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La recessione economica è finita, quella sociale continua

L’Istat ci comunica che la lunga recessione è finita. C’è poco da festeggiare. In sei anni il Pil è sceso del 9 per cento e i disoccupati sono raddoppiati. Servono subito misure incisive di aiuto all’economia, da mesi dimenticata dalla politica.

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[tweetable]La lunga recessione lascia un segno drammatico nell’economia e nella società italiana [/tweetable]. Il Pil è oggi a meno 9 per cento rispetto al suo livello di fine 2007. Il numero dei disoccupati è raddoppiato a 3,2 milioni. Il numero degli individui in povertà assoluta era già salito a 4,8 milioni nel 2012 ed è certamente aumentato nel 2013.

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Il costo della recessione sociale si misura anche nella dinamica e nella qualità dei consumi. I consumi in volume sono tornati indietro di 15 anni. I consumi in valore sono scesi per due anni consecutivi: è la prima volta che succede. Nella recessione 2008-09 erano scesi solo nel 2009 e poi avevano ricominciato a salire. Questa volta no.

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Anche la qualità dei consumi è stata influenzata dalla lunga recessione. Le vendite alimentari hanno complessivamente tenuto, mentre le vendite di tutti gli altri beni sono diminuite in qualche caso drammaticamente rispetto al 2007, come nel caso dei beni durevoli (ad esempio, gli elettrodomestici e le automobili) e dei beni semi-durevoli (ad esempio, l’abbigliamento).

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Per il 2014 è atteso un ritorno più consistente del segno più. È però difficile che il Pil salga più di qualche decimale (+0,7 per cento è la stima di consenso degli analisti). E tutti danno una ripresa dei consumi meno pronunciata di quella del Pil.
Il ritorno di una crescita non frazionale è legata ad una più robusta ripresa degli ordini e alla continuazione del recupero della fiducia. Gli ordini sono tornati su – in modo un po’ oscillante – nella seconda metà del 2013.
E così anche le imprese e le famiglie sono diventate più ottimiste, anche se i dati sulla fiducia delle famiglie indicano una battuta d’arresto del recupero della fiducia proprio nell’ultimo scorcio dell’anno.

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Qualche risultato si è già visto. I fatturati esteri sono già ritornati ai livelli pre crisi nella prima parte dell’anno. I fatturati nazionali sono ancora molto al di sotto, ma hanno cominciato la risalita

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81 commenti

  1. curiosity

    Se non facciamo riprendere la domanda interna o tramite il moltiplicatore della spesa pubblica o tramite l’uscita dall’unione monetaria la crisi sociale non terminerà più e saremo condannati a un futuro di povertà.

    • Bamuele Saggio

      La domanda interna viene stroncata quando si esce da una unione monetaria (e la valuta si deprezza…)
      E’ esattamente quello il motivo per cui si fa, penalizzare i consumi interni e favorire l’export.

      • matty

        Ma tu pensi che i creditori esteri accetteranno tranquillamente un deprezzamento del loro credito o, alla prima avvisaglia, venderanno tutto? E chi comprerà, per accettare i nuovi titoli, pretenderà interessi più alti (maggior rischio), probabilmente.
        Poi con una moneta volutamente più debole importeremo una inflazione (da cambio) difficilmente controllabile, data dalle materie prime (petrolio, gas, minerali);quindi si scarica il costo maggiore di trasformazione sugli stipendi (unica variabile governabile, insieme ai servizi pubblici forniti)

        • Bamuele Saggio

          Sfonda una porta aperta. Non amo tout court l’europa, ma l’euro per come la vedo io è un modo per mettere non solo l’economia ma anche gli stati (intesi come amministrazioni) in competizione tra loro. E questo per come la vedo io è un bene: con i cambi flessibili uno stato inefficiente viene compensato da deprezzamenti del cambio, che in pratica vuol dire che pagano i cittadini del paese in termini di minor potere d’acquisto (e risparmi erosi).

          • Se sono valide queste argomentazioni, l’America con la continua svalutazione del suo dollaro, deve essere paragonato all’Africa.

          • Il cambio fisso, o esiste in tutto il mondo, oppure è preferibile quello flessibile. Questa è l’economia: il cambio fisso ha portato solo guai se non vi è uno stato che ridistribuisce ricchezza.

          • Bamuele Saggio

            1) l’America non è l’Italia
            2) di tutte le politiche fatte fin ora il deprezzamento del cambio è stato un effetto indiretto.
            Anche perché gli Usa hanno sempre vissuto, a partire dal dollar standard, con un deficit commerciale: di certo non era quello che ne fermava la crescita.

          • Lo Sme è durato solo qualche anno, l’Argentina con il cambio fisso sul dollaro ha fatto una brutta fine, mentre il Brasile fa parte dei Brics e i paesi europei (Inghilterra e Polonia) che non sono entrati nell’euro stanno crescendo. Oggi difendere una moneta come l’euro nata solo per mettere la camicia di forza ai paesi meridionali e finanziare la riunificazione tedesca è impossibile. Sì, è vero che gli stati all’inizio non hanno finanziato i loro debiti con i tassi a livello dei tedeschi, ma dopo sono venuti fuori i difetti dovuti alla mancanza di un’unione politica o federale dell’Europa, abbiamo una redistribuzione della ricchezza inferiore all’1%, mai potrà vivere nel lungo periodo una moneta unica tra gli stati con queste premesse! tutti lo sanno ma non lo vogliono capire! Non sanno cosa succede se un paese esce! Quindi oggi è la paura che tiene legati gli stati attorno alla moneta unica.

          • Bamuele Saggio

            Il sistema aureo, che sostanzialmente era un regime a cambi fissi, è durato secoli
            + dollar standard
            + gold standard
            + peg al marco
            + sme credibile
            + euro
            Da quando è nata l’Italia il cambio fluttuante c’è stato per solo una piccolissima parte della sua storia. Negli ultimi 20 anni ci siamo accorti che è la causa di tutti i mali italiani.

          • Nel sistema aureo vi era come limite l’oro, ma dopo gli accordi Bretton Woods, ciò salto e gli stati hanno emesse moneta a loro piacimento senza controllo, oggi abbiamo delle valute di peso come il dollaro la sterlina lo yen, il remimbi e l’euro, ognuna di questa moneta viene gestita dal proprio stato, basta pensare che la Fed ha immesso liquidità nel sistema per 80 miliardi di fogliari al mese negli ultimi tre anni.
            Parlare di cambio fisso e’ assurdo, invece si deve essere il cambio fisso all’interno di un paese dove vi è la redistribuzione della ricchezza con la politica fiscale o su una federazione di stati dove si deve prevedere una tassa federale di almeno il 15%, necessaria per i trasferimenti necessari a tenere uniti gli stati della federazione; ora l’Europa non è nulla di tutto ciò è un semplice contratto dove gli stati hanno messo insieme meno dell1% di risorse! dove si vuole andare con la moneta unica? Si va contro un muro e il più debole muore, oggi gli stati sono tenuti insieme dalla paura, non sanno cosa succede se escono dall’euro, basta che parte uno stato e tutti vanno a ruota e penso che partirà per primo non uno stato debole ma uno forte con i conti in ordine.

