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Più burocrazia nella vita dell’immigrato

In vigore da febbraio 2005, il regolamento di attuazione del Testo unico sull’immigrazione ha inciso profondamente sulle procedure per il rilascio di visti d’ingresso, permesso e carta di soggiorno, esercizio del diritto all’unità familiare, lavoro. Suscitando alcune perplessità. Gli ulteriori adempimenti non hanno giustificazione per il ricongiungimento familiare, riconosciuto dalla Consulta come un diritto fondamentale. Né consentono un collegamento più funzionale tra domanda e offerta di lavoro. Mentre lo Sportello unico parte in tono minore rispetto alle attese.

Il regolamento di attuazione del Testo unico sull’immigrazione, entrato in vigore il 25 febbraio 2005, ha inciso profondamente sulle procedure di rilascio di visti d’ingresso, permesso e carta di soggiorno, esercizio del diritto all’unità familiare, lavoro. (1)

Ricongiungimento familiare

Per quel che concerne l’esercizio del diritto all’unità familiare, il regolamento ha introdotto nuovi requisiti per il rilascio dei visti.
La richiesta di nullaosta, da presentare allo Sportello unico per l’immigrazione, deve essere corredata anche dalla documentazione che attesta i rapporti di parentela, coniugio, minore età, ovvero l’invalidità totale del figlio maggiorenne
o i gravi motivi di salute degli altri figli del genitore. La documentazione è rilasciata, a spese del richiedente, dal medico nominato con decreto della rappresentanza diplomatica o consolare. E deve essere legalizzata e validata dall’autorità consolare italiana.
Tali difficoltà procedurali rendono di incerta definizione l’esercizio del diritto all’unità familiare, perché sino a quando la documentazione proveniente dall’estero non è autenticata dalla rappresentanza consolare italiana, non può avviarsi il procedimento, con conseguente slittamento dei tempi.
Eppure, il ricongiungimento familiare rappresenta il miglior veicolo per l’effettiva integrazione dell’immigrato. La Corte costituzionale ha qualificato tale posizione soggettiva quale “diritto fondamentale”. (2)
La legge n. 40 del 1998 e poi il Testo unico avevano previsto la riforma della procedura per il conseguimento del visto e provveduto a indicare i requisiti richiesti in relazione all’alloggio e al reddito. (3) L’assetto di queste norme di rango primario non è stato modificato. Dunque, il regolamento introduce ulteriori adempimenti che non trovano giustificazione, proprio perché si tratta di un diritto fondamentale e tenuto conto della riserva di legge in tema di condizione dello straniero. Suscita perplessità anche la necessità di presentare la documentazione sulla condizione economica nel paese di provenienza dei familiari a carico prodotta dalle locali autorità o da soggetti privati, valutata dall’autorità consolare alla luce dei parametri locali. (4)
Il testo della disposizione è generico (quindi passibile di applicazioni difformi da parte dei singoli uffici) e non si fonda sul dettato normativo che richiede che lo stato di indigenza economica non sia considerato in sé, ma in rapporto a documentati gravi motivi di salute, che costituiscono quindi l’effettivo oggetto delle attestazioni.

