Riceviamo da un gruppo di accademici basati in università italiane ed estere l’espressione di perplessità sulla nomina del nuovo presidente dell’Istat, Giorgio Alleva. La lettera riconosce l’innovazione procedurale di dare pubblicità alle candidature, ma obbietta sul non uso di criteri riferiti al merito scientifico nella scelta della rosa da cui il Ministro ha effettuato la scelta. Forse l’intera procedura basata sulle manifestazioni di interesse che conducono alla individuazione di potenziali candidati senza nessuna soglia di sbarramento e senza nessuna predefinizione dei criteri di selezione si rivela inefficace nell’attrarre i migliori talenti, che preferiscono continuare nel loro lavoro di ricerca piuttosto che misurarsi con criteri selettivi che al meglio. appaiono opachi.
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Arouet
Prescindo dal merito dell’articolo, e mi chiedo se per fare il presidente dell’Istat sia necessario essere un top researcher. Vi sono certamente argomenti a sostegno di tale tesi, ma forse non necessariamente un policy maker, quale è di fatto il presidente Istat, debba avere un record di pubblicazioni outstanding.
Arouet
perdonate il refuso: forse non è necessario che un policy maker, quale è di fatto il presidente Istat, debba avere un record di pubblicazioni outstanding.
Guest
Paragrafo 2, pagina 1. I sottoscrittori sollecitano chiarimenti.
gmn
Il tono non è da “richiesta di informazioni”, è piuttosto da “severa reprimenda”.
Arouet
L’attività tecnico-scientifica dell’Istat non mi sembra si rivolga alle tematiche prevalenti sulle maggiori riviste internazionali di statistica. Molto spesso ne usa solo i risultati. Né mi risulta che l’Istat sforni attività di ricerca che si rivolge al mondo accademico.
Secondo il criterio espresso dai sottoscrittori anche il central banker, il ministro dell’economia, i presidenti di Autority come Agcom o Consob dovrebbero essere studiosi sulla frontiera. Tuttavia così non è proprio perché quei ruoli richiedono certamente competenze tecniche (che il presidente Istat in pectore appare possedere) sia capacità di tipo indirizzo politico connaturate con le cariche precedentemente citate.
Chi scrive è uno studioso apertissimo per formazione alla valutazione e fermamente convinto della necessità di affidare a persone competenti alcuni ruoli. Sono tuttavia altrettanto convinto che l’eccesso di tecnocrazia produca risultati modesti.
Guest
Ha vinto il merito? O è una nomina ”politica”?
Mamma contro merito, questo è il problema. La ”mamma” continua a fare enormi danni, in Italia. Ma, certamente: il vit combien il est dangereux d’avoir raison dans des choses où des hommes accrédités ont tort.
Federica
I criteri definiti dagli autori della lettera sono quelli utili per il presidente dell’Istat? I compiti non si fermano certo a quelli di professore universitario. E poi si sono accorti di quello che è successo con l’abilitazione nazionale. In alcuni casi la “residenza” dell’università, soprattutto se al Nord, è stato il criterio più importante.
