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Letture per i giorni di festa

Tre libri da leggere sotto l’albero. La riflessione del pensiero libertarista su Stato e libertà, per determinare la sfera di libera azione di ogni uomo e delineare il codice giuridico necessario per difendere questi diritti. Uno sguardo sulle molteplici dimensioni storiche, sociali ed economiche della Cina, la nuova locomotiva della crescita mondiale. Una rilettura dell’Italia negli anni tra la grande guerra e il boom economico, per comprendere il paese di oggi. Scelti e recensiti da Jacopo Allegrini, Pierangelo D. Martinelli e Stefano Tasselli.

L’etica della libertà, recensione di Jacopo Allegrini

Dati essenziali

Rothbard, Murray N., L’etica della libertà, Società editrice Liberilibri, Macerata, 2000, Le Oche del Campidoglio, pagine 430, euro 18,00

L’autore

Murray N. Rothbard (New York 1926-1995), maggior rappresentante dell’anarchismo individualista, contribuì con i propri studi all’indagine della Scuola Austriaca, di cui fece parte per un periodo della sua vita. Fu professore universitario per un breve lasso di tempo alla New York University, poi nel 1966 approdò al Brooklyn Politechnic Institute dove insegnò per vent’anni. Rivestì un ruolo fondamentale come ideologo nel Libertarian Party e fu direttore della “Review of Austrian Economics” e del “Journal of Libertarian Studies”. Tra le sue opere più importanti ricordiamo: Man, Economy and State (1962); Power and Market: Government and the Economy (1970); For a New Liberty (1973); Classical Economics (1995).

L’opera

L’opera, impreziosita da una prefazione di Luigi Marco Bassani, si divide in cinque sezioni:

1. Il diritto naturale: l’autore traccia i confini tra giusnaturalismo, positivismo giuridico e razionalismo, argomentando quali debbano essere i fini delle filosofia politica.

2. Una teoria della libertà: procedendo capitolo dopo capitolo, si affrontano i temi sociali più controversi dipingendo l’ideale società rothbardiana.

3. Lo Stato contro la libertà: con logica chiara e stringente Rothbard svela l’immoralità dello Stato.

4. Teorie moderne della libertà: l’autore riprende e critica altre teorie moderne della libertà tra cui Hayek, Nozik e Berlin, evidenziandone potenzialità e limiti.

5. Verso una strategia della libertà: crescita e affermazione del pensiero libertarista nel prossimo futuro.

Orizzonti critici

Partendo, come ogni buon economista da un mondo alla Robinson Crosue, Rothbard analizza le azioni e i comportamenti umani per definire con precisione metodologica la sfera naturale del possesso e la proprietà, perno su cui si centra la “teoria sistematica della libertà”. Attraverso due assiomi, self-ownership e homesteading, si può determinare la sfera di libera azione di ogni uomo e delineare il codice giuridico necessario per difendere questi diritti, analizzando le implicazioni della libertà nei campi più attuali, dalla teoria del contratto, all’istituto dei diritti dei fanciulli, al monopolio fondiario.
Lo “Stato” è un’istituzione illegittima che attraverso la “tassazione“, un furto perpetrato con la coercizione, realizza le entrate necessarie per garantirsi il monopolio forzoso sulle cosiddette “alture dominanti dell’economia e della società” come i servizi di polizia, le forze armate, la produzione legislativa, il demanio pubblico e il controllo dell’offerta di moneta.
Con tutti i suoi monopoli coercitivi, l’apparato statale non solo è scadente, sia sotto il profilo della qualità sia sotto quello dell’efficienza (qui Rothbard si rifà a Smith), ma è anche immorale perché viola i diritti di proprietà degli individui; dovrebbe scomparire, consentendo la nascita di un libero mercato di agenzie liberamente finanziate e in competizione tra loro per la produzione di beni e servizi.
Nelle ultime pagine Rothbard si lancia nell’arduo compito di tracciare una possibile via di transizione verso una società libera, una strategia programmatica che si affaccia con ottimismo sul futuro. Sottolineando sempre di più la sconsacrazione dello stato, la sua delegittimazione dopo le politiche assistenzialistiche e i “Watergate”, il filosofo si chiede “In fondo cosa c’è rimasto da sperimentare, se non la libertà?” (pag. 427).

