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Migranti: quanti nel cimitero del Mediterraneo?

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Fonte: http://fortresseurope.blogspot.it

Schermata 2013-10-13 alle 12.05.46Negli ultimi 10 anni sono  6.772  le persone che hanno perso la vita nel Canale di Sicilia. Il conto, che include i dispersi, è tenuto dal sito Fortress Europe di Gabriele del Grande. Si basa sulla raccolta sistematica di segnalazioni dei grandi quotidiani e delle agenzie di stampa.  Purtroppo si tratta di una sottostima: di molte imbarcazioni inghiottite dal mare, infatti, non si è mai avuta notizia.
Il governo italiano fa bene a chiedere aiuto all’Europa nell’affrontare il problema dell’immigrazione clandestina. Ma deve anche rivedere le politiche dell’immigrazione che abbiamo adottato per nostra autonoma iniziativa, quelle targate Bossi-Fini.  Sono basate sull’ipocrisia che sia possibile trovare un lavoro e regolarizzare gli immigrati quando sono ancora nel paese di origine. Come se avessimo centri dell’impiego che funzionano nell’Africa sub-sahariana, quando non riusciamo a far funzionare neanche quelli di molte regioni italiane.
Questa ipocrisia impone agli immigrati di arrivare illegalmente da noi, con mezzi di fortuna e ricorrendo a scafisti senza scrupoli. Bisognerebbe invece permettere un numero di ingressi realistico, che tenga conto delle esigenze non solo delle imprese ma anche delle famiglie italiane, e permettere alle persone che vogliono lavorare in Italia di arrivare da noi con visti temporanei, finalizzati alla ricerca di un posto di lavoro.
Nota: in allegato, il file excel con tutte le cifre (e i filtri) in dettaglio.

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11 commenti

  1. Marina Piano

    Le cifre da lei riportate fanno davvero paura, soprattutto perchè sottostimate, e sono d’ accordo con lei rispetto alla legge Bossi-Fini che ha rivelato tutta la sua inadeguatezza, se solo si ascoltassero le narrazioni delle persone che giungono in Italia con la speranza di una vita migliore e che trovano “ospitalità” nelle nostre carceri si cambierebbe punto di osservazione e si ritroverebbe un po’ di umanità, quella smarrita ma spero non dimenticata.

  2. “Bisognerebbe invece permettere un numero di ingressi realistico, che tenga conto delle esigenze non solo delle imprese ma anche delle famiglie italiane, e permettere alle persone che vogliono lavorare in Italia di arrivare da noi con visti temporanei, finalizzati alla ricerca di un posto di lavoro.”
    E se poi il posto di lavoro non lo trovano che succede, riesci a rimandarli a casa o diventano clandestini? E quelli che non corrispondono “alle esigenze non solo delle imprese ma anche delle famiglie italiane” e non ricevono il visto che faranno? Presumibilmente continueranno ad arrivare con i barconi o con visti turistici e poi rimarranno anche alla scadenza del visto.
    E poi quali sono le esigenze delle imprese italiane per quanto riguarda le possibilità di assunzione degli immigrati africani che attualmente vengono coi barconi?
    L’ unica maniera di risolvere il problema dell’ immigrazione clandestina è abolire ogni controllo all’ immigrazione, facendo diventare legali tutti i migranti. Che la repressione nei confronti dei clandestini sia basata sulla Bossi Fini o sulla Turco Napolitano o altra legge non mi pare che sia il problema. Qualunque repressione dei clandestini viene giustamente criticata da chi ne vede i contorni inevitabilmente antiumanitari. Ma le anime belle che si lamentano dei controlli e della repressione si chiedono cosa succederebbe se chiunque voglia immigrare in Italia o in Europa sia autorizzato a farlo senza alcuna limitazione? Sulla Political Quarterly del 2002 avevo pubblicato un breve saggio a proposito, “On the economics and politics of unrestricted immigration”. Lo puoi trovare all’ indirizzo http://www.chilosi.it/unrestricted%20immigration.pdf
    Alberto Chilosi

  3. “Bisognerebbe invece permettere un numero di ingressi realistico, che tenga conto delle esigenze non solo delle imprese ma anche delle famiglie italiane, e permettere alle persone che vogliono lavorare in Italia di arrivare da noi con visti temporanei, finalizzati alla ricerca di un posto di lavoro.”
    E se poi il posto di lavoro non lo trovano che succede, riesci a rimandarli a casa o diventano clandestini? E quelli che non corrispondono “alle esigenze non solo delle imprese ma anche delle famiglie italiane” e non ricevono il visto che faranno? Presumibilmente continueranno ad arrivare con i barconi o con visti turistici e poi rimarranno anche alla scadenza del visto.
    E poi quali sono le esigenze delle imprese italiane per quanto riguarda le possibilità di assunzione degli immigrati africani che attualmente vengono coi barconi?
    L’ unica maniera di risolvere il problema dell’ immigrazione clandestina è abolire ogni controllo all’ immigrazione, facendo diventare legali tutti i migranti. Che la repressione nei confronti dei clandestini sia basata sulla Bossi Fini o sulla Turco Napolitano o altra legge non mi pare che sia il problema. Qualunque repressione dei clandestini viene giustamente criticata da chi ne vede i contorni inevitabilmente antiumanitari. Ma le anime belle che si lamentano dei controlli e della repressione si chiedono cosa succederebbe se chiunque voglia immigrare in Italia o in Europa sia autorizzato a farlo senza alcuna limitazione? Sulla Political Quarterly del 2002 avevo pubblicato un breve saggio a proposito, “On the economics and politics of unrestricted immigration”. Lo puoi trovare all’ indirizzo http://www.chilosi.it/unrestricted%20immigration.pdf
    Alberto Chilosi

    • AM

      E’ la visione ultra-liberista secondo la quale persone, merci e capitali dovrebbero potersi spostare liberamente nel mondo. Oggi invece ci sono fin troppi ostacoli a questi movimenti, ostacoli fondati su tracciati confinari artificiali fatti dall’uomo spesso a seguito di guerre. L’utopia sarebbe bellissima. Tuttavia rimane poi il fatto che se una persona emigra e arriva in un’altra terra deve poter trovare un lavoro, avere un reddito, avere una casa, poter mangiare e poter essere curata. Chi se ne deve occupare visto che si può fare poco conto sugli extraterrestri?

