La diffusione di internet ha effetti sulla salute mentale dei più giovani, non su quella degli adulti. E la responsabilità non è solo dei social. Conoscere il problema permette di capire quali interventi adottare per bilanciare opportunità e rischi.
Uno studio su internet e disturbi mentali
Negli ultimi vent’anni, la diffusione capillare di internet ha rivoluzionato la vita quotidiana. Allo stesso tempo, crescono le preoccupazioni per le possibili conseguenze sulla salute mentale, soprattutto tra i più giovani. Un nostro studio fornisce una delle prime evidenze causali su larga scala dell’impatto negativo dell’accesso alla banda larga sulla salute mentale dei giovani in Italia.
La nostra analisi si basa su dati amministrativi relativi a tutti i ricoveri ospedalieri in Italia per disturbi mentali tra il 2001 e il 2013 per la popolazione nata tra il 1974 ed il 1995, collegati a informazioni comunali sulla copertura della rete Adsl (Asymmetric Digital Subcriber Line). Introdotta in Italia a partire dal 1999, ha rappresentato – come in molti altri paesi – la prima tecnologia di collegamento a internet ad alta velocità (banda larga).
Aggregando i dati per coorti di nascita si nota una correlazione positiva tra l’accesso alla banda larga e i disturbi mentali per la coorte più giovane (individui nati tra il 1985 e il 1995), mentre non si osserva alcun andamento evidente per la coorte meno giovane (individui nati tra il 1974 e il 1984).
Figura 1


Tuttavia, l’accesso alla banda larga potrebbe essere correlato in modo spurio con la diffusione dei disturbi mentali. Ad esempio, i comuni urbani potrebbero ottenere prima l’accesso alla banda larga per fattori di domanda più elevati e, allo stesso tempo, avere una maggiore incidenza di disturbi mentali tra le generazioni più giovani. Per affrontare questa problematica, adottiamo un approccio con variabile strumentale, utilizzando fattori legati ai costi per la copertura della banda larga a livello comunale. In particolare, la nostra strategia di identificazione sfrutta una variazione esogena nella diffusione della banda larga, determinata dalla distanza di ciascun comune agli snodi intermedi della rete telefonica preesistente (stadi di gruppo urbano, Sgu), elemento che ha influenzato i costi di connessione e quindi la tempistica del rollout.
Grazie a questa fonte di variazione, è possibile isolare l’effetto causale dell’arrivo di internet veloce sulla prevalenza dei ricoveri ospedalieri per depressione, ansia, disturbi alimentari, abuso di sostanze e disturbi della personalità, distinguendo tra fasce d’età, genere e tipo di disturbo.
Effetti limitati agli adolescenti
Nel complesso, l’accesso a internet non ha avuto effetti apprezzabili sulla salute mentale degli adulti. Tra i nati tra il 1974 e il 1984 — già maggiorenni nel momento in cui la banda larga si diffondeva — non si osservano variazioni significative dopo l’arrivo della banda larga nel comune di residenza. Viceversa, tra le persone nate tra il 1985 e il 1995, che avevano tra i 10 e i 20 anni durante la diffusione di Adsl, si rileva un aumento statisticamente significativo nella prevalenza dei disturbi mentali.
Figura 2


L’effetto stimato indica che un giovane residente in un comune interamente coperto dalla banda larga, rispetto a un coetaneo residente in un comune privo di copertura, presenta una probabilità superiore del 20 per cento di essere ricoverato per almeno un disturbo mentale in un dato anno. L’effetto è simile per maschi e femmine, anche se tra le donne emerge anche un aumento specifico nei disturbi del comportamento alimentare.
Figura 3


La nostra analisi mostra inoltre che gli effetti negativi sono più forti quanto più bassa è l’età di esposizione iniziale alla banda larga.
Figura 4


