Negli ultimi anni è salito il numero di lavoratori qualificati che rientrano in Italia utilizzando gli incentivi fiscali loro riservati. Sono soprattutto giovani italiani, molto istruiti e con retribuzioni alte. L’impatto strutturale resta però da valutare.
Gli incentivi al rimpatrio
Negli ultimi quindici anni, l’Italia ha introdotto e progressivamente potenziato una serie di misure volte a favorire il rientro di capitale umano qualificato dall’estero. La filosofia alla base degli interventi è quella di contrastare la “fuga dei cervelli” offrendo incentivi fiscali a chi decide di tornare a lavorare nel nostro paese. Dal primo regime “Controesodo” del 2011, riservato ai laureati under 40 con almeno due anni di esperienza all’estero, si è passati al più noto “Impatriati”, introdotto nel 2016 e modificato in senso espansivo con il decreto “Crescita” del 2019. Quest’ultimo ha aumentato la quota di reddito esente da imposizione fiscale (fino al 70 per cento e al 90 per cento per chi si trasferisce in regioni del Sud), ha eliminato il requisito della laurea e ha previsto l’estensione della durata del beneficio fino a 13 anni per chi dimostra elementi di radicamento sul territorio, come l’acquisto di una prima casa o la presenza di figli. Più di recente, il decreto legislativo 209/2023 ha rivisto nuovamente la normativa, reintroducendo requisiti formativi e limiti sull’imponibile agevolabile.
Aumentano i beneficiari
L’analisi condotta, presentata anche nel XXIV Rapporto annuale Inps grazie alla condivisione dei dati da parte della Direzione studi e ricerche economico-fiscali del ministero dell’Economia e delle Finanze, si concentra sul periodo 2016-2023, quando erano attivi i regimi “Impatriati” e “decreto Crescita”. I numeri mostrano una crescita sostenuta dei beneficiari: si passa da circa 1.700 persone nel 2016 a oltre 40mila nel 2023. Si tratta in prevalenza di cittadini italiani (circa il 70 per cento sul totale), ma è presente anche una quota significativa di lavoratori dell’Unione europea (20 per cento) e di paesi extra-Ue (10 per cento). Il titolo di studio è generalmente elevato: circa due terzi dei beneficiari risultano laureati, secondo gli incroci con le comunicazioni obbligatorie. La misura ha attratto soprattutto persone in età relativamente giovane: circa due beneficiari su tre hanno meno di 40 anni, con un’età media complessiva di 39 anni.
Tabella 1 – Principali caratteristiche dei beneficiari del regime “Impatriati” (2016–2023)

Aree e settori di destinazione
Dal punto di vista della distribuzione geografica, i rientri si concentrano soprattutto nelle grandi aree urbane e nei distretti tecnologicamente più dinamici, in particolare in Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. I dati mostrano anche una progressiva crescita della partecipazione femminile: le donne erano il 28 per cento nel 2017 e sono salite al 36 per cento nel 2023. La presenza straniera tende a essere più consistente tra i lavoratori over 40, mentre tra i trentenni la maggioranza è di cittadini italiani.
Per quanto riguarda i settori produttivi (figura 1), l’analisi mette in evidenza una forte specializzazione dei beneficiari. I comparti della scienza e tecnologia (15 per cento), dell’informazione e comunicazione (13 per cento) e della finanza e assicurazioni (8 per cento) sono largamente sovra-rappresentati rispetto alla media dell’economia italiana, dove pesano rispettivamente per il 3, 2 e 1 per cento. Al contrario, il settore pubblico è meno rappresentato tra i beneficiari (7 per cento contro il 21 per cento della media nazionale), sebbene circa la metà di questa quota sia assorbita dal servizio sanitario nazionale. L’università, invece, risulta sottostimata nei dati disponibili, poiché parte del personale rientrato può aver scelto di aderire a un regime specifico diverso da quello generale “Impatriati”.
Figura 1 – Distribuzione dei beneficiari per settore (escluso università e ricerca)

Retribuzioni più alte della media
Un altro elemento rilevante riguarda le retribuzioni. I lavoratori che usufruiscono dell’incentivo guadagnano significativamente più della media: il reddito mediano lordo annuo, a prezzi costanti 2022, è pari a 57.612 euro, quasi il doppio rispetto ai 30.783 euro della mediana complessiva dei dipendenti. Inoltre, i beneficiari sono maggiormente concentrati nelle fasce retributive più elevate. Tra i lavoratori stranieri si nota una distribuzione biforcata: sono sovra-rappresentati sia tra i redditi più bassi (sotto i 40mila euro), sia in quelli più alti (sopra i 160mila euro), a testimonianza di percorsi professionali eterogenei.
Figura 2 – Distribuzione dei redditi annui dei beneficiari e della media dei lavoratori
Anche i dati sulle qualifiche professionali suggeriscono una certa selettività della misura. Le categorie dei dirigenti e delle professioni intellettuali e scientifiche rappresentano oltre il 40 per cento dei beneficiari, anche se si registra un leggero calo dopo il 2019, in coincidenza con l’ampliamento della platea previsto dal “decreto Crescita”. Questo potrebbe riflettere una maggiore diversificazione dei profili professionali tra gli aventi diritto.
Dal punto di vista dei contributi previdenziali, l’impatto stimato è stato crescente nel tempo: il monte contributivo versato dai beneficiari è passato da 33 milioni di euro nel 2016 a oltre 920 milioni nel 2023. Il contributo medio per beneficiario si è mantenuto stabile tra i 19mila e i 23mila euro annui, coerente con retribuzioni mediamente elevate. Si tratta di una componente che contribuisce positivamente alla sostenibilità del sistema, anche se la misura comporta minori entrate fiscali nel breve termine.
Tabella 2 – Contributi previdenziali versati dai beneficiari (2016–2023)

