A fine anno scade il termine per il raggiungimento di tre obiettivi associati alla riforma delle politiche attive finanziata dal Pnrr. La carenza di dati certi e il continuo cambiamento delle regole rendono molto difficile valutarne andamento e risultati.
Come sono cambiate le regole del Programma Gol
Il programma Gol (garanzia occupabilità dei lavoratori), finanziato dal Pnrr, avrebbe dovuto riformare le politiche attive per favorire un approccio individualizzato. Prevedeva quindi l’identificazione dei bisogni dell’utente, il rispetto di livelli essenziali delle prestazioni (Lep) chiari e misurabili su tutto il territorio nazionale e un rapporto più stretto tra la formazione e il lavoro.
Entro il 31 dicembre 2025, grazie a uno stanziamento straordinario di 5,5 miliardi, si devono perciò raggiungere tre target indicati dalla riforma: erogazione dei Lep nell’80 per cento dei servizi pubblici per l’impiego italiani (M5C1-5); tre milioni di beneficiari raggiunti (M5C1-3); formazione professionale a 800mila persone, di cui almeno 300mila in competenze digitali (M5C1-4). A che punto siamo?
Non è facile rispondere. A partire dal 2023, per garantire il massimo utilizzo delle risorse, il programma Gol è stato modificato più volte. Così, per esempio, nel 2024 è stata ampliata la platea dei beneficiari con l’introduzione dei percettori del supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) e dell’assegno d’inclusione (Adi). Poi sono stati inseriti anche tutti i disoccupati indipendentemente dal genere, dall’età anagrafica e dalla durata della disoccupazione. Per consumare le risorse destinate alla formazione, sempre nel 2024, si è stabilito che anche i più vicini al mercato del lavoro, i cosiddetti work ready, potevano accedere a percorsi formativi di breve durata. Poi si è deciso di valorizzare la formazione on the job attraverso il tirocinio extracurricolare anche in itinere e le microcredenziali. Infine, si è scelto di non calcolare i Lep in base alla loro effettiva erogazione all’utente, ma in base alla loro “intensità”, vale a dire in base al rapporto tra ore dedicate e numero d’incontri effettuati indipendentemente dal risultato.
Grazie a tutte queste modifiche il report pubblicato a settembre (su dati di giugno 2025) certifica miglioramenti assai significativi rispetto a quello precedente. Ma solo perché nel monitoraggio non vengono applicate le condizioni ordinarie decise nel 2021, bensì il regime derogatorio introdotto con atti amministrativi nell’ultimo anno.
Il miglioramento registrato sulla erogazione dei Lep
Uno degli obiettivi di Gol è uniformare su tutto il territorio nazionale i servizi per il lavoro. La Missione 5C1-5 intende garantire il buon funzionamento di almeno l’80 per cento dei servizi pubblici per l’impiego in ciascuna regione entro dicembre 2025. Ciò significa che entro quest’anno almeno l’80 per cento dei servizi pubblici per l’impiego devono garantire tutti i Lep previsti come misure di politica attiva per ciascuno dei 5 percorsi di Gol. Secondo il report di settembre, sei regioni – Abruzzo, Bolzano, Campania, Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia, provincia autonoma di Trento – non raggiungono il target. A novembre 2024, erano però quattordici. Il miglioramento si deve al fatto che nell’ultimo anno non si contabilizzano più tutti i Lep dei cinque percorsi Gol per intero, ma soltanto quelli “caratterizzanti”. In altre parole, si considerano soltanto i Lep ritenuti più significativi per ciascun percorso e quelli che abbiano raggiunto una certa intensità minima (ossia un numero minimo di ore/incontri) per rendere la persona occupabile.
Si accetta perciò l’idea di non rendere esigibili tutti i Lep del percorso e di valorizzare il processo più che il risultato. Per esempio, i beneficiari del percorso 1, per i quali non possa essere rendicontato un contratto di lavoro uguale o superiore a sei mesi o un percorso formativo concluso, sono considerati comunque “trattati” se viene garantito loro un set di Lep “caratterizzanti” con una specifica intensità di servizio., Nonostante l’incremento in termini quantitativi dei Lep erogati, il report mostra che ci sono ancora regioni dove alcuni non sono affatto proposti o dove lo sono in modo incompleto. Dal report, tuttavia, non è dato comprendere le cause che non consentono ai centri per l’impiego di queste regioni di concorrere al target e di superare la frammentazione regionale.
Il calcolo del numero dei beneficiari
Il target M5C1-3 prevede come obiettivo primario la presa in carico di 3 milioni di beneficiari entro dicembre 2025. Di questi, almeno il 75 per cento deve appartenere a categorie vulnerabili. Il calcolo avviene in relazione a tre parametri: occupazione (lavoro); formazione; occupabilità (beneficiario di Lep caratterizzanti).
Grazie ai correttivi introdotti nel 2024 e al riconteggio che ne è conseguito, l’ultimo report ci dice che a giugno sono ben 3.745.846 i beneficiari pesi in carico, ossia gli “ingressi” nel programma. Di questi, possono considerarsi beneficiari effettivi 2.486.514 (82,8 per cento). Mentre coloro che hanno caratteristiche di vulnerabilità sono 2.096.543 (84 per cento). Tra i beneficiari del programma, 787.826 presentano come requisito di accesso unicamente il lavoro (31 per cento).
