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2012, un brutto anno che finisce male

Con una crescita a meno 2,2 per cento, il Pil 2012 dell’Italia torna a 6,5 punti in meno rispetto a prima della crisi. Il quarto trimestre è il peggiore dei sei trimestri di recessione. Per colpa della peggiore congiuntura internazionale ed europea. Ma anche del fisco e delle mancate liberalizzazioni.

Pil istat

 

Il 2012 finisce con un tonfo economico. In Italia certamente. Un meno 0,9 di crescita congiunturale del Pil sul trimestre precedente è il dato trimestrale peggiore dal primo trimestre 2009. Il dato ricorda in modo eloquente che la recessione si era solo attenuata brevemente durante l’estate ma poi in autunno è tornata a manifestarsi in tutta la sua durezza. Il sesto trimestre di recessione è cioè anche il trimestre più pesante rispetto ai precedenti. Il -0,9 del quarto trimestre 2012 porta la crescita annua a collocarsi a -2,2 per cento, cioè un po’ più vicina alle previsioni di metà anno del Centro Studi Confindustria (-2,3) che a quelle leggermente più ottimistiche della Banca d’Italia (che indicavano -2,0). La sostanza non cambia molto. Se il Pil a prezzi costanti dell’Italia era 100 nel 2007, oggi è sceso ad un livello di 93,5, più o meno come nel 2009.

IL PEGGIORAMENTO DELLA CONGIUNTURA INTERNAZIONALE

I germogli di ripresa estiva non sono diventati vera ripresa perché, purtroppo, le circostanze negative di cui già si poteva vedere il presumibile impatto, cioè la congiuntura economica mondiale negativa e il mancato effetto positivo delle liberalizzazioni su consumi e investimenti, si sono fatte sentire. I dati di Francia, Germania e Regno Unito – da cui la crescita del Pil dell’Italia dipende in modo non marginale e che finora avevano resistito – sono purtroppo diventati negativi, rispettivamente per due, sei e tre decimi di punto percentuale. Anche i grandi paesi dell’Europa hanno smesso di farci da traino, e la fragile ripresa estiva di ordini e fatturati si è subito persa per strada. Il dato preliminare del Pil non dà informazioni su quanta parte di questa calo è dovuto ai consumi, quanto agli investimenti e quanto alle esportazioni (queste informazioni arriveranno tra un mese circa). Ma sulla base dell’andamento dei trimestri precedenti, è probabile che all’ormai consolidato cattivo andamento dei consumi (che potrebbero chiudere l’anno con un meno 3,5 per cento) si sia aggiunta una dinamica delle esportazioni meno favorevole che nei trimestri precedenti, a causa della crescita negativa dei nostri partner europei e del Giappone, e anche dell’azzeramento della crescita negli Usa. A questo si è aggiunto il costo della guerra valutaria che ha visto l’euro apprezzarsi del 13 per cento da luglio 2012 nei confronti del dollaro e che certamente non ha aiutato a competere gli esportatori italiani.

IL FISCO E LE MANCATE LIBERALIZZAZIONI HANNO PESATO

Sull’andamento così negativo dei consumi ha certamente pesato l’inasprimento record della pressione fiscale al centro dell’attenzione del dibattito della campagna elettorale. Ma perché gli italiani ritornino a consumare non basta rimettere nelle loro tasche i soldi dell’Imu per qualche mese fino alla prossima inevitabile manovra: occorre che il prossimo governo offra un quadro di finanza pubblica sostenibile che mantenga il rientro dagli attuali livelli di debito come priorità in un quadro di ridotto intervento dello Stato nell’economia. Altrimenti, i soldi restituiti agli italiani saranno risparmiati e non spesi, e saremo daccapo. C’è poi da aggiungere che in questo periodo pesa il mancato effetto positivo di interventi più incisivi per aumentare la concorrenza sui mercati dei servizi (banche, assicurazioni, energia, carburanti) che avrebbero potuto alleggerire il peso del paniere della spesa delle famiglie italiane. Da questo punto di vista, gli effetti dei vari decreti per lo sviluppo, per la concorrenza e per la semplificazione non si sono (ancora) visti. Saranno queste le aree di urgenza per l’azione del nuovo governo.
Per invertire la recessione ci sono due strade. Per ridare fiato all’Europa, tocca alla Bce tagliare i tassi alla prossima occasione, anche approfittando del rallentamento dell’inflazione. In Italia il compito del prossimo governo sarà quello di ridare fiducia a famiglie e imprese scoraggiate con riduzioni di imposta finanziate da riduzioni di spesa e un pacchetto di liberalizzazioni shock che producano risultati immediati nel paniere della spesa. Altrimenti fare industria in Italia diventerà uno sport di elite per poche imprese multinazionali.

