Il salario minimo stabilito per legge arriva in Germania. All’inizio, per un provvedimento così importante per l’economia di tutta Europa non era prevista alcuna forma di valutazione. Solo una richiesta pressante della comunità scientifica è riuscita a introdurre una clausola di questo tipo.
STORIA DEL SALARIO MINIMO IN GERMANIA
La maggior parte degli economisti che si occupano di mercato del lavoro ha argomentato per anni contro l’introduzione di un salario minimo stabilito per legge. Già oltre dieci anni fa – quando la disoccupazione in Germania era alta – una misura di questo tipo era stata richiesta da più parti, e nei ministeri ne fu discussa la possibilità, ma non se ne fece nulla. Ora, nell’estate del 2014 la grande coalizione introduce in Germania per legge il salario minimo di 8,50 euro l’ora – in un periodo di alta occupazione e di disoccupazione relativamente bassa. Il salario minimo arriverà dunque in Germania ma con eccezioni per i disoccupati di lungo corso, per i giovani e per gli stagisti e con l’obbligo di valutazione.
Se non ci fossero state forti pressioni da parte della comunità scientifica, non sarebbero state introdotte nella legge né le eccezioni, né la clausola che prevede la valutazione.
La legge voluta dalla Grosse Koalition stabilisce che dal 1° gennaio 2015 il salario minimo sarà di 8,50 euro l’ora sia nella Germania Est sia nella Germania Ovest. È la paga minima più alta dopo quella francese tra i paesi Ocse. L’indice di Kaitz (cioè il rapporto tra salario minimo e salario mediano) che comprende i lavoratori a tempo parziale è pari al 60 per cento. (1) È previsto inoltre che fino a tutto il 2016 sia possibile evitare il salario minimo tramite contratti collettivi di lavoro. L’attuale disegno di legge contempla poche eccezioni: i disoccupati di lungo corso possono essere pagati meno nei primi mesi di un eventuale nuovo impiego; gli stage obbligatori all’interno di percorsi di formazione sono esclusi dall’obbligo di rispetto del salario minimo; i giovani fino a 18 anni, così come gli studenti, non hanno diritto al salario minimo di legge.
IL DIFFICILE PERCORSO DELLA VALUTAZIONE
Il disegno di legge originario del Bundesministerium für Arbeit und Soziales (il ministero del Lavoro tedesco) del marzo 2014 non prevedeva alcuna clausola di valutazione, che anzi veniva esplicitamente esclusa con la motivazione che gli effetti del salario minimo sarebbero stati comunque positivi per il mercato del lavoro.
Per questo motivo, il 20 marzo 2014, l’istituto di ricerca Iza – Forschungsinstitut zur Zukunft der Arbeit ha organizzato a Berlino una conferenza internazionale sulle esperienze europee sul salario minimo (vi ha partecipato anche Tito Boeri). In quella sede, la richiesta di una valutazione scientifica indipendente del salario minimo per legge è stata al centro della discussione e sostenuta con decisione.
Le insistenze della comunità scientifica, non solo di Iza, hanno avuto effetto: il disegno di legge modificato, che è stato approvato in aprile dal governo federale, contiene una clausola di valutazione. Al paragrafo 23 del disegno di legge sul salario minimo si legge: “questa legge dovrà essere soggetta a valutazione nell’anno 2020”. E al capitolo E3 si legge ancora: “inoltre la commissione per il salario minimo può dare incarichi di ricerca. Una quantificazione dei costi non è possibile allo stato attuale”.
Come si è arrivati a questo? Come ha potuto la comunità scientifica imporre una clausola di valutazione? Per capirlo è utile tornare agli anni Novanta. In quel periodo furono spesi circa 20 miliardi di euro all’anno per politiche attive del mercato del lavoro, senza alcun approfondimento sulla loro efficacia: le analisi descrittive furono interpretate e utilizzate come se si trattasse di valutazioni e regole approssimative furono alla base dei processi decisionali sulle scelte politiche.
Dopo decenni di insistenze da parte di molti economisti del mercato del lavoro, che hanno condotto studi di tipo empirico, si è arrivati finalmente a capire che prima deve essere risolto un fondamentale problema di valutazione. Solo quando questo problema sarà stato risolto, tramite il confronto tra gruppi sperimentali e gruppi di controllo, saranno possibili analisi causali dell’efficacia dei provvedimenti adottati.