          • Bamuele Saggio

            parlare di cambio fisso non è assolutamente assurdo.

            Con un cambio flessibile le inefficienze pubbliche o politiche “sbagliate” (anticompetitive) si scaricano sul tasso di cambio e dunque in termini di inflazione (erosione dei risparmi e di potere d’acquisto)

            Con i cambi fissi questo non può accadere, dunque lo stato (e sue emanazioni) competono rispetto ad altri stati, in termini di competitività (imposte, burocrazia, efficienza giustizia, stabilità politica, ecc. ecc.)

            Ne consegue che questi, o aumentano le imposte o varano nuove leggi/riforme per “buoni motivi” cioè rendere il paese più competitivo, oppure vanno in crisi.

            Con il cambio flessibile, una politica mediocre scarica i suoi errori sui cittadini senza che questi nemmeno se ne accorgano (inflazione)

      • L’Olanda ha già fatto i calcoli per l’uscita dall’euro, (costi e vantaggi dell’uscita); i vantaggi sono più dei costi, ritiene l’Olanda che uscendo dall’euro possa avere una crescita del Pil ben più superiore che se rimanesse agganciata al carrozzone dei paesi euro.

        • Bamuele Saggio

          1) l’Olanda non è l’Italia
          2) Lo studio è stato commissionato da un certo Geert Wilders (più info qui: http://en.wikipedia.org/wiki/Geert_Wilders).
          Io personalmente condivido le sue idee riguardo a mercato e sburocratizzazione dell’attività economica, ma quando si parla di libertà personali e immigrazione assolutamente no. Le due cose viaggiano di pari passo. Libertà economica e libertà di stabilire dove vivere (rispettoso delle leggi sia chiaro) ovunque.
          3) Tali studi lasciano il tempo che trovano, tant’è che si hanno difficoltà a fare previsioni su eventi ben più semplici di un euro-breakup.

    • Jacopo Piletti

      L’uscita dall’unione non migliora la cosa, secondo te chi tiene nel proprio portafoglio titoli di debito italiano vuole riavere le bunga bunga lire? Senza contare che i piu poveri diventerebbero ancora piu poveri.

      • Le “bunga bunga lire” come da Lei definite hanno tenuto l’Italia unita per oltre 100 anni, non penso che tale obiettivo sia stato raggiunto dall’euro in Europa. All’euro abbiamo consegnato un’Italia che aveva raggiunto la posizione di quarta potenza economica del mondo (Craxi nel 1984), l’euro con dieci anni ha distrutto tutto.

        • Bamuele Saggio

          La Francia è passata da 4° nel 1980 a 9° come stime nel 2015, il Giappone dal 2000 al 2015 passerà da 2° a 4°, il Regno Unito da 6° nel 2005 ad 8° nel 2015. Lei vede correlazioni tra valuta nazionale e potenza economica?

          • La retrocessione dei paesi è conseguenza dell’avanzamento dei Brics, la cosa non è allarmante, vi saranno i Brics che crescono a due cifre, mentre i paesi più evoluti crescono ad una cifra, cosa del tutto normale, ma mai si deve arretrare, come in Italia.

          • Non vi è correlazione tra valuta nazionale e potenza economica, la valuta deve essere oggetto di politica monetaria per raggiungere una crescita dell’economia, se lasciamo la valuta da sola succede quello che sta succedendo in Europa.

        • Jacopo Piletti

          si, perché 30 anni fa è come oggi? forse non è melgio la lotta all’evasione e alla corruzione? no perchè cambi la valuta ma lo sceicco i soldi non li porta qua

          • Corruzione e evasione non devono esistere, non si può mettere sempre davanti questi mali per non fare le cose che non vanno fatte. In tutti i paesi questi mali vengono trattati duramente, in Italia al contrario non abbiamo una popolazione carceraria con detenuti che hanno commesso questi reati, quindi o in Italia tali i reati non ne sono così tanti o la magistratura è troppo soft con chi commette questa illegalità, in ogni caso vi sono le leggi e sono molto severe.

          • Jacopo Piletti

            Veramente è perché si fanno svuota carceri ogni 6 mesi e perché non ci sono leggi per questi tipi di reati o ancora peggio vanno in prescrizione.

    • Le soluzioni ci sono, speriamo che Renzi faccia subito i provvedimenti necessari, ma che vada subito in Europa a fare cambiare immediatamente il passo a Draghi, altrimenti dobbiamo uscire subito dall’euro, con questa minaccia porterà a casa il risultato, teniamo sempre presente l’influenza tedesca sulla politica italiana, naturale che dalla squadra di governo (nomina del Ministro dell’Economia) si comprenderà il passo che vorrà dare al suo governo. Ho sentito dei nomi che non mi hanno entusiasmato, aspettiamo e vediamo.
      Ero fiducioso anche con Letta, che non ha fatto niente, vediamo oggi Renzi, il risultato si vedrà la prossima settimana.

  2. Mentuhotep II

    Renzi: l’ha spiegato anche il bilionario Buffet: è necessario spostare con grande enfasi l’imposizione fiscale dalle fasce di reddito con bassa propensione al consumo ai benestanti (nessuna sfera magica: lo dice l’ISTAT quali sono queste fasce con bassa propensione al consumo): altrimenti si crea recessione e contrazione della domanda. Un punto in meno di tassazione produce effetti diversissimi in termini di consumo a seconda del reddito. Sgravi per tutti sono assolutamente folli e creano recessione.

    • Ciò è vero, ma in Italia c’è poco da spostare, abbiamo già tutti i lavoratori in stato di precarietà, forse solo i dipendenti pubblici resistono avendo un salario garantito. Ma fra un po’ anche in tale settore si dovrà intervenire, penso che il problema non possa essere risolto solo con una politica fiscale se non vi è una politica monetaria più accomodante di quella attuale.

