La Legge di stabilità potrebbe essere incostituzionale: ci allontana dal bilancio in pareggio e non aiuta a rilanciare l’economia. Prova provata che i vincoli a politiche espansive non vengono dall’Europa, ma da scelte della classe politica.
Da tempo sosteniamo che i vincoli a politiche fiscali espansive in Italia non vengono tanto dall’Europa quanto dal vincolo del bilancio in pareggio introdotto nella nostra Costituzione nel dicembre 2012. In quella occasione abbiamo adottato una legge rafforzata di attuazione del cosiddetto Fiscal Compact che emendava la Costituzione e prevedeva la messa in opera di un “meccanismo di correzione”, in caso di deviazione dal sentiero di avvicinamento a quest’obiettivo, sulla cui attuazione avrebbe dovuto vigilare un organo tecnico, il cosiddetto Fiscal Council.
La riprova che i vincoli più stringenti sono quelli che ci siamo autoimposti viene dalla Legge di stabilità che domani approda in Parlamento. Quando il Governo il 15 ottobre ne ha varato le linee guida, ci siamo chiesti perché ci si fosse posti un obiettivo pari al 2,5 per cento di disavanzo nel 2014, quando l’Europa ci imponeva solo di stare sotto al 3 per cento. Quello 0,5 per cento in più di flessibilità avrebbe, ad esempio, potuto essere utilizzato per rimpinguare la riduzione del cuneo fiscale, rendendola ben più visibile a lavoratori e imprese. Ma questi 8 miliardi circa di disavanzo ulteriore sarebbero incompatibili con un sentiero di avvicinamento all’obiettivo del bilancio in pareggio, quindi sarebbero incostituzionali.
Il problema in verità è ancora più complicato perché anche la Legge di stabilità presentata dal Governo potrebbe essere incostituzionale. Infatti, lo scenario macroeconomico descritto dal Governo per il 2014, prevede, come si ricordava, un disavanzo pari al 2,5 per cento, mentre il disavanzo a legislazione vigente e che si otterrebbe senza Legge di stabilità è pari al 2,3 percento. Questo significa che, rispetto allo scenario a bocce ferme, la Legge di stabilità peggiora il disavanzo di 0,2. Ed è proprio questo 0,2 per cento che ci allontana dal bilancio strutturalmente in pareggio. Come si vede dalla tabella qui sotto, tratta dalla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, in assenza della manovra, il bilancio 2014 sarebbe strutturalmente in pareggio. Non ci stupirebbe se – tra qualche mese- la Corte Costituzionale annullasse la Legge di stabilità approvata dal Parlamento. Un paradosso per il Governo del Presidente.
Il Governo può forse sperare che una deviazione relativamente limitata dal sentiero di avvicinamento del bilancio in pareggio passi inosservata, dato anche che il Fiscal Council ancora non esiste. Ma la sostanza è un’altra: o le regole di bilancio ci sono e vanno rispettate, oppure meglio cambiarle o spostarne apertamente nel tempo l’entrata in vigore e concederci maggiori margini di manovra per il taglio delle tasse.
SMETTIAMOLA DI PARLARE DI VINCOLI EUROPEI
E se decidiamo di posticipare l’entrata in vigore della legge 243, prevista per il 1 gennaio 2014, almeno smettiamola di dare colpa all’Europa quando siamo stati noi stessi a legarci le mani. Le vie di mezzo, rischiare un contenzioso costituzionale per fare un meno 0.2, hanno solo l’effetto di togliere ogni credibilità alle regole, senza peraltro sostenere l’economia.
QUADRO PROGRAMMATICO
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Ivan Berton
Non ci si capisce più assolutamente niente.
Quello che devono fare non lo fanno, quello che non devono fare lo fanno, danno la colpa agli altri, e si prendono i meriti del nulla.
Ci sara mai fine a queste cose in Italia?
Diventeremo mai un paese dove la gente è contenta di vivere?
Elimineremo i cattivi maestri in politica?
Io penso proprio di no.
