In Italia l’età pensionabile è collegata all’aspettativa di vita. Nel 2027 scatta un aumento di tre mesi dei requisiti di pensionamento. Il governo sceglierà ancora di proteggere chi è vicino alla pensione scaricando l’onere sulle generazioni più giovani?
Il ruolo dell’aspettativa di vita
In Italia l’età pensionabile non è fissa, ma varia in base all’aspettativa di vita. Introdotto nel 2010, questo meccanismo è diventato pienamente operativo con la riforma Fornero del 2011. Ogni due anni, l’Istat ne comunica l’incremento e questo comporta, automaticamente, un aumento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia (67 anni) e anticipato (42 anni e 10 mesi di contributi, uno in meno per le donne).
Il sistema ha garantito nel corso degli anni una certa sostenibilità alla spesa previdenziale, adeguando l’età effettiva di pensionamento all’evoluzione demografica.
Non è mai stato un passaggio politico semplice. Nel 2017 governo Gentiloni dovette arrivare a un accordo complessivo sulle pensioni per dare il via libera all’aumento dell’età pensionabile previsto dalla legge. Il “film” è sempre lo stesso: Istat comunica l’incremento dell’aspettativa di vita; Inps aggiorna le tabelle per chi fa domanda di pensione, tipicamente quasi due anni prima l’effettiva decorrenza dei nuovi requisiti; i sindacati (che fanno il servizio prezioso del patronato) sollecitano la politica a intervenire e bloccare l’aumento. Spesso ci finisce ingiustamente di mezzo l’Inps, che pubblica le tabelle, peraltro in ovvio e doveroso rispetto della legge.
Ai tempi del Covid, per la prima volta in assoluto, l’aspettativa di vita è scesa, per poi risalire ai livelli pre-2020. Ma quel che rileva qui è che, già prima del Covid, nel 2019, il governo gialloverde ha sospeso temporaneamente il meccanismo, bloccando l’aumento automatico dei requisiti per il pensionamento anticipato fino al 2026. La scelta, poco visibile ma molto costosa, ha interrotto un importante presidio di sostenibilità. Il governo Meloni ha successivamente reintrodotto il meccanismo dal 2025, ma senza effetti pratici immediati: l’Istat ha certificato un’aspettativa di vita stabile e dunque i requisiti rimangono invariati almeno fino al 2026.
L’aumento del 2027 e il bivio del governo
Il vero problema si aprirà nel 2027. Se non verrà adottata una nuova sospensione, scatterà un incremento di tre mesi nei requisiti per il pensionamento di vecchiaia (da 67 a 67 anni e 3 mesi) e per quello anticipato contributivo (da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 1 mese per gli uomini, da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 1 mese per le donne).
L’aumento è limitato, ma sufficiente a creare un vuoto previdenziale per circa 44mila lavoratori, i cosiddetti “nuovi esodati”. Si tratta di lavoratori che hanno concordato un’uscita anticipata con il datore di lavoro, contando su requisiti certi al momento del pensionamento. Lo slittamento li lascerebbe per tre mesi, tra il 2026 e il 2027, senza stipendio, senza pensione e senza contributi versati. I casi più critici riguardano 19.200 lavoratori in isopensione, 4mila con contratto di espansione e altri 21mila usciti con i fondi bilaterali. C’è da dire che ogni volta che si parla di “esodati” i numeri divergono, l’Inps sostiene che il dato di chi davvero avrebbe un problema sia molto inferiore.
Comunque, il governo è ora di fronte a un bivio. Può esonerare questi casi specifici dall’incremento previsto, con un costo limitato (qualche centinaio di milioni), oppure sospendere nuovamente per tutti l’adeguamento automatico. La seconda opzione sarebbe più onerosa (fino a 3-4 miliardi). Lo ha ricordato l’Ufficio parlamentare di bilancio: l’adeguamento automatico dei requisiti è una misura chiave per garantire equità intergenerazionale.