  3. EzioP1

    Economia in crisi.
    Il sistema socio-economico che si sta delineando in tutti i paesi sembra essere un sistema costrittivo interno e espansivo all’esterno, che privilegia le esportazioni e penalizza i consumi interni. Questo è dovuto alla continua riduzione della capacità di acquisto delle classi medie e medio-alte, riduzione favorita anche dall’immigrazione che serve a mantenere a livelli bassi l’equilibrio salari-produzione aumentando così la numerosità della classe meno abbiente, ciò ha conseguenze socio-economiche che già vediamo in tutti i paesi dove
    la riduzione della capacità di acquisto penalizza i consumi.
    Sintomo rilevante dello stato di crisi è l’elevato aumento della liquidità mondiale che però rimane nel circuito dell’economia finanziaria e
    non travasa e non s’innesta nell’economia reale con prestiti alle imprese e alle famiglie per alimentare consumi e produzione. Ma c’è
    da domandarsi fino a quando un sistema costrittivo interno e espansivo all’esterno può reggere, fino a quando la costrizione può migliorare la competitività dei prodotti, fino a quando la ridotta
    la capacità di acquisto di beni è socialmente sostenibile ? I consumi interni si ridimensionano e così il PIL, anche se parzialmente compensato dalle maggiori esportazioni. In realtà si
    sta delineando un nuovo modello di sviluppo congiunto (co-sviluppo) dove i paesi sviluppati esportano nei paesi in sviluppo e importano
    da questi prodotti a basso prezzo per poter soddisfare alla domanda interna, un ‘churning’ combinato di prodotti e prezzi tra mercati. La
    conseguenza è che nei paesi sviluppati si ridimensiona la classe media spingendola verso il basso e si favorisce la soddisfazione
    delle nuove classi medie e alte dei paesi in sviluppo. In UE la crisi è ulteriormente aggravata dal fatto che i paesi in sviluppo dell’Europa dell’Est (ex area URSS) che sono entrati a far parte dell’unione, ottengono capitali dalla UE con cui finanziano la delocalizzazione delle industrie dai paesi più sviluppati. Il fenomeno non è nuovo, si è visto dapprima con la riunificazione della Germania e poi a seguito della caduta del muro di Berlino e
    della caduta dell’URSS in tutti i paesi dell’Est. Così come la Germania dell’Ovest ha sofferto per integrare la Germania dell’Est, noi ora soffriamo per l’integrazione dei paesi che si sono staccati
    dall’URSS.

    • La privazione dello strumento della politica monetaria per i paesi euro, lascia agli stessi solo la politica di bilancio e la politica di svalutazione fiscale, naturale quindi che per pagare il debito statale si dovrà consumare non internamente e qui duri vendere di più all’estero. Se al contrario i paesi vengono aiutati da una politica monetaria più accomodante si potranno fare altre scelte che non impongono la riduzione dei consumi interni a scapito di quelli esteri.

      • EzioP1

        Forse non sono stato chiaro, ma gli altri paesi in crisi (USA, UK, Giappone, e quanti altri ancora?) hanno la totale disponibilità per adottare qualsiasi politica monetaria e nonostante ciò hanno lo stesso problema dei paesi dell’euro.

        • Hanno tutti un notevole aumento del Pil, sicuramente più alto dell’euro zona, dove l’aumento del Pil lo ha avuto solo i paesi nordici.

          • Bamuele Saggio

            Stanno solo creando una nuova bolla. Il manifatturiero continua a rimanere soffocato, l’immobiliare si sta riprendendo grazie al free-cash della Fed che permette ad investitori istituzionali di comprare case senza sforzo. In aggiunta la rinnovata energia per l’estrazione di idrocarburi sta aiutando a ripianare la bilancia commerciale.

          • Non vedo la ripartenza dell’immobiliare. Sì, è vero che nella finanza vi è molta liquidità ma non in Italia: sono le grandi disponibilità di moneta stampata dalla Fed che non arriveranno mai in Italia, vi potranno essere acquisizioni fatte da fondi americani, ma non abbiamo la ripresa del mercato edilizio, bloccato perché la richiesta della prima casa è bloccata da un lato dalla mancanza di lavoro dei giovani e dall’altro dalla difficoltà che le coppie hanno ad accedere ai mutui.

          • EzioP1

            L’aumento del Pil realizzato con la sola politica monetaria ci porterebbe nelle condizioni di quando avevamo la lira e cioè con una svalutazione continua che avvantaggiava “momentaneamente” le imprese e creava lavoro sì, ma non serviva a innovare l’industria, tanto che questa si adagiava sul vantaggio dell’inflazione. L’Italia ora ha nei
            depositi bancari ben 4 volte l’ammontare del debito pubblico, che nessuno spende per mancanza di fiducia nel futuro. Una moneta nazionale altro non farebbe che mantenere viva la sfiducia nel futuro
            proprio per il rischio svalutazione. L’euro è un’ancora di salvezza a tutti gli effetti.

          • Oggi a differenza di ieri abbiamo il pareggio di bilancio e il fiscal combact già sottoscritto, quindi le riforme vanno sempre fatte, la politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali servirà solo per il breve periodo, per uscire dalla crisi senza ulteriori suicidi per motivi economici.
            Stanno saltando gli equilibri sociali, se è vero che abbiamo depositi bancari che sono pari a quattro volte il debito, occorre vedere chi ne ha la disponibilità, il governo faccia un prelievo forzoso se ciò è vero. In ogni caso con l’inflazione vi sarà la diminuzione del debito a scapito di queste risorse finanziarie depositate in banca, senza fare prelievi forzosi, alla fine con l’inflazione si avrà il trasferimento della ricchezza dalla rendita alle imprese e ai lavoratori. Se la Bce aveva l’asticella dell’inflazione al 2%, oggi in Europa abbiamo l’inflazione all1%, vi sono margini per interventi! poi se per i prossimi anni l’asticella viene elevata al 3% penso non succeda niente di male, se tale politica fa riassorbire la disoccupazione.

          • EzioP1

            Non è vero che con l’inflazione ci sarà una diminuzione del debito. Chi mai accetterà di venire rimborsato di meno per il prestito fatto ? Solo una azione unilaterale dell’Italia potrebbe ridurre i rimborsi, salvo poi pagarne le spese nel non ottenere più prestiti.
            E’ assurdo pensare di poter gestire il debito a proprio piacere.

          • Non deve essere accettato, è la soluzione naturale: ognuno viene rimborsato con la moneta legale, solo che vale meno in termini di potere di acquisto. Basta vedere che nel 1990 l’abitazione veniva acquistata a 500 euro al mq, oggi a 2000.

          • Vincesko

            Alla fine del 2011, secondo la Banca d’Italia, [*] le attività finanziarie ammontavano a 3.500 miliardi di euro, di cui i depositi ammontavano a circa 1.000 mld e obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni e altre partecipazioni e quote di fondi comuni di investimento a circa 1.500 mld, per un totale di 2.500 mld. [*] La ricchezza delle famiglie italiane
            – anno 2011, n. 65 – 2012 http://www.bancaditalia.it/statistiche/stat_mon_cred_fin/banc_fin/ricfamit/2012/suppl_65_12.pdf

          • La moneta forte dell’euro tutela i grandi capitali finanziari, i titolari di queste risorse finanziarie non spendono e non aiutano i consumi; se vogliamo risolvere il problema preleviamo il 25% di tale capitale finanziario e riduciamo il debito pubblico. In fin dei conti, chi ha una notevole ricchezza finanziaria l’ha accumulata con i tassi di interessi reali pagati sul debito pubblico; i sottoscrittori dei titoli di stato del passato godevano di alti tassi, è stata ipotecata nel passato la generazione attuale, allora lo stato si riprenda un pezzo di quello che ha regalato ieri. Se lo stato non lo vuole fare con la svalutazione della moneta si ottiene lo stesso risultato. In sintesi non dobbiamo tutelare la classe della rendita, dobbiamo tutelare la classe dei lavoratori e delle imprese, sono costoro coloro che fanno crescere il Pil e fanno ritornare l’Italia sui binari e con le riforme che devono essere fatte riportare l’Italia al 5 posto nel mondo.

