Il grafico indica la curva dei rendimenti dei titoli di stato italiani a diverse scadenze. Dopo la riunione del board della Bce del 6 settembre, la curva (linea rossa) ha subito una traslazione verso il basso, con una riduzione dei rendimenti a tutte le scadenze rispetto a giugno (linea verde). La riduzione è stata però molto più marcata per le scadenze brevi (uno, due e tre anni) che per i titoli con scadenze più lunghe. Per i titoli trentennali, ad esempio, il rendimento si è ridotto dal 6,05 al 5,8 per cento (-0,25), mentre i Bot a un anno sono passati da 3,37  a 1,79 per cento (-1,58). La curva è cosi diventata più ripida. In questo cambiamento dell’inclinazione della curva c’è un aspetto fisiologico ed uno invece che potrebbe rilevarsi alla lunga patologico.

In presenza di un forte rischio di default, gli investitori chiedono un premio molto alto sulle scadenze più breve perché sono proprio quelle in cui i titoli rischiano di non venire ripagati alla scadenza. Nel momento più acuto della crisi, prima del cambiamento alla guida del governo, i rendimenti sui Bot a 12 mesi erano più alti che su scadenze più lunghe (linea blu) e l’intera curva dei rendimenti si era appiattita. Quindi il ritorno ad una curva inclinata positivamente segnala un allentamento del rischio di default. Ma dietro al forte calo dei rendimenti a breve c’è anche la scelta della Bce di concentrare gli acquisti solo su titoli con scadenza inferiore a 3 anni. Legittimo aspettarsi che questo spingerà molti governi a ridurre la durata del debito per ridurre la spesa per interessi. In questo modo, però, i paesi diventerebbero più vulnerabili in caso di una recrudescenza della crisi del debito. Bene dunque, nella gestione del debito, tenere sempre in considerazione il fatto che ci sono molti vantaggi nell’avere una durata relativamente lunga del debito, soprattutto per un Paese come l’Italia, con un debito così alto. E’ proprio ciò che ci ha salvato negli ultimi due anni. Non dimentichiamolo.

Elaborazione dati a cura di Filippo Teoldi

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