Entrate extratributarie, una risorsa da valorizzare *

Le entrate extratributarie rappresentano una componente strategica per il bilancio dello stato. Contribuiscono al finanziamento dell’attività statale senza aumentare la pressione fiscale. Ma va migliorata la trasparenza e l’efficacia della riscossione.

Una fonte di entrate in crescita costante 

Le entrate pubbliche si dividono in due grandi categorie: tributarie ed extratributarie. Le prime comprendono imposte, tasse e contributi pagati da cittadini e imprese. Le seconde, invece, rappresentano una fonte di finanziamento alternativa, che include proventi da dividendi, concessioni, canoni, sanzioni e utili delle imprese pubbliche. Pur essendo spesso trascurate, le entrate extratributarie rivestono un ruolo strategico, perché generano risorse senza incidere direttamente sui contribuenti, contribuendo così alla stabilità e sostenibilità delle finanze pubbliche. Negli ultimi anni, le entrate extratributarie accertate dallo stato hanno mostrato una crescita significativa. In particolare, dal 2022 in poi, si registra un superamento stabile della soglia dei 100 miliardi di euro.

Chi le gestisce

Queste entrate contribuiscono alla diversificazione delle fonti di finanziamento del settore pubblico e alla riduzione della pressione fiscale.

Il ministero dell’Economia gestisce l’85 per cento delle entrate extratributarie accertate ma ne riscuote il 2 per cento in meno, mentre una quota molto più ridotta, intorno ai 2-3 miliardi di euro, è gestita rispettivamente dai ministeri dell’Ambiente, dell’Interno, della Salute e della Giustizia. 

Le entrate di pertinenza del ministero della Giustizia mostrano una fortissima discrepanza tra quanto accertato e quanto effettivamente riscosso (ovvero quando lo stato riceve davvero quei soldi nel proprio conto): su 2 miliardi di euro accertati, entrano in cassa appena 827 milioni di euro. 

A volte ci sono somme accertate, cioè messe a bilancio come entrate attese, che non vengono mai riscosse, e dopo anni possono essere cancellate. È un problema, perché si contano entrate che non arrivano mai creando possibili squilibri di bilancio. Le entrate riscosse invece includono tutte le somme che l’amministrazione è riuscita a incassare, ma possono riferirsi anche a competenze di anni precedenti.

Scendono sotto i 2 miliardi Difesa, ministero dell’Istruzione e del merito e Infrastrutture e trasporti: ad esempio, per circa 800 milioni di euro accertati tra oblazioni e sanzioni pecuniarie per violazioni al codice della strada e alla normativa sulla tutela delle strade, lo Stato incassa poco più di 200 milioni, meno di un terzo del totale.

Nella recente relazione della Corte dei conti sul Rendiconto generale dello stato del 2024 queste entrate, che costituiscono il 13,4 per cento delle entrate finali, ammontano a 124 miliardi di euro. Benché si rilevi un incremento dei versamenti di 10,6 miliardi rispetto al 2023, se ne riscuotono 20 miliardi in meno e i versamenti effettivi scendono a 99,7 miliardi di euro. 

Queste entrate sono spesso particolarmente soggette alla formazione di residui attivi. Il fenomeno si verifica quando lo stato accerta (registra ufficialmente) crediti che poi non vengono riscossi nell’anno in corso, ma rimangono come crediti in sospeso, ossia “residui”. 

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I residui attivi sono soldi che lo stato pensa di dover incassare, ma non ha ancora effettivamente incassato. 

Tabella 1 – Entrate extratributarie per tipologia. Anno 2024, valori in miliardi di euro

Fonte: ministero dell’Economia (database Bdap)

Le voci per le quali c’è più differenza tra accertato e incassato

Per le sanzioni si nota un forte scostamento tra accertato e riscosso/versato, con oltre 19,4 miliardi di euro non ancora incassati. Le sanzioni sono spesso recuperabili tramite azioni di riscossione coattiva, quindi si potrebbe avere un ampio margine di recupero. Ad esempio, su 5,3 miliardi di euro accertati per sanzioni e interessi legati alla riscossione delle imposte indirette, vengono effettivamente riscossi solo 1,6 miliardi. Un altro caso riguarda la quota del 20 per cento delle sanzioni pecuniarie riscosse in materia di imposte dirette, destinata ai fondi di previdenza del personale dell’ex ministero delle Finanze e al fondo di assistenza per i finanzieri: a fronte di 3,6 miliardi di euro accertati, in cassa arrivano appena 379 milioni.