  4. Andrea

    Ma negli anni precedenti al 2002 che è successo?

  5. dario

    Sembra incredibile ma come si fa a non capire che in Italia e anche in Europa NON C’E’ PIU’ LAVORO nemmeno per i cittadini, immaginarsi poi per altri milioni di immigrati. Si dovrebbe poi considerare che esistono già almeno 1 milione di immigrati (più o meno clandestini) che non lavorano, cosa ne facciamo di questi? L’unica soluzione sensata e realistica è il blocco totale di qualsiasi forma di immigrazione extra UE che non sia altamente specializzata.

    • veronica

      Milioni? Sono poche centinaia o volendo esagerare migliaia dei quali la maggioranza o muore nella traversata o preferisce andare nei più civili Paesi del Nord. E per finire se anche restano fanno lavori che gli italiani non fanno anche se muoiono di fame!

  6. filippo

    Il problema è umanitario,ma sopratutto economico.Quanto costa all’Italia l’immigrazione clandestina.Se non c’è lavoro per gli italiani,come si può darlo a chi entra in italia clandestinamente.

  7. luca cigolini

    Il problema è umanitario, per nulla economico! Nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa attraverso il canale di Sicilia migliaia di profughi muoiono per mare. E c’è chi dice che dobbiamo respingerli (lasciarli morire in casa loro) perché ci rubano il lavoro! Si tratta comunque di poche migliaia di persone di cui poche rimangono in Italia (e noi siamo 60 milioni). Non siamo altrettanto severi con chi il lavoro lo soffoca: abusivismo, racket, evasione che distorce la concorrenza… tutti mali italianissimi contro i quali non lottiamo con la stessa ferocia. Fatico a trovare una definizione diversa da “razzismo”.

  8. alias

    E se dovessimo scegliere, dato che abbiamo scarse risorse, sarebbe più equo (o meno ingiusto) introdurre lo ius soli, o legalizzare i nuovi profughi? Hanno più diritti costoro, rispetto a chi magari sta da anni in Italia, l’italiano bene o male l’ha appreso, e si arrabatta in maniera non illecita?
    Per informazione, le espulsioni dei clandestini avvengono, spesso, in assenza dei medesimi; i giudici monocratici emettono sentenze di rimpatrio di persone non reperibili. il sistema messo in piedi è inefficiente, oltre che iniquo; sostituirlo con una liberalizzazione di massa significherebbe dar credito alle politiche sciagurate di Eritrea, Sudan ecc. ecc. Il dilemma, purtroppo. Fa venir in mente le immagini, ugualmente atroci, di Gheddafi re di Roma incoronato, in occhiali scuri e scortato da amazzoni, e ai suoi ultimi istanti di vita prima di essere fatto fuori dai “volonterosi”.
    Consiglierei lettura approfondita di “Samaritans, rotten kids and conditionality” by Giulio Federico (Nuffield college, Oxford 2001)
    http://www.nuff.ox.ac.uk/users/federico/Aid%20and%20Conditionality.pdf

  9. Giorgio

    Oltre agli aspetti economici ed umanitari (posto che l’umanitarismo è solo la versione ipocrita della carità: da gesto personale e individuale diviene obbligo collettivo a spese anche di chi non lo condivide affatto) è necessario sottolineare gli aspetti culturali. Senza scomodare l’ottimo articolo di Sartori sul Corriere della Sera (censurato dalla redazione politicamente corretta, portando di fatto ad un allontanamento del suo autorevole autore), bisogna ricordare che tutti gli immigrati extraeuropei non condividono affatto la cultura italiana, e spesso (salvo i latino-americani), la religione maggioritaria. I moderni mezzi di comunicazione, inoltre, impediscono il taglio del “cordone ombelicale” di tali immigrati con la patria d’origine (di cui sovente mantengono la cittadinanza anche dopo averne conseguita una europea), alla quale rimangono sempre attaccati. Dal rifiuto della tradizione storica delle più comuni regole di civiltà italiane (così come fanno gli zingari, presenti spesso da secoli ma mai integratisi), arrivando a banalità come l’alimentazione (provate a vivere a stretto contatto con gli indiani e rinunciate ad aprire le finestre di casa vostra…) o il tifo calcistico (sareste felici di vedere cittadini italiani da una o due generazioni inneggiare alla squadra algerina, come accaduto tempo fa in Francia?), non ci si rende conto che questa è un’invasione molto più pericolosa di quella dei c.d. barbari germanici (i quali, comunque, impiegarono secoli a italianizzarsi: volendo essere pessimisti, è solo attorno all’anno Mille che scompaiono i nominativi schiettamente longobardi, ed è infatti attorno a tale epoca che Gioacchino Volpe tracciava la nascita della nazione italiana, in contrasto con Corrado Barbagallo che invece non vedeva soluzioni di continuità sin dall’epoca romana).

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