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Il mercato del lavoro

Opportunamente, è stato stabilito che per il rilascio della carta di soggiorno, non più soggetta a vidimazione decennale, è ammesso, tra le fonti di reddito, il trattamento pensionistico per invalidità. La disposizione pone fine alle annose diatribe che si sono susseguite al riguardo.
Nuovi aggravi burocratici comprimono la sfera d’azione dei lavoratori stranieri sino a incidere sulla loro condizione giuridica.
Per la richiesta di assunzione di un lavoratore straniero la riforma ha ripristinato la norma che subordina la concessione dell’autorizzazione alla verifica preventiva dell’indisponibilità di altri lavoratori residenti sul territorio italiano a ricoprire il posto di lavoro oggetto della richiesta del datore di lavoro. Procedura già prevista dall’articolo 8, comma 3, legge n. 943/1986, ma implicitamente abrogata dal decreto legislativo n. 286/1998 perché ritenuta di ostacolo all’immigrazione regolare. Proprio il Tu del 1998 introdusse il sistema delle quote come strumento di programmazione e di regolazione degli ingressi per motivi di lavoro dei cittadini non comunitari cui demandare la tutela del mercato del lavoro interno.
Il meccanismo di verifica, peraltro, avrà l’effetto di appesantire eccessivamente il procedimento con un inevitabile prolungamento dei tempi di definizione delle pratiche. L’attuale mercato del lavoro, al contrario, richiede politiche di autorizzazioni nel settore delle migrazioni economiche strutturate in modo da poter reagire rapidamente ed efficacemente.
Occorre poi interrogarsi sulla necessità di un collegamento più funzionale tra domanda e offerta di lavoro. La neghittosa miopia nella determinazione delle quote è da ascriversi a una lettura eccessivamente prudenziale dei diversi indicatori e soprattutto delle richieste provenienti dalle organizzazioni datoriali.
La principale causa dell’immigrazione irregolare in Italia è l’offerta di posti di lavoro nell’economia sommersa. (5)
L’intensificazione delle politiche di contrasto all’immigrazione illegale riveste per il nostro legislatore carattere prioritario, ma le finalità di controllo e di regolamentazione della presenza e dell’attività degli immigrati devono essere filtrate attraverso i principi fondamentali di parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti, oltre che di regolazione del mercato del lavoro al di fuori degli schemi della pubblica sicurezza.
La piena operatività dello Sportello unico, competente al rilascio dei nullaosta al lavoro e al ricongiungimento familiare, è stata preceduta da una complessa procedura che ha allontanato l’attesa semplificazione del percorso a ostacoli per la cittadinanza legale. Davvero un avvio in tono minore per lo Sportello unico che doveva rappresentare uno dei punti d’eccellenza della riforma.

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(1) Dpr n. 334 del 18 ottobre 2004 “Regolamento recante modifiche e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione” (pubblicato nel Supplemento ordinario n. 17 della Gazzetta ufficiale n. 33 del 10 febbraio 2005).
(2) Cfr. le sentenze nn. 28 del 1995 e 203 del 1997.
(3) Articolo 29, comma 8 (silenzio-assenso) e comma 3 del Testo unico.
(4) Di cui all’articolo 29, comma 1, lettere b-bis e c Tu.
(5) Per il 2004, secondo Unioncamere, il numero di ingressi determinato in base alle quote ha rappresentato solo il 10 per cento della domanda reale di manodopera da parte delle imprese. Gli stessi dati riportati dal documento programmatico triennale, che definisce le politiche migratorie per gli anni 2004-2006, evidenziano che su 238.500 ingressi previsti dalle quote, ben 178.500 erano di natura stagionale.

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  1. Mario Brambilla

    Condivido l’articolo di P. Scevi sugli eccessivi vincoli burocratici e sui loro effetti nefasti in tema di uguaglianza dei diritti e di parità di trattamento degli immigrati. Vorrei integrare richiamando l’attenzione sulla preoccupante situazione vissuta anche dagli immigrati che già risiedono e lavorano nel nostro paese e che subiscono le pesantezze della burocrazia, con conseguenze anche gravi sulle condizioni di vita e di lavoro: si pensi anche solo ai tempi di rinnovo dei permessi di soggiorno e ai conseguenti impedimenti ad accedere a molti importanti servizi di base e alle difficoltà ad ottenere un lavoro regolare. Ancora più preoccupante è la precarietà che si sta generalizzando dovuta alla incongruenza tra le regole dell’attuale mercato del lavoro (sempre più dinamico e sempre più centrato su rapporti di lavoro flessibili) e la normativa sul soggiorno degli stranieri (improntata sul requisito della stabilità lavorativa). Pochi, peraltro, hanno colto la portata rovinosa delle recenti normative (DPR n.334 del 18/10/2004 e Circ. Min.Lav. n.9/2005 del 8/3/2005) che estendono i nuovi “contratti di soggiorno” agli immigrati già residenti e in particolare estendono due pesanti obblighi a carico dei datori di lavoro: la verifica della disponibilità di un alloggio adeguato e l’impegno a coprire i costi di rimpatrio. Questa inaspettata estensione (peraltro non prevista dalla Legge Bossi-Fini) non deve essere sottovalutata. Dalle prime informazioni dai Centri per l’impiego della Lombardia, sembrano già numerosi i casi rinuncia all’assunzione regolare di un lavoratore straniero a causa dei nuovi obblighi, e ciò anche ad opera di aziende consolidate e di agenzie di lavoro interinale. Alcuni casi si riferiscono a stranieri regolarmente in Italia da oltre quindici anni! Sembra diffondersi una sorta di “effetto scoraggiamento” riguardo l’assunzione regolare di un immigrato, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare sul piano occupazionale, e non solo.

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