Con poche eccezioni, le Regioni hanno utilizzato l’Irap soprattutto per finalità redistributive o di supporto all’attività economica. Anche gli incrementi di aliquota introdotti per finanziare i deficit sanitari non sono stati indiscriminati e all’esigenza di far cassa si è accompagnato il mantenimento delle agevolazioni per i settori “meritevoli”. Il bilancio di questa fase sembra dunque positivo. Peccato che in attesa di un mai raggiunto accordo sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale, i margini di autonomia siano stati drasticamente ridotti.

Il futuro dell’Irap, l’imposta del nostro ordinamento che forse più di qualunque altra ha suscitato polemiche e resistenze, è oggi quanto mai incerto. Sarà abolita? Sarà modificata?Indipendentemente da ciò che accadrà in futuro, il bilancio dell’esperienza regionale in tema di Irap non è affatto negativo e il recente passato dimostra che, nei limiti loro concessi dal legislatore centrale, le Regioni hanno apprezzato la possibilità di gestire il tributo in modo attivo.

Autonomia breve

A partire dal 2001, le Regioni a statuto ordinario avevano avuto (con il decreto 56/2000) ampia autonomia sull’Irap, con la possibilità di variare l’aliquota, in aumento e in riduzione, dell’1 per cento – su un’aliquota media del 4,25 per cento – e di operare differenziazioni tra settori e categorie di contribuenti. Si è trattato però di una breve stagione, perché solo due anni più tardi, con la Legge finanziaria per il 2003, i margini di autonomia sono stati drasticamente ridotti in attesa di un accordo (…) sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale, accordo mai raggiunto. Eppure, quasi tutte le Regioni hanno ampiamente sfruttato gli spazi di autonomia, con una serie di interventi, che vengono attuati già a partire dal 2001 e si intensificano nel 2002, per poi rallentare, fino a fermarsi del tutto, con la proroga del “blocco” decisa dalle ultime due leggi finanziarie.  Come sono stati utilizzati gli spazi di autonomia? Emergono comportamenti comuni alle diverse Regioni? Alcuni aspetti interessanti si traggono dall’analisi dei principali provvedimenti regionali in materia di Irap (Tavola 1) e meritano di essere sottolineati. (1)

Uno strumento di politica economica

Le Regioni, forse contrariamente a quanto ci si sarebbe potuto aspettare, non hanno utilizzato i margini di autonomia al solo scopo di accrescere il gettito, attraverso un aumento generalizzato dell’aliquota.
Alcune Regioni hanno soltanto ridotto l’aliquota dell’Irap, aumentando, in compenso, altri tributi propri (come la tassa automobilistica o il tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti solidi; la metà delle Regioni ha aumentato l’aliquota dell’addizionale all’Irpef); altre hanno utilizzato gli incrementi di aliquota Irap disposti in alcuni settori per finanziare le riduzioni in altri. E la differenziazione delle aliquote ha seguito percorsi simili nelle diverse Regioni.
Innanzitutto, l’Irap è stata utilizzata a fini di redistribuzione del carico fiscale tra le diverse categorie di contribuenti, che ha visto privilegiati i settori e le categorie finanziariamente più deboli o largamente impegnati in attività di rilevanza sociale, il che ha probabilmente reso anche più accettabili da un punto di vista politico le misure adottate.  Quasi tutte le Regioni hanno infatti ridotto (in alcuni casi azzerato) l’aliquota per le Onlus, gli organismi non governativi e le cooperative sociali. Le risorse per finanziare questi interventi sono state recuperate con incrementi dell’aliquota nei settori più forti finanziariamente. Molte Regioni hanno aumentato l’aliquota sul settore bancario, finanziario e assicurativo, portandola per lo più al di sopra del 5 per cento (giova peraltro ricordare che l’introduzione dell’Irap aveva particolarmente avvantaggiato il settore bancario e assicurativo, tanto che lo stesso legislatore nazionale aveva inizialmente deciso di sottoporre queste categorie ad una tassazione più elevata della media).
In secondo luogo, l’Irap è stata usata, in un certo senso, come vero e proprio strumento di politica economica, a fini di incentivo e sostegno ad alcuni settori produttivi. In modo differenziato sul territorio e in dipendenza delle specificità regionali, molte Regioni hanno introdotto agevolazioni per le aziende del settore agricolo e del settore turistico, per i soggetti operanti nei comuni montani, per le imprese di nuova costituzione, soprattutto giovanili e femminili.
In terzo luogo, va osservato che gli incrementi di aliquota più rilevanti sono stati attuati nelle Regioni con i deficit più pesanti nel comparto sanitario, come Marche, Lazio, Lombardia. Ma anche in questi casi, non si è trattato di un aumento indiscriminato dell’aliquota e all’esigenza di “far cassa” si è accompagnato il mantenimento delle agevolazioni per i settori “meritevoli”.
In conclusione, le Regioni tutte (fanno eccezione solo Calabria e Campania, ma può darsi che non abbiano fatto in tempo) hanno utilizzato la tanto vituperata Irap, non solo e non tanto per finanziare i deficit sanitari, per i quali hanno maggiormente fatto ricorso all’addizionale all’Irpef, ma soprattutto per finalità redistributive o di supporto all’attività economica. E questo è un risultato interessante, se si considera anche la scarsa esperienza in questo campo, dati i vincoli posti dal legislatore nazionale.
Certamente, non è possibile esprimere un giudizio definitivo sul comportamento delle Regioni, perché la fase dell’autonomia sull’Irap (e sull’addizionale all’Irpef) è stata troppo breve e alcune Regioni che magari avevano programmato altri interventi si sono trovate spiazzate dal repentino cambiamento di rotta del governo centrale. Ma il bilancio di quella breve stagione può considerarsi tutto sommato positivo.