Il rischio è che il governo, per evitare tensioni sociali e tutelare chi andrà in pensione nei prossimi anni, scelga una soluzione “facile”, bloccando il meccanismo per tutti. Si riproporrebbe così il copione del passato: proteggere chi è vicino alla pensione scaricando l’onere sulle generazioni più giovani. Rinunciare al meccanismo di adeguamento significa anche trasmettere un segnale di debolezza verso i mercati finanziari e la Commissione Ue.
La questione dell’equilibrio tra generazioni
In prospettiva, e almeno fino alla messa a regime del sistema contributivo dal 2035-2040 circa in poi, quello delle pensioni rimane un tema di equilibrio tra generazioni. Chi è favorevole al blocco dell’adeguamento spesso fa riferimento al fatto che sarebbe un’“ultima spesa” perché, dopo il 2040, la spesa pensionistica dovrebbe teoricamente ridursi. Ma il pericolo è che il calo della spesa risulti solo apparente, mascherando un nuovo ciclo di interventi pubblici a favore dei pensionati con assegni troppo bassi. Il presunto “calo” della spesa deriva dalle previsioni (spesso ottimistiche) sulla crescita futura e dal passaggio al sistema contributivo. Ma potrebbe rivelarsi “finto”: il sistema contributivo garantisce prestazioni più basse, che potrebbero non essere sufficienti per una parte della popolazione, creando così pressione politica per nuove integrazioni a carico della fiscalità generale.
È vero che nel sistema contributivo sarà l’anzianità contributiva e l’età effettiva al pensionamento a determinare il livello degli assegni, lavorare più a lungo diventerà quindi una condizione necessaria per ottenere trattamenti adeguati. Tuttavia, molti, per quanto a lungo lavoreranno, non raggiungeranno pensioni dignitose e richiederanno una “integrazione al minimo” come c’è nel sistema attuale.
La questione dell’integrazione al minimo nel sistema contributivo si può affrontare tra qualche anno, quando entrerà in vigore integralmente. Il tema della sostenibilità delle pensioni e dell’equilibrio tra generazioni va affrontato ora, evitando scorciatoie come la sospensione dell’adeguamento automatico.
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Enrico
Il difetto sta nel manico: perché mai si deve fissare una età minima per il pensionamento e non ci si limita a calcolare l’assegno in base alla speranza di vita residua? La sostenibilità del sistema sarebbe garantita ugualmente, ma senza imporre dall’alto scelte di vita ai lavoratori.
Fabrizio Merli
Se non ci fossero le integrazioni al minimo, le reversibilità, banalmente il lavoro nero, non farebbe una grinza. Chi vuole riscattare un assegno annuale lordo interamente contributivo pari ad almeno il doppio della minima/assegno sociale che avrà riconosciuto dopo i 70 anni e di anni ne ha un numero compatibile con una vera uscita dal mondo del lavoro (60? 65?), dovrebbe poterlo fare. Porto esempio di paziente oncologico grave in famiglia quasi sessantenne, aspettativa di vita stimata (purtroppo) di pochi anni, per fortuna possiamo permetterci di aiutarlo noi, ma avrebbe contributi che, quantomeno dai 60 anni e parametrati comunque ad una aspettativa di vita normale per lui svantaggiosa, dovrebbe poter riscattare sotto forma di assegno mensile. Sono a tutti gli effetti soldi versati da lui che comunque di certo non vedrà interamente restituiti.
Emanuela
Salvare chi è vicino alla pensione? Ma sapete quanti anni ha un lavoratore vicino alla pensione? 40 …quarant’anni di LAVORO!!
FATEVELI voi 40 anni di lavoro e poi venite a dirci che andare con 40 anni di lavoro è un privilegio! Quanto o politici ci vanno con 5 Anni !!!
Savino
Lo vada a dire a chi viene assunto oggi, che, a partire da data odierna, dovrà farsi magari 44-45 anni di lavoro e tutti con contratti precari e datori diversi. Non ci arriva alla pensione quella persona.
