L’economia italiana continua a perdere colpi. Il nuovo miracolo economico ipotizzato a inizio legislatura è tramontato presto, di fronte alla virtuale stagnazione del Pil dal secondo trimestre del 2001 a oggi. Ma il rischio attuale è di perdere anche la possibilità che sia la ripresa dell’economia internazionale a risollevare le sorti della nostra. Infatti, mentre per Stati Uniti ed Europa i dati sono rassicuranti, quelli italiani del primo trimestre del 2004 non promettono nulla di buono. E le previsioni di crescita del Governo potrebbero rivelarsi del tutto irrealistiche.

L’economia italiana continua a perdere colpi. All’inizio della legislatura, l’esecutivo non nascondeva la speranza che il semplice cambio di Governo avrebbe dato un colpo d’ala alla fiducia di imprese e famiglie e alimentato un nuovo miracolo economico. Una speranza presto tramontata di fronte alla virtuale stagnazione del Pil dal secondo trimestre del 2001 a oggi. Più modestamente allora, almeno fino a ieri, il Governo contava sul fatto che la ripresa dell’economia internazionale restituisse ossigeno a un’economia anemica come la nostra. Ma anche questa speranza rischia sempre più di andare delusa.

OTTIMISMO INTERNAZIONALE

Non certo perché la prevista ripresa dell’economia mondiale non si stia verificando. Al contrario. I dati sull’economia statunitense sono rassicuranti. Il Pil americano è cresciuto in media d’anno del 3,1 per cento trascinato sì dalla spesa pubblica (la solo difesa è aumentata del 10,6 per cento contribuendo a quasi mezzo punto dell’aumento annuale del Pil), ma anche da consumi e investimenti che hanno più che compensato il contributo ancora negativo delle esportazioni nette. Anche la vecchia Europa si sta muovendo. Gli indici di fiducia dei consumatori tendono tutti verso l’alto. L’indicatore anticipatore dell’Ocse è cresciuto su base tendenziale del 6,8 per cento in Germania e del 4,7 per cento nell’area dell’euro. Non a caso, il Fondo monetario ha appena annunciato di volere rivedere al rialzo le proprie previsioni di crescita dell’economia mondiale.
Vi sono, è vero, dei dubbi sulla solidità della ripresa mondiale. Negli Stati Uniti l’andamento dell’occupazione getta un’ombra sulla tenuta dei consumi. Negli ultimi tre anni si sono persi più di tre milioni di posti di lavoro e la disoccupazione non è cresciuta proporzionalmente solo perché parte di coloro che hanno perso il proprio lavoro sono andati a ingrossare le file della popolazione inattiva.
Sull’Europa pesa l’incognita del cambio che penalizza le esportazioni, fino a oggi l’unico vero motore della crescita del nostro continente. La speranza che l’Europa potesse fornire un contributo autonomo alla crescita dell’economia mondiale è stata rapidamente dimenticata, sepolta dalla realtà dei fatti.
Pesa poi l’incapacità di affrontare con decisione i nodi strutturali che ancora ne rallentano la crescita. I Governi europei preferiscono continuare a spendere somme sproporzionate per sussidiare la nostra agricoltura e bocciano le proposte della Commissione di aumentare gli stanziamenti per ricerca, sviluppo e istruzione.

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PESSIMISMO ITALIANO

Rimane però il fatto che il 2004 sarà un anno di ripresa per l’economia mondiale e per quella europea. E l’Italia?
I dati congiunturali non lasciano spazio per l’ottimismo. Il termometro del Pil nel quarto trimestre è assolutamente piatto. Gli indicatori congiunturali per il primo trimestre del 2004 non promettono nulla di buono. La fiducia dei consumatori è crollata a gennaio ed è rimasta piatta anche a febbraio, in controtendenza con gli altri paesi europei. Le esportazioni verso i paesi non-Ue hanno registrato un crollo a gennaio, meno 14,7 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e meno 3,4 per cento rispetto al mese di dicembre 2003. Anche l’indicatore anticipatore dell’Ocse fornisce solo timidi segnali positivi su base tendenziale, ben al di sotto degli andamenti degli altri paesi e, soprattutto, flette significativamente negli ultimi due mesi disponibili.
L’economia italiana si presenta quindi all’inizio del 2004 con il fiato cortissimo.
La crescita nel 2003 si è fermata allo 0,3 per cento, il peggior risultato dal 1993. Preoccupa che tutto quel poco di crescita che si è verificato nel 2003 è dovuto alle componenti meno "virtuose", l’accumulazione di scorte e la spesa pubblica. In assenza del contributo di queste due voci, il Pil avrebbe subito una contrazione dello 0,6 per cento.
L’andamento negativo del 2003 si riflette anche sulle prospettive del 2004.
Il trascinamento dal 2003 si riduce infatti a non più di due decimi di punto, e forse meno se, come prevedibile, l’Istat rivedrà il profilo trimestrale dell’anno passato.
L’economia italiana inizia quindi l’anno con scarso slancio, oltre che appesantita da magazzini troppo pieni.
Gli indicatori congiunturali (fiducia dei consumatori, andamento del commercio con l’estero) fanno temere che anche il primo trimestre non contribuirà molto alla crescita.
Quando anche l’economia ricominciasse dal secondo trimestre in poi a correre in linea con il proprio potenziale (circa l’1,6 per cento secondo le stime dell’Ocse), la crescita in media d’anno si attesterebbe a non più dell’1 per cento.
Ancora una volta le previsioni dell’esecutivo, 1,9 per cento per il 2004, rischiano di rivelarsi del tutto irrealistiche. Soprattutto non è più possibile sottovalutare il rischio che anche la tanto sospirata ripresa dell’economia mondiale non sia sufficiente per risollevare le sorti della nostra economia.

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