevisti, nella propensione al rischio e perfino nella capacità di negoziazione sul mercato del lavoro.
L’equilibrio precario di chi non ha una rete di protezione
La novità non è l’esistenza dei rentier, ma che le reti di protezione (patrimoniali, familiari, relazionali) siano diventate il vero fattore di distinzione sociale. Non basta più guardare alla natura del contratto o alla professione. Oggi ci sono piccoli imprenditori, freelance, autonomi, lavoratori dipendenti apparentemente “solidi” che vivono in equilibrio precario, perché privi di risorse da attivare in caso di shock. Sono questi i membri della Netless Class: non necessariamente poveri, ma esposti a un licenziamento, a una malattia, a una separazione, a una crisi di mercato, perfino a un contenzioso legale. L’imprevisto non è solo un rischio: è una soglia che li separa dalla caduta.
Questa condizione implica anche una asimmetria nel potere negoziale e nei diritti. Chi non ha capitale difficilmente può sostenere i costi di un’azione legale per far valere le proprie ragioni, anche quando avrebbe diritto a farlo. Al contrario, chi dispone di mezzi può attivare procedimenti anche solo per scoraggiare l’altra parte, esercitando un potere extragiuridico: per esempio, attraverso cause temerarie o minacce implicite di azioni per diffamazione che inibiscono la libertà di parola. È un altro volto della diseguaglianza: non solo nel reddito, ma nell’accesso effettivo alla giustizia e all’espressione.
Trovare soluzioni prima che sia troppo tardi
La frattura richiede un’azione fiscale redistributiva più ambiziosa: revisione delle imposte sulle successioni, contrasto alle scappatoie fiscali delle multinazionali, riequilibrio del prelievo tra lavoro e patrimonio. E richiede politiche pubbliche che rivedano le priorità di investimento, capaci di de-mercificare l’accesso ai diritti fondamentali: educazione, istruzione, salute, “capacitazione”, inclusione in reti sociali di valore. Il rischio è che la frustrazione di chi lavora senza rete venga catturata da narrazioni identitarie e xenofobe, che invece di unire dividono. La Netless Class non è una categoria sociologica, ma una condizione diffusa e trasversale tra le tassonomie tradizionali del mondo sociale: non ancora un soggetto politico.
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