Il Governo ha presentato la Tasi come una “service tax”. Oggi però si discute di introdurre una detrazione per mitigarne gli effetti regressivi rispetto all’Imu. È un altro elemento che avvicina sempre più la Tasi a una patrimoniale. Tanto valeva tenerci l’Imu.
IL ROMPICAPO
La riforma dell’imposizione immobiliare proposta dal disegno di Legge di stabilità è nella bufera. La componente Tari minaccia pesanti rincari per il servizio rifiuti su molte categorie commerciali. Ma è soprattutto la Tasi, la cosiddetta “service tax”, ad alimentare la discussione. Da un lato, c’è il Pdl che grida all’imbroglio, avendo promesso agli elettori una completa abolizione del prelievo sulla prima casa. Dall’altro, c’è un fronte più variegato di posizioni che comunque sottolinea i possibili limiti del nuovo prelievo.
In un precedente intervento, abbiamo illustrato come la Tasi si distingua dall’Imu 2012 per un differente profilo redistributivo: le famiglie più povere (tra cui molti inquilini) ne escono penalizzate (anche se di poco) mentre quelle più ricche ci guadagnano. (1) La ragione dell’impatto regressivo è semplice: la riforma sostituisce un’imposta progressiva rispetto alla sua base imponibile (i valori catastali), come era l’Imu prima casa, con un’imposta strettamente proporzionale sulla stessa base, la Tasi appunto. (2)
È proprio su questo punto che nei giorni scorsi è partito l’attacco alla Tasi in vista dei possibili correttivi da apportare nella discussione parlamentare. È necessario aggiustare il meccanismo del nuovo prelievo sulla prima casa – si è sostenuto – per evitare di danneggiare i redditi più bassi e anche per scongiurare il risultato politicamente non sostenibile di far pagare oggi la Tasi a chi ieri era totalmente esentato dall’Imu per l’operare delle detrazioni. Ma al contempo bisogna evitare cadute di gettito non sopportabili per i conti pubblici, il tutto evitando, se possibile, di riproporre una fotocopia dell’Imu che il Governo si era impegnata a rivedere (o come dice Renato Brunetta a “cancellare”). Un vero rompicapo.
SIMULAZIONI SULLE DETRAZIONI
Vediamo di capire meglio la questione. Supponiamo: a) di voler introdurre nell’impianto della Tasi una detrazione sull’abitazione principale che consenta di esentare dal pagamento della nuova imposta un numero di famiglie analogo a quanto accadeva con l’Imu 2012 (il 47 per cento di tutte le famiglie, il 19 per cento perché avvantaggiati dalle detrazioni, il rimanente 28 per cento semplicemente perché non contribuenti Imu in quanto non proprietari); b) di non aver alcun margine di riduzione sul gettito che il Governo intende raccogliere con la Tasi nella proposta originaria (3,7 miliardi di euro secondo la relazione tecnica al Ddl). (3) Non c’è altra via di uscita che compensare gli sconti fiscali sull’abitazione principale con un corrispondente aumento dell’aliquota base.
Il ricorso a un modello di micro-simulazione consente di precisare i termini dell’intervento. (4) Come illustrato nella figura 1, con detrazione di ammontare anche molto contenuto si ottiene subito un forte aumento della quota di famiglie esenti dalla Tasi: a uscire per primi dal perimetro dei contribuenti sarebbero infatti le famiglie che prendono in affitto l’abitazione di residenza oppure ci vivono a titolo gratuito, che dalla normativa Tasi sono chiamate sì a contribuire, ma solo per il 10 per cento del prelievo complessivo. Successivamente, aumentando ancora la detrazione, le famiglie esenti aumenterebbero, ma a tassi pressoché costanti, perché i proprietari ora scontano l’aliquota sull’intera base imponibile.
Figura 1 – Quota di famiglie con Tasi nulla sull’abitazione di residenza
all’aumentare dell’aliquota e della detrazione
Con un’aliquota attorno all’1,3 per mille (quindi +0,3 per mille rispetto all’aliquota base prevista dal Ddl governativo) e una detrazione sulla prima casa di circa 65 euro si realizzerebbe il risultato di esentare la stessa quota di contribuenti prima casa dell’Imu e di non intaccare l’obiettivo di gettito (vedi figura 2, linea blu). (5) L’aggiustamento ovviamente finirebbe per trasferire parte del prelievo (circa 620 milioni di euro) sui proprietari di immobili diversi dall’abitazione di residenza (immobili di impresa e seconde abitazioni).
Pur confrontando imposte con gettiti e contribuenti differenti, la tabella 1 evidenzia che la Tasi con la detrazione e aliquota maggiorata determina sostanzialmente la stessa composizione del gettito per decimi di famiglie dell’Imu 2012. Anche la concentrazione dell’imposta è analoga nei due casi. Rispetto alla Tasi proporzionale con aliquota più bassa, si osserva dunque un miglioramento della distribuzione dell’onere impositivo.
Insomma, è possibile correggere gli effetti regressivi rispetto all’Imu della Tasi con aliquota proporzionale senza necessità di accrescere in misura sconvolgente l’aliquota fissata dal Governo nel Ddl di stabilità. Ci sono margini di aggiustamento già muovendosi di poco al di sopra di quell’aliquota.
ANCHE QUESTA È UNA PATRIMONIALE
Il vero problema non sta dunque nel trovare l’accorgimento tecnico (la coppia aliquota-detrazione) che permetta di raddrizzare gli effetti redistributivi della Tasi nella sua versione originaria, ma piuttosto nel fatto che così facendo si smarrisce ancor di più il senso complessivo dell’operazione Imu-Tasi.
