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Corporate governance della sentenza Mediaset

Una riflessione prima della sentenza Berlusconi-Mediaset.  Franco Tatò, ex-Ad del gruppo televisivo disse che non veniva informato sull’acquisto dei diritti televisivi. Perché? Chi decideva su un settore così importante? Il sospetto è che conti più l’azionista che l’impresa. In barba alla corretta corporate governance.

Doverosa premessa: questo pezzo è stato interamente scritto prima della decisione dei giudici di Cassazione a proposito del processo Mediaset, in cui l’imprenditore e politico Silvio Berlusconi è imputato per evasione fiscale.
Pur non essendo esperto di diritto tributario (pur avendolo studiato) e di diritto penale, vorrei sottolineare alcuni punti relativi al merito del processo per se stesso, e aggiungere alcune considerazioni di carattere più generale.
IL MERITO
L’accusa di evasione fiscale riguarda la pratica dell’acquisto dei diritti televisivi relativi a film di provenienza statunitense da parte di Mediaset, passando attraverso alcune società che acquistavano dalle case produttrici e di distribuzione degli Stati Uniti per poi rivendere gli stessi diritti a Mediaset praticando un prezzo notevolmente maggiorato. Sulla base di prove documentali (ad esempio scambi di email interni alle case di produzione stesse), l’accusa ha sostenuto e sostiene che Silvio Berlusconi, pur impegnato nella sua carriera politica, resta l’ideatore e il beneficiario delle società che si interpongono tra le case produttrici e Mediaset, con il fine doloso di evadere le imposte in Italia.
LA CONSAPEVOLEZZA
Questione importante è la consapevolezza di Berlusconi a proposito dello scopo di queste società domiciliate in paradisi fiscali. A parte il tema dell’evasione fiscale, riesce difficile credere che Berlusconi, in quanto tuttora dominus di Mediaset dal punto di vista del controllo azionario e della posizione carismatica di fondatore, sia inconsapevole di un sistema che incanala profitti da una società (Mediaset) in cui egli non controlla il 100 per cento del capitale ad altre società che beneficiano di un carico fiscale minore e di cui egli è il pieno beneficiario. Il termine anglosassone per questo tipo di comportamenti è piuttosto evocativo: si parla di tunneling(fare tunnel dentro un’azienda per spostare risorse altrove, a vantaggio del socio di maggioranza).

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IL MAL COMUNE

Il trucchetto utilizzato nei sondaggi a proposito di comportamenti eticamente negativi come la corruzione e l’evasione fiscale consiste nel formulare domande indirette, cioè non sul comportamento dell’intervistato stesso, ma su quanto l’intervistato sa del settore in cui si colloca la propria azienda. Non mi stupirei del fatto che un sondaggio su un campione di imprese italiane medio-grandi condotto con modalità simili -cioè con domande indirette sui comportamenti fiscali nei settori di riferimento- potrebbe mostrare una tendenza abbastanza generalizzata a utilizzare società domiciliate all’estero per diminuire il carico fiscale in Italia e per fare tunneling. Una testimonianza indiretta di ciò è che i sindacati di categoria (in particolare Confindustria) non appaiono particolarmente rumorosi nella denuncia di questi comportamenti illeciti. Ci si lamenti pure della pressione fiscale eccessiva che rende più appetibili l’evasione e l’elusione fiscale, ma la pratica del tunneling danneggia gli azionisti di minoranza (bucolicamente detti “parco buoi”) e diminuisce l’interesse degli investitori -italiani e stranieri- ad apportare capitali di debito e di rischio nelle imprese italiane.
O forse le imprese italiane hanno capitali in sovrabbondanza, per cui questo non è un problema.