Niccolò Cusumano
non sono un costituzionalista, ma una legge può essere sottoposta al giudizio di legittimità costituzionale solo da un altro giudice “Quando cioè
un giudice – qualsiasi autorità giudiziaria, dal giudice di pace di una piccola
città o dalla commissione tributaria di una provincia fino alla Corte di cassa-
zione, e perfino gli arbitri rituali – si trovi a dover risolvere una controversia,
per decidere la quale dovrebbe fare applicazione di una norma di legge, e
dubiti della conformità di questa norma alla Costituzione, egli ha il potere e
il dovere di investire la Corte costituzionale della relativa questione.” (http://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Cc_Checosa_2012.pdf pag. 32) vorrei capire quale controversia dovrebbe mai sollevarsi sul rispetto o meno dei vincoli di bilancio europei tale per cui un giudice chiede alla corte di pronunciarsi. L’altro caso è un conflitto di attribuzione tra poteri, quindi ci si potrà aspettare che lo Stato vada a impugnare leggi di bilancio delle Regioni. Esiste poi un organismo indipendente di valutazione (???) presso le camere che ci costa 3 milioni di euro. Sempre la norma attuativa prevede un controllo successivo della Corte dei Conti in pratica quando i buoi sono scappati tutti. Ma di cosa stiamo parlando?
Luca
Quindi, non sarebbe colpa dell’Europa ma del pareggio di bilancio, il quale è una legge costituzionale imposta da un trattato europeo. Gli americani dicono: “a circular thinking is a circular thinking”.
Il problema possiamo vederlo dal capo o dalla coda ma è sempre lo stesso. L’impossibilità di fare politiche espansive necessarie a fronteggiare la crisi.
Esiste poi un altro problema. L’euro ha favorito il trasferimento di capitali dai paesi virtuosi a quelli meno competitivi. Questo perché, eliminando il rischio di cambio, il capitale è semplicemente andato dove i tassi d’interesse erano più alti, fino al “sudden stop” della crisi del 2007. Almeno, questo è quello che dice la BCE:
http://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2013/html/sp130523_1.en.html
Nello stesso tempo, per favorire la competitività, e cercare di riportare le partite correnti in attivo abbiamo compresso gli stipendi e smantellato i diritti dei lavoratori.
Ora, dato che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, e non un’oligarchia capitalista basata sulla rendita, pensate che le decisioni prese a livello nazionale (ed europeo) siano state coerenti con la nostra cultura costituzionale?
Cyrano
Oggi che non ce li danno bramiano i capitali esteri. Per quando ce li davano incolpiamo i capitali esteri che arrivavano mercè l’assenza di rischi di cambio. Letta va in giro pregando in gionocchio gli arabi, i russi e i cinesi per attrarre capitali esteri. A parte che questa storia dei capitali esteri spiega molto per grecia spagna e portogallo ma non spiega nulla della crisi italiana che una crisi di finanza pubblica “storico”, di inefficienza della PA ma eminentemente di struttura industriale.
L’economia è una scienza di analisi storica non un meccanica trasposizione dell’idraulica dei vasi comunicanti.