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(1) Per un’analisi più approfondita vedi M. Flavia Ambrosanio e Massimo Bordignon “Il federalismo in pratica: il benchmarking delle politiche di entrata e di spesa delle Regioni italiane” http://www.confindustria.lombardia.it/CL/sitoCL.nsf/wv01/33F758A7DD4265F2C1256F8F004B6500?OpenDocument

Tavola 1 – Le manovre regionali sull’Irap

Abruzzo

Riduzioni di aliquota: dal 2001, al 2,75%, per le farmacie rurali sussidiate, per i primi 2 anni di attività; dal 2002, al 3,25%, per imprese del settore agricolo, cooperative della piccola pesca e loro consorzi; dal 2003, al 3,25%, per ONLUS e cooperative sociali, per società di capitali, enti commerciali e persone fisiche, esercenti attività commerciali dal 1° gennaio 2004, per i primi due periodi d’imposta.

Basilicata

Riduzioni di aliquota: dal 2002, al 3,25% per ONLUS e cooperative sociali.

Emilia Romagna

Riduzioni di aliquota: dal 2002, al 3,50% per ONLUS e cooperative sociali; dal 2004, al 3,25% per ONG.

Lazio

Riduzioni di aliquota: dal 2002, allo 0,9% per agricoltura, caccia, silvicoltura e pesca (al 2,75% dal 2004); al 3,25% per imprese di nuova costituzione, nuove imprese giovanili e femminili (primi tre anni di attività); al 3,75% per un vasto insieme di attività produttive e per agenzie di viaggio, operatori turistici e cooperative sociali.

Aumenti di aliquota: al 5% per estrazione di minerali, trattamento di combustibili nucleari, produzione e distribuzione di energia elettrica e gas, commercio manutenzione e riparazione di autoveicoli, vendita al dettaglio di carburante per autotrazione; al 5,25% per fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali, poste e telecomunicazioni, attività ausiliarie dell’intermediazione finanziaria, immobiliari, radiotelevisive, delle agenzie di stampa; al 5,75% per intermediazione monetaria e finanziaria, escluse le assicurazioni e i fondi pensione.

Liguria

Riduzioni di aliquota: al 3,25% per le nuove imprese per il periodo di inizio dell’attività ed il successivo; al 3% per ONLUS e cooperative sociali, dal 2002; al 3,25% per le associazioni di promozione sociale dal 2004.

Lombardia

Aumenti di aliquota: al 5,75%, per il 2002, e al 5,25%, dal 2003, per banche, enti finanziari, assicurazioni.

Riduzioni di aliquota: al 3,25%, per agenzie di viaggi e turismo, guide e accompagnatori turistici; esenzione per ONLUS e cooperative sociali e, per i tre periodi d’imposta successivi al 31/12/2002, per le imprese e le cooperative di produzione e lavoro, costituitesi nel 2003 nel territorio della regione, composte prevalentemente da soggetti tra i 18 e i 30 anni o da donne tra i 18 e i 45 anni.

Marche

Aumenti di aliquota: al 5,15%, al 5,75 % per banche e assicurazioni.

Riduzioni di aliquota: al 3,25 % per le cooperative sociali; al 4,5%, per il settore delle calzature, dal 2004; al 2,25%, per le cooperative sociali, dal 2004. Esenzioni dall’aumento per i soggetti che realizzano almeno il 50% del fatturato per lavorazioni in conto terzi nei settori del tessile e abbigliamento; per le nuove imprese costituitesi nel territorio regionale nel 2002, per i primi due anni di imposta; le ONLUS; le cooperative sociali.

Molise

Aumenti di aliquota: al 5,25% per banche e imprese della grande distribuzione regionale.

Riduzioni di aliquota: al 3,25%, per il 2004, per i soggetti residenti nella provincia di Campobasso danneggiati dal sisma del 2002; per le nuove imprese costituitesi nel territorio regionale nel corso del 2003 e 2004; per le imprese giovanili e le imprese individuali il cui titolare abbia meno di 35 anni; per le imprese femminili; per le ONLUS; per le Società sportive dilettantistiche operanti senza fine di lucro. Esenzione totale per le ONLUS con oggetto principale dell’attività istituzionale l’assistenza agli anziani non autosufficienti e/o ai disabili.

Piemonte

Riduzioni di aliquota: per le cooperative sociali, al 3,75% per il 2003; al 3,25% per il 2004; al 2,25% dal 2005.

Puglia

Esenzione dal 2002 per enti non commerciali e ONLUS.

Toscana

Riduzioni di aliquota: al 3,25% per le ONLUS e per le nuove imprese giovanili per il triennio 2001-2003; al 3,75% per le imprese dei comuni interamente montani, con base imponibile fino a 77.268,53 €; al 3,5% per le imprese registrate EMAS; al 3,85% per le imprese certificate ISO 14001. Esenzione per gli esercizi commerciali che svolgono servizi di particolare interesse per la collettività.

Aumenti di aliquota: al 4,40% per banche, altri enti e società finanziarie e imprese di assicurazione.

Umbria

Riduzioni di aliquota: al 3,50% per ONLUS e cooperative sociali, al 3,75% per Società cooperative di lavoro.

Veneto

Aumenti di aliquota: al 5,25% per banche, altri enti e società finanziarie e imprese di assicurazione

Riduzioni di aliquota: al 3,25%, per le nuove imprese giovanili e femminili, le nuove cooperative sociali costituitesi nel 2003, per il primo anno di imposta e per il successivo; per le nuove imprese giovanili e femminili del settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura costituitesi nel 2003 e nel 2004. Esenzione per le cooperative sociali, per il 2004.

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