Doveva essere la prima vera riforma del governo Renzi, dopo i tanti annunci. Ma nonostante fosse stata annunciata in aprile, poi rinviata a dopo le elezioni con l’intenzione di raccogliere suggerimenti dal pubblico e, infine, varata -a parole- nel comunicato di Palazzo Chigi del 14 giugno scorso (“Via libera al disegno di legge delega per la riforma della Pubblica amministrazione“), della riforma non c’è traccia. Nessuno ha visto il testo licenziato dal Consiglio dei ministri. Pare che delle lobby si siano messe di traverso. Ma a traverso di che non si sa, visto che appunto non c’è il testo.
Che democrazia è un sistema in cui gli atti di un governo non vengono comunicati al pubblico, ma alle lobby prima ancora di approdare in Parlamento? Come si fa a discutere di qualcosa che non c’è? Se l’obiettivo del ritardo è quello di raccogliere pareri autorevoli (piuttosto che autoritari o consociativi) non sarebbe dovuto servire il mese di consultazione per farlo?
L’unica cosa positiva è che i bookmaker ormai accettano scommesse sul numero di articoli della riforma. Da 120 iniziali si sarebbero dimezzati. Ma c’è chi offre 14 a 3 un disegno di legge da 100 articoli.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Correlati
Correlati
Si è laureato in Filosofia a Firenze e ha svolto studi di economia nel Regno Unito (MA, Essex; PhD, Warwick). Si occupa prevalentemente di temi di economia pubblica. Ha insegnato nelle Università di Birmingham, Bergamo, Brescia, Venezia e come visiting professor negli USA, in Svezia, Germania e Cina. Attualmente è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l'università Cattolica di Milano, dove ha diretto anche il Dipartimento di Economia e Finanza e la Doctoral School in Public Economics. Ha svolto e svolge tuttora attività di consulenza per enti pubblici nazionali e internazionali ed è stato membro di numerose commissioni governative, compresa la Commissione sulla Finanza Pubblica presso il Ministero del Tesoro nel 2007-8. È attualmente membro dell'European Fiscal Board, un comitato di consulenza del Presidente della Commissione Europea e Vicepresidente esecutivo dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica.
Tito Boeri è professore di economia presso l'Università Bocconi di Milano e Senior Visiting Professor alla London School of Economics. È stato senior economist all’Ocse, consulente del Fmi, della Banca Mondiale, della Ue, dell’Ilo oltre che del governo italiano. Dal marzo 2015 al febbraio 2019 ha ricoperto la carica di Presidente dell'Inps. È Consigliere Scientifico della Fondazione Rodolfo Debenedetti. È stato editorialista del Sole24ore, de La Stampa e de La Repubblica e ha collaborato con quotidiani esteri quali il Financial Times e Le Monde. È tra i fondatori del sito di informazione economica www.lavoce.info e del sito federato in lingua inglese www.voxeu.org.
Guest
Vorrei ringraziare sinceramente i proff. Boeri e Bordignon per il lavoro svolto.
Mi pare che il benchmarking, e l’indicazione di approcci corretti da ”best practice” sia forse l’unico canale per aprire le menti, ed il Paese. Non siamo un’economia/societa’ aperta; lo si sapeva (cfr. Fara, Eurispes, 2007). Ma qui ”ipse dixit” fa sempre piu’ rima con lobby dixit. Riforme o …purchase deeds?
Enrico
Comunque, da quel poco che si è potuto capire dai media, l’impostazione della riforma non sembrava così epocale. Da cambiare c’è e molto.