Non solo social media
Poiché il periodo analizzato (2001-2013) precede la diffusione di massa dei moderni social network (come Instagram o TikTok), i risultati non possono essere spiegati solo dalle piattaforme oggi più sotto accusa. I meccanismi potenziali includono l’uso eccessivo del tempo online, l’aumento di quello passato in isolamento, la riduzione delle interazioni sociali offline, l’accesso a contenuti problematici o ansiogeni.
A sostegno di un effetto reale (e non solo di un aumento delle diagnosi), l’analisi considera anche i ricoveri urgenti e quelli per autolesionismo o tentato suicidio, che mostrano un incremento analogo. Tutto ciò rafforza l’interpretazione secondo cui si è verificato un peggioramento effettivo della salute mentale.
I risultati sono inoltre confermati quando si utilizza la copertura 3G come misura alternativa all’Adsl: l’effetto negativo non dipende dalla specifica tecnologia di connessione, ma dall’accesso a internet veloce in sé.
Che fare
Lo studio si inserisce nel crescente filone di ricerche sull’impatto delle tecnologie digitali sul benessere psichico. Rispetto a molte analisi precedenti fornisce evidenza con un alto tasso di external validity: si basa su diagnosi ospedaliere (non autovalutate), copre tutto il territorio nazionale, include tutte le coorti nate tra il 1974 e il 1995, e sfrutta una fonte esogena di variazione nel rollout della rete Adsl.
Il quadro che emerge suggerisce che l’accesso a internet può avere effetti profondamente eterogenei a seconda dell’età di esposizione. In particolare, l’adolescenza appare come una fase critica di vulnerabilità cognitiva ed emotiva, nella quale l’introduzione di nuove tecnologie può avere effetti duraturi e non intenzionali.
Le implicazioni per le politiche pubbliche sono importanti. Se da un lato l’infrastruttura digitale è probabilmente un fattore chiave per la crescita economica e l’accesso all’informazione, dall’altro è necessario interrogarsi su come proteggere i soggetti più fragili – in particolare i più giovani – da possibili effetti negativi. Interventi di educazione digitale, limiti d’età, strumenti di supervisione familiare e campagne di sensibilizzazione possono aiutare a bilanciare le opportunità con i rischi.
In conclusione, la diffusione di internet ad alta velocità ha rappresentato una svolta storica nella vita quotidiana. Ma è fondamentale riconoscere che, per una parte della popolazione – quella più giovane – il cambiamento ha avuto anche costi psicologici rilevanti. Comprendere questi effetti è un primo passo per prevenirli in futuro.
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Savino
L’unica guerra legittima è quella alle tecnologie e alla loro influenza sulla società.
Kim ALLAMANDOLA
Gentili Autori,
mi si perdoni l’irriverenza, ma l’analisi non mostra le cause ma solo gli effetti misurati. Chiamare “internet” la causa, confondendo internet e web o piuttosto web e social non è che aiuti, è in effetti buttare il bambino con l’acqua sporca.
I social di piattaforma sono evidentemente deleteri, ma non sono internet né manco l’web, solo una famiglia molto specifica di servizi web. Gli smartphones con app disegnate per la dopamina sono deleteri, ma non sono “i computer”, sono solo un tipo molto specifico di computer.
Distinguere è essenziale perché oggi i più non han la bencheminima competenza digitale, ovvero sono de facto incapaci di leggere, scrivere e far di conto, con gli strumenti del loro tempo. Voi stessi domandatevi se siete in grado di realizzare suoi due piedi uno schizzo generico, chessò la piantina di una casa, al computer, se siete in grado senza sforzo e con naturalezza di andare a pescare dati statistici su temi che non avete studiato e cavarne informazioni con un’analisi generica, se sapete anche solo cercare senza sforzo ed efficacemente la vostra base di documenti digitali. Per dirla altrimenti ai bambini c’è bisogno di insegnare informatica, desktop FLOSS, così da dargli strumenti per conoscere anziché strumenti per consumare, e che imparino a produrre ed il piacere del farlo.
Certo, c’è il problema di chi insegna, visto che i più non sanno in persona, a partire dal grosso dei docenti, che sa a malapena scrivere una mail e non ha ben chiaro manco i principali headers ed il loro uso. Per questo l’unica soluzione che vedo è la c.d. flipped classroom, ovvero video registrati, montati con cura come fossero dei film, studiati sia dai docenti che dai discenti, messi in pratica e mostrati gli uni agli altri come miglior soluzione rapida all’ignoranza presente.
Così si può evolvere, negando, regolamentando ecc si può solo finire male, come chiunque ha provato a fermare il treno della storia.
Savino
Le auguro di non avere persone care con problematiche come quelle contemporanee citate, soprattutto in ambito giovanile. Non sentiamo affatto il bisogno di insegnare informatica e materie cybernetiche. C’è, invece, bisogno di insegnare educazione, civismo, umanità, socialità. Le DAD e gli smart working fanno malissimo alla salute e agli stili di vita.
Michele
Gli autori non hanno infatti delineato alcuna linea di policy. Hanno “semplicemente” analizzato un fenomeno e concluso che internet può avere effetti negativi in età adolescenziale.
Sono d’accordo sul fatto che l’accesso ad internet sia una variabile forse troppo generica. Sarebbe molto interessante entrare più nel dettaglio per capire che cosa effettivamente scateni gli effetti negativi citati dagli autori, ovvero l’accesso a quale tipo di contenuto online abbia l’impatto più forte sulla salute mentale. Ahimè, trovare i dati necessari è spesso complicato, soprattutto in un Paese come il nostro.
Detto ciò, credo che lo studio non “butti il bambino con l’acqua sporca” e se va a leggere l’articolo completo troverà una discussione sui diversi possibili meccanismi sottostanti gli effetti descritti.