Documenti utili:

Eurostat – Flash estimate for the fourth quarter of 2012 (.pdf)

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15 commenti

  1. Paolo

    Per fortuna il nostro governo, appena insediato aveva previsto un -1,4%, poi diventato -2%, adesso -2,7%
    Di male in peggio
    Ma dove e’ l’uscita dal tunnel di cui parlano?

  2. stefano monni

    Con riferimento all’articolo, ritengo doverose due brevi riflessioni. In primo luogo ritengo che i dati sul Pil, insieme agli altri indicatori economici come la disoccupazione, dimostrano che in questi anni si è sbagliato a dare particolare importanza allo spread e ad esultare quando questo ultimo, anche in presenza di altri indicatori economici negativi, tendeva ad aumentare. L’altra riflessione che vorrei fare riguarda le soluzioni prospettate dall’autore. Per quanto riguarda il taglio del tasso di interesse da parte della BCE, vale evidenziare che l’attuale tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale è pari allo 0,75% mentre quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale è pari all’1,50%. Ritengo quindi che essi siano sufficientemente bassi e che la soluzione non consista nella riduzione delle tasse e in quella conseguente della spesa pubblica ma, invero, in una fase recessiva nell’aumento della spesa pubblica più produttiva. Ma questa è un’altra storia che avrebbe bisogno di una più ampia trattazione.

  3. Piero

    Pil -2,7% anno 2012, ricordiamoci che Monti nel decreto salva-itala del 2011 aveva previsto un -0,9%, ma chi ci ha governato nel 2012?
    Non andremo avanti con queste politiche economiche, il fiscal combact e il fondo salva stati oltre alla posizione italiana a livello europeo (versiamo all’Europa di più di quello che riceviamo), l’ultimo accordo europeo ha confermato ancora gli sconti del 50% dei contributi tedeschi all’Europa.
    Noi dobbiamo salvare l’Europa e uccidere la nostra economia con il rigore, non penso che Monti possa governare con questa politica, se la Merkel non apre i cordoni della borsa (politica monetaria espansiva della Bce) l’Itala non supera il 2013, allora e’ preferibile abbandonare l’euro, riappropriamoci della politica monetaria e salviamo il nostro tessuto economico, non dobbiamo parlare più di questa Europa filo tedesca ma dell’Italia e di una nuova Europa giusta che faccia l’interesse di tutti i paesi e non solo di quelli nordici, si potrà avere una moneta unica solo dopo che vi sarà un’unione politica, non vi può essere una moneta senza uno stato o uno stato senza una moneta, siamo stati imbrigliati dalla camicia di forza dell’euro che inizialmente ci ha fatto godere dei tassi tedeschi, poi successivamente la realtà e’ venuta alla luce e la moneta unica e’ divenuta un tumore dell’economia italiana.

  4. Piero

    Ricordo a tutti che prima dell’euro l’Italia aveva un surplus della bilancia dei pagamenti con la Germania, oggi ha un deficit di oltre 300mld (periodo euro), ciò vuole dire che 300 mld di nostri soldi sono andati ala Germania, quindi siamo più poveri, di cosa ci lamentiamo? Ciò si sapeva, si doveva rendere l’euro più competitivo con i paesi extraeuro, ciò non è’ avvenuto per la politica dell’euro forte; oggi, o si cambia politica monetaria in versione espansiva oppure i esce da questa gabbia che uccide il tessuto economico italiano.

    • Maurizio Cocucci

      Per un bilancio più completo sulle conseguenze dell’euro dovrebbe includere i miliardi (di euro) risparmiati grazie al calo dei tassi di interesse da fine anni ’90, cioè da quando i mercati hanno ‘scontato’ il nostro ingresso nell’eurozona, ad oggi. Inoltre dovrebbe aggiungere, come accennato nell’altro mio commento, il risparmio sull’acquisto delle materie prime grazie all’apprezzamento dell’euro sul dollaro. Infine non dimentichi i milioni (forse miliardi) di euro di aiuti europei di cui non abbiamo beneficiato a causa dell’incapacità di alcune nostre istituzioni (soprattutto locali).