I proventi del patrimonio dello stato derivano dalla gestione efficiente di beni pubblici (immobili, terreni, foreste, concessioni), cioè non dalla tassazione, ma dall’uso o concessione di beni pubblici tramite affitti, concessioni e utilizzo diretto, generando entrate stabili da locazioni, concessioni demaniali, attività turistiche, sfruttamento forestale e risorse naturali. Le entrate che lo stato ottiene dalla gestione dei suoi beni non superano i 5 miliardi di euro nell’anno di competenza e i guadagni provenienti dai beni demaniali sono piuttosto limitati: solo circa lo 0,3 per cento delle entrate extra tributarie, una percentuale rimasta stabile negli ultimi due anni. 

La Corte dei conti evidenzia un leggero peggioramento rispetto al 2023 e al 2022: i soldi ancora da incassare sono quasi il doppio di quelli che si aspettavano di ricevere. È dunque molto importante migliorare tutta la gestione dei beni, dalla pianificazione fino alla riscossione, con particolare attenzione anche al controllo e al monitoraggio, soprattutto considerando la quantità e il valore dei beni pubblici che abbiamo in Italia. 

La recente iniziativa del ministero dell’Economia che ha siglato protocollo d’intesa Mef–Eurispes per la valorizzazione del patrimonio pubblico rappresenta un primo timido tassello per sviluppare strategie di intervento per la rigenerazione urbana, la coesione territoriale e la transizione ecologica del patrimonio pubblico.

Le imprese pubbliche come Eni, Enel, Ferrovie dello stato e Poste italiane generano utili che lo stato riceve come dividendi, rappresentando una fonte importante di entrate e un segnale di efficienza. Per aumentarle, è fondamentale migliorare la redditività delle aziende, incentivando anche strategie sostenibili (Esg). Parte degli utili viene reinvestita, ma lo stato può decidere di aumentare la quota distribuita come dividendi.

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I dazi doganali portano quasi 3 miliardi di euro ogni anno, ma per aumentarli l’Italia deve rafforzare i controlli alle frontiere con strumenti digitali e di intelligence, combattere l’evasione doganale e proporre misure europee per difendere produzioni locali da importazioni sleali o non conformi.

I servizi pubblici, gestiti direttamente o tramite società partecipate (trasporti, energia, telecomunicazioni, posta, cultura), producono ricavi usati per garantire la qualità del servizio e possono essere reinvestiti. Per aumentare le entrate, lo stato può rivedere le concessioni in generale ma quelle energetiche in particolare puntando sulle rinnovabili (eolico, solare, biomasse) per sfruttare nuovi mercati e incentivi.

Interessi e dividendi sono entrate per lo stato derivanti dai prestiti concessi ad altri soggetti (con il relativo interesse) e dalle quote di utili ricevute come azionista di società pubbliche o miste. Si tratta di entrate accertate ma non riscosse entro la fine dell’esercizio, incluse quelle relative a interessi attivi, quindi vi è un notevole margine di recupero (circa 2,6 miliardi di euro) su interessi non ancora riscossi. Ad esempio, a fronte di 3,5 miliardi di euro accertati per interessi legati alla riscossione delle imposte dirette, il ministero riesce a incassarne meno di un miliardo.

Per le altre sanzioni si evidenzia un notevole gap tra accertato e riscosso (circa 1,6 miliardi di euro potenzialmente recuperabile), ma da approfondire in termini di possibilità operative. 

Una possibile soluzione per aumentare la riscossione di queste entrate è l’introduzione di metodi di pagamento digitali come PagoPa per migliorarne l’efficienza, rendendo i pagamenti più semplici, trasparenti e veloci, soprattutto per quelli ricorrenti. Ciò riduce i costi di gestione, facilita l’accesso ai cittadini e aiuta a combattere l’evasione. 

In un contesto di alta pressione fiscale, valorizzare le entrate extra tributarie tramite una migliore gestione del patrimonio pubblico, partecipazioni statali e servizi può migliorare i conti pubblici senza aumentare il carico sui cittadini. Rendere queste entrate più prevedibili e strutturate è una sfida politica e amministrativa da affrontare con serietà, anche nell’ottica di favorire la sostenibilità della finanza pubblica.