  4. serlio

    Eccesso di tassazione su chi fa impresa a favore di chi vive di rendita parassita (pubblica amm.ne, politica, lavori inutili); così si affonda.
    Occorrono lavori pubblici per il mantenimento del patrimonio artistico, paesaggistico e naturalistico, ma in merito a questo non si fa nulla.

  5. Il titolo non è corretto, non si può dire che la recessione economica è finita per un lieve incremento dell’ultimo mese, per fare una simile affermazione si dovrà avere un Pil annuale storico positivo; l’Istat ha sbagliato tutte le previsioni sul Pil negli ultimi anni, anche nel 2014 la previsione e’ un Pil di -2%, se non vengono risolti i problemi sul credito delle imprese e non si esce dalla trappola della politica monetaria attuata da Draghi.

    • Maurizio Cocucci

      Parliamo in termini economici o in politichese? Capisco la legittima campagna antieuro ma almeno si abbia l’onestà intellettuale di non dire sciocchezze come quella su Draghi che unitamente a tutto il board attua la politica monetaria che la Ue ha assegnato alla Bce, politica che possiamo mettere in discussione e modificare ma nei modi e nelle sedi opportune, non accusando chi assolve ai propri compiti, che tra l’altro da solo non può decidere nulla visto che serve la maggioranza dei consensi dell’intero board. Conoscere il funzionamento di un organismo sarebbe il minimo richiesto prima di esprimere critiche.

      • Affermazione assolutamente falsa, la volontà politica è quella della Germania, non esiste nessuna volontà del board, sono sciocchezze che vengono dette solo quando non si vuole fare le cose, Draghi se vuole può fare e imporre gli,Smp, la Merkel lo impedisce e Draghi si adegua.

  6. rob

    Il punto passa nel rapporto tra economia reale ed economia fittizia. Finchè il mondo è stato diviso (e la Cina lontanissima) ogni Paese faceva economia a sé utilizzando strumenti vari per fare andare l’economia. In Italia per l’esportazioni si utilizzava la svalutazione. Per il mercato interno l’economia era alimentata da debito pubblico (cattivo) e creazione di “redditi da politica” (Asl, partecipate,Lsu, Regioni, Provincie, Comuni etc). All’apertura del mondo globale e all’entrata nell’euro, lo strumento della svalutazione è stato reso inservibile e il mercato della sub-fornitura ci è stato tolto da altre realtà. Siamo rimasti in panne poiché impreparati ad affrontare un mercato mondiale non avendo grandi gruppi o marchi mondiali, ma solo piccole e medie aziende insignificanti a livello mondiale sia in termini di presenza che di fatturati consistenti. Il mercato interno, essendo stato alimentato in maniera fittizia (significato di fittizio: senza corrispondenza con la realtà) quindi senza una reale corrispondenza di mercato vero, per alimentarlo si è dovuto ricorrere all’aumento sconsiderato della tassazione, rendendo anche il nostro mercato interno appetibile per esportatori esteri che avevano prezzi migliori perché meno tassati. Inoltre a questo dobbiamo aggiungere un vuoto culturale che negli ultimi 30 anni ha letteralmente cancellato il concetto di cultura del lavoro inteso come impegno, meritocrazia. A un “lavoratore” che per 20 anni è stato Lsu, accertatore di sosta, autista del presidente di regione, casellante in autostrada, etc. viene inculcata la mentalità del “tirare a campare” tanto qualcuno pagherà. La cultura dell’assistenzialismo, la cultura del dovuto a prescindere. A mio avviso la nostra crisi ha connotati diversi dagli altri Paesi, è più subdola e quindi più pericolosa, perché senza cultura non si ha mentalità di ammodernare e di progettare, non si ha l’abitudine di impostare strategie lungimiranti ma cresce e si alimenta l’apatia. Solo la storia, come al solito, ci è d’aiuto: “Franza o Spagna purché se magna”

    • L’Inghilterra, l’America, il Giappone hanno tutti stampato la moneta, hanno avuto tutti una crescita del loro Pil, perché l’Europa non lo ha fatto? Cosa c’entrano i grandi o piccoli gruppi, qui si parla di incompetenza o di volontà di affossare l’Europa: si è adottato il cambio fisso, ossia l’euro, senza trovare le soluzioni per i paesi più indebitati, loro non hanno più la leva monetaria. L’America, il più grande paese debitore ha stampato la moneta, ma dove vanno i politicanti europei? L’Italia deve uscire dall’euro e usare il dollaro come valuta legale, sicuramente riprendiamo in mano il mercato americano.

      • rob

        Piero, qui si entra nella geo-politica: le complessità sono a mio avviso prima di tutto storiche. L’Europa come Nazione era un percorso inevitabile, c’era una diga che stava cedendo (muro di Berlino), c’era l’entrata nella scena mondiale di soggetti (Cina e India) che sono colossi a cui non si poteva pensare di far fronte con entità minuscole. Se usi il dollaro cambi solo “padrone” ma i problemi rimangono. Sono più convinto della necessità delle riforme e della lungimiranza politica che di quella di passare per la scorciatoia di stampare moneta. Se oggi ci viene riconosciuto un marchio Ferrari come il primo al mondo, si doveva fare tanti marchi simili nei comparti dove contavamo (chimica, elettronica, alimentare, etc). A maggior ragione si sarebbe dovuto fare per un Paese con le nostre caratteristiche di risorse e di territorio. Noi possiamo fare solo eccellenza, invece siamo andati a fare i sub-fornitori (si ricorda la presa in giro e la favoletta del miracolo del Nord- Est). Non parliamo di cultura e turismo dove c’è assenza totale di progettualità con decisioni lasciate alle Pro Loco.

        • Come padrone preferisco l’America alla Germania per due ragioni: la prima è la riconoscenza per averci salvato da Hitler, la seconda è che l’America è ancora il mercato più grande del mondo e quindi la parità con il dollaro avrebbe favorito l’esportazione in America.

          • rob

            attenzione noi non esportiamo nulla in America neanche il vino! Se non hai mercato interno non vai da nessuna parte e qui qualcuno ancora ci viene a raccontare la favoletta dell’evasione, il problema è che qualcuno sta difendendo l’indifendibile e per farlo ci racconta ( si racconta) la favola del lupo cattivo

    • giulioPolemico

      Condivido totalmente. Bella analisi.

    • Spaccato della società italiana che non risolve il problema, si da ragione alla Merkel gli italiani sono brutti e cattivi e vanno puniti, ricordo che vivere al di sopra delle proprie possibilità non è una colpa, la svalutazione della moneta rimette le cose al loro posto, la globalizzazione ha colpito il mondo intero, in primis i paesi come il nostro con la vocazione manifatturiera (Vi è un’altra componente del lavoro, quindi sono i paesi che per primi vengono colpiti dai paesi dell’est), si è detto che il nostro male principale e’ l’inefficienza della pubblica amministrazione, questo problema si stava risolvendo con il federalismo, ossia con il metodo dei costi standard, quindi non sono così negativo con l’Italia, il problema grosso e’ la moneta unica, nessuno ha compreso i danni che ha fatto tale moneta negli ultimi tre anni, dove sono venute fuori tutte le sue incongruenze, anzi più che la moneta la gestione della politica monetaria dettata dalla Merkel.
      Finalmente tutti hanno capito il problema, mi auguro quindi che si faccia la cosa giusta in campo europeo.