LA TESTIMONIANZA DI FRANCO TATÒ
Un altro aspetto interessante è che Franco Tatò, amministratore delegato di Fininvest negli anni difficili prima della quotazione in borsa di Mediaset, ha dichiarato che non è mai stato (abbastanza) informato a proposito dell’area aziendale relativa alla compravendita dei diritti televisivi, di cui si occupavano direttamente Berlusconi e il defunto Carlo Bernasconi. Dal punto di vista manageriale, il prezzo di acquisto dei diritti televisivi è un tema cruciale per un’azienda come Fininvest/Mediaset, e un amministratore delegato che cerca di migliorare la situazione finanziaria dell’azienda non può che impegnarsi ad ottenere un prezzo migliore. Perché mai un amministratore rigoroso, competente e apprezzato dalle banche creditrici come Franco Tatò doveva essere escluso da quest’area della gestione? L’adagio andreottiano sul pensar male che è peccaminoso ma spesso una mossa azzeccata potrebbe applicarsi agevolmente a questo lato della faccenda: perché mai Silvio Berlusconi non ha a cuore la minimizzazione di questa parte importante dei costi aziendali?
Anche la gestione da parte di Tatò può sollecitare alcune riflessioni più ampie: l’interesse per la sola performance aziendale avrebbe forse spinto a richieste più pressanti a Berlusconi per ottenere una delega e una responsabilità anche sulla compravendita dei diritti televisivi. Dall’altro lato, il motivo della fedeltà all’azionista di maggioranza potrebbe avere spinto nella direzione opposta.
Anche questo è un tema importante di corporate governance di cui non si è parlato abbastanza: conta di più l’azienda Mediaset o l’azionista Berlusconi?

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17 commenti

  1. Davide Zaottini

    Berlusconi incarna un modo di fare impresa incompatibile con una crescita di lungo periodo. Le sue gesta eroiche hanno un solo protagonista: se stesso. La sua epopea è utile per rispondere alla sua domanda iniziale professore. Si, conta più l’azionista dell’impresa ..e questo (non) meccanismo fa dell’impresa il “ring” della ricchezza dove gli strumenti sono l’inganno morale e la frode fiscale, piuttosto che la radice dello sviluppo socioeconomico.
    Questa è l’Italia che ci restituiscono decenni di selezione avversa.

  2. Alberto

    Ottimo questo articolo, riporta l’attenzione (ahimè confinata a degli happy few) sull’oggetto del processo e non sul fumo gettato per creare solo confusione e ne fa un esempio del malgoverno di tante imprese italiane.
    E’ sconfortante osservare come la “tirannia del padrone” non sia appannaggio solo delle PMI (comunque la stragrande maggioranza in Italia), ma anche di grandi imprese con Mediaset, teoricamente portatrici di una cultura aziendale moderna.
    Ricordo a quei tanti che rispondono “è lui il padrone, dell’azienda ci fa quello che vuole”, che in realtà non è così: quando le aziende vanno a gambe all’aria, anche per il loro malgoverno, poi a pagare sono soprattutto i dipendenti, che rimangono senza lavoro e senza reddito, mentre gli imprenditori rischiano solo il capitale! Magari avessimo la cogestione tedesca …

  3. gmn

    B. ha dichiarato che quando faceva l’imprenditore immobiliare andava nei comuni con il libretto degli assegni tra i denti, avrà mai messo a bilancio quelle spese?

  4. ameg

    Ricordo di aver letto un commento su di un giornale online americano riguardo alla condanna Maddoff. A parte le cause e i fatti contestati, il commento verteva sulla severità della pena. Severità “necessaria per mantenere la fiducia della gente sul libero mercato”. Cioè, permettere a tutti di poter godere della “possibilità di partecipare al libero mercato, guadagnare e perdere secondo regole stabilite e certe”.
    Non è un caso la stizza di molti americani sull’utilizzo dei soldi federali per salvare le Banche nel 2008, dopo che queste ultime non avevano rispettato (spesso) tali regole.
    Credo fermamente che in Italia queste regole non ci siano (falso in bilancio depenalizzato) o non siano sempre fatte rispettare (ad es. tunneling).
    Se una riforma vera della Giustizia deve essere fatta, secondo me dovrebbe riguardare il corpo “civile” delle leggi, snellendolo e adeguandolo ai tempi moderni, in modo da accelerare il decorso degli inevitabili processi civili e da rendere possibile una reale difesa del cosiddetto “parco buoi”…

    • AM

      Il falso in bilancio è una questione complessa e di cui molti parlano sapendone ben poco. Questo reato non è stato affatto depenalizzato, ma si sono aperte in certi casi delle scappatoie anche a favore di furbetti della finanzai. La situazione precedente non era tuttavia migliore dal momento che un amministratore onesto e chesi era comportato correttamente poteva essere incriminato a seguito di un’indagine superficiale o faziosa. Aggiungasi che lo scostamento dei valori da quelli corretti non era valutato in relazione alle dimensioni aziendali. Uno scostamento di 10.000 Euro può rappresentare un falso importante per una panetteria, ma non certamente per la FIAT. Si ignorava poi il fatto che alcuni valori di bilancio sono stimati e infine che gli scostamenti possono derivare da errori materiali di dipendenti sfuggiti ai controlli successivi.