Figura 2 – Gettito totale all’aumentare dell’aliquota e della detrazione sull’abitazione di residenza
Tabella 1 – La composizione del gettito
La Tasi è stata presentata dal Governo come una “service tax” (o di una “residence tax”) necessaria per finanziare i servizi indivisibili forniti dai comuni. Una service tax nei paesi in cui si applica (ad esempio, la council tax inglese) è un’imposta che, ispirandosi al principio del beneficio, grava sugli occupanti (quindi anche gli inquilini) di immobili a uso abitativo sulla base di una proxy di massima dei benefici che derivano dai servizi comunali quale è la superficie dell’abitazione, tenendo conto dell’ampiezza e della composizione della famiglia occupante e con poche concessioni agli aspetti equitativi. La nostra Tasi è qualcosa di diverso. La base imponibile è il valore (catastale) dell’immobile, il contribuente è di fatto quasi solo il proprietario (come detto gli inquilini sono chiamati a pagare soltanto il 10 per cento dell’imposta, aumentabile dai comuni fino al 30 per cento). Insomma, la Tasi è proprio un’imposta patrimoniale, ispirata come tale al principio della capacità contributiva. E ora, la richiesta di una detrazione che la renda progressiva rispetto alla sua base (i valori catastali appunto) rafforza chiaramente questa logica di prelievo patrimoniale. (6)
Si dirà: ma perché dovremmo adottare una vera service tax, con tutti gli effetti regressivi tra famiglie ricche e famiglie povere che questa comporta? La risposta è allora un’altra domanda: perché non ci siamo tenuti l’Imu sulla prima casa, senza tanti inutili esercizi puramente lessicali?
(1) Diversamente dall’Imu, infatti, la Tasi è gravata per il 10 per cento (i comuni possono aumentare tale percentuale fino al 30 per cento) sull’inquilino e per rimanente 90 per cento (70 per cento) sul proprietario.
(2) Inoltre la riforma scarica parte del prelievo non più gravato sulle prime case su tutti gli altri immobili, seconde case (affittate o a disposizione del proprietario) e sugli immobili delle imprese.
(3) Secondo le nostre elaborazioni, la base imponibile delle abitazioni di residenza di proprietà delle famiglie è pari a 1.616 miliardi di euro, mentre la base imponibile delle abitazioni di residenza locate oppure cedute a titolo gratuito come abitazione principale a famiglie è pari a 381 miliardi. Il gettito complessivo della Tasi con l’aliquota dell’1 per mille gravante sulle abitazioni di residenza (con la quota del 10 per cento a carico di affittuari e detentori a titolo gratuito) è pertanto pari a 1,65 miliardi di euro. La parte rimanente del gettito (circa 2 miliardi di euro) deriva dagli immobili ad uso imprenditoriale, dalle seconde abitazioni e dalle pertinenze.
(4) Utilizziamo un modello di microsimulazione statico la cui base dati è l’Indagine sui redditi delle famiglie italiane della Banca d’Italia 2012.
(5) In questa ipotesi, si tratterebbe peraltro degli stessi contribuenti che l’Imu esentava, a meno degli effetti della detrazione di 50 euro per ogni figlio convivente con meno di 26 anni. All’aumentare della detrazione quando l’aliquota Tasi è pari all’1 per mille, il gettito è sempre inferiore al valore di equilibrio (linea rossa); si noti, ad esempio, che un gettito di 3,7 miliardi di euro può essere ottenuto anche con una aliquota Tasi dell’1,5 per mille e una detrazione di 145 euro; in questo caso, tuttavia, il numero delle famiglie con Tasi positiva sarebbe di appena 5 milioni.
(6) Per una attenta discussione sulla natura del prelievo Imu-Tasi si veda l’articolo di Gastaldi e Liberati.
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franco osculati pavia
Perfetto, ragazzi. Adesso stampo e tengo da parte, ma già nel sottotitolo avete detto tutto. Caro saluto
Franco Osculati
giancarlo
Quindi non ho ben capito cosa vorreste.
Io dico questo: se è una patrimoniale, sia una patrimoniale. Pur se fallace alla base per via delle rendite catastali campate in aria. Perché il PD si ostina a voler i porre la tassa sulla prima casa, salvo toglierla al X% degli italiani? Perché mi vorreste dire che 10-20 euro di imu all’anno cambiano la situazione rispetto a zero euro? Però togliere quei 20 euro di tassa al 40% degli italiani significa, a parità di gettito, caricarne 200 euro al 20% di coloro che già sono rimasti fregati con l’imu, e domani verrebbero fregati con la nuova tassa. Se la tassa copre dei servizi, chimiamola tariffa e la pagano tutti i residenti, ricchi poveri, case grandi case piccole. Io pagavo sulla mia prima casa in provincia di Nuoro 1300 euro di imu. La mia casa ha un valore catastale spropositato, superiore al valore commerciale. Bene. Quest’anno non so ancora se mi rimarrà parte della tredicesima oppure se la devo spendere in tasse, imu,tares. Sapete cosa sto facendo, da giugno in poi? Non sto spendendo niente. Non ho comprato vestiario scarpe estive, non ho acquistato scarpe invernali, giacca, maglioni… Non che in passato avessi le mani bucate, ma corro il rischio a tutt’oggi ignoto di dover sostenere 600 euro di imu e 1200 euro di tares, che chissà, potrebbero anche essere 1600 euro o 2000 euro. Per cui mi tengo i soldi e non sapendo, non me ne frega del PIL.