giancarlo
Ma la mania del pareggio in Costituzione è figlio della nostra cara ed osannata Europa. Il memorandum famoso, se non erro, ci aveva obbligato al pareggio con un anno di anticipo, mentre altri stati nello stesso momento ottenevano sconti e trattamenti amichevoli. Questa disparità avrebbe dovuto farci aprire gli occhi ed invece noi italiani siamo ‘de coccio’: ci dobbiamo sbattere il muso. Non si vuol comprendere ed ammettere che in Europa esiste chi comanda e chi si deve adeguare. Noi facciamo parte della seconda classe, lo evidenzio per chi non lo avesse ancora capito, oppure si ostina a farci vedere la luna dove non c’è. I tedeschi nel 2003 sforarono i parametri e non ci furono sanzioni. Per chi non lo avesse capito i tedeschi fanno parte della prima categoria di cui sopra. Ora dico, è inutile che blateriamo morali contro il governo nostrano che, beninteso, ha enormi manchevolezze. E’ la costruzione europea che non funziona. O meglio, funziona, ma solo per la grande impresa e la finanza dei paesi core europee, non certo per i popoli, nè per i piigs come noi. E non mi venite a dire che l’euro dovrebbe servire a migliorarci e renderci competitivi, grazie al formidabile vincolo esterno. Spiegate alla gente quali sono le riforme volute dall’Europa sui lavoratori: deflazione, flessibilità selvaggia, deregolamentazioni, eccetera. Deflazione significa riduzione di salario e quindi calo della domanda aggregata, cioè del PIL. Tutto questo per combattere la scarsa competitività italica, per causa della eccessiva burocrazia, trasporti inefficienti, infrastrutture da migliorare, giustizia ottocentesca, politica inconcludente, eccetera. Tutte diseconomie innegabili. E anche irrisolvibili, a quanto pare. Perciò meglio colpire i salari, è più facile. Tutto questo mi pare una colossale presa per i fondelli, oltre a somigliare vagamente ad un furto con destrezza.
giancarlo
Se devo giudicare se la manovra sia costituzionale, mi vien da ridere a pensare di farlo per quel 0,1%. E’ come porsi il problema se un paziente col cancro terminale debba prendere l’omeopatico per la vitiligine. E’ un’assurdità! Invece non ci si interessa minimamente del mancato rispetto dei fondamentali principi costituzionali. Il benessere dei cittadini, la disoccupazione, l’indigenza sempre più endemica. Questa manovra non rispetta i primi articoli della costituzione, chissenefrega dello 0,1%! Parliamo di milioni di italiani che avrebbero, in teoria, dei diritti costituzionali, totalmente disattesi da questa manovra e da tante altre che ci sono state propinate come l’ultimo sacrificio, l’ultima tassa e poi vedremo il sole, una finanziaria che dà agli italiani e non toglie, una legge di stabilità che non mette le mani nelle tasche degli italiani, eccetera eccetera. Siamo arcistufi di questa solfa, di essere derubati impunemente da vent’anni per questa chimera dell’Europa, che sta rivelando sempre più la propria reale natura matrigna avversa ai popoli e schiava, prona ed ammiccante verso la grande finanza (che non è in Italia) o verso le grandi compagnie (che non sono in Italia). Siamo anche arcistufi di studiosi che vorrebbero farci credere falsità. Arcistufi di teorie propinateci nascondendoci il fatto che in soli venti anni i paesi euro, da sempre caratterizzati da elevato benessere, sono in gran parte precipitati negli ultimi 15 posti in classifica mondiale fra i paesi col peggior andamento del PIL, Germania compresa. Ma se i beneficiari di tutto ciò non sono i popoli, o per lo meno non il popolo dei piigs e dell’Italia, se i beneficiari non sono le nostre aziende e la nostra finanza inesistente, perchè ci siamo entrati nell’Europa e nell’euro? In economia i soggetti economici dovrebbero comportarsi razionalmente massimizzando utili con impiego minimo di risorse. Noi italiani cosa abbiamo fatto di male nel 1999, per aver poi ricevuto una sentenza di morte come è stato indubbiamente l’adesione all’euro? Senza peraltro aver mai avuto la possibilità, noi, popolino italiano ritenuto incapace di comprendere, di poter scegliere democraticamente?
Enrico
Ben vengano le limitazioni, se non ci fossero questa classe politica sarebbe capace di indebitare il Paese per i prossimi secoli pur di ottenere consenso e non abbandonare il proprio posto.
giancarlo
I limiti europei valgono solo per il popolo
I politici i burocrati e i soliti noti non subiscono alcun limite.
Siamo noi, con i nostri sacrifici e continue nuove tasse, che subiamo il tutto.
Le pare che da dieci anni a questa parte i politici abbiano limitato i propri lauti guadagni? E la sua busta paga, il suo bilancio familiare, il suo conto economico, con i ricavi in calo? E le tasse in crescita?