Guida alla lettura

Lo stile di Rothbard è semplice e accattivante, il ragionamento si snoda con logicità rendendo il lettore partecipe in prima persona delle conclusioni formulate. Rothbard non assume mai il tono di un magister che spiega ex cathedra una verità universale di cui dobbiamo accettare l’esistenza, egli ci accompagna passo dopo passo nella scoperta di una teoria scientificamente esatta e moralmente giusta.
Il libro si può ordinare per telefono alla “Liberilibri”. oppure si può utilizzare il sito internet della Libreria del Ponte (
www.libreriadelponte.com ), che può rivelarsi un’utile risorsa per chi voglia approfondire il pensiero libertarista, sia acquistando libri, dai classici della Scuola Austriaca alle ultima uscite, sia consultando interventi, articoli e saggi brevi di intellettuali libertaristi italiani.

Link utili

www.mises.org: indirizzo ufficiale della Ludwig von Mises Institute; un sito, agile e completo nel quale sono disponibili alcune opere di Rothbard e Mises on line scaricabili in pdf capitolo per capitolo, oltre ad articoli, saggi brevi, working papers e pubblicazioni periodiche come “Review of Austrian Economics” o “the Mises Review”. In particolare nella sezione Rothbard texts sono presenti gustosi saggi mai pubblicati.
www.lewrockwell.com: sito di una rivista linkata al Mises Institute, ricca di approfondimenti, articoli, recensioni di libri.

La Cina è vicina, recensione di Pierangelo Donatello Martinelli

Dati essenziali

Maria Weber, Il miracolo cinese – Perché bisogna prendere la Cina sul serio. Società editrice Il Mulino Contemporanea, Bologna, 2003, seconda edizione aggiornata, pp. 208, euro 12.

Autore

Maria Weber insegna Relazioni internazionali e Politica comparata presso l’Università Bocconi, dove è Senior research Leader dell’Istituto di studi economico-sociali per l’Asia Orientale (Isesao). Svolge attività didattica e di ricerca anche presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) in qualità di Asia Senior Research fellow. Maria Weber ha pubblicato numerose ricerche e approfondimenti sulla Cina e altri paesi asiatici, fra queste ricordiamo:”Vele verso la Cina”, ed. Olivares, 1996 e”After the Asian Crises”, Macmillan, 2000. Sul nostro sito si può consultare un rilevante contributo dell’autrice: Cronaca di un contagio annunciato su cause e conseguenze della Sars in Cina.

Opera

Il volume di Maria Weber permette di comprendere le determinanti strutturali del processo di apertura alle relazioni internazionali e di impetuosa crescita economica che sta trasformando la Repubblica Popolare Cinese.
Una prima parte introduttiva analizza le specificità culturali della civiltà cinese, dall’etica confuciana all’organizzazione burocratica dell’apparato statale, e ripercorre i principali avvenimenti storici dalla rivoluzione “rossa” al socialismo di libero mercato. Il secondo capitolo, dedicato al sistema politico, fonde contributi giuridici e politologici per tracciare possibili percorsi evolutivi dell’autoritarismo, caratterizzato dal monopolio politico del Partito comunista cinese (Pcc).
L’analisi prosegue con una panoramica delle relazioni internazionali dal secondo dopoguerra, soffermandosi sulla questione di Taiwan e sull’evoluzione dei rapporti diplomatici con Stati Uniti, Giappone e paesi europei. All’economia cinese sono dedicati ben due capitoli del libro: uno esamina le caratteristiche strutturali e le politiche che hanno reso possibile il “miracolo cinese” degli ultimi vent’anni; l’altro si sofferma sulle criticità dell’impetuoso processo di crescita economica. L’ultima parte è dedicata alle numerose sfide che la nuova leadership del Pcc deve affrontare per garantire una diffusione più egualitaria della ricchezza e assicurare alla nazione un ruolo di primo piano nella comunità internazionale.

Orizzonti critici

L’autrice esamina sia le problematicità insite nel complesso rapporto tra centro e periferia, cruciali in un paese immenso dove le principali forme di comunicazione sono tuttora fluviali, che le prime forme di sperimentazione di libere elezioni nei villaggi, definite “prove di democrazia”. Il rigore dell’indagine economica permette di comprendere il processo di apertura e liberalizzazione intrapreso dal 1978, dopo la svolta di Deng Xiaoping: l’economia cinese è cresciuta negli ultimi anni a ritmi vertiginosi (in media del nove per cento negli anni Novanta) grazie al combinato disposto delle coraggiose politiche centrali.