È una misura utile?
Sebbene queste statistiche descrittive suggeriscano che la misura abbia attratto lavoratori giovani, ben retribuiti e professionalmente qualificati, resta aperto il tema della sua efficacia strutturale. In particolare, è cruciale capire se gli incentivi abbiano realmente favorito il ritorno di capitale umano che, senza la misura, non avrebbe scelto di rientrare in Italia, oppure se abbiano semplicemente intercettato individui che avevano già pianificato il rientro, trasformandosi di fatto in un premio fiscale su una scelta già maturata.
Su questo punto contribuisce lo studio di Jacopo Bassetto e Giuseppe Ippedico del 2024, che applica un disegno empirico rigoroso al primo schema “Controesodo”. Utilizzando dati Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero) e una strategia di confronto con gruppi non eleggibili ma simili per età e caratteristiche, la ricerca mostra che i laureati under 40 beneficiari della misura hanno effettivamente aumentato i tassi di ritorno rispetto al gruppo di controllo. Si tratta di una prima evidenza empirica a favore dell’efficacia della misura, almeno nella sua versione originaria e più selettiva.
Tuttavia, non è ancora chiaro se effetti analoghi si siano mantenuti anche nei regimi più recenti, in particolare dopo l’estensione del 2019. È quindi auspicabile che futuri approfondimenti – anche con approcci controfattuali applicati ai dati più recenti – permettano di valutare con maggiore precisione l’efficacia della misura in termini di attrazione netta di capitale umano, produttività e contributo al sistema economico e previdenziale. Una valutazione strutturale accurata potrà orientare le politiche pubbliche verso forme di incentivo più mirate, capaci di attrarre profili chiave in settori strategici, rafforzando la capacità del paese di competere nella mobilità globale dei talenti.
*Le opinioni qui espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente all’autore e non impegnano in alcun modo la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Savino
Non bisogna offrire incentivi fiscali, ma un Paese normale, dove non bisogna invecchiare per forza per affermarsi. Qui continuiamo a dare consulenze, profumatamente remunerate, a 70-80enni!
Kim ALLAMANDOLA
Mh, l’Italia per ALCUNI aspetti, con alcuni limiti, è una sorta di quasi-paradiso fiscale, senza esser tale (ovvero senza le relative restrizioni da parte di altri paesi ed i costi tipici di questi paradisi), almeno protempore. Però il capitale come le persone sono mobili. Il fatto che passino un periodo in Italia non implica che ci restino. Il fatto che scappino da alcuni paesi dove si andava sempre denaro, ma anche per opportunità di ricerca poi sfumate o poi scoprendo qualità di vita non interessanti non implica che si resterà in un paese che ricerca non ne vuole ed evoluzione ancora meno.
Io non sono specialmente un cervello in fuga, anche se sono scappato subito dopo l’uni, non faccio ricerca e tornerei pure SE potessi trovare un paese che vuole cambiare, perché non importa così tanto dove si è quanto dove si vuol andare. Ma certo in un paese che nel 2025 osteggia il telelavoro come non mai, vuole ancora più concentrare la gente in città (da cui scappai) quando è evidente che queste sono economicamente finite, inevolvibili, ha una banda larga vicina al burundi, un’avversione per tutto ciò che è nuovo fenomenale e in questo periodo avendo il passaporto si può anche rischiare un eventuale richiamo in caso di guerra… Beh, francamente non sono così interessato.
Molti da Francia, Germania, Belgio, Spagna vengono da anziani per un sistema sanitario meno demolito di altri e per una tassa, ovvero furto, di successione più bassa dei paesi summenzionati, per analoghi motivi altri scelgono la Svizzera. Ma come ricerca…
Ditemi che si sta formando una coorte di persone vasta abbastanza che vuole evolvere e sarò interessato, certo non lo sono per un bonus protempore. Ditemi che sparisce la minimum tax quindi far una startup sono 24h e zero costi o quasi, zero contributi minimi ecc e nessun problema a chiudere se va male e sarò interessato, altrimenti il gioco non vale la candela.
Marco Trento
Si tratta di una misura scandalosa che scarica sui dipendenti e pensionati italiani il grosso del carico fiscale per finanziare i servizi pubblici, mentre i reimpatriati benestanti di fatto vengono sovvenzionati e pagano quindi poche tasse. Un paese attrattivo attrae perché ha stipendi alti, buoni servizi e possibilità di carriera. Attirare i ricchi con sconti fiscali a carico dei poveri è fiscalmente regressivo e socialmente ingiusto.