Che cosa possiamo capire da questi numeri a proposito della qualità dei servizi erogati? Non è facile dirlo perché dopo le deroghe introdotte nel 2024, quello che conta è la quantificazione del livello minimo di servizio erogato all’utenza. In pratica, sono contabilizzati come beneficiari tutti coloro che sono “passati” da un centro per l’impiego e che direttamente o indirettamente si sono avvalsi dei servizi pubblici o privati messi a disposizione da Gol. Ciò che rileva quindi non sono i risultati (occupati/formati/decaduti dal sussidio), ma l’intensità delle politiche attive, ossia la quantità delle attività effettuate in favore dell’utente per renderlo occupabile. E quanto denaro è stato indirizzato a queste attività in termini di spesa rendicontata sulla piattaforma Regis.
In altre parole, si certifica soltanto la quantità di attività svolta, ma non si fornisce alcun dato sulla sua efficacia in termini di risultati effettivi.
I dati sulla formazione
Il raggiungimento del target dei soggetti formati (M5C1-3) è piuttosto nebuloso. Il report dichiara che molte regioni non sono allineate al sistema informativo nazionale (Siu) e quindi non è facile dire a che punto siamo. Il target è costituito dal numero dei beneficiari che hanno concluso la formazione professionale (devono essere almeno 800 mila, di cui 300mila in formazione digitale). In base alle deroghe introdotte nell’ultimo anno è considerato formato non soltanto l’utente che ha terminato un percorso formativo e ha ricevuto un attestato, ma anche quello coinvolto in un percorso formativo on the job ovvero che abbia iniziato il percorso entro novembre 2025 (percorso che si presume terminerà il prossimo anno).
Sta di fatto che, a quanto è dato capire, la formazione è attualmente certificata soltanto per 347.442 beneficiari, compresi i tirocini e l’esplicitazione delle competenze acquisite on the job. Per favorire l’attestazione delle competenze digitali attualmente possedute da 264.896 utenti (88 per cento del totale), il ministero del Lavoro ha varato di recente Edo (educazione digitale per l’occupazione), una piattaforma che consente la formazione online. Per avere l’attestato bastano 16 ore di frequenza a distanza e la scelta di uno dei quattro moduli così suddivisi: alfabetizzazione su informazione e dati, comunicazione e collaborazione, creazione di contenuti digitali, sicurezza digitale. Quanto all’efficacia della formazione impartita, ovvero al tasso di coerenza con i fabbisogni delle imprese e con gli sbocchi occupazionali effettivi, che dovrebbe essere monitorata in modo sistematico e capillare dal Siisl (la piattaforma gestita dall’Inps) assistito dall’intelligenza artificiale a norma del Dl n. 60/2024, i dati mancano ancora del tutto.
La virata sulla quantità a discapito della qualità
Come si vede, il report non misura la qualità dei contratti di lavoro; né il tasso di coerenza tra la formazione impartita rispetto al lavoro svolto; e nemmeno il tasso di successo degli enti privati o la condizionalità dei trattamenti, ossia quanti beneficiari hanno perso il sussidio o l’indennità per non aver partecipato ai percorsi obbligatori. Ciò che conta è il raggiungimento degli obiettivi di mera quantità di attività svolta, assegnati dal ministero a ciascuna regione.
Per il momento, molte misure sono ancora in itinere e i numeri non consentono di dire con chiarezza a che punto siamo. Quel che si dovrà e potrà misurare a partire da gennaio non saranno i dati di avanzamento fisico (per esempio, sedi ristrutturate, brochure informative) o procedurale (che tipo di percorso è stato assegnato all’utente), ma l’avanzamento della spesa suddivisa tra la remunerazione a “processo” – che tiene conto delle ore di servizio erogato a favore dei beneficiari e la remunerazione a “risultato” riconosciuta al raggiungimento dell’obiettivo atteso. E si potrà quantificare quanta parte di questa spesa ha finanziato i servizi pubblici e quanta è andata a enti privati. Il rischio è che, alla fine, il programma Gol si traduca in un complesso modello di rendicontazione di qualsiasi cosa sia passata nei centri per l’impiego o dagli enti accreditati, più che una garanzia dell’occupabilità degli utenti registrati.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Daniele Fano
Sì, sarebbe importante introdurre sistemi di valutazione e gestione della qualità che siano completi (e cioè che riguardino sia i processi che i risultati), ma anche semplici e che, soprattutto, diventino permanenti nel loro utilizzo, non soltanto da parte di valutatori esterni ma soprattutto da parte dei responsabili dei centri. Solo con la loro responsabilizzazione si potrà imboccare una via di continuo miglioramento. Semplicità: non c’è necessariamente bisogno di batterie complesse di indicatori; inoltre, i “big data”, cioè l’incrocio dei dati provenienti da varie fonti, nel rispetto della privacy, possono essere di grande aiuto per fornire riscontri.