Guida alla lettura

Rigorose analisi di dati sequenziali sui principali indicatori macroeconomici, sulla composizione del Pil e sull’output agricolo e industriale permettono di comprendere appieno gli effetti delle politiche pubbliche intraprese per favorire la crescita. Altre statistiche raffigurano il trend dell’enorme flusso di investimenti diretti esteri in ingresso, soprattutto a beneficio delle Zone economiche speciali (Zes) lungo le coste sudorientali del Paese, e l’evoluzione negli anni del commercio estero.

Giudizio del recensore

L’ascesa della Cina nelle relazioni internazionali suscita sentimenti contrastanti: da un lato è la nuova locomotiva della crescita mondiale, dall’altro il gigante che cerca di riconquistare l’antico ruolo di potenza egemone. Il libro di Maria Weber permette di avvicinarsi alla conoscenza di un paese immenso, per secoli la fonte della conoscenza per tutta l’umanità, nelle sue molteplici dimensioni storiche, sociali ed economiche.

L’Italia dalla grande guerra al miracolo economico, recensione di Stefano Tasselli

L’Italia dalla grande guerra al miracolo economico

Stefano Tasselli

Dati essenziali

Petri Rolf, Storia economica d’Italia; dalla grande guerra al miracolo economico (1918-1963); Società editrice Il Mulino Bologna, 2002, Le vie della civiltà, pagine 364, euro 19,00

Autore

Petri Rolf è docente di storia economica e contemporanea alla Martin-Luther Universitat di Halle – Wittenberg, in Germania. Ha curato “Venedig. Ein politisches Reisebuch”. È anche autore di: Storia di Bolzano (Il Poligrafo, 1989), La frontiera industriale (Angeli, 1990), e Von der Autarkie zum Wirtschaftswunder (Niemeyer, 2001).

L’opera

Il testo può essere diviso in tre parti essenziali. La prima, propedeutica alle due seguenti, fotografa lo stato dell’arte dell’economia italiana nel periodo a cavallo della prima guerra mondiale, individuando i fattori di politica industriale che agevoleranno o penalizzeranno lo sviluppo dell’economia nazionale nei decenni successivi: l’apertura strutturale, la volontà di convergenza, l’investimento forzato saranno elementi incentivanti; la carenza di materie prime e fonti energetiche sarà invece il principale ostacolo allo sviluppo economico. Il tutto in una prospettiva più ampia, di confronto con i principali paesi europei e mondiali. La seconda e la terza parte sono il cuore dell’opera e analizzano la storia economica d’Italia da due prospettive di indagine complementari: un percorso cronologico tradizionale, scandito nel lungo periodo che va dal 1918 alla fine del boom (1963) e una analisi trasversale di approfondimento di alcune tematiche-chiave: l’agricoltura italiana nel Novecento tra politiche agrarie e tensioni sociali, le linee guida di politica industriale comuni a tutto il periodo in questione, le basi tecnologiche che condurranno al boom.

Orizzonti critici

L’originalità critica del testo può essere sintetizzata nella parola “continuità“. Le impostazioni tradizionali hanno sempre imposto una netta separazione tra politica economica fascista e repubblicana. Petri insiste invece sugli elementi di continuità: l’accumulazione di risparmio nazionale da trasformare in infrastrutture e in produzione industriale, in funzione di un obiettivo: spingere un paese ancora semi-agricolo alla convergenza con le grandi economie europee e portarlo a essere grande potenza industriale.
Obiettivo raggiunto negli anni Sessanta, dopo decenni di politiche neomercantiliste e listiane (che accomunano Nitti , Volpi e poi anche Einaudi). Resta però ancora aperto un grande interrogativo storico: se lo “sforzo nazionale” abbia o meno giustificato i molti sacrifici della popolazione di allora, in termini di restrizione della libertà prima, di restrizione dei consumi poi, fino agli anni Sessanta.

Guida alla lettura

Il libro è molto discorsivo, e ciò ne costituisce al contempo un pregio e un limite: consente una lettura agevole anche a chi non abbia approfondite conoscenze economiche, ma allo stesso tempo rende difficoltosa una ricerca immediata delle informazioni, anche perché l’apparato di dati, tabelle e grafici resta sempre un corpo a sé rispetto al testo e mancano quadri schematici per periodi e concetti. La suddivisione del testo in parti consente al lettore di modulare il percorso di lettura che più lo interessa.