Giorgio Sirilli
Dissento completamente da quanto sostengono i sottoscrittori della lettera. A tale proposito andrebbe ricordato il manifesto pubblicato molti anni fa da Sylos Labini, Luigi Spaventa ed altri economisti che diffidavano dell’approccio dei quantitativi-dogmatici sostenendo che dimenticavano che l’economia è una scienza sociale e non uno scialbo scimmiottamento delle scienze “dure”. Va altresì ricordato che gli economisti tanto in voga in questo momento e che in Italia vanno per la maggiore non sono stati in grado di dare risposta alla famosa domanda della regina Elisabetta in occasione della sua visita alla London School of Economics, tempio dell’economia mondiale, nel novembre 2008: “Com’è possibile che nessuno si sia accorto che stava arrivandoci addosso questa crisi spaventosa?”. Nello specifico va rilevato che il presidente dell’Istat, oltre ad essere persona competente nel campo statistico (ed economico), deve avere adeguate capacità politiche, relazionali ed umane, deve garantire l’affidabilità democratica, ed ha il compito di gestire il lavoro di migliaia
di persone, ingenti fondi e, soprattutto, garantire la qualità e l’indipendenza della statistica ufficiale. Tali competenze nulla hanno a che vedere con le
pubblicazioni e le citazioni sulle riviste che, a sentire gli estensori della lettera, sono dirimenti nella scelta del vertice dell’Istat. Peraltro è noto come, non di rado, i più eminenti scienziati siano molto bravi in laboratorio ma scarsetti nei rapporti con gli altri e con il mercato quando voglio trasformarsi da inventori innovatori. Negli scorsi decenni abbiamo avuto due eccellenti presidenti dell’Istat, Guido M. Rey ed Alberto Zuliani, che hanno fatto fare all’Istituto
un decisivo passo avanti in termini di ricerca, qualità, organizzazione del lavoro (naturalmente con tutte le critiche che si debbono muovere a chi prende
decisioni, ed agli errori commessi). Se i nostri solerti censori bibliometrici si volessero divertire a replicare l’esercizio, molto probabilmente otterrebbero
risultati non dissimili in termini di “produttività” scientifica. Nel caso, infine, di Giorgio Alleva, che al momento è sulla graticola delle commissioni parlamentari, sarebbe anche onesto e giusto
prendere atto di tutto il suo curriculum, e valutare le sue capacità dimostrate nel campo statistico, anche all’interno dell’Istat. Ho infine un suggerimento da fare ai sottoscrittori della lettera. Invece di fare una battaglia bibliometrica di retroguardia, chiedano
al presidente del Consiglio di attivarsi per cambiare l’assurda e ridicola legge che prevede che, per esse candidato alla presidenza dell’Istat, bisogna
essere professore universitario ordinario di materie statistiche o economiche – ed i firmatari sono tutti professori universitari ordinari.
Omero
Alludere al fatto che l’arrivo di Alleva favorisca la fuga dei cervelli mi sembra esasperare un messaggio altrimenti molto debole. Nell’Istituto esiste un pressante problema di precariato, condizione di sottoinquadramento delle professionalità e gestione discutibile e delle pochissime risorse che ormai sono assegnate alla ricerca. Questa situazione dura da anni con presidenze di professori dai curriculum scientifici più o meno robusti (vogliamo considerare la produzione scientifica dell’ultimo presidente? quale attenzione è stata posta in quell’occasione – anche in assenza della “manifestazione di interesse”?). Da un certo punto di vista l’arrivo di Alleva potrebbe essere visto favorevolmente perché porterà la fuga di massa dei precari e molti problemi dell’Istituto si risolveranno. Bisognerebbe chiederlo a loro. Così sarà accaduto nel dipartimento in cui Alleva è stato Direttore (come è stato possible che la comunità scientifica ha potuto ammettere un tale direttore per un dipartimento così importante?).
Filippo Celata
Quindi la proposta sarebbe che per nomine analoghe si utilizzino indici citazionali che nei paesi al top della ricerca mondiale, e nei quali alcuni dei firmatari lavorano (Usa e Regno Unito) non vengono utilizzati in questo modo nemmeno nelle università, figuriamoci per i ruoli apicali di enti complessi come l’Istat. Allora perché dovrebbe decidere il governo: facciamolo fare all’Anvur. Chi scrive non dubita dell’utilità e della rilevanza di tali indici, ma in Italia su questo stiamo veramente esagerando.