      • giulioPolemico

        “Ricordo che vivere al di sopra delle proprie possibilità non è una colpa”. Veramente, vivere al di sopra delle proprie possibilità è esattamente una colpa. Che adesso stiamo giustamente pagando.

        • Se questa è una colpa vi dovrà essere un giudice che emette la sanzione, invece in economia non vi sono colpe: vi saranno comportamenti sbagliati che verranno corretti da altri fenomeni come la svalutazione o l’aumento dei tassi. Ora se questi meccanismi riequilibratori di comportamenti sbagliati del passato non vi sono più perché sono stati delegati ad altri che sono sordi e ciechi, allora ridiscutiamo tutto sull’unione monetaria. Non si può riequilibrare un economia facendo saltare l’equilibrio sociale raggiunto, ricordo in due anni (2012/2013) abbiamo avuto oltre 300 morti per suicidio economico e hanno portato milioni di famiglie sul livello di indigenza, tra un po’ si faranno più danni di una guerra. Ne vale la pena?

      • rob

        “L’inefficienza della pubblica amministrazione, questo problema si stava risolvendo con il federalismo”. Si risolve con 21 centri di potere di cui la gran parte territori con gli abitanti di mezzo quartiere di Roma? Non andiamo a cercare il male causato dagli altri, vediamo quello che ci siamo causati da noi. Sono abituato per mentalità che se c’è una disfunzione in azienda non vado dal collaboratore, faccio prima un mea culpa. Anche se tutte le colpe fossero in Europa ha mai visto chi siede sui banchi di Bruxelles (Borghezio, Salvini, Zanicchi etc). Non è una nostra colpa? La moltiplicazione dei poteri, i localismi, il regionalismo sono proprio ciò che ha affossato il Paese. Si rende conto che sono 35 anni che non si parla di un piano industriale, di una linea delle attività agricole? Si rende conto che se faccio gare di appalto pubbliche trovo una legislazione nel Lazio e una completamente differente in Umbria?

      • Maurizio Cocucci

        “Si da ragione alla Merkel: gli italiani sono brutti e cattivi e vanno puniti”: Lei ha visto troppi film di guerra. “Questo problema si stava risolvendo con il federalismo”: federalismo? Ma sta parlando dell’Italia? “La gestione della politica monetaria dettata dalla Merkel”: a me risulta che la politica monetaria da parte della Bce sia condotta sulla base di un mandato assegnatole alcuni decenni fa. Tra l’altro la politica di Trichet ieri e Draghi oggi ha visto spesso un contrasto tra la posizione del rappresentante tedesco e quella degli altri componenti tant’è che ben due tedeschi si sono dimessi per dissenso. “Finalmente tutti hanno capito il problema”: sì, che a Lei i tedeschi non stanno simpatici.

  7. In Italia tutto dipenderà da chi viene nominato ministro dell’economia, se viene nominato qualcuno gradito a Draghi, il governo Renzi non cambierà nulla, se al contrario si tiene l’incarico Renzi oppure viene nominato un ministro di peso capace di puntare i piedi in Europa, allora sì che si può vedere un cambiamento: sarebbe preferibile Lorenzo Bini Smaghi alla Reichlin.

    • giancarlo

      Ma l’art 92 della costituzione (o altro articolo che non ricordo ora) non stabilisce che i ministri li nomina Napolitano su indicazione di Renzi? Oppure c’è scritto che i ministri li sceglie la Merkel? In Italia, a causa della nostre indole di sognatori, abbiamo davvero smarrito la bussola! Noi ci nominiamo i ministri che fanno comodo agli interessi dell’Italia e solo dell’italia. Oppure Hollande ha chiesto a noi chi nominare agli esteri? All’economia? Ma non fatemi ridere. Siamo tutti succubi di questa Unione Europea, che ci è sempre stata ostile e fa figli e figliastri. Dà x anni di tempo in più a Francia e Olanda per rientrare nel 3% mentre a noi anticipa il pareggio. E noi siamo cosi fessi da essere tra i pochi paesi ad aver recepito senza indugio il fiscale compact (che ci porterà nella tomba). Poi dopo alcuni anni ci dicono da Fmi e Bce che forse le politiche restrittive erano sbagliate. Ma intanto milioni di persone in Europa sono alla fame. Ma questi con chi credono di avere a che fare? I milioni che ho citato sono persone in carne ed ossa! Ma l’Europa non era un unione di popoli? Oppure conta solo lo spread? Fra l’altro, oggi con Pil ben peggiore, disoccupazione alle stelle, pochi noti magheggiano sullo spread tenendolo a 200. Detto da me che non ho mai votato PdL ma quando si è trattato di far fuori Berlusconi, reo di aver ventilato l’ipotesi di euro uscita, lo spread improvvisamente è schizzato alle stelle. Mi si vorrebbe per caso dire che oggi la nostra economia è più florida rispetto al 2011? Non facciamoci prendere in giro dalle castronerie del Pd (il partito che ho sempre votato), messe in campo per far fuori un avversario davvero difficile.

      • Politicamente sono d’accordo, oramai la manovra è nota a tutti. A livello economico le considerazioni sono diverse, è vero che siamo governati dalla Germania, la Merkel influenza Napolitano, etc. Forse nel lungo periodo in cui Napolitano è stato a Bruxelles ha instaurato rapporti, non dobbiamo dimenticare come si è originato il nostro debito e come si può pagare, a mio avviso solo con l’inflazione, qui sta il peccato del Pd, il quale crede che si possa pagare recuperando l’evasione e con l’imposta patrimoniale. Questi sono i fatti, prima o poi politicamente il popolo potrà dire la sua.

      • Maurizio Cocucci

        Francia e Paesi Bassi hanno concordato con la UE una deroga al rapporto deficit/Pil e forti del minore rapporto debito/Pil ma in particolare di un piano di riforme lo hanno ottenuto. Noi formalmente non abbiamo chiesto nulla, probabilmente perché non vogliamo rinunciare ai tanti privilegi tagliando la spesa pubblica e attuando riforme profonde.

        • giancarlo

          Francia e olanda sono amici della germania. Noi no. Noi eravamo i principali concorrenti. Stop

  8. Enrico

    Bisogna anche tenere conto dei problemi strutturali del nostro Paese: infrstrutture, criminalità che distorce in modo determinante il mercato interno, giustizia dai tempi biblici, burocrazia complessa/assurda e autoreferenziale. Non saranno solo le riforme puramente economiche ad avere impatto se non si migliora la “base” su cui innestarle.

