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Assicurati a caro prezzo

Negli ultimi dieci anni, i prezzi dei servizi assicurativi in Italia sono aumentati quattro volte di più della media europea. Accade perché nel nostro paese manca una cultura assicurativa diffusa. Ma soprattutto perché la concorrenza nel settore non è molto efficace. E dunque deve essere rafforzata. Mantenendo la vigilanza sulle condotte delle imprese, con interventi strutturali che rafforzino l’apertura dei mercati e la trasparenza dell’offerta. E per l’assicurazione Rc auto appare indispensabile intervenire ulteriormente sulla struttura dei costi.

I dati Eurostat  riportano significativi incrementi dei prezzi dei servizi assicurativi in Italia, pari a circa quattro volte la media europea, nell’ultimo decennio. (1)
Il dato è un aggregato che comprende le principali assicurazioni danni per la clientela privata, ma è costruito partendo da indici differenti per mantenere i panieri utilizzati per misurare i prezzi al consumo in ogni singolo Stato. In particolare, nell’indice dell’Istat compare solo l’assicurazione sui veicoli (in Italia prevalentemente composta – oltre l’85 per cento – dalla copertura obbligatoria di responsabilità civile), quando altrove sono incluse, ad esempio, le assicurazioni sugli immobili e quelle infortuni e malattia.

Il caso dell’assicurazione auto

Il confronto sull’andamento dei soli prezzi dell’assicurazione sui veicoli, anche se meno preoccupante in termini comparati, conferma l’Italia quale paese con la crescita dei prezzi di gran lunga più pronunciata, come mostra la figura 1. (2)
L’assicurazione sui veicoli, che incide per il 2,2 per cento sulla spesa media delle famiglie italiane, nel 2003 rappresenta circa il 60 per cento dei ricavi nei rami danni (figura 2) e circa il 37 per cento dell’intero settore (il restante 63 per cento deriva dai rami vita).
La questione se una tale crescita dei prezzi sia reale, oppure no, e se sia effettivamente imputabile alla debolezza del meccanismo concorrenziale è stata molto dibattuta negli anni recenti. (3)
Va notato che in Italia il costo dei risarcimenti è cresciuto più o meno al ritmo dei prezzi, grazie a una leggera riduzione della frequenza dei sinistri, ma a fronte di una marcata crescita del loro costo medio. Le imprese non sono in grado di controllare una parte assai rilevante di tale costo, come nel caso delle valutazioni dei danni gravi alla persona, che dipendono da tabelle di riferimento giurisprudenziali. Ma altre voci (per esempio legate alle frodi, alle riparazioni dei veicoli o alla distribuzione) sono in parte controllabili dalle imprese: il fatto che non siano state contenute, come è successo in altri paesi, è indubitabilmente un indizio di concorrenza inefficace.

L’Autorità antitrust si è occupata di questo settore soprattutto nel 2000, sanzionando severamente un’intesa collusiva, e poi nel 2003 con un’indagine conoscitiva sul contesto normativo ed economico del mercato. Se con l’istruttoria del 2000 l’Antitrust attribuiva alle intese collusive tra imprese la causa principale della scarsa concorrenza nel settore, la sua posizione si è ora in parte modificata con l’indagine conoscitiva, nella quale l’enfasi si è spostata sulle determinanti di natura strutturale: i) la presenza di rilevanti ostacoli all’entrata di nuove imprese, causati soprattutto dalla prevalenza di una distribuzione in esclusiva; ii) lo scarso incentivo per le imprese al controllo dei costi; iii) l’inerzia dei consumatori nella ricerca del prezzo più conveniente.
Da allora, sono stati avviati alcuni interventi per il contenimento dei costi, dalla liquidazione diretta dei danni alla persona di entità minore, per incentivare la competizione sui costi, all’introduzione della patente a punti, che ha ridotto la frequenza dei sinistri, sia pure con effetti sui prezzi ancora da valutare. Inoltre, per aumentare la trasparenza, il legislatore ha imposto la pubblicità del premio individuale nei siti internet delle imprese assicurative e l’Isvap, il regolatore di settore, ha introdotto identico obbligo di preventivo nelle reti distributive sul territorio, sempre con l’obiettivo di stimolare i consumatori a premiare le compagnie più convenienti.