Non caschiamo in questo luogo comune secondo il quale i vincoli europei siano un toccasana. Non è così. Alcuni economisti per farci aprire gli occhi hanno anche esaminato l’andamento PIL in due decenni. Dal 1990 al 2000 e fra i 15 peggiori al mondo non c’era nessuno dell’euro. La stessa classifica dal 2000 al 2010 vede 10 paesi euro fra i peggiori 15 in tutto il mondo Avete capito? Dieci pesi euro sono precipitati fra i peggiori al mondo nel volgere di un decennio. Bisognerebbe chiedersi il perchè. Forse colpa della cina? No, perché la Cina ‘era per tutti, non solo per i paesi euro. Forse colpa della mancata applicazione dei principi fondanti dell’Europa, iscritti a chiare lettere nei trattati e rimasti totalmente disattesi, come lo sviluppo armonico ed ecocompatibile. Invece i più forti dell’euro che principi hanno applicato? Il mercantilismo, approfittando del cambio fisso hanno depredato le economie del sud. Ricodatevi che storicamente le unioni monetarie fra paesi con economie ‘distanti’ sono tutte fallite. Sono rimaste in piedi solo quelle che prevedono trasferimenti in favore dei paesi deboli , come fu la lira per l’italia, o il dollaro per gli USA. Prima si debbono uniformare le economie, poi, solo dopo, si fa un’unione monetaria.
michele
Molto interessante, se la Corte Costituzionale interverrà e dichiarerà la legge incostituzionale saremo costretti a sopportare politici che si lanceranno contro la Corte accusandola di qualsiasi cosa, pure di stregoneria. Dimenticando che sono stati gli stessi politici a votare il pareggio di bilancio in costituzione. Idoli!
Maurizio Cocucci
Non è così, quella di dare colpa all’Europa è un alibi che in particolare la classe politica usa per non assumersi la responsabilità di riformare e per tenersi i privilegi acquisiti. Scusi ma, chi è l’Europa? Perchè detto così sembra una istituzione terza e invece siamo anche noi! L’Europa non costringe nessuno, è un insieme di nazioni che insieme discutono, insieme propongono e insieme decidono, talvolta a maggioranza, altre volte all’unanimità. Nessuno ci ha mai obbligato ad anticipare il pareggio di bilancio, lo ha fatto il governo Berlusconi. La famosa lettera della BCE conteneva delle indicazioni ma potevamo benissimo non tenerne conto, così come potevamo non sottoscrivere il trattato chiamato fiscal compact, che non è stato difatti sottoscritto da Gran Bretagna e Repubblica Ceca. Quale sarebbe stata la conseguenza? Semplice, che in caso di turbamenti sul mercato finanziario saremmo stati lasciati soli. Invece, va ricordato, la BCE ha acquistato nel 2011 oltre 100 milardi di euro di nostri titoli per contenere i tassi di interesse schizzati in alto e le banche centrali di altri paesi dell’Eurogruppo (Bundesbank in testa) hanno poi concesso linee di credito a Bankitalia per oltre 200 miliardi di euro. Il fatto che a noi non viene permesso di sforare il limite del 3% (ma lo abbiamo mai chiesto?) mentre a Francia e Paesi Bassi invece si è acconsentito è perchè loro intanto non hanno il nostro livello di debito pubblico e poi (motivo principale) perchè in cambio loro hanno presentato piani per la riduzione del deficit mentre noi non ci impegnamo in riforme serie che ridurrebbero la spesa pubblica (leggere sprechi).