Guest
Una difesa d’ufficio, interessata e di parte dei colleghi diretti di una figura scientificamente scialba, dalle modeste caratteristiche scientifiche e dai meriti organizzativi e umani di livello assolutamente inadeguato: l’Istituto Centrale di Statistica ha un ruolo fondamentale nel fornire gli strumenti quantitativi alla definizione delle politiche economiche e sociali del governo e soprattutto nel fornire i giustificativi ai provvedimenti intrapresi. E’ ovvio che un personaggio con poco spessore culturale in una tale posizione chiave rischia di non avere le capacità adeguate a vagliare e selezionare la qualità scientifica dei risultati e di compromettere di conseguenza buona parte della correttezza delle valutazioni. Questo non volendo vedere in questa nomina questione più opache, come la contiguità amicale con la ministra Madia o la subalternità ai dettami governativi.
luciano pieraccini
Sono stato direttore del Dipartimento di Giorgio Alleva per molti anni, fin da quando lui era ancora un giovane docente. Posso pertanto testimoniare, senza paura di smentita, le sue capacità di cogliere l’essenza dei problemi statistici, che gli si presentavano nella sua attività di ricercatore, proponendone soluzioni mai banali. Inoltre ha sempre dimostrato una spiccata tendenza a organizzare lavori di collaborazione scientifica con i colleghi; dote questa di particolare rilievo per la funzione che è chiamato a svolgere. Se poi lo “spessore scientifico e culturale” viene misurato attraverso indici bibliometrici quali l'”impact factor” (che solo le riviste più ricche possono avere perché è molto costoso averlo) allora vuol dire che le parole di Figà-Talamanca e di molti altri uomini di cultura, sulla inadeguatezza di un tale metodo di valutazione, sono cadute nel vuoto.
Renzo Rubele
E’ caduto nel vuoto molto di più, purtroppo.
Maurizio Sorcioni
Sarebbe assai utile che gli economisti sottoscrittori della lettera riflettano su cosa voglia dire presiedere
un istituto come l’Istat che produce le statistiche ufficiali (avete presente? Censimenti, indagini sulle forze di lavoro e sui prezzi, contabilità nazionale, solo per citarne alcune) e coordina il Sistema Statistico Nazionale. Occorrono non solo articoli pubblicati sulle riviste scientifiche (che per altro ha), ma anche e soprattutto capacità manageriali, grande conoscenza degli archivi amministrativi
pubblici, della statistica ufficiale e del funzionamento di una macchina complessa come l’Istat, requisiti e competenze che il Professo Alleva ha pienamente e più di altri, avendo fatto parte per otto anni dell’organo di governo dell’Istat, come si legge chiaramente nel suo curriculum disponibile in rete. Per altro è uno dei pochi che parla con cognizione di causa di open data argomento sui cui è impegnato da
molti anni.
Luigi Oliveri
Se per fare il presidente dell’Istat non occorre essere un top researcher, non si capisce per quale ragione, allora, l’avviso pubblico abbia puntato su professori universitari. Bastava chiedere esclusivamente esperienza manageriale.
La realtà è una sola: per le nomine fiduciarie, leggasi cooptazione diretta, effettuate da organi di governo, gli avvisi pubblici sono solo una foglia di fico, un espediente per far credere che si giunga ad affidare l’incarico a colui al quale detto incarico si sarebbe affidato in ogni caso, attraverso una selezione. Il trucco è semplicissimo: avviso pubblico, raccolta di candidature, semplice giudizio di idoneità dei curriculum all’incarico senza attenersi a nessun criterio selettivo che attribuisca punteggi, astensione totale da prove, semplice sottoposizione della rosa al politico, che poi sceglie “discrezionalmente”. Ma è possibile nel 2014 cascarci ancora?
Enrico Santarelli
Date certe peculiarità di governance – l’accentramento nelle mani del Presidente di responsabilità e prerogative che in altri enti sono di pertinenza del direttore generale – la carica di Presidente dell’Istat non richiede un profilo di alta qualificazione scientifica ma piuttosto capacità gestionali e una profonda conoscenza dell’attività che l’Istituto è chiamato a svolgere. In tale contesto appare del tutto inappropriato limitare le candidature ai soli professori ordinari. Fermo restando che questi dovrebbero sempre presentare un curriculum scientifico di livello assimilabile agli standard degli altri paesi avanzati, non sono le competenze di professori ordinari eccellenti nella ricerca ad essere requisito indispensabile per guidare con successo l’Istat. In effetti, l’assenza dei firmatari di questo intervento dalla lista dei 40 colleghi che hanno presentato la propria manifestazione di interesse e, sia detto senza offesa, il profilo di gran parte di questi ultimi dimostrano che la Presidenza dell’Istat non suscita grande interesse presso i professori ordinari che dedicano alla ricerca di alta qualità gran parte delle proprie energie. Auguri di buon lavoro al nuovo Presidente dell’Istat.
