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La tecnologia ucciderà il libro. Oppure lo salverà

Quanto influiscono le tecnologie sullo scarso numero di libri letti da bambini e ragazzi? Hanno tutte un effetto negativo o alcune possono stimolare curiosità e condivisione? E quanto conta la famiglia? Un’analisi sui dati dell’Istat. Con una speranza per il futuro e qualche dubbio.

IL LIBRO TRA VIDEOGAME, SOCIAL NETWORK E TV

In un precedente articolo avevamo delineato un quadro piuttosto desolante della lettura in Italia, con l’analisi dei dati dell’Indagine multiscopo dell’Istat. (1) Ma alla fine del nostro intervento, come segnale di speranza, mostravamo dati incoraggianti concernenti i minori, tra i 6 e i 18 anni. E dunque, cerchiamo qui di investigare più nel dettaglio le attitudini alla lettura di questo segmento della popolazione.
Il dataset dell’Istat ha infatti il pregio di contenere informazioni molto interessanti su alcuni aspetti della vita dei ragazzi spesso trascurati dalle analisi empiriche. In particolare, ci concentreremo sulla conciliazione del tempo dedicato alla lettura con l’uso di alcune tecnologie, come videogiochi, accesso ai social network e al cellulare, ore giornaliere passate davanti alla televisione.
L’atteggiamento nei confronti dei videogiochi è spesso guidato da un pregiudizio negativo, basato su convinzioni ideologiche che li considerano fattori negativi di apprendimento, pur senza una vera base scientifica. In realtà, la letteratura psicologica sottolinea spesso il ruolo positivo dei videogiochi nello stimolare particolari capacità del bambino. I dati Istat sono interessanti al riguardo e mostrano un andamento discorde nella popolazione tra i 6 e gli 11 anni e in quella di età superiore. È possibile che l’uso dei videogiochi rivesta un ruolo pedagogico nell’infanzia e che in età adolescenziale, invece, le consolle si trasformino più facilmente in una fonte di distrazione, per la maggiore autonomia dei ragazzi nel loro utilizzo.

Figura 1

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Un altro dato interessante riguarda l’accesso ai social network e ai cellulari, che appare negativamente correlato alla lettura solo per i bambini più piccoli (tra i 6 e gli 11 anni); la correlazione diventa invece positiva per gli altri minori.

Figura 2

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Probabilmente qui viene indirettamente coinvolto il modello educativo dei genitori: l’accesso allo smartphone o l’esistenza di un profilo attivo su un social network per i bambini più piccoli sarebbe da incrociare con la presenza e il controllo genitoriali, con forte valenza pedagogica. Via via che i ragazzi crescono, invece, gli strumenti tecnologici diventano anche occasione di contaminazione e condivisione, spesso funzionale alla lettura o alla scoperta.
L’unico dato costante per ogni fascia d’età, all’interno della popolazione 6-18 anni, riguarda le ore giornaliere passate davanti alla televisione. La correlazione negativa con la lettura è facilmente spiegabile: davanti alla tv l’atteggiamento è più passivo. Stupisce, tuttavia, come il fattore rilevante non sia quanta tv si guarda, ma il fatto di guardarla o meno: la differenza nei valori medi è davvero grande.
Ci sarebbe, probabilmente, da invertire la tendenza, se si considera che in Italia il tempo medio passato davanti alla tv è in costante aumento anche per i bimbi più piccoli.

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Figura 3

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L’IMPORTANZA DI AVERE LIBRI IN CASA