  9. EzioP1

    Voglio solo ricordare che se l’Italia uscisse dall’euro il debito verso i paesi stranieri rimarrebbe in euro, quindi ammesso che come diversi studi danno per scontato che ci sia una svalutazione tra il 20% e il
    30%, ciò significa un maggior debito del 25% o del 43% circa. Nel caso che poi ci si rifiuti di pagare il rischio è di non avere più finanziamenti per il debito e non si può stampare moneta a piacere, non varrebbe più nulla, neppure per noi. Come secondo punto, il meccanismo del cambio di valuta avverrebbe con un cambio in un primo momento da 1 euro a 1 lira e immediatamente dopo svalutando la lira, in questo modo solo chi ha i capitali all’estero sarebbe protetto.

    • Maurizio Cocucci

      Non è corretto, ogni Paese ha il diritto di ridenominare le obbligazioni dello Stato nella nuova valuta, tranne quelle che sono state emesse sotto legislazione diversa. Questo però non risolve molto in quanto all’annuncio di una uscita dall’euro nessuno acquisterebbe più titoli di Stato perché oggetto di prossima svalutazione. Mi spiego, dalla data dell’annuncio a quando avremo in circolazione la nuova valuta (esempio la lira) passeranno parecchi mesi se non anche uno o due anni (non è come cambiare valuta in occasione delle vacanze) durante i quali dovremo proseguire ad emettere titoli in euro dato che non possiamo ancora farlo in lire. Ora, chi acquisterebbe un Btp del valore di 100 euro che al cambio con la neo lira avrà un valore di 100 lire ma subito dopo, causa svalutazione della lira nei confronti delle altre valute (euro compreso), varrà ad esempio 80 euro? Per gli investitori italiani sarebbe lo stesso anche se per motivi opposti. Un italiano preferirà infatti acquistare un Bund tedesco da 100 euro che dopo la svalutazione della lira varrà 120 lire, sempre ipotizzando una svalutazione del 20% della lira sull’euro. Invece i debiti delle banche italiane nei confronti di quelle straniere subiranno un incremento a causa della svalutazione perché quella straniera che ha prestato a quella italiana euro, dollari o franchi svizzeri vorrà indietro lo stesso ammontare nella medesima valuta, non in lire.

      • giancarlo

        Ma cosa mi scrive? Nella storia economica nell’ultimo secolo il numero dei paesi fuoriusciti da unioni monetarie supera il numero di 100. Se fosse complicato come dice lei la storia economica non racconterebbe tutto l’innumerevole quantità di casi verificati. Ci sono studi che hanno considerato le problematiche conseguenti. Ma per cambiar moneta è sufficiente che i bancari vadano a lavorare un fine settimana a timbrare euro con timbri nazionali. E il gioco è fatto. Sul debito estero, poca cosa rispetto al cumulo dei debiti italiani, privati e pubblici, s’interverrà per esempio si dice che si pagano con una perdita per i creditori, come accade quando un credito viene svalutato a causa dell’oscillazione del cambio. Che problema c’è? Il fatto costituisce un evento di credito per il Fmi? Pazienza. Meglio avere nel 2014 un evento della specie, circoscritto ai debiti contratti secondo la legislazione estera, che non avere fra tre o quattro anni una dichiarazione di default totale sul debito pubblico e privato! Lei ne è conscio, vero?, Che se continuiamo così falliremo come paese, nella sua interezza, non solo nella parte di debito di diritto estero. Buonasera. Ps: preferisco avere una pur minima possibilità di sopravvivenza fuori dall’euro affrontando per alcuni mesi certamente acque perigliose, che non la certezza di fallire fra pochi anni nella bonaccia di un mare divenuto comunque ostile al nostro paese.

        • Maurizio Cocucci

          I presunti 100 e oltre casi di disgregazioni monetarie a cui si riferisce non sono complessi come quella dell’eurozona. In ogni caso è vero che è fattibile ma non in un weekend, occorrono mesi per implementare un cambio di valuta di un intero Paese che non riguarda il semplice passaggio da un logo ad un altro. È insomma fattibile ma il problema è la sostenibilità del debito pubblico per le ragioni che ho espresso. Mi risulta ridicolo pensare che investitori che gestiscono miliardi di euro, dollari o corrispondenti in altra valuta acquistino titoli ad un prezzo per poi vederselo rimborsare a molto meno rendendo così negativo l’investimento.

    • Se si esce dall’euro vi sarà una legge che converte tutto il debito dello stato nella nuova moneta che dovrebbe essere la lira pesante (1000 vecchie lire). Svalutazione forse vi sarà: la percentuale non è nota ma in ogni caso l’Italia e il suo debito sono sopravvissuti alle svalutazioni nel passato (dopo le svalutazioni c’è stato un periodo di prosperità).
      L’aumento dei tassi sul debito statale non è certo: il tasso deriva dal rischio paese, quindi se l’Italia fa le riforme promesse, ormai non più procrastinabili dagli accordi europei e dal pareggio del bilancio in costituzione, non saremo più considerati un paese a rischio e il tasso non dovrebbe salire. In ogni caso la speculazione non potrà più operare contro il debito dello stato italiano. Naturale che chi ha denaro (in euro) all’estero non dovrà convertirli nella nuova moneta: l’euro diverrà una moneta straniera e come tale chiunque potrà detenere riserve in valuta estera anche in Italia.

      • EzioP1

        Il solo modo per evitare svalutazione e aumento dei tassi sarebbe quello di acquistare noi tutto il nostro debito e comportarci così come il Giappone, o non pagare il debito come fatto da Argentina e
        Islanda, diversamente nessuno sarebbe disposto a prestare per perdere dei quattrini per fare un favore all’Italia e agli italiani.
        La prego di vedere le valutazioni e gli studi al riguardo disponibili sui vari siti in Internet; le sue opinioni, rispettabilissime, si scostano di
        molto da questi studi fatti conducendo analisi dagli inizi del 1900 ad oggi. Infine la prego voler osservare che chi in questo periodo predica l’uscita dall’euro lo fa più per opportunistica propaganda
        politica facendo leva sulla situazione di crisi e quindi sfruttando il malcontento e il giusto desiderio di riscatto, ma il mezzo cui si mira (uscita dall’euro) non risolve il caso.

        • giancarlo

          Veramente basta leggersi un testo di macroeconomia. Dentro troverà scritto che quando un paese debole si unisce sotto la stessa moneta di uno forte, non ci può essere che una fine: il progressivo impoverimento del paese debole, è un fatto matematico: fatevene una ragione. Se il paese debole ha una maggiore inflazione media per un periodo prolungato di tempo tutti i prezzi dei suoi beni e servizi vanno fuori mercato. Di conseguenza tutti gli operatori economici -famiglie imprese stato- iniziano a consumare beni stranieri, che costano meno. Questo porta ai fallimenti-chiusure delle imprese nazionali, quindi alla disoccupazione, quindi al deficit dello stato per calo del gettito indotto dall’arretramento della domanda e del Pil. E’ dunque un fatto matematico che l’Italia finirà sul lastrico. Nel frattempo encomiabili imprenditori saranno costretti dagli eventi a svendere le proprie aziende, cosa che sta già succedendo da anni in Italia, nel silenzio generale, anzi si blatera che non ci sono investimenti esteri. Che presa per i fondelli. I capitali stranieri si stanno già comprando tutto ciò che possono. Se invece non fossimo stati nella moneta unica il nostro maggior tasso d’inflazione si sarebbe almeno parzialmente scaricato sul tasso di cambio, mantenendo il mondo delle imprese entro il mercato. Ormai anche Prodi riconosce il fatto che l’euro si sia rivelato un fallimento. Allora si faccia retromarcia e basta. I tedeschi, dopo che ci avranno succhiato le ultime gocce di sangue ci butteranno via, come vogliono fare con la Grecia. Noi italiani siamo un popolo di sognatori idealisti. State tranquilli che se ai tedeschi non fosse convenuto stare nell’euro ne sarebbero usciti senza badare ai sogni. Svegliamoci! Alla Germania fa comodo avere il sud Europa in questa situazione, visto che contribuisce a calmierare i cambi col dollaro, yen, sterlina, etc.