A proposito, se Germania e Francia non ricevettero sanzioni quando sforarono il rapporto deficit/PIL è perchè fummo noi a non attivare la procedura di infrazione visto che avevamo la presidenza di turno. D’altronde ci fece comodo quando fummo anche noi a non rispettarlo.
giancarlo
Maurizio
Se lei mi assicura che esista una divinità dotata di magici poteri, che con la bacchetta magica cancella immediatamente il nostro gap di competitività con il core europee, allora, e solo allora, posso accettare l’idea che l’Europa sia una dimensione adatta all’Italia. Siccome questo gap (che consiste in giustizia lenta, politica inconcludente, infrastrutture assenti, meridione Italia arretrato ecc ecc) non si elimina dall’oggi al domani, noi siamo e restiamo (e resteremo per molti anni – o decenni) dietro alla Germania. Non c’è niente da fare. Stare dietro produce che le nostre imprese non riescono a vendere, continuiamo ad importare, le nostre aziende migliori verranno svendute (e la sfliza in questi anni è già bella lunga, si informi!). Alla fine ci rimarrà il deserto. A quel punto sarà facile decretare il nostro fallimento. Io ho un’altra idea. La mia idea è che noi usciamo dall’euro subito, prima che la nostra manifattura (la seconda in Europa, ed ancora la quarta al mondo, forse) venga totalmente svenduta o distrutta. Poi ricominciamo a vivere col cambio flessibile. Le parole ‘miracolo italiano’ le dicono qualcosa? Se le ricorda qualcosa, pensi se allora avevamo l’euro oppure l’ECU! Non sono contrario all’Europa. Ma se dei trattati europei si mettono in pratica solo le regole a nostro sfavore e non i principi di che avrebbero dovuto consentire lo sviluppo e il benessere dei popoli allora io a quest’Europa non ci sto.
Milton
Articolo interessante, ma alcune imprecisioni rischiano di
confondere il lettore.
1)
La modifica costituzionale è stata introdotta
nell’aprile del 2012. La legge 243 di dicembre 2012 la attua.
2)
L’Italia si è impegnata ad introdurre il
pareggio di bilancio in Costituzione firmando e ratificando il Fiscal compact.
In questo senso è un vincolo che ci siamo imposti da soli, ma per rispettare un
impegno preso con gli altri paesi europei.
3)
L’indebitamento netto a legislazione vigente è
-2,3 per cento di PIL, non -2,4.
4)
La tabella che mostrate riporta il quadro PROGRAMMATICO
(che quindi include gli effetti della futura legge di stabilità) non quello a
legislazione vigente. Più precisamente avreste dovuto riportare la Tavola I.1 a
pag. 2 della Nota di aggiornamento. Lì è indicato che la differenza tra saldo
strutturale programmatico e saldo strutturale a legislazione vigente è pari a
0,2 punti percentuali di PIL.
In termini più generali, i bravi
economisti dovrebbero conoscere meglio e supportare l’introduzione di regole di
bilancio in un paese poco disciplinato come il nostro.
NewDeal
Ottimo editorial (purtroppo…). Davvero molto utile.
Speriamo anche che venga letto (studiato) negli aurei bivacchi….
AM
Leggo su un quotidiano che l’Italia, indebitandosi, investirebbe indirettamente in titoli pubblici tedeschi attraverso il suo contributo al fondo salvastati. La Germania beneficerebbe quindi di un finanziamento a costo quasi zero fornitole dall’Italia, che per disporre di questi fondi deve indebitarsi ad un costo ben maggiore. Se questo è vero qualcosa non funziona nel sistema Euro
Maurizio Cocucci
Qualcosa non funziona in qualche giornalista perchè l’articolo in questione non rende chiara la questione. Il contributo iniziale per il fondo ESM non può certo rimanere in contanti presso un conto corrente, ma deve essere investito in varie attività finanziarie. Dato che si tratta di contributi ingenti provenienti da tutti gli Stati aderenti le norme prevedono che il fondo non possa investire in titoli o attività a rischio e quindi nella fattispecie con rating sotto la doppia A. Maliziosamente si può pensare, come l’autore dell’articolo lascia intendere, che sia fatto apposta per finanziare i titoli dei Paesi più virtuosi, Germania in testa, ma non è così. Il fatto che debbano essere utilizzati per l’acquisto di titoli più sicuri segue invece la logica della prudenza e non sono solo quelli tedeschi a rispondere a questi requisiti. Inoltre il fondo ESM non ha dichiarato la tipologia di titoli attualmente in portafoglio e quindi non si capisce l’allusione del giornalista.