Questa consapevolezza è sfociata anche nella valutazione delle cosiddette leggi Hartz sulla riforma del mercato del lavoro tedesco del 2002. Nel 2003, il ministero dell’Economia e del Lavoro commissionò alcuni studi nei quali furono sviluppati schemi valutativi delle leggi Hartz. (2) Sulla base di questi studi preparatori sono stati predisposti i bandi per gli incarichi di ricerca e concetti come controfattuale, matching e diff-in-diff hanno smesso di essere parole sconosciute per gli addetti del ministero del Lavoro.
Anche il salario minimo previsto negli ultimi anni per alcuni settori del mondo del lavoro (prima per l’edilizia e fino al 2010 per altri undici settori) è stato valutato secondo i più recenti metodi di ricerca, sempre su commissione del ministero. (3) Anche in questo caso, la clausola di valutazione era prevista nella legge che istituiva il provvedimento e nel dicembre 2013 è stato pubblicato un nuovo studio preparatorio per una seconda fase valutativa in merito al salario minimo in questi settori. (4)
Proprio in considerazione di tutto ciò sembrava davvero stupefacente che non si prevedesse esplicitamente una valutazione del salario minimo per legge. Alla fine, una clausola di questo tipo è stata inserita nella legge. Tuttavia, è necessario che l’opinione pubblica continui a fare pressione perché la valutazione del provvedimento non inizi solo nel 2019, ma già da quest’anno vengano messi a bando incarichi di ricerca sul tema. Su tutto ciò Iza continuerà a vigilare e a essere attivo, a partire dal contributo “Valutazione del salario minimo subito e non solo nel 2020“, forte della reputazione di cui la rivista gode anche tra chi ha potere decisionale in ambito politico e ministeriale. (5)
* Alexander Spermann è il direttore di Arbeitsmarktpolitik Deutschland, Forschungsinstitut zur Zukunft der Arbeit (Iza). Il testo è stato tradotto da M. Brambilla.
(1) Arni, Patrick, Werner Eichhorst, Nico Pestel, Alexander Spermann und Klaus F. Zimmermann (2014a): “Kein Mindestlohn ohne unabhängige wissenschaftliche Evaluation”, IZA Standpunkte Nr. 65.
(2) Hagen, Tobias und Alexander Spermann (2004), “Hartz-Gesetze – Methodische Ansätze zu einer Evaluierung”, ZEW Wirtschaftsanalysen, Band 74, Baden-Baden. Fertig, M., J. Kluve, C. M. Schmidt, H. Apel, W. Friedrich und H. Haegele (2004), “Die Hartz-Gesetze zur Arbeitsmarktpolitik – Ein umfassendes Evaluationskonzept”, RWI Schriften 74. Berlin: Duncker & Humblot.
(3) Vedi German Economic Review Special Issue 2013.
(4) Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung ZEW (2013), “Vorbereitende Forschung für die zweite Evaluationsrunde Mindestlöhne”, Mannheim.
(5) Arni, Patrick, Werner Eichhorst, Alexander Spermann und Klaus F. Zimmermann (2014b), “Mindestlohnevaluation jetzt und nicht erst 2020”, erscheint in: Wirtschaftsdienst.
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Maurizio Cocucci
Dal mio punto di vista è un errore. Di certo è un buon argomento elettorale e propagandistico ma all’atto pratico non viene incontro ai chi gode di meno qualifiche sia in termini teorici (titolo di studio) che pratici (esperienze lavorative). A parità di salario (in questo caso il minimo definito per legge) avrà la meglio chi offrirà requisiti migliori o altre caratteristiche che vengono maggiormente apprezzate quali ad esempio l’età o la nazionalità. Difatti uno dei motivi per i quali gli stranieri hanno facilmente ottenuto lavoro in Germania è la loro disponibilità a percepire compensi inferiori rispetto ai cittadini tedeschi. Sono dell’idea che nei prossimi anni i risultati non saranno quelli previsti e si assisterà ad un aumento della disoccupazione visto che in molti casi anziché assumere collaboratori retribuendoli con il minimo stabilito il datore di lavoro preferirà rinunciarvi.