  5. AM

    Di tutti i processi penali contro Berlusconi questo riguarda il reato più grave, anzi a ben vedere in altri casi si trattava di quisquilie corrispondenti a comportamenti abbastanza frequenti nel mondo politico italiano e non. Non pochi italiani incensurati se facessero un serio esame di coscienza si vedrebbero in posizioni simili. Ruby prima di incontrare il cavaliere e quando era ancora più giovane aveva forse conosciuto altri uomini anche in senso biblico, ma non risulta che vi siano stati indagati per le vicissitudini precedenti di questa ragazza. L’evasione fiscale pare accertata, ma non è facile raccogliere prove sul fatto che Berlusconi fosse in realtà il deus ex machina di tutto il meccanismo di frode. Questioni di tempo disponibile e soprattutto di competenza tecnica.

  6. Lorenzo Luisi

    Gentile signor Puglisi,
    quando lei parla solo degli azionisti di minoranza danneggiati dimentica tutti gli italiani che pagano le tasse (me compreso). Il mio non è un lamento per l’eccessivo carico in se stesso, ma una dichiarazione del danno subito. La mia dichiarazione si fonda sul fatto che se la frode fiscale (insieme alle altre commesse da ulteriori cittadini) non fosse avvenuta, il carico fiscale da me sostenuto sarebbe stato inferiore.
    Leggo con interesse la sua Bio e le chiedo: ci sono dei meccanismi legislativi per cui è possibile chiedere il risarcimento del danno subito?
    Grazie per la cortese attenzione,
    Lorenzo Luisi

  7. Fabio GHIA

    Indubbiamente un articolo pertinente e ben strutturato. A questo punto però mi chiedo: tutte le imprese italiane che hanno de-localizzato le proprie attività produttive in Cina, Tunisia e paesi dell’Est vari, solo perché, oltre al basso costo della manodopera, potevano sfruttare la completa esenzione dalle tasse (che invece avrebbero dovuto continuare a pagare in Italia (in quanto la casa madre qui è rimasta), non sono parimenti incolpabili di “tunnelling”? A mio giudizio, bisognerebbe rivedere l’intera normativa internazionale sulle off shore, prima di sparare sentenze all’italiana maniera, come per Berlusconi. Pur condannando l’individuo per comportamento scorretto e “dominus” di Mediaset (anche se dal processo non sono emerse chiare colpe nei confronti di Berlusconi) ho qualche serio problema a condannare lui e non l’AD di Mediaset per illecito fiscale. I bilanci li ha firmati e presentati all’Amministrazione pubblica l’AD e non Berlusconi.

    • Ryoga

      La questione che citi è quella del trasfer price, che è quanto apre maggiori opportunità e contestazioni alle multinazionali. La consociata in Romania produce e vende a quella italiana, a che prezzo? Così si spostano i margini in paesi a minore tassazione. Altra cosa è quello che ha fatto Berlusconi, soprattutto nei confronti dei piccoli azionisti + che dell’erario.

  8. Andrea Bartolazzi

    Ottimo articolo. In particolare sarebbe interessante una analisi quantitativa su quanti capitali esteri (e italiani) si potrebbero attrarre verso l’impresa se le garanzie per i soci di minoranza fossero migliori.

  9. giuseppe guido Cacciari

    Qui si descrive un sistema di elusione fiscale.
    Invece, Berlusconi è stato condannato per evasione.
    Quindi, In Italia, io posso andare a fare jogging ed essere condannato per danneggiamento del suolo pubblico. Anche se lo faccio a casa mia.
    Potrei pubblicare un divertente articolo sulle mele ed essere condannato per aver ingiuriato le pere.
    Un bel paese. Proprio un bel paese. Soprattutto se parliamo di imposte. E di giustizia. Due fiori all’occhiello.