Giuseppe
Egregio signore, il denaro della mia pensione è il MIO denaro, che sono stato obbligato ad accantonare, tant’è vero che la pensione è calcolata su quanto ho versato, e comunque per difetto, non è una tassa e non è un accantonamento che io debba sentirmi obbligato a relazionare e condividere con i giovani, e su questo aspetto della questione non vado oltre perchè si aprirebbe un capitolo a parte. Sul sito INPS il mio monte contributivo è una cifra di tutto rispetto e, se fosse veramente mio, come in un’assicurazione privata, potrei richiederlo in qualsiasi momento ed andarmene, liberando lo Stato dall’obbligo della rendita mensile. Però a quanto pare lo stato spera in una mia premorienza per fare tutt’altro con i miei soldi,tipo armi per la pace ed altre amenità, e questo non mi sta bene perchè quelli sono i miei soldi, sudati, in una vita in cui sono stato pelato dalle tasse e sempre più privato dei servizi per i quali pago profumatamente senza avere quasi nulla in cambio se non sciocchezze o considerazioni come quelle scritte da lei. Che mi ridiamo i miei soldi, tutto il resto, dopo 40 anni di lavoro, non mi interessa più
Francesco
Perché se no Vannacci come fa ad andare in pensione con 8000 euro mese alla sua giovane età se i fes** non pagano anche per lui e suoi amici…
Vito
Vi sono molteplici situazioni di vita soggettive che risulta impossibile gestire tutte con coerenza logica e di giustizia Ritengo che ad ogni cittadino debba essere data la possibilità di uscire dal mondo del lavoro in ogni momento della sua vita quando questo ritenga di doverlo fare E lo stesso di percepire una pensione in relazione ai versamenti da questo fatti calcolando dall età che sta uscendo fino all età riportata dalla aspettativa di vita media esistente. Esco a 60 anni aspettativa di vita uomo 83 anni Calcolo I contributi versati divisi 23 anni ottero una pensione mensile da percepire.
Pasquale Deidda
Quanto viene sostenuto può essere condivisibile.
Ma perché non si chiedono sacrifici a chi ha avuto grandi benefici nel passato.
Non mi si venga a dire che non si può intervenire su diritti acquisti.
Perché anche io posso considerare acquisto un diritto quando stipula un contratto di lavoro a delle condizioni prestabilite.
Io avevo acquisto diritti che poi sono stati messi in discussione con una legge.
Il problema è che certe decisioni non pagano politicamente.
Il problema è che si vanno a toccare i diritti di chi ha portato la nostra nazione allo stato in cui ci troviamo.
Quanto prende Dini di pensione
Quanto prende Amato di pensione
Quanto percepiscono ex segretari dei Sindacati di pensione.
Questi la pensione la percepiscono rispettando l’equilibrio che si vuole fare pagare a noi e alle generazioni future.
Il governante non può limitare la sua azione all’oggi tutelando ieri .
Ma deve essere lungimirante
bob
parliamone piuttosto della vergognosa situazione da paese incivile Enasarco/INPS
Nicoletta Reffo
Perché nessuno parla dell’ enorme disuguaglianza introdotta dallo stato per quanto riguarda gli infermieri che per riscattare 2 anni di scuola infermieri devono ora pagare MIGLIAIA DI EURO costringendoli così a rimanere al lavoro, a differenza ad esempio degli insegnanti a cui sembrano bastare circa 900 euro per riscattare 1 anno di studi per uscire prima dal lavoro ?
GIANCARLO MAGNANI
Mi scusi ma è da 50 anni che non vengono tutelate le generazioni future con pensionamenti che in passato erano semplicemente ridicoli. Con gente che ormai prende la pensione da quando aveva si e no 50 anni di età, che la prende ormai da 30 o 40 anni. Lei fa la pulce adesso per tre mesi in più? E tutte le ingiustizie sociali molto più evidenti nel nostro sistema dove un operaio prende il 30 per cento in piu di un infermiere o un educatore: questo va bene? Per favore, la gente che lavora a 67 anni è stanca, ha un fisico ormai debilitato, è demotivata.
