Spesso le misure di sostegno non raggiungono tutti i possibili beneficiari per la complessità di richiederle. L’erogazione automatica delle prestazioni permette di garantire l’accesso, indipendentemente dalla situazione economica o sociale dei cittadini.
Autore: Giuseppe Pio Dachille
Ha conseguito un Dottorato di ricerca in Econometria ed Economia Empirica presso l'Università di Roma Tor Vergata. È stato ricercatore presso l'International Labour Organization e il Centre for Economic and International Studies di Tor Vergata. Attualmente lavora presso la Direzione Centrale Studi e Ricerche dell'Inps, dove si occupa di economia del lavoro e valutazione delle politiche pubbliche.
Il reddito di cittadinanza non produce effetti solo in ambito lavorativo. Per esempio, aumenta la probabilità di concepire un figlio tra le donne beneficiarie rispetto alle richiedenti che ne sono state escluse. Forse perché cresce la fiducia nel futuro.
Cosa si cela dietro la distribuzione eterogenea dal punto di vista territoriale del reddito di cittadinanza? Un’analisi a livello di comune mostra che i divari sono spiegati dalle caratteristiche socio-economiche e dalle differenze di capitale sociale.
Nel dibattito su quota 100 si era detto che la misura avrebbe liberato posti di lavoro per i giovani. Ora un’analisi sui dati individuali delle carriere lavorative degli italiani mostra che gli effetti di “rimpiazzo” della forza lavoro sono stati parziali.
Solo un terzo dei percettori del reddito di cittadinanza in età da lavoro ha maturato contributi previdenziali negli ultimi due anni. Gli altri due terzi sono rimasti esclusi dal mercato del lavoro formale e dalle prestazioni di sostegno connesse.
La pandemia costringe i governi a decisioni che devono bilanciare la salute pubblica con la salvaguardia dell’economia. Ma i cittadini hanno le idee chiare sulla questione? Un’indagine Inps registra una sostanziale incoerenza in metà delle risposte.