Luca
Mi potete dire da che fonte avete preso questa cosa del rating AA?
Il trattato del MES dice (capo 5 art.22): “Il direttore generale attua una politica di investimento del MES improntata al principio di prudenza atta a garantire la sua massima affidabilità creditizia” e poi “La gestione del MES deve essere conforme ai principi della buona gestione delle finanze e dei rischi”.
Comunque, se guardiamo ai paesi che emettono titoli con rating non inferiore alla doppia AA, notiamo immediatamente che sono quelli che meno risentono della crisi dei debiti sovrani http://it.wikipedia.org/wiki/Rating (come la Germania, l’Olanda, la Danimarca e i paesi scandinavi). Quindi, il paradosso c’è, anche se è sempre lo stesso, cioè che nei mercati finanziari piove sempre sul bagnato.
AM
Lei ha ragione. Effettivamente il giornalista è stato maliziosamente poco chiaro. Lei mi conferma tuttavia che non per imposizione di Berlino, ma per meccanismi di mercato la già fortunata Germania potrebbe beneficiare di un ulteriore aiuto da parte dei paesi più deboli. Si predica tanto la socialità in politica interna e la progressività delle imposte, si parla di Stato Robin Hood, ma poi nei rapporti internazionali in seno all’Ue avviene l’opposto. Non sono i ricchi ad aiutare i poveri, ma i poveri ad aiutare i ricchi.
Gianni
Ho 56 anni. Non è più l’età giusta per andar via dall’Italia. Ma è arrivato il momento di archiviare sogni, ideali, aspettative di cambiamento di questo paese. In attesa della pensione, avvio le azioni per il mio ritiro nel privato. Pur non essendo ricco, posso spendere un po’ di soldi per impiantare una vigna in un piccolo appezzamento di terreno che era dei bisnonni contadini e sistemare la casetta che c’è. Non ci metterò la televisione e, appena pensionato, abbandonerò anche computer e internet. Mi dedicherò alla coltivazione, alla produzione di un buon vinello, alla lettura di bei libri, alla buona cucina per cene con pochi amici fidati. Andrò a cinema, a teatro, ai concerti. E dell’Italia e degli italiani non me ne fregherà più niente. Io defeziono: mi chiamo fuori da ogni forma di partecipazione alla vita pubblica!
Luca
L’amarezza che traspare dalle sue parole è spiacevole ma non insolita. Tutto sommato, può ritirarsi tranquillamente che tutti sono utili ma nessuno è indispensabile. In bocca al lupo.
apoleto
Spulciando la nota di aggiornamento (ognuno ha le sue perversioni) ho trovato che l’aumento del deficit del 2014 non è un effetto della manovra ma del metodo di calcolo del bilancio, finalmente non più a legislazione vigente ma a politiche invariate, cioè inserendo anche impegni non legislative ma “consetudniari” tipo il fiananziamento delle missioni di “pace” . E del resto uno 0,1 non impedisce di essere considerati strutturalmente in pareggio, visto che lo scostamento di 0,3 punti percentuali dal pareggio è inferiore alla soglia di 0,5% che nel SGP (ripresa pure nelle legger rinforzata) definisce la soglia di deviaizone massima consentita.
Sicuramente però avere già in piedi un Fiscal Council che possa vigilare sul sentiero di avvicianamento (e sul realismo delle stime macroeconomiche e di finanza pubblica che ne sono alla base) sarebbe molto utile.
Cyrano
Art.81 “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio” tenendo conto del ciclo. L’Equilibrio non il pareggio come citato per ben due volte nell’articolo. E sono due concetti diversi. Il primo sarebbe puramente Contabile mentre il secondo implica un giudizio sull’assetto complessivo del Bilancio ed è una valutazione di Politica economica. Si dovrebbe leggerla al Costituzione, attentamente, almeno una volta prima di fare ragionamenti a vanvera di incostituzionalità .