Roberto
Quei 4 miliardi li tirerebbero fuori sempre quelli che hanno lavorato per 40, cominciate a togliere dal conto le pensioni sociali e tutti i sussidi che pagate con i soldi di chi lavora. Certo, dovete farci pagare e quindi lavorare fino a poco prima della morte, vero ?
Alexx
Quando sento parlare di pensioni, il gesto più istintivo, e meno triviale, che mi viene naturale, è mettermi le mani nei capelli…
Dario Sforza
Il meccanismo che lega l’età pensionabile all’aspettativa di vita é profondamente ingiusto e risponde solo all’esigenza di salvare i bilanci. Esso non tiene conto che molti muoiono prima e neanche che molti hanno pagato oltre 40 anni di contributi. É un’ipocrisia pensare alle pensioni dei giovani, alle quali dovrebbe pensare l’erario. É comunque ingiusto trattare diversamente le persone nate entro l’anno, che restano assoggettate al vecchio decreto, rispetto a quelle nate il 1° gennaio successivo. Non è il gioco dell’oca, dove sei capiti nella casella sbagliata torni indietro. I criteri devono essere certi per tutti e fissati sia per la vecchiaia che per la contribuzione L’assegno deve rispondere ai contributi versati. Anche il sistema misto è inaccettabile; chi ha contribuito fino al 1995 dovrebbe avere il contributivo integrale, come diritto acquisito. Se tale concetto vale per i vitalizi, ebbene, deve valere anche per gli altri diritti. Alzare l’asticella a proprio comodo non risponde ai criteri di equità, uguaglianza costituzionale e certezza del diritto. Il sostegno pensionistico risponde ad un criterio mutualistico, ma non può creare differenze tra i cittadini.
Vittorio
Quando si tratta il tema pensioni, la discussione si fa sempre accesa. In genere ad intervenire sono le persone ormai vicine alla soglia del pensionamento. Sono quelle che nella carriera lavorativa hanno assistito a più interventi sul tema e che quindi hanno visto allontanare più volte letà pensionabile, Legittima frustrazione, accompagnata da una probabile demotivazione, dopo tanti anni assati al lavoro. Incertezza, acciacchi, situazione lavorativa spesso ormai non ottimale. Gente che ha lavorato duro e che vorrebbe disporre di tempo libero, finchè in discreta salute. Ma il sistema così non regge, questa è la dura realtà, non tanto per chi ormai è arrivato a questa fatidica soglia, ma per i tanti errori commessi in passato da tutti, proprio tutti i paesi dove è prevista l’esistenza di un sistema pensionistico. La nuova demografia, le nuove rivoluzioni nel mondo del lavoro, pongono i sistemi di fronte ad una triste e necessaria presa di consapevolezza. Il singolo non può che scegliere (se può), di aumentare i propri risparmi in vita (sottraendoli al consumo, con conseguenti impatti economici), cercando di crearsi una personale riserva da cui attingere in caso di bisogno.
Dario
Il meccanismo che lega l’età pensionabile all’aspettativa di vita é profondamente ingiusto e risponde solo all’esigenza di salvare i bilanci. Esso non tiene conto che molti muoiono prima e neanche che molti hanno dato oltre 40 anni di contributi. É un’ipocrisia indurci a pensare alle pensioni dei giovani, facendoci sentire in colpa dopo quanto abbiamo versato. Al futuro dei giovani invece, dovrebbe pensare lo Stato. É comunque ingiusto trattare diversamente le persone nate entro l’anno, che restano assoggettate al vecchio decreto, rispetto a quelle nate al 1° gennaio successivo. Non è il gioco dell’oca, dove sei capiti nella casella sbagliata torni indietro. I criteri di vecchiaia e di contribuzione devono essere fissi, certi, univoci ed uguali per tutti e l’assegno deve rispondere ai contributi versati. Anche il sistema misto è inaccettabile; chi ha contribuito fino al 1995 dovrebbe avere il contributivo integrale, come diritto acquisito. Se tale concetto vale per i vitalizi, ebbene, deve valere anche per gli altri diritti.