          • Tutto questo con l’euro, con la lira siamo arrivati alla quinta potenza economica del mondo.

          • Maurizio Cocucci

            E con gli assi e i sesterzi abbiamo dominato il mondo. Se nel dopoguerra abbiamo raggiunto quel risultato dobbiamo anche ricordare i milioni di italiani che hanno dovuto trasferirsi in cerca di un lavoro, nel nord Italia e all’estero in particolare in Germania con cui abbiamo stipulato un accordo per permettere ai nostri emigranti di trovare un lavoro che qui non potevano trovare. Abbiamo vissuto boom economico e disagio sociale perché la ricchezza non era equamente distribuita. Una cosa è leggere dat asetticii e un’altra è la realtà, realtà che ha portato gli anni di piombo. Le produzioni erano effettuate soprattutto all’interno perché il mondo era diviso in due blocchi, poi con il crollo della cortina di ferro e il calo dei costi dei trasporti si sono aperte le opportunità di investimento e delocalizzazione senza dimenticare la conversione dell’economia cinese che ha offerto opportunità per le nostre aziende ma anche un nuovo competitor che ha prevalso nei settori a basso valore aggiunto. Noi non abbiamo colto in pieno la sfida della globalizzazione, abbiamo pensato di poter proseguire a produrre posate qui facendo concorrenza a quelle prodotte in Paesi con un costo del lavoro un decimo del nostro. La Germania ha capito come uscire da una situazione che la vedeva essere la malata d’Europa e affrontare la sfida della concorrenza globale, noi no. La moneta non ci riporterà indietro nel tempo. Servono riforme e un sistema Paese più efficiente.

          • Maurizio Cocucci

            Tutto condivisibile se avessimo il problema di vendere i prodotti all’estero, ma è il cliente italiano che manca! L’export italiano ha raggiunto record storici e i mercati dove si è maggiormente sviluppato sono i Paesi extra euro, segno che il tasso di cambio non rappresenta un ostacolo rilevante se compensato da altri fattori. E dove sta la causa della bassa domanda aggregata?

        • La svalutazione la decide il mercato così come l’aumento dei tassi e noi non dobbiamo fare nulla sono due fatti che misurano da angoli diversi la nostra economia e ne permettono il riequilibrio: lo Stato doveva solo fare le riforme e come tutti i comuni mortali non spendere di più di quello che incassa, dovrà tenere conto in un mondo globalizzato come l’attuale di alleggerirsi arretrando dall’economia. Lo stato non deve essere un imprenditore ma solo un regolatore, fissare le regole del gioco per le imprese. L’Argentina è andata in default con la politica suicida di volere adottare il cambio fisso con le altre valute, ha resistito, poi è scoppiata: i danni fatti con i cambi fissi ha devastato la sua economia e ancora oggi non riesce ad uscirne, noi stiamo facendo la stessa fine dell’Argentina se ci ostiniamo al cambio fisso in Europa.

          • EzioP1

            La invito a considerare che svalutazione e tassi come ben dice lei dipendono dal mercato, ma sulla base degli studi presentati da economisti e premi Nobel il mercato considera la forza e la resistenza di una moneta dipendenti dalla dimensione che quell’economia ha. Uno staterello, dal punto di vista economico e finanziario, come sarebbe l’Italia con la lira sarebbe facile preda per giochi finanziari così come lo è stato anni addietro gli UK facendo la fortuna di George Soros.

      • Maurizio Cocucci

        Credo che Lei abbia poca dimestichezza con il mercato finanziario. Partiamo dal primo punto, ovvero i rendimenti dei titoli italiani in caso di ritorno alla lira che secondo Lei non aumenterebbero perché l’unico fattore (o quello principale) che un investitore o uno speculatore (più avanti le spiego quale differenza passa tra i due) terrebbe presente è il rischio da parte di un Paese di non riuscire a rimborsare il debito. Per essere più semplice possibile immagini che io sia una banca e Lei un cliente straniero. Lei viene da me per acquistare un Btp che oggi vale 100 euro ma che tra un determinato periodo di tempo verrà convertito in lire e varrà 100 lire. Poi però, a seguito di una svalutazione della lira sull’euro che stando alle analisi della maggior parte degli analisti dovrebbe essere almeno del 20%, lei si vede rimborsare dopo aver fatto il cambio lira-euro 80 euro. Se la cedola di quel Btp fosse del 4-5% Lei acquisterebbe oggi quel Btp al prezzo nominale (100 euro) oppure sconterebbe la svalutazione offrendo già oggi non più di 80 euro? Le ricordo che il rendimento di un titolo è la somma tra quello della cedola e la differenza di prezzo tra quello nominale di emissione e quello di acquisto. Nel caso Lei fosse un italiano non verrebbe da me per acquistare un Btp ma un Bund, un Treasury Usa o altro perché conterebbe di beneficiare dell’effetto svalutazione della lira lucrando sul cambio che in questo caso verrebbe a suo favore. Ora veniamo alla differenza tra un investitore e uno speculatore. Un investitore è colui che acquista attività finanziarie a medio lungo termine al fine di conservare e se possibile aumentare il potere di acquisto dei suoi risparmi. Uno speculatore invece è colui che investe denaro al fine di ottenere dei guadagni a breve termine lucrando la differenza di prezzo sui mercati. Non è quindi colui che fa la guerra a valute, a titoli o obbligazioni. Semplicemente se ritiene che un bene sia oggetto di sensibili variazioni di prezzo agirà di conseguenza al fine di trarne profitto, quindi se ritiene che all’annuncio di una uscita italiana dall’euro i nostri titoli subiranno un calo nelle richieste e quindi dei prezzi cercherà di guadagnarci vendendo allo scoperto.

  10. Mario Rossi

    E’ per questo che le banche non vogliono che ci sia moneta circolante, perché chi ha gli euro in tasca ha una garanzia per il futuro. Togliete tutto dalle banche, cercate di fare più nero possibile, mettete tutti gli euro sotto terra ed aspettate di tirarli fuori quando saremo in default, cosa che avverrà presto!