    • Claudio

      Il transfer prive è considerata evasione fiscale, il gonfiare costi a danno della propria società creando delle risorse all’estero o no a proprio esclusivo vantaggio e’ evasione fiscale.
      Chi conosce in po’ il mercato dei diritti televisivi si rende conto dell’enorme truffa che si è verificata.

      • AM

        Il TRANSFER PRICE in certi casi può essere uno strumento di evasione o di elusione fiscale, ma nella maggior parte dei casi non lo è. Altrimenti tutte le imprese italiane delocalizzate con attività all’estero (e sono moltissime) potrebbero essere accusate di evasione fiscale. Evitiamo quindi di dire cose imprecise e di seminare terrore o incertezza.

  10. Diego Corrado

    Caro Riccardo,
    anch’io ho seguito solo sui giornali la vicenda Mediaset, dunque non ne ho una conoscenza sufficientemente approfondita.
    Tuttavia anche a me ha colpito la testimonianza di Tatò: poiché però (pur se non esperto di diritto penale) sono avvocato (civilista, per l’appunto), mi ha fatto balzare sulla sedia per ragioni opposte alle tue. L’a.d. di un’azienda non può, nemmeno di fronte alle presunte ingerenze dell’azionista di maggioranza, fondatore e capo carismatico, far finta di niente se i suoi sottoposti gli nascondono dei dati, neppure se il soggetto di cui sopra è presidente del consiglio. Risponde infatti (sotto il profilo civilistico) di tutto quanto succede in azienda, se le conseguenze dannose dipendono da sua negligenza o dolo.
    Le domande quindi che dobbiamo porci sono: come faceva Tatò a predisporre i bilanci? li firmava anche se non aveva contezza dei dati?
    C’è poi una interessante norma del codice penale, l’art. 40, che recita, tra l’altro “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.”
    Il socio di maggioranza, in quanto tale, non ha nessun obbligo giuridico in una società, a differenza dell’a.d.
    Da qui le domande? come mai Tatò, a.d. e quindi gravato di precisi obblighi di intervento, è stato semplice testimone nel processo penale a Berlusconi, tra l’altro addossando colpe circa fatti sotto la sua responsabilità a terzi (Berlusconi e gli altri, appunto)?
    Come mai Fedele Confalonieri, succeduto nella carica a Tatò, imputato nel medesimo procedimento, è stato assolto?
    Certo nelle sentenze di merito ci saranno risposte approfondite a questi quesiti, sarebbe interessante che qualche amico della Voce che magari si è già occupato del caso le andasse a cercare e le illustrasse.
    Se no il dibattito pubblico viene alimentato solo dagli opposti estremismi dei Travaglio e dei falchi del PDL.
    un caro saluto
    Diego Corrado

  11. AM

    Ho avuto in passato varie esperienze sia in veste di amministratore indipendente sia di sindaco. Sono convinto che amministratori indipendenti e non-executive possono essere tenuti all’oscuro di vicende specifiche e circoscritte delle società, mentre è assai improbabile che l’AD o i dirigenti ai vertici non ne siano informati. Ma è anche impossibile che alcuni dipendenti direttamente coinvolti ignorino la verità. Questi dipendenti, volendolo, potrebbero segnalare i fatti. anche in forma anonima, a sindaci e amministratori indipendenti. Questi, se debitamente indirizzati, potrebbero compiere indagini mirate e scoprire la verità. Non è affatto pacifico invece che azionisti importanti privi di cariche sociali e di posizioni dirigenziali siano sempre e totalmente al corrente delle complesse vicende aziendali.

  12. malco

    Su Il Giornale Marina Berlusconi ha replicato a chi ha ricordato che alcune delle società off-shore implicate nella sovra-fatturazione dei diritti televisi erano intestate a lei (ed al fratello PierSilvio): la provocatoria e spudorata auto difesa è stata quella di dichiarare che loro due erano semplici prestanome!!! Prestanome di chi? Ovviamente di loro padre e della Fininvest!!

  13. stefano delbene

    Sinceramente che ci rimettano gli azionisti di minoranza non è che mi importi molto: così imparano a finanziare un’impresa posseduta da quel delinquente! Mi preoccupano molto di più le conseguenze sia dirette, la perdita di entrate fiscali, sia indirette, l’inquinamento politico e legislativo derivante dall’aver fatto governare ad un uomo corrotto questo paese. Le altre mi sembrano chiacchiere.

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