Sostenere la valenza strategica generale dell’accordo Ue-Mercosur non significa sminuire i possibili danni alla produzione agricola interna. La vicenda è un nuovo esempio della scarsa capacità di mediazione tra interessi diversi delle istituzioni europee.

Il rinvio della firma

I leader europei hanno deciso di posticipare a gennaio l’approvazione dell’accordo commerciale tra l’Ue e il blocco commerciale sudamericano Mercosur che comprende Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. Dopo 26 anni di negoziati, l’Unione ancora esita, nel timore di un’invasione di prodotti agricoli e alimentari non conformi agli elevati standard tecnici, fitosanitari e igienici posti a protezione dei consumatori europei e a salvaguardia di una concorrenza leale nei confronti dei produttori europei. Un round decisivo di deliberazioni si è tenuto proprio su un pacchetto di misure di salvaguardia agricole, fortemente volute soprattutto da Francia, Polonia, Irlanda, Austria e Ungheria, ma che riflettevano anche i dubbi di Belgio e Italia.

Aspetti che sono stati sottovalutati

Come si è arrivati al posticipo? Ci sono state le proteste di migliaia di agricoltori, che hanno occupato le strade a Bruxelles e hanno messo in difficoltà i governi, colpevoli di non avere dato adeguato spazio politico e negoziale a un gruppo relativamente piccolo ma molto influente. 

Il punto qui non è il peso dei produttori agricoli o la dimensione del settore, ma il principio che essi difendono, cioè una concorrenza leale, garantita da regole simili nelle condizioni di produzione (soprattutto riguardo le sostanze chimiche ammesse). Si tratta di un principio che è nell’interesse generale di tutti i consumatori e cittadini dell’Ue, e non solo a protezione di qualche migliaio di agricoltori. 

L’aver sottovalutato questo aspetto politico mostra un’insensibilità cronica delle istituzioni europee e dei governi dei suoi paesi membri rispetto al tema degli effetti redistributivi del commercio internazionale tra importatori, che subiscono una maggior concorrenza dall’estero, ed esportatori, che invece beneficiano di riduzioni significative dei dazi doganali per i loro prodotti. 

Sostenere una posizione di apertura commerciale non implica necessariamente lasciare che il mercato si regoli autonomamente, soprattutto quando le regole tra i due partner commerciali sono molto diverse e quando rischiare un ridimensionamento del settore agricolo europeo va contro la necessità di preservare una certa capacità di soddisfacimento della domanda interna, per motivi di sicurezza alimentare, non tecnica, ma strategica. Aver sminuito fino all’ultimo secondo questo importante aspetto rischia di vanificare uno sforzo negoziale imponente (e costoso, dal momento che impegna la Dg Commercio e in parte anche altre direzioni generali). 

I vantaggi dell’accordo

Non basta a sfatare il legittimo timore di una concorrenza basata su costi di produzione e standard più bassi in agricoltura tutto l’insieme di benefici attesi dall’accordo. Il Mercosur rappresenta un’area di oltre 260 milioni di consumatori, con una domanda crescente di macchinari, tecnologie industriali, componentistica, chimica, farmaceutica, moda e beni di consumo di fascia medio-alta. Settori in cui il tessuto produttivo italiano, fatto di imprese specializzate, flessibili e orientate alla qualità, ha un vantaggio competitivo riconosciuto. Oggi, però, dazi che arrivano fino al 35 per cento e procedure doganali complesse rendono l’accesso costoso e incerto, scoraggiando soprattutto le aziende più piccole. Per l’Italia, le relazioni commerciali con il Mercosur sono già importanti: nel 2024 l’interscambio ha raggiunto circa 13,4 miliardi di euro, con un saldo commerciale positivo, trainato soprattutto dai beni industriali che rappresentano oltre l’80 per cento dell’export italiano verso quei paesi (Assolombarda.it). In settori come macchinari, apparecchiature e mezzi di trasporto, l’export italiano verso il Mercosur potrà crescere proprio perché il costo d’ingresso si abbasserà. Più di 30mila piccole e medie imprese europee esportano già oggi verso i paesi Mercosur, e con regole più snelle potrebbero aumentare la loro presenza commerciale.

Dal punto di vista economico, l’accordo sarebbe un catalizzatore di crescita. Dazi in media del 35 per cento su oltre il 90 per cento delle merci verrebbero gradualmente eliminati, e le aziende europee potrebbero risparmiare miliardi all’esportazione: ne trarrebbero particolare beneficio settori come quello automobilistico, dell’ingegneria meccanica e farmaceutico. 

Ma non è solo il piano economico a rendere il momento particolarmente appropriato. Con l’accordo, l’Europa si assicurerebbe un migliore accesso alle materie prime critiche, dal litio e dal rame al nichel e agli elementi delle terre rare, essenziali per la transizione energetica e le tecnologie del futuro.

L’incapacità di mediare

Sostenere l’enorme valenza strategica complessiva dell’accordo con il Mercosur non equivale però a sminuirne i possibili danni alla produzione agricola interna, nel caso in cui l’apertura non fosse adeguatamente regolata (da clausole di salvaguardia) e controllata (alle dogane). Si ripresenta dunque, anche in questa occasione, la scarsa volontà di mediazione ai vertici dell’Ue, come regola imprescindibile di formazione di una volontà politica unitaria. 

La Commissione europea si è schierata con il fronte favorevole all’accordo, guidato dalla Germania, con il sostegno di Spagna e paesi nordici. Secondo il Deutsche Welle, il cancelliere Friedrich Merz ha sostenuto che la credibilità politica dell’Unione si misura anche dalla sua capacità di concludere negoziati iniziati più di vent’anni fa. Anche per il commissario Wopke Hoekstra, firmare l’accordo è “imperativo” per l’economia europea e per il ruolo dell’Ue sulla scena globale. E la responsabile della politica commerciale dell’Ue, la tedesca Sabine Weyand (direttrice generale del Direzione generale Commercio), non ha avuto o mostrato la sensibilità politica di giungere a una mediazione prima che le proteste la rendessero indispensabile.

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