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Lo stato di salute della concorrenza

Per gli altri rami danni, pur in assenza di una rilevazione statistica istituzionale sulla dinamica dei prezzi nei vari segmenti del settore, è possibile citare qualche dato di massima in grado di fornire, direttamente o indirettamente, un’idea sullo stato di salute della concorrenza.
1. La solidità economica delle imprese è buona: è in costante crescita sia la raccolta (figura 3), sia il risultato tecnico complessivo, che passa gradualmente da una perdita di 748 milioni di euro nel 1998 a profitti per 2.161 milioni nel 2003 (figura 4). Anche il segmento dell’assicurazione sulla responsabilità civile autoveicoli – storicamente in rosso – è tornato a generare profitti a partire dal 2002.
2. Non entrano nuove imprese. Nonostante le prospettive economiche attraenti, nonché le misure istituzionali introdotte nel 1994 per favorire l’integrazione del mercato europeo, i nuovi attori comparsi sul mercato nazionale non hanno inciso significativamente. Le poche nuove imprese dell’ultimo decennio appartengono a gruppi già presenti sul mercato o operano con dimensioni scarsamente rilevanti. In concomitanza con un processo significativo di fusioni e acquisizioni, invero comune alla gran parte dei paesi europei, il numero delle imprese operanti in Italia si è anzi ridotto, forse aumentandone l’efficienza, ma certo anche il potere di mercato.
3. I consumatori non premiano le imprese più convenienti. L’assicurato medio italiano tende a premiare troppo poco le imprese che fanno i prezzi migliori, un po’ perché è oggettivamente difficile compararne i servizi, un po’ perché la “cultura assicurativa” del cittadino italiano è mediamente modesta. (4) Un po’, infine, per la già citata prevalenza della distribuzione in esclusiva, nella quale viene a mancare il contributo tipico dell’intermediario indipendente che può offrire al cliente un servizio di consulenza per confrontare polizze di imprese differenti.

Gli interventi da fare

In conclusione, il quadro d’insieme che si è tratteggiato sembra suggerire che la concorrenza nel settore dell’assicurazione danni in Italia debba essere rafforzata, oltre che mantenendo la vigilanza sulle condotte delle imprese, anche con ulteriori interventi strutturali che rafforzino quelli sin qui già intrapresi sulla strada dell’apertura dei mercati e della trasparenza dell’offerta.
Per l’assicurazione Rc auto appare indispensabile intervenire ulteriormente sulla struttura dei costi, considerando anche i possibili effetti derivanti dalla generalizzazione dell’indennizzo diretto. È poi urgente disciplinare per legge la formazione delle tabelle di liquidazione del danno di grave entità alla persona, per far sì che tutte le parti siano rappresentate nel processo di elaborazione e siano evidenti le implicazioni, positive e negative, a esse associate.
Infine, sul versante distributivo, il recepimento della direttiva comunitaria rappresenta un’occasione preziosa per rivedere le regole di comportamento, obbligando l’intermediario a dichiarare se, e in quale misura, la polizza venduta soddisfa i bisogni del cliente, in modo tale che non solo il prezzo, ma anche l’adeguatezza della garanzia siano più evidenti e il nuovo standard incentivi gli assicurati a effettuare gli opportuni confronti.

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(1) La crescita dei prezzi dei servizi assicurativi è pari al 117 per cento in Italia, contro un aumento medio europeo del 28 per cento, del 10 per cento in Francia, del 16 per cento in Germania e del 65 per cento nel Regno Unito.

(2) In tutta l’Unione europea l’assicurazione sui veicoli è cresciuta più della media del settore: 31 per cento, contro il 17 per cento dell’assicurazione sulle abitazioni, il 23 per cento per l’assicurazione sulla salute e il 15 per cento per gli altri servizi assicurativi.

(3) Le imprese assicurative italiane hanno in più occasioni sostenuto che gli indici Eurostat sovrastimano il fenomeno. Inoltre va detto che l’indice, normalizzando a 100 i prezzi in ogni singolo Stato nel 1996, non consente confronti sul valore assoluto dei prezzi. Per una sintesi del dibattito si veda Buzzacchi e Siri, “Efficienza ed equità nel mercato dell’assicurazione obbligatoria r.c. auto: ri-regolamentare per liberalizzare?”, Mercato concorrenza regole, 3, 2002.

(4) L’Italia è tradizionalmente un paese a bassa spesa assicurativa, probabilmente anche per ragioni culturali. La spesa in assicurazioni danni è il 2,6 per cento del Pil contro il 3,2 per cento della Spagna, il 3,3 per cento della Francia, il 3,7 per cento della Germania e il 4,3 per cento del Regno Unito. Ancor più spiccata è la differenza se si considera la spesa in assicurazioni danni escludendo l’assicurazione r.c. auto, come detto obbligatoria.