Nel complesso, i dati offrono almeno due indicazioni chiave: la lettura è inversamente proporzionale all’esposizione alla tv, mentre il discorso si fa più complesso per tecnologie più interattive, come smartphone e consolle di videogiochi. Tuttavia, è difficile sostenere che la soluzione al problema dei pochi libri letti nel nostro paese possa risiedere nella compressione dello spazio di cui godono televisione e social network. Pretendere di rubare spazio a questi mezzi equivale a cercare di impedire a un fiume di fluire verso il mare. Si tratta di media, in un certo senso, consustanziali al nostro tempo: non è possibile combatterli perché significherebbe negare l’essenza della cultura contemporanea. Certo, ognuno di noi, sulla base della propria consapevolezza, ne può regolare e modulare l’uso con intelligenza. Ma si tratta appunto di azioni demandate al singolo e alla sua crescita personale.
Un’altra riflessione che occorre fare concerne la quantità. I dati mostrano che le relazioni tra le variabili studiate in questo articolo, da una parte, e numeri di libri letti, dall’altra, non sono caratterizzate da elevata intensità. I giovanissimi che usano Facebook leggono 5 libri in un anno contro i 7,6 libri dei loro coetanei che non frequentano il social network (circa un terzo in meno). Simile appare il dato sulla televisione: 5,3 libri all’anno per i giovani che passano più di tre ore al giorno davanti alla tv contro gli 8,2 di chi dedica alla televisione al massimo un’ora al giorno.
Curiosamente, appare più marcato invece il ruolo dei libri posseduti in famiglia. I giovani che vivono in famiglie che posseggono più di quattrocento libri ne leggono 9,1 all’anno contro i 3,2 di coloro che vivono in famiglie con nessun libro in casa, o i 4 di coloro che vivono in famiglie con dieci libri. È evidente che la variazione, in questo caso, è alta: chi ha in casa parecchi libri legge non il 25-35 per cento in più di chi non ne ha, ma il 300 per cento in più.
Dunque, l’esposizione ai volumi si caratterizza come una variabile chiave (se non l’unica), con effetti di spill-over importanti. E poiché, per quanto si pubblicizzi l’importanza della lettura, non appare possibile espandere oltre misura la base di libri disponibili nelle famiglie, occorre trovare una strategia alternativa. È intuitivo pensare che risieda nell’offerta di biblioteche all’esterno della famiglia: in primo luogo nelle scuole, e poi nei comuni. (2)
La crescita della fruibilità del libro all’esterno della famiglia potrebbe avere una funzione compensativa dei deficit all’interno della stessa. Oppure, qualora si volesse propendere per una lettura più tradizionale, occorrerebbe cercare di offrire nel pubblico (la scuola) ciò che manca nel privato (la famiglia). Ma è difficile ritenere che esista una legge di Say per i libri, ovvero che l’offerta crei automaticamente la propria domanda. Di certo, però, l’offerta di biblioteche può aiutare perché avvicina, fisicamente, il giovane al libro e l’avvicinamento è il primo passo di una frequentazione più duratura.

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LA BIBLIOTECA VIRTUALE

Eppure, l’analisi sin qui svolta ha, per così dire, una data di scadenza assai prossima. Presumibilmente, ma non ne abbiamo la certezza, ci troviamo all’inizio di una di svolta epocale in virtù della quale il libro elettronico sostituirà, anche se non integralmente, il libro di carta. Ed è chiaro che tale processo modifica profondamente il quadro di riferimento e le strategie possibili. Se il libro non è più un bene materiale, anche la biblioteca cesserà di esserlo: un semplice e-book reader potrà porre il giovane in contatto con migliaia di libri. E lì l’utilizzo di social network e smartphone potrà rivelarsi un utile fattore complementare.
Forse, la soluzione del problema lettura passa davvero attraverso la transizione tecnologica. Ce lo auguriamo ma, come già espresso nella riflessione sulla biblioteca materiale, ne dubitiamo: l’offerta non crea automaticamente la propria domanda. Spesso, piuttosto, possono vigere lunghi periodi di insufficienza di domanda, di merci come di cultura. Il cammino dell’uomo verso il libro, sia esso di carta oppure di byte, è ancora lungo e impervio.

 

(1) Istat, “Aspetti della vita quotidiana”, 2011.
(2) Per un approfondimento sulle possibili politiche a favore della lettura e sulla rilevanza delle biblioteche, rimandiamo alla pubblicazione “Rapporto sulla promozione della lettura in Italia” (2013), curato dall’associazione Forum del libro su incarico della presidenza del Consiglio dei ministri.

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  1. Carlo Erminero

    Caro Canova, caro Di Giulio, interessante la vostra analisi sul futuro del libro. Vorrei aggiungere due commenti in breve.
    1. La relazione fra libri letti e numero di libri presenti nella biblioteca di casa mi pare una relazione “spuria”. In realtà la relazione vera, quella che spiega, mi pare la relazione con la scolarità dei genitori. Poi è anche vero che due genitori laureati hanno in casa più libri, quindi meglio avere tanti genitori laureati, piuttosto che biblioteche pubbliche vicine con tanti, tanti libri
    2. Dalle ricerche empiriche che ho fatto, fin dall’uscita dei primi e-book reader, non mi pare che l’introduzione degli e-book abbia depresso la lettura dei libri cartacei.Cioè una riduzione c’è stata, ma molto piccola, finora. Cito a memoria (non l’ho sottomano) una ricerca di due anni fa. Chi acquista un e-book reader aumenta l’acquisto di libri del 30% nei 6 mesi seguenti. In seguito l’aumento si riduce. Ma vorrei ricordare che la perdita del cartaceo, anche dopo i primi sei mesi, non supera il 10%. E aumenta la lettura in mobilità (anche in circostanze in cui prima non avresti avuto l’opportunità di leggere).
    Ancor più interessante è vedere come cambia l’esperienza di lettura. Ma questo sarebbe il terzo commento. E vi avevo promesso che mi sarei limitato a due.Spero di leggervi ancora. Grazie e auguri!

  2. rob

    Il libro è ucciso dalla mediocre politica! Dalla paura e dall’essere dei vili personaggi senza alcuna personalità. Il libro è ucciso da chi ci accende un falò proprio perché ha paura. La tecnologia sarà la salvezza dei libri, la storia si ripete si è partiti dalla tavoletta e si ritorna al tablet!

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