  11. Maurizio Cocucci

    L’unica via per riprendere a crescere è ridurre il carico fiscale tagliando la spesa pubblica e redistribuirlo alleggerendo la parte sul lavoro per compensarla con imposte sul patrimonio, poi facendo emergere l’evasione fiscale. Credere di poterlo fare affidandosi a politiche monetarie è del tutto velleitario, per non parlare della proposta di andare a Bruxelles battendo i pugni sul tavolo annunciando di sforare senza autorizzazione il parametro deficit/Pil, perché il problema non è la UE e le sanzioni che ci imporrebbe ma i mercati che non perdendo fiducia ci obbligherebbero ad alzare i tassi di interesse per convincerli ad acquistare i nostri titoli.

    • rob

      “Poi facendo emergere l’evasione fiscale”. Io direi di stare attento alla favoletta della evasione fiscale. Primo: l’evasione fiscale non la fa certo il barista sotto casa ma i bilanci aggiustati. Secondo: l’economia va se gira denaro. Terzo: l’evasione si risolve con 2 mosse, poche regole e chiare. Se a un calzolaio che ha 12 mq di negozio s’impone una tassa di base in funzione dei mq e della zona il calzolaio fa 2 conti e paga. Se gli mettiamo addosso 1000 adempimenti, uno che sconfessa l’altro, lo induciamo a prendere scorciatoie. A Vienna se paghi con la carta ok, se paghi in contanti (il 70% dei pagamenti) il conto te lo fanno sulla tovaglia.

      • Maurizio Cocucci

        In due frasi contraddice se stesso, prima afferma che è una favola e poi conferma che il fenomeno esiste. Io non ho parlato di baristi o di specifici settori, ho parlato in generale. Presso l’Agenzia delle Entrate vi sono oltre 500 miliardi di euro di contenziosi tributari in essere riguardanti gli anni dal 2000 al 2012 (vedere tabella allegata tratta da una risposta ad una interrogazione in commissione parlamentare avvenuta nel Luglio 2013). Ora, è comprensibile che non tutti siano oggetto di irregolarità, ma stando alle statistiche si può affermare che metà di quell’importo lo sia e non riguarda in gran parte piccoli esercizi commerciali ma grandi attività, c’è quindi da chiedersi perché occorrano anni per accertare chi abbia ragione. Gli strumenti per far emergere gran parte degli illeciti ora ci sono, è sufficiente la volontà politica di farlo. Poi chi riguardi l’evasione a me non interessa, così come non interessa cosa fanno a Vienna, a Berlino, a Londra o altrove perché se uno straniero in casa sua non paga le imposte o i contributi questo non si ripercuote su di me, ma se lo fa un residente italiano si.

        • I 500 miliardi di contenzioso non sono riscuotibili nemmeno per il 5%, questa è la realtà: gli accertamenti sulle Pmi se vengono definiti non rientrano nei 500 miliardi, tutto ciò che non è definito non verrà mai incassato. Il problema è semplice: regole confuse portano al contenzioso, la norma fiscale italiana parte dall’idea che il contribuente è un evasore e che lo stesso deve provare di non avere evaso, poi alle agenzie fiscali vengono dati degli obbiettivi che devono raggiungere sugli accertamenti, etc.; è tutto il meccanismo tributario di accertamento errato: si deve fare una riforma fiscale più aperta e più semplice, tutti i giorni vediamo accertamenti fatti in modo irragionevole, come il commercialista che ha 80 anni e doveva dichiarare oltre 19 milioni perché vi è una norma che assimila ai ricavi i prelevamenti nel c/c. La vera evasione in Italia a mio avviso è in linea con l’evasione europea, quindi non è questo il male dell’Italia, ma resta inteso che l’evasione va combattuta.

          • Maurizio Cocucci

            Che l’evasione fiscale sia in linea con quella di altri Paesi è argomento che non regge dato che a sostenerlo non sono organismi internazionali ma italiani. Quanto al contenzioso la rimando all’intera relazione del sottosegretario in commissione, poi è sua facoltà crederci o meno. In Austria la pressione fiscale generale è più alta che da noi eppure cittadini e imprese non hanno problemi, anzi molte attività italiane si sono trasferite in Carinzia. Inoltre la disoccupazione è ai minimi livelli in Europa, quindi la differenza qual è rispetto a noi? Da noi c’è chi paga per altri. D’altronde l’Istat rettifica il valore del Pil includendo una stima del sommerso la cui entità in percentuale (17-18%) è maggiore di quella stimata altrove.

          • rob

            Da noi c’è chi paga per altri”
            Ma anche chi lavora per gli altri…!! Tanto per non fare il populista da bar dello sport

        • rob

          Non contraddice un bel niente. La favoletta delle evasioni serve a gridare per coprire altre inadempienze della classe politica. Le tasse per l’80% servono a sostenere una pletora immensa di posti burocratici fittizi. Diamo prima strumenti chiari poi facciamo rispettare le regole. A me interessa oggi di quello che fanno a Vienna perché quelli della sua mentalità dicono e confrontano gli altri Paesi come Paesi corretti, quindi ho voluto solo portare una testimonianza. Se poi le ne fa una nuova “lotta di classe” faccia pure; forse non si è reso conto che un biglietto per Londra costa 50 euro e che la Fiat è andata dove è stata meglio trattata lasciando il cerino acceso in mano a 4 nostalgici.

  12. FrancescoDondi

    Ma se nemmeno ci abbiamo provato. Diciamo pure che i nostri governanti non sono amici nostri e preferiscono spennarci per fingere che sia tutto a posto piuttosto che farsi controllare dall’Europa come spendono i soldi.

  13. federyco

    Nulla e cambiato da vent’anni e più. C’è un limite molto sottile che tiene buoni il popolo: una volta innescato il caos saranno guai per tutti. Le genti, anche se apatiche e ahimé “ignoranti”, prima o poi saranno attaccate dai morsi della fame e allora non ci sarà tolleranza.

  14. Amegighi

    Non vorrei che il mio commento passasse per un commento “politico” di parte, ma noto nei grafici riportati, spesso un ritorno indietro a valori di inizio “millennio”. Cioè come se negli ultimi 15 anni fossimo stati sostanzialmente con le mani in mano.
    Ciò è chiaramente vero e ce ne accorgiamo tutti.
    Ma quello che rattrista è il fatto che in questo periodo abbiamo anche noi avuto, per ben due volte (e a maggioranza assoluta), al Governo una coalizione di centrodestra che bene ha fatto nelle nazioni del Nord Europa (e UK) affrontando le giuste riforme dello Stato e del Mercato necessarie e per fronteggiare la nuova economia globale e la sfida dell’Euro.
    Senza incorrere nelle solite diatribe pseudo-politiche, mi piacerebbe capire esattamente gli errori di un Governo preparato ideologicamente a quelle riforme, ma incapace di attuarle. Incapace perchè impreparato o incapace per le resistenze del sistema a riformarsi ? E se è vera la seconda possibilità, come possiamo pensare di sciogliere questi lacci che ci legano e legano la nostra possibilità a riformarci ? E, infine, è proprio vero che sono solo i legacci dello Stato a bloccare la nostra economia e le nostre imprese, oppure è anche un’arretratezza culturale e di gestione di queste ? I dati sulle ditte esportatrici che resistono molto bene rispetto a quelle poco esportatrici sembrano indicare questo. O mi sbaglio ?

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