  5. Carlo Simeone

    Perchè proprio ieri la Francia ha chiesto una lunga dilazione dei tempi di rientro dal deficit e la risposta del Ministro della Commissione UE ( che tanto ha bacchettato l’Italia ) va nella stessa direzione e nessuno dice nulla? Alla Grecia non è stato riservato lo stesso trattamento. All’Italia, addirittura, è stata imposta una stretta fiscale che potevamo diluire in più anni senza appesantire/ammazzare il sistema ( leggasi IMU ed altro). Monti forse non ha sbagliato qualcosa o più di qualcosa?
    Perchè su questo fronte ci sono trattamenti diversi ? Ciò è grave e getta una brutta ombra sulle reali intenzioni dell’Europa. Perchè dopo dieci anni dall’adozione dell’Euro nessuno propone una seria riflessione sulla moneta unica e sulla costruzione dell’Europa Unita ? Mi pare che ciò sia doveroso e indispensabile, dopo che abbiamo visto la riduzione della base produttiva, l’aumento della disoccupazione, la scomparsa ( pure prossima) delle grandi aziende,ecc. e l’impoverimento generale del Paese.
    Non credo alle ricette strettamente economiche, ricavate dalla letteratura classica, mentre c’è bisogno di tanta politica economica.
    Ma, chiedo scusa, non è una coincidenza molto strana che, se anche per motivi diversi, sono a forte rischio chiusura il primo e il secondo gruppo siderurgico nazionale ( Ilva e Lucchini), Finmeccanica e Eni sono sotto attacco, Fiat guarda sempre più agli Usa, l’Enel ha 40 miliardi di € di…

    • Maurizio Cocucci

      Non è esattamente così. L’altro ieri il commissario agli affari economici Olli Rehn ha annunciato che, in considerazione delle previsioni macroeconomiche che danno un peggioramento, la UE concederà più tempo ai Paesi con elevato deficit per il rientro nei parametri stabiliti, purché siano effettuate quelle misure concordate. Questo vale quindi per tutti, non per la sola Francia che ha annunciato proprio in questi giorni di non riuscire a rispettare per quest’anno gli obiettivi di deficit.

  6. amegighi

    Il surplus italiano era in gran parte dovuto ai vari interventi di svalutazione della lira. Personalmente sono andato negli USA con il rapporto lira dollaro di un valore e sono ritornato con una svalutazione a due cifre. Ricordo di aver letto che il vero boom del Nord Est si può ritrovare in occasione di una di queste svalutazioni. Amici tedeschi mi fecero notare come gli italiani venivano alle fiere tedesche per copiare i prodotti tedeschi e rivenderli in germania a minor prezzo.
    Sarebbe interessante analizzare con un articolo quel periodo storico, a distanza di tempo, e valutare quanto, di quello che si faceva allora, è rimasto nella “testa” degli stessi imprenditori. A volte ho l’impressione che essi siano rimasti ancorati a quel periodo d’oro, e non abbiamo realmente capito cosa significa l’area Euro e il mercato globale.

    • Piero

      Mai l’Itala ha copiato la Germana, forse il contrario, i tedeschi in passato sono stati infastiditi delle nostre continue svalutazioni che impedivano la vendita di loro prodotti nel nostro bel paese.
      Hanno brindato quando abbiamo aderito all’euro, poi la storia tutti la conoscono,in Itala circolano solo auto tedesche.
      I tedeschi hanno perso la guerra militare ma anno vinto la guerra economica con l’inganno dell’euro e con la nostra stupidità (naturalmente dei nostri politici filo tedeschi).

  7. Maurizio Cocucci

    Auspicare il ritorno ad una valuta nazionale per avere la possibilità di svalutarla sostenendo così l’export credo sia una soluzione superficiale. Intanto il rapporto di cambio tra due (o più) valute lo decide il mercato sulla base degli scambi commerciali, non può essere fatto a tavolino in consiglio dei ministri. Poi ci si dimentica che esistono anche le importazioni e le conseguenze su queste di una eventuale svalutazione. Un Paese come l’Italia che deve approvvigionarsi all’estero sarebbe costretta a pagare molto di più le materie prime generando così inflazione. Nel decennio 1990-2000 il prezzo del petrolio ha avuto un calo iniziale e più un incremento che lo ha riportato agli stessi livelli iniziali, mentre dal 2000 ad oggi é più che triplicato. Immaginate quanto pagheremmo oggi la benzina se fossimo rimasti con la lira considerando che nel gennaio 2002 il rapporto euro/USD era di 0,9.