 
Figura 1 – Indice di prezzo dell’assicurazione sui veicoli (Fonte: Eurostat)


Figura 2 – Assicurazioni danni in Italia – Premi lordi per linea di prodotto – 2003, mil. €

(Fonte: Italian Insurance 2003/04, ANIA Annual Report, www.ania.it)


Figura 3 – Assicurazioni danni in Italia – Premi lordi – mil. €

(Fonte: Italian Insurance 2003/04, ANIA Annual Report, www.ania.it)


Figura 4 – Assicurazioni danni in Italia – Risultato del conto tecnico diretto – mil. €

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Il gioco in Italia: dati e problemi

  1. dotcom

    con una visione un po’ pessimistica da tempo sostengo che il peggior nemico dell’assicurazione è il suo cliente: in quale altro settore devo ricorrere così frequentemente ad un legale per vedere riconosciuti accordi pattutiti sontuosamente da calorose strette di mano, sorrisi smaglianti, da “non c’è problema”, “ma certamente sì e cretamente no”, e poi miseramente disconosciuti da commi “nascosti” e frasi bizantine?

    • La redazione

      Gentile lettore,

      proprio per simili evenienze la moderna regolazione pubblica disciplina la fase di vendita dei prodotti assicurativi e, come sottolineato nell’articolo, si deve intervenire sugli obblighi di informazione e assistenza professionale dell’intermediario a contatto con il cliente quando viene commercializzata la polizza perché sia adeguata ai bisogni futuri di indennizzo dell’assicurato.

  2. dotcom

    Gentili Proff.,
    per quale motivo se decido di cambiare compagnia assicurativa per polizza RCA, la nuova compagnia deve confermare la mia posizione bonus/malus di provenienza? questo comportamento, che mi risulta generalizzato (addirittura mi vien detto da soggetti del settore “è vietato non applicarlo”) non contrasta con princìpi di concorrenza, libero mercato e problematiche similari? il fatto che vi possa essere una legge che imponga questo comportamento, non dovrebbe essere giudicata, ai fini di cui sopra, molto negativamente?

    • La redazione

      Gentile lettore,

      la specifica questione che Lei solleva, nel contesto del nostro articolo che si riferisce più in generale ai mercati di assicurazione danni, può essere inquadrata in un interrogativo più ampio, e cioè quanto in questo settore gli interventi normativi che vincolano le condotte delle imprese possano essere ritenuti pro-competitivi invece che di ostacolo alla concorrenza. Ebbene, studi e prassi ormai consolidate suggeriscono che il mercato delle assicurazioni, per la sua natura intrinseca e in particolare per la presenza di asimmetrie informative tra assicurato ed assicuratore, abbia necessità di qualche intervento normativo ad hoc per poter funzionare in modo efficiente. Il Suo quesito fa riferimento proprio ad uno di quei casi nei quali si ritiene che il trasferimento di informazioni tra imprese concorrenti e alcuni specifici vincoli alla condotta delle imprese possano migliorare la concorrenza.
      Il Bonus Malus è un sistema di classificazione degli assicurati basato sui comportamenti passati. È giusto e efficiente che la storia del conducente – che riflette statisticamente la sua rischiosità – sia conosciuta da tutti gli assicuratori. Se la storia del conducente fosse una “informazione privata”, la compagnia che acquisisse un nuovo cliente sarebbe costretta ad applicare il premio di una classe intermedia, peggiorando le condizioni dei soggetti meno rischiosi e viceversa. In definitiva si assisterebbe ad una elevata mobilità dei soli conducenti più rischiosi e un mercato completamente ingessato per i clienti più virtuosi. Forte potere contrattuale delle compagnie nei confronti dei clienti e ostacolo all’entrata di nuove imprese sarebbero le conseguenze più dirette.

  3. rosario nicoletti

    Non si parla mai della pessima legge che consente alle compagnie di “scavalcare” del tutto il cliente rimborsando danni non dovuti, derivanti da incidenti con concorso di colpa, o addirittura inesistenti. La legge che ha istituito l’assicurazione obbligatoria contiene infatti la disposizione che la gestione del sinistro è di esclusiva competenza della compagnia. Attraverso questo dispositivo è possibile rimborsare danni inesistenti; come nel caso capitato a chi scrive, che ha saputo dalla compagnia di un sinistro e del susseguente risarcimento, a causa di un incidente mai avvenuto.
    Naturalmente, la vittima ultima è il cliente che subisce l’aumento dei premi.

    • La redazione

      La scelta di affidare la gestione del sinistro alla compagnia non esime l’impresa dall’obbligo di rispettare il principio di esecuzione del contratto secondo buona fede. Lei poteva opporsi alla retrocessione inoltrando un reclamo alla compagnia e all’ISVAP che per legge interviene per favorire una composizione e accertare eventuali violazioni.

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