Asterix
Solo un dubbio: Alleva può fare il professore di statistica all’Università di Roma, formare le menti dei nostri giovani, indirizzarli nella loro crescita professionale, ma non ha i requisiti per gestire l’Istat, cioè amministrare un carrozzone di Stato?
giorgio parisi
Io sono stupito di questa polemica. La presidenza di quello che è non è un ente di pura ricerca scientifica non può essere data per soli meriti scientifici (a parte il fatto che criteri quantitativi citazionali non siano applicabili in molte branche dell’economia. L’audizione alla camera (http://webtv.camera.it/evento/6580) mi pare che faccia risaltare una persona preparata che potrebbe lavorare in maniera efficace. Mi piacerebbe avere più commenti sull’audizione che sul curriculum.
Paolo
Io sono più che stupito. Piuttosto che darsi pena di squalificare in maniera generica un collega, i prof. avrebbero potuto perorare apertamente la candidatura di qualcuno a loro giudizio ritenuto più idoneo alla carica. Avrebbero fatto più bella figura.
rob
Non entro in merito non sono all’altezza. Ma io di persone ” non all’altezza” ne ho conosciute molte, come ho conosciuto persone definite “con un profilo estremamente modesto”. La solita storia del luminare e del medico condotto in cui quello con scrupolo, umanità e concretezza è il secondo, ma il primo per tutti è il “luminare”. Cosa c’è da aspettarsi da un Paese in cui girano ancora i biglietti da visita, non solo, ma con su scritto: Ill.mo, Prof – Dott- Comm. – Grand Ufficiale, etc.
rosario nicoletti
L’idea che un bravo ricercatore – con attività misurabile attraverso discutibili parametri, ma dando anche per scontata la bontà della misura – abbia capacità manageriali ha fatto sempre moltissimi danni. E’ la stessa idea che impone nelle università la selezione delle autorità accademiche sulla base del “prestigio scientifico”. Questo non ha nulla a che vedere con capacità organizzative, gestionali, di rapporti umani.
mdg
Sarebbe interessante misurare quanto questo gruppo di solerti ricercatori sia impegnato nello scambio reciproco di citazioni.
Giovanni Mantillini
Perché non pubblicate anche le lettere aperte di numerosi economisti e statistici, compreso il presidente dell’istituto nazionale di statistica, che si sono dissociati da questo appello, sostenendo (penso giustamente) che non si può scegliere il presidente dell’ISTAT solo in base a criteri bibliometrici? Uno malizioso penserebbe che non lo fate perchè alcuni vostri redattori sono tra i firmatari dell’appello contro Alleva, ma io invece sono sicuro che volete dare un’informazione completa ai lettori. Potete trovarle ad esempio qui http://www.roars.it/online/sulla-scelta-del-presidente-dellistat/
teresa
E’ legittimo criticare il metodo ma è sbagliato attaccare la persona.
Piero
All’Istat, la qualità non ci è mai stata, basta ricordare Giovannini, non fu capace di calcolare gli stipendi degli europarlamentari, l’Istat poi dà i dati definitivi sempre dopo diversi mesi, di quale qualità si parla? E’ un posto politico come tutti gli altri, di competenza molta poca.
Pietro B
Io non voglio che il presidente dell’Istat faccia ricerca, voglio innanzitutto che permetta a me di fare ricerca, producendo efficientemente e fornendomi i dati necessari (anche se non lavoro all’Istat). Su questo sì che ci sarebbe da fare una battaglia. Ironia della sorte, non sono certo che coloro abituati a lottare per pubblicare sui top journal (onore al merito) siano tendenzialmente più predisposti verso questo tipo di “generosità”.