Maurizio Cocucci
Il suo è un commento un po’ irriverente, mi lasci dire. Equilibrio nella lingua italiana non significa incasso 10 e spendo 11, magari vale nel linguaggio comune: ho fatturato 100 milioni e ho avuto spese per 110 milioni, in sostanza un bilancio in equilibrio. Ma giuridicamente non è così, in questo caso si scrive “equilibrio” e si legge “pareggio”. Difatti nella frase seguente, che sicuramente lei in buona fede non ha riportato, è anche specificato: “Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.”
Il punto che semmai potrà essere oggetto di controversia riguarderà le voci che si potranno ritenere legate al ciclo economico e quindi da non considerare nelle passività per giudicare se il bilancio è o meno in pareggio.
Cyrano
Provi a leggersi i lavori preparatori di Camera e Senato su quell’articolo (i lavori sono online). La parola equilibrio è stata utilizzata proprio a significare non un pareggio contabile puntuale ma una situazione di sostenibilità e compatibilità “considerando gli effetti del ciclo” che ammette e non esclude anche situazione di assenza di pareggio. Il concetto di equilibrio in economia e finanza pubblica non è assolutamente un concetto di pareggio contabile. La Ragioneria è una materia la Politica economica un’altra.
Della Costituzione in questo Paese ci si fa beffa tutti i giorni. Sarebbe il caso di non tirarla per i capelli anche quando non serve. Sarà il tempo poi a dimostrare inequivocabilmente quanto quella degli autori sia un’ipotesi del tutto infondata. Si accettano repliche.
Mauro Artibani
CRISI, E SE DOMANI……
E se il debito non fosse la causa della
crisi bensì l’effetto?
Si, insomma, se la causa fosse invece
da attribuire ai quei redditi, erogati dalle imprese a chi lavora,
insufficienti ad acquistare quanto prodotto?
Possibile se, come dice l’Ufficio Studi
di Confcommercio, nel 2012 il reddito disponibile è stato pari a
1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
Beh, mettendo nel conto quanto
la crescita si faccia con la spesa aggregata, per farla in
tali condizioni di insufficienza si è fatto ricorso alle politiche
di reflazione, in grado di fornire credito per surrogare
quell’insufficienza. Debito insomma per creare ricchezza: bella no?
Anzi di più. Finchè il trucco
ha celato il fatto si è venduto, acquistato, lavorato,
riprodotto con buona pace del debito.
Quando accade, però, che il debito
troppo in alto sal, tracolla sovente, precipitevolissimevolmente.
Il meccanismo dello scambio va in
blocco, salta l’equilibrio tra il prodotto e il consumato che tiene
attivo il meccanismo produttivo: non si vende nè si acquista; le
merci perdono valore, non vengono riprodotte.
La produttività totale dei fattori
finisce dalle stelle alle stalle: le imprese mostrano sovraccapacità
produttiva.
Chi lavora nell’impresa produce in
eccesso e quelli, che con la spesa fanno il 60% della crescita, sono
costretti a fare spending rewiev, dimagrendo mangiando meno,
svestendo la moda che passa di moda, smettendo
il Suv per andare da qui a lì.
Si sta tutti, insomma, come d’autunno
sugli alberi le foglie.
Per uscire dal guado e tornare a
crescere occorre migliorare la produttività dei singoli fattori.
Pronti, via: La crescita si fa con la
spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare
nuova spesa. Tocca impiegare quelle risorse di reddito per remunerare
chi, con la spesa, remunera.
Giust’appunto quei 1032 miliardi da
riallocare per meglio sostenere il
potere d’acquisto di quelli che fanno la spesa, alfin di poter
tornare ad ingrassare, rivestirsi alla moda, tornare a mostrare il
Suv e…. vai col tango!
Smaltito l’invenduto, l’impresa mette
la sordina alla sovraccapacità, ripristina il valore delle merci che
verranno ri-prodotte. Affrancato così dal produrre l’eccesso,
tornerà a mostrare valore pure il lavoro che potrà trovare più
adeguato remunero, meno agire precario e soprattutto altro lavoro.