Sonia Ardemagni
Basta! Decidete un’età per andare in pensione! Chi versato tanto prenderà tanto chi ha versato poco prenderà poco!
Massimo Ceriotti
Chi avrà la pensione interamente calcolata con il metodo contributivo contribuisce già in modo sostanziale all’equità del sistema, e non merita altre penalizzazioni.
Gli squilibri sono dovuti al fatto che per decenni è stato possibile andare in pensione con pochi anni di lavoro e potendo contare su un assegno pensionistico interamente calcolato con il metodo retributivo.
Dedichiamoci piuttosto a far crescere gli stipendi, che sono tra i più bassi d’Europa in termini di potere d’acquisto: questo servirebbe, anche, a sostenere il sistema previdenziale grazie a maggiori contributi versati.
lorenzo
Ci vuole molto ad adeguare la pensione ai contributi effettivamente versati a coloro che già stanno in pensione (eventualmente integrata al minimo) magari con solo 15 anni 6 mesi e 1 giorno?
Barbara
Non si è mai pensato di rimediare anche in maniera simbolica agli scandali del passato, tipo baby pensioni, con un sia pur piccolo prelievo di solidarietà….anche solo per affermare un criterio di giustizia e di uguaglianza tra i cittadini.
Pertanto no, alla luce di quanto sopra, l’aumento dei tre mesi della età pensionabile è inaccettabile e iniquo. Chi arriva a 67 anni è stanco, vuole poter godere del proprio tempo dopo aver lavorato tutta la vita…a differenza dei baby pensionati ai quali noi stiamo pagando la pensione. Quindi ancora una volta no all’aumento dei tre mesi…basta abbiamo già dato.
GINO ROSSI
I conti dell’INPS non li fa certo saltare chi ha lavorato per 43 anni … BEN 43 ANNI !!! e gli si chide di continuare a lavorare.
I conti dell’INPS saltano per tutte le pensioni che già ora vengono erogate e che non hanno nessuna corrispondenza con i versamenti effettuati (credo siano proprio tante); saltano per l’evasione contributiva che c’è; saltano quando si mischia previdenza con assistenza, saltano perchè non si riesce a far aumentare il numero di coloro che versano i contributi (… quanti giovani italiani scappano all’estero a lavorare …, quanti stranieri potrebbero essere formati e inseriti nel mondo del lavoro ma non lo si vuole fare …).
Poi … i diritti acquisiti devono valere fin tanto che il sistema tiene; se il sitema non tiene più bisogna andare a rivedere anche i diritti acquisiti (ad esempio di chi percepisce oltre il versato), ovviamente con la dovuta equità per chi percepisce poco; non è giusto che il prezzo lo paghino solo coloro che devono ancora andare in pensione ….
E poi mandare in pensione più tardi gente che ha già un certa età è ANTIECONOMICO !!!
Infatti queste persone sono più soggette a periodi di malattia, sono meno efficienti (purtroppo si invecchia e il mondo del lavoro oggi cambia rapidamente) e, obbligandoli a lavorare, non possono essere utili alla famiglia (magari per accudire i nipoti o moglie / marito con problemi di salute), e, volendo, non possono dedicarsi al volontariato o a far girare un pò l’economia con viaggi e vacanze (chi può) …
E infine: sapete cosa vuol dire per un sessantenne farsi magari due ore al giorno di macchina per recarsi al lavoro e tornare a casa, imbottigliato nel traffico caotico o schiaggiato come sardine su mezzi di trasporto strapieni e spesso in ritardo ???
E ci sarebbe anche altro da dire, magari sulle cosiddette “Finestre” …. una vera e propria vergogna !!! o sulle liquidazioni erogate con mesi se non anni di ritardo, o sulle pensioni che godono di regimi privilegiati (vedasi politici): una cosa odiosissima !!!
E si continua con il bilancino dei due / tre mesi di aspettativa di vita in più (se poi riuscirai a vivere) come se questo possa risolvere i problemi !!!