Il giudizio del recensore

Il libro fa riflettere, non ci sono dubbi. D’accordo, sarà fin troppo hegelianamente ripetitivo quando afferma che c’è un obiettivo e bisogna raggiungerlo, ma scardina decenni di certezze storiografiche condivise e diventate ormai parte della cultura collettiva nazionale: sostiene infatti che politica non vincit omnia, ma anzi che tra le politiche economiche del periodo fascista e di quello repubblicano i fattori che uniscono sono in fin dei conti più di quelli che dividono. E sostiene anche che dietro la tendenza nostrana di voler gattopardescamente cambiare tutto per sollevare i consensi, di voler essere homines novi a ogni cambio di marcia o di bandiera, di fare tabula rasa del passato per lavarsene le mani, e dire “io non c’ero”, si cela un grande rischio: di non secernere ciò che c’è stato di buono, che è da conservare, da ciò che bisogna mutare, impedendo perciò la formazione di quella cultura collettiva condivisa che è alla base di una democrazia matura prima ancora che di una economia responsabile. Tale spunto di riflessione, soltanto velatamente, ma con sguardo amaro, Petri lo applica all’Italia di oggi, che ha abdicato, negli anni Ottanta e Novanta, a una vera politica industriale, disperdendo parte delle conoscenze accumulate con tante fatiche per numerosi decenni, senza costruire una valida alternativa di crescita. Una volontà, quella di fare tabula rasa, che diventa vizio allorché incline al populismo, e scissa da una visione prospettica di quel commune bonum a cui, in definitiva, tendere.

Link utili

www.mulino.it: interessante soprattutto nella parte dedicata alla Rivista di storia economica.

www.istitutodatini.it: sito dell’Istituto internazionale di storia economica “F.Datini”. Segnalo soprattutto la parte di consultazione delle riviste di storia economica:

www.istitutodatini.it/biblio/riviste

www.tn.camcom.it/informazioneeconomica: sito della Camera di commercio di Trento, che contiene una utile sezione dedicata alla storia economica del territorio.

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Spesa in disavanzo e giravolte politiche

  1. Claudio Valsecchi

    Il libro è stato particolarmente interessante ed avvincente. Vorrei discutere con che ha scritto la recensione su alcuni punti che pero non mi sono stati chiari nel libro, che mi sembrano di particolare interesse per una eventuale tesi sul boom italiano degli anni cinquanta

    • La redazione

      Caro Valsecchi,
      sarei molto lieto di discutere dell’argomento con Lei. Per il momento cercherò di mantenermi su alcune riflessioni di carattere generale. Innanzi tutto concordo con lei sulla maggiore complessità della parte del libro dedicata al “miracolo economico” (cap. V, pp. 181-217), complessità che risponde però ad una delle linee guida dell’intero testo, che ho tentato di illustrare nella mia recensione: l’autore vede nello stretto periodo del miracolo economico (1951-1963) il punto di picco e contemporaneamente il punto di arrivo di un lungo processo storico-economico, iniziato con Nitti e Giolitti e proseguito poi sia sotto il fascismo sia sotto l’immediato periodo della ricostruzione postbellica. A prevalere è l’idea della continuità nelle impostazioni di politica economica: l’accumulazione di risparmio da convertire in investimenti per sostenere la crescita dell’economia nazionale, con lo scopo di condurre l’Italia da paese semi-agricolo a potenza industriale. Nello specifico, è proprio Petri a sottolineare, nello stesso cap. V, che il miracolo è stato possibile grazie alle competenze tecniche e organizzative accumulate nei vari settori industriali (meccanico, metallurgico, chimico, energetico) nei decenni precedenti la guerra. Fu grazie a tale lungo percorso e continuo che l’Italia, nel periodo del boom, poté trarre pieno beneficio dalla nuova apertura economica e dal mercato comunitario, raggiungere la convergenza e partecipare a quello che Petri individua come uno dei cambiamenti di portata storica nell’economia industriale: il passaggio dal principio di complementarietà, che per secoli aveva permeato i rapporti commerciali delle nazioni industrializzate, allo “scambio di prodotti manifatturieri similari”. Sull’argomento, le consiglio di leggere anche A. Maziels, Industrial Growth and World Trade: An empyrical study of trends in production, consumption and trade in manufactures 1899-1959, Cambridge University Press, 1970, pp. 79-103.
      Stefano Tasselli

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