    • Piero

      Perché noi non possiamo fare quello che fanno le più grandi economie del mondo Usa/Giappone/Inghilterra?
      Loro svalutano la moneta con politiche monetarie espansive, perché hanno come obbiettivo la piena occupazione, la moneta e’ uno strumento, al contrario noi che dobbiamo sposare coattivamente la politica monetaria tedesca dobbiamo avere una moneta forte a scapito dell’occupazione, questa e’ la triste realtà, il resto sono sciocchezze.
      Naturalmente tutto ciò non vuol dire che non si deve fare una politica di risparmi di spesa, anzi una migliore qualità della spesa, meno spesa corrente e più spesa pubblica per investimenti.
      L’abbandono dell’euro se non cambia la politica monetara sarà inevitabile e non sarà una scelta politica, in Europa un regime dei cambi fissi non ha durato mai più di un decennio, vedi SME ecc.
      Oggi Draghi ha detto che darà credito alle imprese, continua a fare lo sbaglio che ha fatto fino ad oggi, la crisi finanziaria deriva dalla crisi del debito pubblico, la Bce deve sostenere gli stati acquistando sul secondario titoli di debito pubblico per risolvere il problema.
      I titoli di debito pubblico sono principalmente detenuti dalle banche, le quali non possono più concedere credito, solo il Monte Paschi ha 30 mld di titoli ed oggi deve prendere i MontiBond al 9%, naturalmente quando presta i soldi deve farli pagare con spreed elevati.
      La questione e’ semplice.

      • Maurizio Cocucci

        Noi possiamo benissimo credere che una politica monetaria espansionistica possa risolvere i nostri problemi, ma non è così. Noi abbiamo il problema della domanda aggregata interna, non dell’export. Noi abbiamo il problema che abbiamo investito poco in ricerca e prodotti tecnologici ad alto valore aggiunto, abbiamo un livello di tassazione eccessiva, una sottocapitalizzazione delle aziende medio-piccole (l’ossatura della nostra economia) che le fa dipendere troppo dalle banche con le conseguenze che tutti ora vediamo. E non dimentichiamo il cancro delle tangenti e del malaffare che è praticamente unico per entità tra le economie più sviluppate. La Gran Bretagna, che lei ha citato, ha una propria valuta, una propria banca centrale, eppure la sua economia non mi pare messa tanto bene. La bilancia commerciale è in deficit, da qui il motivo principale della debolezza e quindi del deprezzamento della sterlina sull’euro, non per scelta strategica o politica. La ricetta è riformare il nostro tessuto economico, investire in ricerca e istruzione, cambiare la nostra cultura (soprattutto politica), imparare a gestire con dovizia i soldi pubblici ed eliminare gli sprechi. Non usare la BCE come un bancomat.

  8. HK

    DAL 2009 MENO 10%

    Questo alla fine il dato, in ulteriore crescita (negativa). Certamente un cambio fisso non aiuta. Ma ci sono paesi che col cambio fisso non vanno male. Se osserviamo bene le cose potremmo scoprire il vero colpevole: la cultura dell’azienda Italia.

    I vecchi sussidiari ci insegnavano che siccome non abbiamo risorse proprie, dovevamo essere un paese manifatturiero. La nostra non è più una cultura industriale. La nostra cultura ormai e’ adatta ad un paese povero. Quello che rapidamente stiamo diventando. E non basteranno un paio di elezioni per cambiare la nostra “cultura”.

  9. Quando enfatizzeremo anche qui, in questo sito, l’importanza che ha sulla cosiddetta congiuntura negativa la moneta unica euro? Ci rendiamo conto degli effetti nefasti che l’euro sta avendo per tutti noi Piigs? Oramai esiste una letteratura sconfinata a riguardo, e non voglio riportarla qui, ma è ora di svegliarci dal “sogno”-incubo europeo e riprenderci la nostra sovranità monetaria (tanto per cominciare).

  10. mastro

    Siccome nell’articolo parlate anche di quello che deve fare il prossimo governo in fatto di riduzione del debito pubblico, reitero il mio commento:

    Governi di Centrodestra: totale 685 mld euro
    1994 1° governo Berlusconi: 62 mld
    2001-:2006 2° -3°governo Berlusconi: 282 mld
    2008-:2011 4°governo Berlusconi-Tremonti: 259 mld
    2011-:2012 governo Monti: 82 mld

    Governi di Centrosinistra: totale 346 mld
    Dini,1° Prodi,1°D’Alema,2°D’Alema,2° Amato: 265 mld
    2006-:2008 2° Prodi: 81 mld

    Secondo me la Sinistra è la formichina e la Destra è la cicala, dà forse fastidio l’arcano?

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