Ai consumatori tocca pure un ultimo
sussulto: coniugare il tornaconto del guadagnare spendendo con la
responsabilità di chi, con una domanda competente, comanda i
processi che governano l’oggi ed il domani. Prosit!
PS. Corre l’obbligo di precisare che
tra i fattori della produzione viene
inserito d’imperio quell’esercizio di consumazione in grado di ridare
efficienza a quegli altrimenti malandati fattori, continuità al
ciclo e sostanza alla crescita economica.
Mauro Artibani
Maurizio Cocucci
Il Meccanismo Europeo di Stabilità è una organizzazione intergovernativa che emette titoli da collocare sul mercato onde raccogliere fondi per aiutare Paesi in difficoltà. Per emettere titoli deve disporre di un capitale proprio iniziale (versato) e uno nominale (sottoscritto) eventualmente da versare in caso di necessità. Il capitale versato viene investito a sua volta in attività ad alta affidabilità per due motivi, uno è quello prudenziale per evitare perdite e l’altro, principale, è che il fondo ESM ha come obiettivo quello di emettere titoli con il più alto rating (AAA) per pagare il minor costo possibile in termini di interessi. Se il fondo acquistasse ad esempio titoli greci ed italiani non solo esporrebbe il capitale ad un rischio elevato ma non potrebbe poi emettere a sua volta titoli con alta affidabilità e quindi con tassi bassi di interesse.
Il rating di riferimento sui titoli di possibile acquisto (AA) è quindi una conseguenza di questo obiettivo.
Luca
Certo, tutto è una conseguenza, il problema sta alla base, e cioè che il MES è sostanzialmente un meccanismo disincentivante (come del resto lo è la finanza in generale nei confronti dei meno abbienti). Comunque, non volevo parlare di questo, ma solo sapere qual’è il riferimento normativo relativo all’acquisto di titoli con un rating di almeno AA, dato che il trattato non ne fa menzione. Lo chiedo perché vorrei essere sicuro che non sia una presunzione giornalistica
Piero
A prescindere i vincoli del fiscal compact, da me sempre denominato mortal compact ( alla fine vi sarà un solo vincitore, la Merkel), non penso che la legge di stabilità possa essere incostituzionale, altra cosa e’ che l’aumento delle tasse come di fatto stanno facendo, faccia acuire ancora di più la crisi e quindi vi sarà inevitabilmente un avvitamento negativo, naturale che nessuno creda ai proclami di Saccomanni e all’ottimismo di Letta, infatti oggi i giornali portano la notizia che i 3/4 degli italiani vogliono tornare all’euro, sono tutti quelli che non riescono più ad andare avanti, attingono si risparmi accumulati e vedono un futuro tutt’altro che roseo, cosa fare quindi? Il governo Letta può fare ben poco, ci siamo privati della politica monetaria, adesso con l’unione bancaria vi sarà in tal senso il colpo finale, dobbiamo quindi agire sulla spesa pubblica per i consumi, dobbiamo rendere più efficiente il settore della pubblica amministrazione e ridurre il costo della politica, non vedo provvide enti in tale senso, quindi andiamo a votare anche con la legge attuale.
Paolo
Ma come si fa a dire che il Fiscal Compact non è un vincolo europeo? Il FC è un accordo approvato con un trattato internazionale il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 stati membri dell’Unione europea[1], entrato in vigore il 1º gennaio 2013. http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_bilancio_europeo
Alessandro Marangon
Siamo al bivio: o diciamo no all’euro per fare una vera riforma del sistema e tornare competitivi o continuiamo a credere a favole propagandistiche senza avere il il quadro completo della situazione. E’ come se ci disegnassero un pezzettino alla volta, trovo purtroppo per noi italiani molto giusto quello che dice. Poi bravi gli economisti a definire e dettagliare e precisare il tutto, ma non dicono che qualsiasi strada, nelle condizioni attuali, porterà al deserto. Lo considerano forse un effetto psicologico negativo da nascondere nella speranza che qualche evento “straordinario” inverta la rotta.