* L’articolo riflette solo l’opinione dell’autrice e non impegna in alcun modo l’Istituto di appartenenza.

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  1. Mi colpisce il divario tra i 2 miliardi accertati dal ministero della Giustizia e gli 827 milioni effettivamente incassati, segnale di un problema strutturale da risolvere.

  2. Nello stato presente dell’economia se non si vuole arrivare alla guerra civile (perché li stiamo andando a dispetto della calma apparente) serve cancellare la rapina fiscale alla classe media, l’economia a debito non è più ammissibile.

    Pensare di mungere da canali laterali, la specialità italiana, servirà solo a generare ancora maggior risentimento nella popolazione. Il recente picchetto di popolarità delle crypto, i rumors del Times sulla BCE che vorrebbe un euro digitale sopra Ethereum e Solana di ieri notte, sono un buon indice di quanto le banche stesse ammisero nel Geneva Report 2019. Se continuano loro o fan continuare la rapina allo Stato per l’Agenda 2030 la risposta sarà un disconoscimento di autorità e autorevolezza più o meno completo, perché a prescindere dalle conoscenze e convinzioni dei singoli li si va.

  3. Carmine Meoli

    Spiace che sanzioni i e dazi a parte non si possa riflettere seriamente sulla remunerazione dei beni pubblici materiali ed immateriali . Da tempo sono state. Individuate le cosiddette new priperties dalle quali traggono significativi profitti ( non sempre tassati) i gestori o no. Vengano tassate in modo uniforme ed efficiente l’uso di beni materiali ( accesso alla infrastrutture di viaggio , uso commercial temporaneo o permanente ai suolo pubblico , demanio , acque e perfino boschi .
    Ragioni di bilancio ma anche di equità dovrebbero anche riallineare con tassazione ad hoc i monopoli ed oligopoli che nonostante ile tariffe soggette a regolazione dicono di ampi margini di rendite ingiustificate . Mi chiedo infine se una patrimoniale. Sugli immobili commerciali in cambio di una deregolamentazione non possa giovare allo Stato e agli operatori .

  4. Enrico

    Temo che l’autrice confonda la pressione fiscale (che è un aggregato puramente statistico) con il totale delle entrate pubbliche (che è quello che viene prelevato direttamente o indirettamente dalle tasche dei cittadini). Ad esempio, è poco consolante per il contribuente sapere che le multe non entrano nell’aggregato statistico della pressione fiscale. Così pure il prelievo sui giochi d’azzardo (pari ad oltre la metà del giocato) resta un onere sui giocatori. In un regime oligopolistico, inoltre, canoni e dividendi delle partecipate sono scaricati (traslati) sempre sulle spalle dei cittadini. Quindi non vedo quale sia il vantaggio concreto di aumentare le entrate extratributarie.

  5. Nick11

    Chiedo se si potrebbe andare in profondità sulla lettura statistica dei dati dei residui attivi, ovvero da cosa sono generati .
    Il senso è quello di andare più in là dell’univoco argomento contribuente=evasore
    Risultano in vigore scelte gestionali che annualmente incentivano economicamente uffici che accertano maggior reddito , i quali diversamente talvolta attenzionanano società fallite o cittadini indigenti per il mero fatto della facilità di definitività del credito erariale .
    In tal caso quei residui attivi , consapevolmente ed ab origine sono inesigibili, i quali per vincolo giuridico, non dovrebbero essere collocati dove vengono letti.

    • Enrico

      Se una impresa privata adottasse i criteri contabili pubblici, che prevedono “accertamenti” per somme chiaramente inesigibili, gli amministratori sarebbero processati per falso in bilancio. Invece, grazie a questo strano regime contabile, la “pace fiscale” ha cancellato con un tratto di penna mezzo miliardo di accertamenti senza che il bilancio pubblico ne risentisse minimamente e senza che ministri e funzionari pubblici finissero in galera. Se una banca avesse dovuto registrare simili “sofferenze” avrebbe dovuto ammortizzare altrettanti Npl e sarebbero saltati parecchi dirigenti e CEO. Continuiamo così.

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